Mobbing e il danno alla persona
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L'opera scandaglia i rilevanti aspetti del fenomeno mobbing, con con una particolare attenzione alle ricadute applicative ed alle questioni maggiormente dibattute sull'argomento.
La trattazione lineare dei singoli punti non sacrifica la ricerca anzi, evidenzia la tendenziale completezza e l'approfondimento del lavoro. L'intento è quello di fornire al lettore uno strumento completo ed aggiornato sul fenomeno che ormai ha effetti dilaganti negli ambienti di lavoro e non, per padroneggiare una materia in costante evoluzione alla luce della giurisprudenza di merito e di legittimità e delle indicazioni scaturenti dalle fonti sovranazionali. Presentazione dell'autore Michele Di Iesu, ( Nocera Inferiore, 1970) Avvocato penalista e Giudice onorario. Dottore di ricerca in comparazione e diritti della persona, assegnista di ricerca in Diritto Processuale Penale. Cultore della materia in Diritto Parlamentare presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Salerno. Autore di numerosi articoli e saggi in materia penale.

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Informazioni

Anno
2013
ISBN
9788891111883
Argomento
Diritto
CAPITOLO I
IL MOBBING
Con la parola mobbing si intende una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi, superiori”. (H. Ege)1
“Il mobbing o terrore psicologico sul posto di lavoro consiste in messaggi ostili e moralmente scorretti diretti sistematicamente da uno o più individui verso (in genere) un solo individuo, il quale, a causa del perpetuarsi di tali azioni, viene posto e mantenuto in una condizione di impotenza e incapacità di difendersi. Le azioni di mobbing si verificano molto frequentemente (secondo la definizione statistica almeno una volta alla settimana) e per un lungo periodo di tempo (secondo la definizione statistica per almeno sei mesi). A causa della frequenza elevata e della lunga durata del comportamento ostile, questo maltrattamento produce uno stato di considerevole sofferenza sul piano mentale, psicosomatico e sociale” (H. Leymann)2
Il fenomeno del mobbing, a prescindere dalla forma in cui si manifesti o dagli scopi ad esso sottesi coinvolge, imprescindibilmente, aspetti che attengono sia alla psicologia che della sociologia del lavoro e investono condotte normativamente non direttamente disciplinate.
1. L’ ETIMOLOGIA DEL TERMINE “MOBBING”
L’ etologo Konrad Lorenz coniò, agli inizi degli anni settanta il termine mobbing che utilizzò per descrivere il comportamento di alcuni animali che circondano un proprio simile e lo assalgono rumorosamente al fine di allontanarlo dal branco. Mobbing è un gerundio sostantivato inglese derivante da "mob" (a sua volta derivante dall’espressione latina “mobile vulgus” che indica il movimento della gentaglia che aggredisce qualcuno), cioè "una folla grande e disordinata", soprattutto "dedita al vandalismo e alle sommosse"3. Con il termine “mobbing” vengono comunemente indicate quelle situazioni di degenerazione dei rapporti interpersonali in cui sono sussumibili vari tipi di condotta (discriminazioni, molestie, demansionamenti) posta in essere nei confronti di un soggetto e che ne provocano un progressivo disadattamento4. Lo psicologo tedesco Heinz Leymann ha per la prima volta utilizzato questo termine in ambito lavorativo definendo con esso condotte aggressive e ripetute verso un lavoratore e poste in essere dal datore di lavoro, superiori o colleghi.
2.I SOGGETTI PROTAGONISTI DEL MOBBING
I protagonisti principali convolti nel fenomeno del mobbing sono tre: il cosiddetto soggetto attivo(mobber), il soggetto mobbizzato (la vittima, il soggetto passivo) e lo spettatore che può interrompere o assecondare l’azione mobbizzante. H. Ege ricercatore tedesco, che ha fondato l’ associazione contro lo stress e il mobbing psicosociale a Bologna5, individua quattordici categorie di mobber. Tra essi egli definisce il mobber:
1.“istigatore” individuandone quel soggetto che consapevolmente pone in essere la condotta persecutoria conscio delle conseguenze dannose che essa può comportare alle vittime. Egli non prova alcun senso di colpa e sarà pronto a giurare la sua innocenza e tutte le sue azioni sono pianificate e non accadono a caso.
