Il mondo denso
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Il mondo denso

La società è liquida, ma il mondo è denso. E lo sarà ancora di più. Reggerà? Reggeremo?

  1. 137 pagine
  2. Italian
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La società è liquida, ma il mondo è denso. E lo sarà ancora di più. Reggerà? Reggeremo?

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Cinque miliardi di abitanti in più tra il 1950 e oggi, all'incredibile media di un miliardo ogni 12-13 anni: è questo il risultato di un popolamento della Terra che nessuno, forse, si aspettava di tale intensità. Inoltre, la vita media dell'uomo non è mai stata tanto lunga, quasi 72 anni. Eppure, quando si ragiona sui grandi temi del destino dell'umanità, della società e dell'ambiente, non si prende quasi mai in considerazione questa variabile che, fra tutte, è forse la più decisiva. Come vive e che cosa può aspettarsi l'uomo moderno in un mondo tanto denso? È la grande domanda che si pone questo saggio, analizzando le attuali dinamiche demografiche delle diverse aree del pianeta e considerando le loro ricadute in termini socioeconomici e antropologici. Il quadro che emerge è quello di una popolazione sempre più urbanizzata e sempre più in movimento, in cui la densità eccessiva di certe aree – con al centro le cosiddette mecacities – è causa di gravissime tensioni sociali e culturali. La sopravvivenza, però, è ancora possibile, a patto che vengano affrontate le sfide che, in termini di competizione economica ma anche di solidarietà internazionale, stanno rimettendo in discussione la convivenza civile sulla Terra.

