Le Storie
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Le Storie

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Sette storie: sette drammi forti e intensi, vissuti da persone che hanno trascorso parte della loro vita tra speranze, delusioni e sconfitte, amore e disperazione, violenze e sopportazioni, egoismi e sofferte generosità.

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Informazioni

Anno
2014
ISBN
9788891142504
Argomento
Littérature
Categoria
Théâtre

Amen… e così sia

- La storia di Bartolo -
A Roberta,
la parte più buona di me
che sta dentro di me
“Padre santo, conserva uniti a te quelli che mi hai affidati,
perché siano una cosa sola come noi.
“Quando ero con loro
io li proteggevo.
“Per questo tu me li hai dati.
“Io li ho protetti,
e nessuno di loro si è perduto,
tranne quello che doveva perdersi. […]
E adesso Ti offro me stesso in sacrificio per loro,
perche anch’essi siano veramente consacrati a Te. […]"
[…] Si dice che, un istante prima di morire,
l’anima ci obblighi ad assistere
immoti e impotenti
allo srotolarsi vorticoso
di tutto ciò che è stato della nostra vita. […]
R.V.

1.

I miei occhi vagavano attoniti su ciò che era rimasto di tutto quel mondo che era stato anche mio, e la visione che ne coglievano era soltanto di rovina e di morte.
Ero arrivato lì da una diecina di minuti appena, forse anche meno, e questo era tutto ciò che avevo trovato.
Ohmmi… ohmmi!… Nòsgnur a l’è mai pì passà da sì!… A-i-è propi parei!”1 Il vecchio Aldo smise di parlare e sospirò amaro, le labbra che gli tremavano un poco. Poi girò di scatto la testa da un’altra parte.
Lo sentivo respirare a corti tratti affannati, come di chi fatica a ricacciare indietro un groppo che gli sta strozzando la gola.
Povero Aldo, pensai, chissà mai dove lo stanno menando ora i suoi pensieri, chissà…
Eh già, perché la mente umana è uno strano marchingegno imperfetto che troppe volte trascina anche dove non si vorrebbe, e allora può capitare di ritrovarsi faccia a faccia con il carnefice di sempre: la propria memoria. Strano marchingegno pure questo, ma di gran lunga meno imperfetto, e capace di dissotterrare anche la minima pietruzza che fa da selciato all’esistenza; e quando ti sguazza dentro non riesci nemmeno più ad arginarla, e allora sei finito. La mia, poi, è spregiudicata e crudele: pare infatti che abbia preso nota unicamente degli affanni, e se mi guardo indietro vedo soltanto una via crucis lunga quanto una maledizione, e tutt'intorno soltanto un deserto.
Questa, d’altronde, è stata la mia vita, e la memoria è l’erpice che la ferisce in continuazione; e lo stava facendo anche adesso, e giusto nel luogo in cui tantissimi anni prima avevo sbrigativamente confinato e seppellito tutta intera la mia fanciullezza e la prima giovinezza…
Eh sì, quello mio di allora era stato più che altro un gesto di sfida sconsiderato e spavaldo, tale e quale all’ultimo sberleffo d’orgoglio che può lanciare unicamente un perdente. E infatti, quel mattino di trentacinque anni fa non mi ero concesso neanche il tempo di dire amen, oh no no! e appena un attimo dopo, a balzi ero già arrivato oltre la svolta del sentiero di casa; non avevo neanche girato indietro la testa per vedere un’ultima volta i quattro ciabòt2 della borgata, o almeno mia madre, che di sicuro era lì, sull’uscio del nostro, gli occhi stralunati e l’aria persa e disperata più che mai, con dentro gli orecchi la mia voce che continuava a gridare solamente Via! Via! Mai più! Mai più!; e forse, lei sarà rimasta lì come un’ebete per chissà quanto tempo ancora, illudendosi di poter bloccare all’infinito almeno l'eco di quelle uniche tremende parole, negando perfino a se stessa che fossero infine potute svanire. E intanto, io avevo già traversato ‘l cumbal3 e stavo correndo giù per la strada che porta a valle.
Avevo appena ventidue anni, allora, e più della metà ne aveva la rabbia furiosa che mi aveva spinto a quel gesto di ribellione nei confronti di mia madre. Odiavo il mondo di miseria che ci stava intorno, ma odiavo soprattutto lei; e l’uomo che si era tirato in casa…
