1219
Non si sa quando Domenico abbia lasciato la Spagna. Ma è verosimile che vi sia restato ancora qualche mese, così da arrivare a Tolosa poco prima dell’assedio del principe Luigi, 17 giugno 1219. Prima aveva trascorso almeno qualche giorno a Prouille. Forzatamente ridotta la sua visita a Tolosa, arrivò a Parigi all’inizio di luglio. (“Notes” II 1g).
È in questi tempi, probabilmente, che restituisce ai frati del Midi la loro indipendenza e nomina Bertrando di Garrigue superiore maggiore (che diventa così il quarto provinciale prima di averne il nome) (“Evolution” II 2d).
A Parigi esorta i frati non solo a riprendere lo stile di vita che avevano praticato a Tolosa dall’inizio ma anche a rinunciare alle rendite. Sembra chiaro che i frati non ne furono convinti (“Notes” II, pp. 48-49; “L’évangélisme...”, pp. 253-255). Inoltre suggerirà loro di dare ai conversi la piena autorità nell’amministrazione degli affari temporali dei frati. Ma la proposta fu talmente male accolta che egli stesso la lasciò cadere (“Notes” III, pp. 63-64)42. Durante la sua visita a Parigi, Domenico riceve nell’Ordine Guglielmo di Monferrato – i due anni previsti nel 1217 sono passati, ora dovrebbero quanto prima realizzare i loro progetti missionari. Ma sembra che Domenico non parli più di Prussiani, piuttosto di saraceni e di Cumani (“Notes” II, pp. 118-119, VI 5-6)43.
Verso la metà di agosto Domenico arriva a Bologna, dove trova un fiorente convento grazie alle reclute di altissima qualità che Reginaldo aveva attirato nell’Ordine. La comunità era stata formata soprattutto da Reginaldo. Dato che condivideva le idee di Domenico a proposito dell’austerità e della povertà che convenivano ad un Ordine di predicatori, Domenico poteva preconizzarvi, più facilmente che a Parigi, il suo ideale di mendicità conventuale, della rinuncia cioè non solo alle proprietà alle quali avevano rinunciato a Tolosa nel 1216, ma anche alle rendite e ai redditi di qualsiasi tipo. Si può supporre che la speranza che Reginaldo potesse realizzare qualcosa di simile a Parigi, ne motivasse l’invio da parte di Domenico (“Notes” I 2, pp. 48-50; “L’évangélisme...”, pp. 256-257)
L’Ordine si espanse nel nord Italia più rapidamente che in Francia o in Spagna. Si susseguirono fondazioni a Firenze e a Bergamo (forse anche prima dell’arrivo di Domenico), poi (prima del capitolo generale del 1220) a Milano e Verona (“Notes” III App. I e VIII). Il modello di un’abbazia centrale attorniata da un reticolo di priorati non si adattava alla fiera indipendenza delle città italiane. Inoltre il titolo di abate vi era meno usuale che in Francia. Era da prevedersi che al capitolo generale del 1220 non se ne parlasse più (“Evolution...” I 3). La predicazione di Reginaldo attirò all’Ordine non solo uomini ma anche alcune donne. Molto presto, dopo il suo arrivo a Bologna, Domenico ricevette la professione di Diana d’Andalò che si impegnava a costruire “una casa di signore che sarebbe, e sarebbe chiamata, una casa dell’Ordine”44.
Verso la fine di ottobre Domenico partì per la corte papale che si trovava a Viterbo (“Notes” III)45. Voleva copie della bolla di raccomandazione per le fondazioni che stava realizzando (MOPH XXV nn. 101-103, 105-106), ma doveva soprattutto parlare al Papa delle speranze che aveva confidato a Guglielmo di Monferrato nel 1217, cioè il portare a termine l’organizzazione dei suoi frati che si sarebbe realizzata nel capitolo generale previsto per il 1220, e, infine, la realizzazione di una missione per i non credenti.
L’ambizione missionaria di Domenico fu presto spezzata. Il Papa lo incaricherà del progetto ereditato da Innocenzo III, e cioè di riunire le monache di Roma in un nuovo monastero presso la basilica di San Sisto il cui restauro era ormai quasi completato46. Avendo sondato le reazioni delle monache romane, Domenico poté dire al Papa che almeno la maggior parte di quelle di Santa Maria in Tempuli e di Santa Bibiana erano disponibili. Propose poi di trasferire tutto il personale di Prouille, sia maschile che femminile, a San Sisto (“Notes” II 2b, III la). Sull’immediato avrebbe fatto arrivare qualche frate da Bologna che avrebbe installato a San Sisto (“Notes” III, pp. 135-136). È così che improvvisamente fu fondato il convento di Roma.
Intanto arrivarono notizie da Parigi: Reginaldo aveva convinto i frati a rinunciare alle loro rendite, sposando così la povertà preconizzata da Domenico47. Il Papa, certo su richiesta di Domenico, scrisse loro il 12 dicembre per dar forza alla loro decisione (MOPH XXV no 111) (“Notes” I, pp. 48-53). Nello stesso tempo pubblicò una nuova bolla di raccomandazione dove venivano sottolineate la predicazione e la povertà radicale, e dove per la prima volta faceva menzione del “priore” dell’Ordine (MOPH XXV no I 09)48. È chiaro che la bolla precedente era sufficiente per appoggiare l’estensione dell’Ordine. È dunque probabile che lo scopo principale del nuovo testo fosse quello di fornire una specie di definizione papale dell’Ordine in vista del capitolo generale (“Notes” I, pp. 45-48). Inoltre il Papa dava a Domenico la piena autorità “disponendi, ordinandi, corrigendi” sull’intero Ordine (“Notes” III, pp. 79-89).
Verso dicembre Domenico riceve nell’Ordine un prete di Friesach, e gli permette di tornare per fondare un convento (“Notes” III, 2)49.