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Informazioni

Editore
Lindau
Anno
2018
ISBN
9788833530857
Categoria
Demography

1

Numeri, caratteri e prospettive del grande popolamento attuale della Terra

1. Breve presentazione del popolamento della Terra1

Conviene partire da un numero, un numero che sembra piccolo ma non lo è affatto: 47. Ed ecco perché non è piccolo bensì grande, molto grande: la popolazione del mondo è oggi 47 volte quella che era nell’anno della nascita di Gesù. In poco più di duemila anni la popolazione del nostro pianeta è aumentata di 47 volte, passando dai 160 milioni di allora ai 7,6 miliardi di abitanti di oggi. La stima della popolazione della Terra all’anno zero della nascita di Gesù è quella ricavata dal demografo americano A. J. Coale, forse il più autorevole studioso del popolamento della Terra dall’apparizione dei sapiens2. Si stima che al tempo della sua massima estensione l’impero romano, che comprendeva gran parte del mondo allora conosciuto e andava dall’Inghilterra alla Sicilia, dalla Spagna alla Russia, dal Marocco all’Egitto, dal Medio Oriente alla Turchia e oltre, avesse tra i 50 e i 60 milioni di abitanti, senz’altro meno degli abitanti della sola Italia di oggi.
Del resto, la popolazione del mondo ha raggiunto il suo primo miliardo soltanto nella seconda metà dell’800, per arrivare a un miliardo e mezzo agli inizi del ’900 e a 2,5 miliardi nel quinquennio 1950-1955. Da questo momento le stime della popolazione mondiale si fanno assai attendibili, fino ad arrivare ai 7,6 miliardi di abitanti di oggi.
La progressione è impressionante. Ci vogliono quasi diciannove secoli perché, dalla nascita di Gesù, la popolazione aumenti di un miliardo di abitanti, ma solo cinquant’anni perché nella prima metà del ’900 la popolazione mondiale aumenti di altrettanto. Dopo di allora i ritmi di accrescimento si fanno ancora più veloci, tanto che negli ultimi poco più di sessant’anni la popolazione della Terra è triplicata passando da 2,5 a 7,6 miliardi, con un aumento di oltre 5 miliardi di abitanti.
La Terra ai tempi di Gesù ci appare, secondo i criteri di oggi, assai spopolata, quasi vuota coi suoi appena 160 milioni di abitanti complessivi, molti meno dei 191 milioni che conta oggi la sola Nigeria, il Paese più popoloso dell’Africa. E in certo senso lo era, spopolata e vuota. Eppure niente rispetto ad alcuni millenni prima, quando ancora non era stata scoperta l’agricoltura e l’umanità viveva di caccia e di raccolta essendo obbligata, per ciò stesso, a spostarsi di continuo in cerca di sempre nuove terre da sfruttare. All’apparizione dei sapiens in Europa, circa 40.000 anni fa, è assai realistico stimare, in base ai ritrovamenti di siti abitati nelle varie regioni della Terra, la popolazione dell’intero globo terrestre in non più di un milione di individui. Sarà proprio la rivoluzione neolitica dell’agricoltura e dell’allevamento degli animali, che prende le mosse circa 8000 anni prima della nascita di Gesù, e dunque non più di 10.000 anni fa, grazie alla quale l’umanità da nomade diventa prima seminomade e quindi a tutti gli effetti stanziale, a determinare il primo grande balzo del popolamento della Terra. Il secondo grande balzo lo si deve invece alla rivoluzione industriale, che comincia a propagarsi dall’Inghilterra all’Europa e all’America sin dalla seconda metà del XVIII secolo. E se la rivoluzione neolitica impiega circa 10.000 anni per segnare l’aumento del primo miliardo di abitanti della Terra, la rivoluzione industriale rende possibile l’aumento di un miliardo e mezzo di abitanti nei soli duecento anni che vanno dalla metà del XVIII alla metà del XX secolo. Niente, tuttavia, come si accennava, rispetto ai ritmi di incremento assunti dalla popolazione mondiale negli ultimi decenni: un miliardo di abitanti in più ogni 12-13 anni. Che ci aspettiamo sia pressappoco anche il ritmo dei prossimi anni. Tanto è vero che nel 2030 la popolazione mondiale è stimata tra 8,5 e 8,6 miliardi di abitanti. E si tratta di una stima la cui oscillazione non ci porterà, salvo disastri che al momento appaiono del tutto improbabili, né al di sotto di 8,5 né al di sopra di 8,6 miliardi. Insomma, una stima sulla quale si può fare affidamento. Così come si può fare pieno affidamento, anche se non altrettanto pieno trattandosi di previsione più spostata in là nel tempo, sulla stima della popolazione mondiale alla metà del secolo, quando si raggiungeranno poco meno di 9,8 miliardi di abitanti.
C’è però un elemento che merita tutta la nostra attenzione, in queste assai attendibili previsioni: ai ritmi di incremento degli ultimi sessant’anni, l’aumento di 1,2 miliardi, da 8,6 a 9,8 miliardi di abitanti, tra il 2030 e il 2050 dovrebbe essere raggiunto tra il 2044 e il 2045 e non nel 2050, cioè 5-6 anni prima. In altre parole: superato il capo del 2030 i ritmi di incremento del popolamento terrestre cominciano a diventare meno frenetici, in qualche modo a indebolirsi. E infatti occorreranno altri 50 anni e arrivare alla fine del secolo per superare gli 11 miliardi di abitanti, con un ulteriore aumento di 1,4 miliardi rispetto al 2050, che ai ritmi odierni impiegherebbe molto meno di vent’anni, e non cinquanta, a prodursi.
Già, perché secondo la Population Division dell’ONU, nel 2100 saranno circa 11,2 miliardi gli abitanti del nostro pianeta. Tanti, è fuori discussione, ma quasi certamente la punta massima del popolamento del globo terrestre. Per allora, infatti, il tasso di fecondità totale, ovvero il numero medio di figli per donna, sarà sceso nel mondo sotto quel valore di 2,1 figli che rappresenta la cosiddetta «soglia di sostituzione», ovvero il numero di figli per donna capace di mantenere la popolazione in equilibrio in una condizione di sostanziale stazionarietà quantitativa, in quanto per ogni femmina e maschio che lasciano questo mondo i 2,1 figli per donna sono capaci di prenderne il posto, anche considerando la mortalità nella quale incorreranno prima di arrivare a loro volta nella piena età riproduttiva – tant’è vero che la soglia è fissata a 2,1 e non a 2 figli esatti proprio per tener conto della mortalità nelle età giovanili. Insomma, giunti alla fine di questo secolo non dovremmo crescere ulteriormente ma anzi, considerando che per allora il numero medio di figli per donna sarà sceso per la prima volta nella storia dell’umanità addirittura sotto i 2 figli, dovremmo cominciare semmai a perdere qualcosa in termini di popolamento del nostro pianeta.