2. casuale, il tipo più comune di mobber, ossia colui che agisce in modo non pianificato, causale che inizia una condotta ai danni di un collega in conseguenza a un conflitto avuto con quest’ultimo e che diventa mobber senza rendersi conto.
3. collerico, colui che manca del controllo dei suoi sentimenti per cui ha esplosioni di collere anche molto violente. Non ha tolleranza verso le mancanza degli altri, sfoga i suoi umori senza riguardo verso i colleghi che gli stanno intorno.
4. megalomane, colui che ha un’opinione distorta di se stesso superiore alla realtà e mobbizza chiunque possa mettere in discussione l’autorità che crede di avere.
5. frustrato, colui che ha problemi e conflitti al di fuori della sfera lavorativa e considera gli altri nemici perché non hanno i suoi stessi problemi o comunque saprebbero affrontarli in maniera diversa. In loro ci sono sentimenti di invidia e gelosia.
6. conformista, un tipo di mobber spettatore, che ha un’ azione di favoreggiamento del mobbing.
7. sadico, il soggetto mobber che prova piacere nel distruggere l’ altro.
8. leccapiedi, colui che si comporta in modo servile con i superiori e da tiranno nei confronti dei subalterni.
Riguardo le categorie che potrebbero appartenere ai soggetti mobbizzati, ogni soggetto può essere vittima del mobbing e subirne gli effetti pregiudizievoli. Hege6, ha individuato 14 tipologie di soggetti che potenzialmente più degli altri possono essere vittime del comportamento mobbizzante. Tra le più importanti vi sono le seguenti tipologie:
1.il distratto, colui che si accorge che la situazione attorno a sé è cambiata e quindi non è capace di valutarla correttamente e realisticamente.
2. Il prigioniero, il soggetto mobbizzato che non trova in sé la capacità di trarsi fuori dal mobbing, e cercarsi un’alternativa.
3.Il paranoico, quello che avverte il suo ambiente pericoloso nei propri confronti. Sono in genere persone insicure e proprio le loro paure contribuiscono a scatenare il mobbing dei colleghi che si sentono ingiustamente accusati.
4.Il presuntuoso, il tipo che crede di essere di più di ciò che è e provoca il mobbing, in quanto i colleghi si sentono quasi giustificati a mobbizzare una persona del genere.
5. Il passivo e dipendente che si connota di un servilismo può scatenare l’antipatia dei colleghi.
6.Il vero collega onesto, efficiente la cui sincerità lo porta a denunciare apertamente il problema. Un atteggiamento pericoloso per un mobber che sta mobbizzando qualcuno nell’ufficio e che provvede ad allargare la sua azione e lo include tra le sue vittime.
7.L’ambizioso, ossia colui che cerca di fare carriera nella sua professione attraverso il suo lavoro mettendosi automaticamente in cattiva luce di fronte ai colleghi, che si trovano in una posizione inferiore al suo confronto. L’ambizioso si differenzia dal carrierista in quanto quest’ultimo cerca di sfruttare le sue conoscenze per guadagnare posizioni.
8.Il servile, che evita tutto quello che potrebbe essere fonte di scontento del superiore e per questo non esita addossare le colpe agli altri colleghi che cercheranno sempre l’occasione per vendicarsi.
9. L’introverso, una persona con difficoltà nei rapporti interpersonali che può essere travisato come un atteggiamento ostile verso gli altri e provocare reazioni aggressive nei suoi confronti.
In letteratura si è affermato che la vittima non è necessariamente una persona dal carattere debole, «spesso è solo l’ultimo arrivato, colpevole soltanto di aver rotto una precedente dinamica molto chiusa».7
Gli spettatori8 sono coloro che assistono ai fenomeni del mobbing assecondandoli o rimanendo neutrali. Sono i colleghi, i capi ufficio che hanno un ruolo di primo piano potendo consentire o porre fine allo sviluppo degli episodi di mobbing nel loro ufficio. Capire la necessità di evitare che il clima degeneri svolge un ruolo fondamentale per evitare l’ alimentazione e lo sviluppo del fenomeno nel loro ufficio. Tanto più influente sarà il ruolo svolto dallo spettatore quanto più alto in grado è ruolo dello spettatore all’interno dell’ ufficio. Gli spettatori che partecipano attivamente al mobbing sono i cosiddetti “side-mobbers” e sono essi stessi imputabile di mobbing. All’interno della categoria dei side mobbers rientrano:
1.il ruffiano, (colui che spalleggia il mobber con comportamento servile e lo spalleggia per paura di trovarsi allo scoperto),
2.il falso innocente,(colui che spalleggia il mobber o rifiuta di dare aiuto al mobbizzato e una volta scoperto nega di essersi accorto del fenomeno),
3.il premuroso,(colui che con il suo comportamento possessivo e le sue domande assilla il mobbizzato diventando per lo stesso ulteriore fonte di stress).