Buttai una sbirciata al vecchio Aldo.
Lui manco ci badò. Teneva lo sguardo fisso in un punto dove non c’era proprio niente da vedere, e di questo mi accorsi immediatamente guardando a mia volta nella stessa direzione sua.
E allora tornai a rintanarmi dentro la mia solitudine di sempre: quella che è solamente una melma di pensieri inquieti. E cominciai a chiedermi cosa ci facevo lì, e com’era stato possibile che avessi potuto cedere così passivamente a quell’impulso irresistibile e strano che mi aveva spinto a ritentare la strada di casa dopo così tanti anni; e non riuscivo proprio a comprendere la ragione di questa mia improvvisa arrendevolezza. Ma certamente non poteva essere stata soltanto la curiosità di vedere se per caso lì, in quel posto, era rimasto in piedi ancora qualcosa, e men che meno poteva essere stato un brusco rigurgito d’orgoglio. L’orgoglio mio era già morto e sepolto da tanto tempo e non mi aveva compensato di niente: e difatti, per farsene anche solo un’idea, bastava vedere in che stato mi ero ridotto: con addosso quattro stracci soltanto. E dunque non poteva avermi ricondotto lì nemmeno la voglia di sfidare nuovamente la mia gente con una delle mie solite comparsate, giacché quella voglia malsana mi aveva solleticato solo nei primissimi anni e subito dopo si era svanita da sola, con le prime batoste.
E allora, perché mai ero tornato?…
Dal momento che ero scappato via di casa, tra me e quel mondo avevo frapposto un muro; e, fintanto che mi era durato dentro l’odio nei confronti di mia madre, nessuno era mai riuscito neanche a scalfirlo; a renderlo infine invalicabile era stata poi la rabbia, alimentata giorno dopo giorno dalla constatazione dei miei continui fallimenti; e solo col passare del tempo le cose avevano preso a sbiadirsi e a scolorirsi, e tutto si era infine sopito dentro una coltre di indifferenza, tant’è che avevo tirato avanti gli ultimi anni non con l’illusione di essere riuscito a seppellire per lo meno i ricordi più tormentosi, ma nella certezza che questi si sarebbero comunque dissolti totalmente anche da soli, e che io avrei dovuto pazientare solo qualche piccola brancata di tempo ancora, e infine sarebbero spariti davvero, e per sempre. Quale amara illusione, invece!… E la dimenticanza: quale inganno misterioso della mente!… La gente dice dimenticanza e magari si riferisce solamente a cose di poco conto; ma la dimenticanza vera: quella che è proprio del tutto inutile cercare di buttarsela dietro le spalle e basta là: beh! molti non ce la fanno proprio più a sopportarla: e allora gridano contro Dio e contro la stessa madre che li ha tirati fuori da dentro di sé per poi, magari, scaraventarli subito dentro questo porco mondo e dimenticarli lì, dove le angosce più aspre ti lacerano il cervello giorno e notte; e allora, questa dimenticanza qui ce la potrebbe cancellare soltanto la memoria, se veramente potesse farlo in un impeto di pura misericordia; ma tant'è, perché è del tutto improbabile che la memoria possa arrivare a tanto, dal momento che è predisposta unicamente per registrare e conservare ogni minuzia della nostra vita; e dunque, anche per me non c’è stato proprio niente da fare e anzi: oltre a maledire questa mia incapacità a dimenticare, da un po’ di tempo in qua ho preso a maledire rabbiosamente anche tutta quella mia sterile ostinazione balorda che ho sprecato soltanto nell'attesa di una provvidenziale pietà che però non mi è mai arrivata da parte di nessuno lungo tutta questa mia vita vigliacca; e perciò, anche adesso, sono costretto mio malgrado a dovermi portare addosso, e chissà mai per quanto tempo ancora, questo mio gravosissimo fardello. Qualcuno mi ha poi detto che è la vita stessa a essere tutta impregnata di ricordanze anche più gravose di queste mie, ma che tale e quale lo è pure la morte…