2. Il popolamento attuale del pianeta suona come una clamorosa smentita del pensiero demografico catastrofista

Nel tempo delle società liquide, per citare la celeberrima definizione del sociologo Zygmunt Bauman, mai il mondo è stato dunque così denso di popolazione, di abitanti, di individui, di esseri umani. Anche senza spingerci con lo sguardo alla fine, e neppure alla metà, di questo secolo, per restare, anzi, strettamente ancorati all’oggi, ai 7,6 miliardi di abitanti attuali del nostro pianeta, non v’è dubbio che nessuno, neppure pochi decenni fa, si aspettava un così vertiginoso aumento della popolazione mondiale – un aumento di ben 5,1 miliardi di individui prodottosi in poco più di sessant’anni tra la prima metà degli anni ’50 e la seconda metà del secondo decennio del nostro secolo. Nessuno si era spinto tanto audacemente in avanti con le previsioni, e quanti le avevano paventate – più ancora che calcolarle scientificamente attraverso fondati modelli demografici – avevano altresì predetto conseguenze catastrofiche di un tale, a loro vedere assolutamente abnorme, livello di popolamento.
L’allarme non ci aveva del resto messo molto a scoppiare. Già dalla seconda metà degli anni ’60 si era fatto strada un pensiero demografico catastrofista, che trovò la sua espressione più compiuta e condivisa, anche a livello scientifico, nel saggio del 1968 The Population Bomb, dell’entomologo e ambientalista statunitense Paul R. Ehrlich. Nel saggio si ipotizzava che, a seguito dell’eccessivo incremento della popolazione mondiale, già negli anni ’70 ci sarebbe stata una grave crisi delle risorse, specialmente alimentari, con carestie devastanti e decine di milioni di morti in più. «La battaglia per nutrire l’umanità è persa», scrisse espressamente l’autore. Forse mai una previsione scientifica, o supposta tale, si è rivelata più sbagliata. Paul Ehrlich, che faceva sentire chiara e forte la sua voce quando la Terra ospitava poco più di tre miliardi di individui, non avrebbe mai pensato che il nostro pianeta potesse arrivare a ospitarne e nutrirne cinque, di miliardi, senza aver raschiato fino in fondo il barile delle risorse, aver provocato disastri eco-ambientali irreversibili e autentiche stragi per fame e malattie delle popolazioni più povere.
Sbagliavano tutti, del resto, non solo l’entomologo americano che, grazie al successo enorme che ebbe il suo libro nel mondo intero, avrebbe – si può ben dire – dato il via al pensiero e al movimento ambientalista e influenzato concretamente le politiche demografiche perfino della Cina, dove verso la fine degli anni ’70 il leader Deng Xiaoping inaugurò quella politica del figlio unico che sarebbe durata trentacinque lunghi anni provocando non pochi squilibri demografici, primo tra tutti quello tra maschi e femmine dovuto al sistematico maggior ricorso all’aborto di feti femminili rispetto a quelli maschili3. Sbagliavano al Club di Roma di Aurelio Peccei, molto attivo negli anni ’70-’80, sbagliavano i coniugi Meadows coi loro Limiti dello sviluppo, uscito nel 1972, altro grande successo planetario, sbagliavano perfino al MIT, al di là dell’oceano, sbagliavano ambientalisti ed ecologisti come Lester Brown al quale si deve il concetto di sostenibilità e che si chiedeva angosciato «chi nutrirà la Cina?». Tutti autori e organizzazioni che si richiamavano più o meno direttamente al pensiero del pastore anglicano Thomas Robert Malthus (1766-1834) e alla sua visione pessimistica del divario, secondo il suo modo di ragionare insopportabilmente crescente, che si sarebbe vieppiù rivelato tra una popolazione che aumenta secondo una progressione geometrica di 2, 4, 8, 16, 32… e una disponibilità di risorse alimentari che aumenta secondo una progressione soltanto aritmetica di 1, 2, 3, 4, 54.
A guardare retrospettivamente al decennio tra la fine degli anni ’60 e la fine dei ’70 è possibile cogliere una sconfitta culturale campale del pensiero demografico ed ecologico-ambientalista di stampo catastrofista. Eppure quel pensiero è più che mai vivo. Si è aggiornato, oggi punta sui problemi legati al peggioramento più che non all’esaurimento delle risorse, all’inquinamento e al cambiamento climatico più che alle carestie e alle malattie planetarie della popolazione terrestre. Ha rivisto i suoi paradigmi e le sue previsioni, ma è riuscito in ciò in cui non riuscì neppure 40-50 anni fa, quando pure fece parlate molto di sé, diventando cioè opinione comune, sensibilità di massa. In una cosa non sono cambiati, i nuovi e più avvertiti fautori di quel pensiero, rispetto ai loro predecessori: nel timore panico per la ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Copyright
  3. Frontespizio
  4. 1. Numeri, caratteri e prospettive del grande popolamento attuale della Terra
  5. 2. Il sistema dei vasi comunicanti. Verso un complessivo riequilibrio mondiale di popolazione, densità, fecondità
  6. 3. Popolazione densa, società liquida?
  7. 4. Talenti, competizione e solidarietà nel mondo denso
  8. Conclusione. Ricognizioni aliene
  9. Indice