Saint-Jean-Pied-de-Port | 20 giugno |
Per fortuna sappiamo che i bicchieri
servono per bere
Machado
Una piccola città si bagna davvero ai piedi del Porto di Roncisvalle. Di sera le tempeste vengono giù dalle montagne. Rotolano fulmini. L’aria si spacca in lontananza come un frutto verde. Sotto la finestra del mio albergo c’è un fiume (Nive) con una cascata piuttosto grande. C’è una sagoma scura sul margine, appena guardo in giù, che sbatte qua e là nella corrente. Sembrerebbe un cane annegato. È un cane annegato. Resto in piedi, la mente in fiamme guardando in basso. Nessuno nota il cane. Devo dirlo a qualcuno? Non conosco la parola per dire «annegato». Sono sull’orlo di una vecchia gaffe? I camerieri vanno e vengono sulla terrazza dell’albergo piegandosi con un profondo inchino per servire la zuppa. Un paio di metri sotto, il corpo scuro schiaffeggia le onde. Ai piedi della cascata dove l’acqua precipita, un pescatore lancia la sua lenza. Quale mai può essere il senso delle cose? Sono passata attraverso terre, secoli di insonnia e duri viaggi e ancora non conosco il senso delle cose quando, in piedi, ne tengo i pezzi in mano. Potrebbe esserci una scultura di un cane annegato sul bordo di un’antica cascata? Guardo e passo, le ore passano. La mia mente è uno zimbello. Scende la sera, la sagoma è ancora lì. Il pescatore se ne va, i camerieri scuotono le tovaglie sulla terrazza. Che cosa sanno gli altri?
I pellegrini erano persone con la passione per gli indovinelli.
Da Saint-Jean-Pied-de-Port | 21 giugno |
…Ora, da un lontano tintinnio di campane, si voltarono e avanzarono… A Kan-ami le figure sembravano tracciare una linea dai canti dei pellegrini, che essi avevano intonato così serenamente, la sera prima con il padrone della locanda:
Pieni di speranza imbocchiamo il sentiero da lontano verso il tempio dove sboccia il fiore della buona legge
Tanizaki
È piovuto durante la notte. Sediamo sulla terrazza dell’hotel bevendo caffè. Il mattino sfavilla su di noi. Guardo il cane. Una zampa si muove grondante sulla sponda e ondeggia avanti e indietro mentre l’acqua gli scroscia intorno. L’uomo con cui viaggio lo fissa distrattamente: Ah! E torna a mangiare pane. Gli interessano di più gli aspetti storici del pellegrinaggio. I pellegrini, ad esempio, erano tradizionalmente creature cortesi e indossavano cappelli a larga tesa in modo da poterli togliere davanti agli altri pellegrini. L’uomo con cui viaggio mi fa vedere come dovrebbe essere il gesto. Penso che lo chiamerò «Mio Cid». Accelera il racconto. Inoltre è uno «nato al momento giusto», come dice il Poema. Mano a mano che il viaggio procede, lo vedrai navigare nei pericoli e sorridere delle ferite. Forse io aspetto? ma no, lui aspetta me. Levo il cappello in direzione della cascata e ci mettiamo in viaggio. Considera che fortuna ora.
Buio fin dal pomeriggio, i tuoni vengono giù dalle colline. Adesso siamo in Spagna. Nel bar dove ci fermiamo, uno stiparsi di gente, una tazzina di caffè. Pulisco il tavolo col cappello: zampe ancora grondanti.
Quand’è che un pellegrino è un setaccio? Quando parla per enigmi.
immobili i meloni
sembrano non ricordare
una goccia
dell’acquazzone di stanotte
Sodō
Il piccolo hotel di Berguete è fatto d’acqua. Fuori per tutta la notte cade la pioggia. I tetti colano, nelle grondaie galleggiano rane e lumache. Tu non puoi vedermi, sono al buio, in ascolto, come in un vortice. I muri dell’albergo sono pieni d’acqua. Le tubature scrosciano e rimbombano. Un orologio d’acqua, incassato nel cuore dell’edificio, scandisce le nostre ore in gocce smisurate. Ruote e ingranaggi girano nel muro, il mugghiare degli amanti ondeggia sul soffitto, la scala è un acquedotto di versi. Da sotto posso sentire un uomo che sogna. Un profondo burrone scende al mare, l’uomo grida, precipita nel vuoto. Sono così fragili i meccanismi che ci salvano dall’annegare. E perché proprio noi?
Di mattina l’hotel è buio, nessun segno di vita, nessun odore di caffè. Ticchettio di vecchio orologio, sala da pranzo vuota, persiane chiuse, tovaglioli nei bicchieri. La mattina si trascina in avanti. Sbircio nella cucina: quieta come una chiesa. Sono stati tutti spazzati via dall’acqua notturna. Paghiamo, andandocene lasciamo i soldi ammucchiati sul tavolo. Partiamo senza colazione, senza trambusto, come dicono nel mio paese. Fuori: silenzio, strada in dissolvenza, strisce di colline lontane che colano. Scorriamo verso ovest.
…
I pellegrini erano persone che risolvevano le cose mentre camminavano. Sulla strada puoi pensare in avanti, puoi pensare indietro, puoi fare una lista di cose da ricordare e raccontare a casa.