Altre due categorie di spettatori sono costitute:
1.dagli indifferenti (coloro che non intervengono attivamente coadiuvando il mobber, ma assistono passivamente),
2. dagli oppositori (coloro che, invece, prendono le difese del soggetto mobbizzato e cercano di far rientrare i fenomeno mobbizzante)9
3.TIPOLOGIE DI MOBBING: MOBBING VERTICALE, IL COSIDDETTO BOSSING, MOBBING ORIZZONTALE, MOBBING DAL BASSO.
Comunemente a seconda del diverso rapporto tra il soggetto attivo del mobbing e la sua vittima si distinguono il cosiddetto:
1.mobbing verticale: la condotta viene posta in essere nei confronti della vittima da un superiore.
2.Mobbing orizzontale: l’azione di violenza è messa in atto dai colleghi nei confronti del soggetto passivo.
3.Mobbing dal basso: il mobber è in una posizione inferiore rispetto al superiore mobbizzato.
In particolare il mobbing verticale, è posto in essere dal superiore che esercita condotte aggressive e punitive nei confronti della vittima. In letteratura ci si è chiesti se questo tipo di mobbing potesse derivare proprio dalla struttura di tipo gerarchico dell’ azienda che concentrando poteri decisivi in capo a taluno faciliterebbe e provocasse fenomeni di mobbing di tipo verticale. Studi di H. Hege hanno dimostrato che anche in una struttura priva di organizzazione gerarchica non giova al fenomeno del mobbing. 10
Le cause che possono portare al mobbing dall’ alto sono diverse. Alquanto diffuso è il caso del sottoposto che lavora bene e che può creare nel capo la fobia di essere minacciato nel suo ruolo.
Allorquando, il soggetto attivo del mobbing verticale è lo stesso datore di lavoro e non il semplice superiore gerarchico si parla di bossing che assume le caratteristiche di una vera e propria strategia aziendale che può trovare ragioni nella riduzione, ringiovanimento del personale o di eliminazione della persona indesiderata. H. Ege osserva che il metodo dapprima seguito sarà quello di favorire i pensionamenti o le dimissioni volontarie con vantaggi economici. Qualora il dipendente per motivi differenti non accetti la proposta, e non sia possibile procedere ad un licenziamento il rimedio potrebbe essere proprio il ricorso alle strategie di bossing.
Nel mobbing orizzontale è il collega di pari grado nell’organigramma aziendale che pone in essere condotte di mobbing. La vittima ha come soggetti attivi gli stessi colleghi. In generale, in questo caso, a scatenare i comportamenti mobbizzanti sono l’ invidia, il pettegolezzo, la rivalità. Questo tipologia di mobbing trova innesco in ragioni strettamente legate alla organizzazione del lavoro (un dipendente neo assunto, trasferito, promosso) o nelle diversità legate agli handicap fisici, religione, razza sessualità.
Il mobbing cosiddetto dal basso si verifica se sono i sottoposti a mettere in discussione l’ autorità del capo superiore gerarchico o datore di lavoro. Vengono a combinarsi in tal caso condotte di isolamento e di sabotaggio(i mobbers commettono errori di proposito, non eseguono le sue direttive mettono in giro maldicenze). Gli episodi di mobbing dal basso verso l’ alto non sono molto frequenti.
Leymann ha affermato che “… perché si possa parlare di mobbing il conflitto sul lavoro deve durare da almeno 6 mesi; tale limite, tuttavia, può essere abbassato anche a soli tre mesi, ammesso però che la frequenza degli attacchi sia quotidiana e che siano riferite azioni appartenenti ad almeno tre delle categorie previste dal LIPTEge”. Og...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. PREMESSA
  5. CAPITOLO I
  6. CAPITOLO II
  7. CAPITOLO III
  8. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
  9. BIBLIOGRAFIA
  10. INDICE DELLE SENTENZE