Proprio di questo mi stavo rendendo conto adesso; e ne pativo più che mai. Già, perché i troppi ricordi che ora mi stavano dilagando dentro erano come una frana di pietre che mi seppellivano l’anima, e per arginarli almeno un poco, tanto per darmi un fiato, sentivo che ormai non mi era rimasto più niente; e intanto, quelle pietre continuavano a cadermi addosso una ad una, e ciascuna mi riapriva una ferita diversa.
Sbirciai di nuovo il vecchio Aldo. Il punto che fissava era sempre lo stesso di prima. Quanto avrei voluto essere io, quel punto!…
E all’improvviso avvertii tutto il peso del silenzio dentro il quale ciascuno di noi due se ne stava rintanato, e tutto questo mi sembrò davvero eccessivo e insopportabile; e ciononostante, anch'io non riuscii a tirare fuori neanche una parola che fosse una.
Mi prese allora un gran senso di disagio, quasi che avessi sbagliato posto e anche persona; e mi sentii perfino ridicolo per come mi ero agghindato per l'occasione: tale e quale a un emigrante che torna al paese senza sapere cosa troverà ma vuole fare bella figura lo stesso.
E all’istante mi assalì una voglia incontenibile di alzarmi e di scapparmene di nuovo via da quel posto; e però rimanevo del tutto soggiogato anche da quella stessa forza strana che già altre volte avevo avvertito nella vita, alla quale non ero mai riuscito ad oppormi perché, in ogni caso, essa mi aveva sempre condotto là dove avevo poi dovuto dare una qualche sterzata alla mia vita.
La mia gente parlava spesso di Destino e di Ineluttabilità della Sorte. Ricordo che ne parlava spesso anche mia madre, e io un po’ m’impressionavo e un po’ ne ridevo. Ma, a quei tempi, della vita io sapevo ancora niente. È soltanto dopo che s’impara cos’è la vita; e se alla fine qualcuno parlerà ancora di Destino e qualcun altro invece no, questo dipenderà unicamente da quanto ciascuno ne è rimasto scottato. Per quel che mi riguarda, io so soltanto che non mi riesce più di sorriderne; e tanto basta.
All’autista della corriera avevo chiesto di farmi scendere al bivio dei Tornetti Pasero4. Lui mi aveva buttato addosso un’occhiata di sbieco e per tutta risposta aveva detto: “Guardi che mica si fa più, neh. La prossima è più di un chilometro oltre.”
“Non si fa più?!” mi ero sorpreso: “E perché mai?”
“Oooh! mica c’è più nessuno lassù...” E intuìto all’istante che quella notizia mi aveva sgomentato, si era sentito in dovere di precisare: “Ma è da parecchi anni, ormai. Non lo sapeva?”
“Da dove arriva lei, se mi permette?" mi aveva poi chiesto ancora, vedendo che seguitavo a rimanere interdetto.
“Torno dall’estero… Manco da trentacinque anni.”
“Beh! allora posso anche capire...” aveva sentito il bisogno di precisare lui, accompagnando le parole con un ampio gesto del braccio: “Capisco sì! eccome che lo capisco!… E... dove stava? Sempre che possa domandarglielo, si capisce…”
Ora mi sentivo addosso gli occhi di tutti quelli che stavano sulla corriera, otto o nove persone anziane ed un paio di ragazzini.
“In Australia.”
“In Australia?!… Oh basta-là!5 E qui abitava ai Tornetti?”
“Certo”, avevo buttato lì di malavoglia, tanto per fargli capire che preferivo troncare quel discorso.
Un uomo parecchio anziano e malandato era balzato su dal sedile e aveva traballato con una certa qual difficoltà verso il posto di guida, infine mi si era parato davanti e aveva preso a fissarmi con occhi carichi di curiosità, ma proprio senza nessuna fretta. E io avevo girato la testa da un’altra parte, tanto per togliermi dal disagio che mi mettevano quegli occhi addosso. Lui, intanto, aveva preso a fissarmi, ostinato e curioso, e sentivo il suo respiro farsi sempre più corto e affannato.
Ma chi era mai quell’uomo?... E cosa poteva volere da me, se non l’avevo mai visto prima di allora?! E intanto il mio disagio saliva e saliva sempre più, e ormai stava già per arrivare al livello di...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Diritto d'autore
  4. Remo Vicenzi
  5. Indice
  6. AMEN… E COSÌ SIA
  7. ASSOLO DI VIOLINO
  8. LA FUGA
  9. PADRONI
  10. VINCERE! E VINCEREMO!
  11. SETTIMO… NON UCCIDERE!
  12. VENGA IL TUO REGNO