Kanamé aveva immaginato la fragile O-hisa nelle vesti di un’affascinante pellegrina di un dramma Kabuki, e insieme aveva considerato con un po’ d’invidia i piaceri che il vecchio si sarebbe concesso durante il viaggio, fra un salmo e un trillo di campanella da pellegrino. Era frequente, a quanto si diceva, che uomini di mondo di Osaka, ogni anno con il pretesto del pellegrinaggio, si recassero nell’isola di Awaji con la geisha favorita. Il vecchio aveva dichiarato compiaciuto che quella sarebbe stata soltanto la prima di una lunga serie di escursioni annuali, mentre O-hisa si era mostrata meno entusiasta, spaventata dalle scottature. «Come facciamo? Dormiamo a Hachiekenya? Dov’è questo posto?»
Tanizaki
Alcune acque ci annegano. Altre no. Il suono dell’acqua nella borraccia sulla schiena mi tiene compagnia mentre cammino. Pozze di pensieri vagano qua e là dentro di me. Socrate, dopo il bagno, tornò alla sua prigione senza fretta e bevve la cicuta. Gli altri piansero. I cigni nuotarono intorno a lui, sfiorandolo. Iniziò a parlare del viaggio a venire, in un posto sconosciuto, lontano da lacrime di cui non capiva la ragione. Le persone capiscono davvero poco l’una dell’altra. A volte, quando gli parlo, il Mio Cid mi guarda attentamente dritto in faccia come se cercasse qualcosa (una città sulla mappa?), come se fosse precipitato giù da una stella. Però, lui non si sente straniero – mai, credo. Vive in una piccola contrada di speranza: il suo cuore. Come Socrate, non riesce a capire perché viaggiare per la gente debba essere una simile sfida ai muscoli del cuore. E poi non c’è forse una città d’oro dietro ogni curva della strada?
Sono il tipo di persona che pensa di no. Probabilmente no. Noi camminiamo, fianco a fianco, per paesi diversi.
I pellegrini erano persone in un esilio sistematico.
Puente la Reina | 24 giugno |
Il mondo tanto insicuro e inconoscibile
il mondo tanto insicuro e inconoscibile
non sappiamo – che i nostri dolori forse
reggono le nostre più grandi speranze
Zeami
Un ponte è un punto d’incontro, dove convergono quelli che erano partiti – in quanti, e ormai quante notti fa? Cuori complicati nei loro abissi. Era nella città medievale di Puente la Reina che tutti i pellegrini diretti a Compostela da Francia, Italia e Spagna e altri punti ancora, si incontravano per attraversare il fiume Arga. Soltanto che a quei tempi non c’era un ponte. I barcaioli facevano la spola tra una riva e l’altra. Molti non erano affatto onesti, ma sordidi assassini che approfittavano dei pellegrini. Alcune acque ci annegano. Barcaioli malvagi gettavano nel fiume i pellegrini destinandoli alla loro morte per acqua. Poi, di colpo, una grazia: la regina di Spagna si mosse a pietà per la sorte dei pellegrini. Rifletté a lungo su come risolvere la loro situazione e difenderli. Perché non con un ponte? Una bellissima, bizzarra costruzione a forma di buco di serratura, bagnata in basso da ombre d’oro (fotografia). La regina sorrise quando la vide con la coda dell’occhio: CURVA PELIGROSA dice ancora oggi il cartello sul ponte. Pericolo di morte. C’erano stelle tra i platani e stelle negli occhi della regina. C’erano pellegrini che cantavano sul ponte. C’erano barcaioli che passarono a crimini ancora peggiori. È il bilancio degli sforzi umani.
I pellegrini erano persone che si interrogavano, si interrogavano. Chi incontrerò ora?
Come ruote di carrozza zoppe
avanziamo riluttanti
nel viaggio di ritorno dalla capitale
Zeami
Nelle mattine buie in Navarra le colline digradanti si sollevano in masse dalla cima piatta. Nuvole bianche le mordono come denti. Adesso anche nel mio paese è mattino. Fanno il caffè, tirano fuori del pane nero. Nessuno lo mangia qui. Il pane spagnolo ha lo stesso colore delle pietre lungo il bordo della strada – d’oro. Sì, spesso confondo pietre con pane. La fame dei pellegrini è strana.
Questa strada fu costruita molto tempo fa dagli stessi pellegrini mentre camminavano. Ognuno portava, e posava, una pietra. Le fotografie mostrano chiaramente come le pietre fossero generalmente di dimensioni notevoli. Camminando faticosamente, i pellegrini fingevano che le pietre fossero pagnotte e per tenere lo spirito alto cantavano canzoni sul pane o sulla pietra che li accompagnava; ¡No me mates con tomate, mátame con bacalao! Puoi ancora sentirla, questa canzone, certe notti, nei bar. Non uccidermi con il pomodoro, uccidimi con il merluzzo. Cosa ci salva dall’annegare in momenti che si sollevano e soffocano il cuore?
I pellegrini erano persone dalle ricette semplici.
Cogliamo steli di primavera
nel campo di Ikuta
una vista che incanta
il viaggiatore che si ferma a guardare
sciocchezze! tutte queste domande
Kan-ami
Pioggia durante la notte. Nessun ospite in albergo tranne me e il Mio Cid. Appena prima ...