INIZIO
STORIA
CATTOLICI E POLITICA ITALIANA
La partecipazione dei cattolici alla vita pubblica Italiana nasce una ventina d’anni dopo la costituzione dello stato unitario. Il vivere in stretta comunione, cattolici e popolo, ispira i cattolici sin dall’inizi del regno d’Italia l’azione sociale cattolica, che rivendicava i disagi economici e l’ingiustizia sociale che il popolo appartenete alle classe sociale deboli, subiva. Dopo la fine dello stato Pontificio(20 Settembre 1870) Papa Pio Nono si considerò prigioniero in Vaticano e non riconobbe il Regno d’Italia.
Di conseguenza, impose ai cattolici di non partecipare alla vita politica della nazione. Questa restrizione Papale, fece nascere due schieramenti all’interno dei religiosi. Uno deciso a rispettare l’ordine Papale, l’altro invece più preferiva raggiungere compromessi con le forze politiche al potere. I primi furono chiamati “intransigenti”, i secondi “Clerico – Liberali”.
Nel 1875 fu fondata l’opera dei congressi e dei Comitati Cattolici allo scopo di promuovere un’azione per un governo più giusto con le genti e più propenso a rispettare la Cristianità del popolo.
L’opera promosse riforme sociali: partecipazione dei lavoratori alla vita aziendale; fondò cooperative, banche, società di mutuo soccorso, organizzazioni professionali, scuole per l’istruzione giovanile e popolare. Il lavoro dei congressi fu un centro di coordinazione alle associazioni Cristiane fedeli al Papa cioè:”intransigenti”nei confronti dello stato liberale. Sulla corrente dell’intransigenza
Si formava lentamente il movimento politico ideologico “democratico Cristiano” che si auspicava ad attuare riforme sociali con lo scopo di tutelare gli strati di popolazione a rischio “operai, disoccupati e contadini”. All’interno di questa opera congressuale si formarono due correnti l’una contrapposta all’altra. La prima promuoveva “il modernismo teologico” che faceva a capo Romolo Murri; l’altra si allacciava al pensiero dell’intransigenza ed era guidata da Filippo Meda, Giuseppe Toniolo e Luigi Sturza. Ma a causa dei dissidi interni l’opera dei congressi fu sciolta dal Papa Pio X nel 1904.
In seguito Murri ed i suoi seguaci vennero scomunicati nel 1907 con l’enciclica dal Papa Pio X. L’ingresso dei cattolici nella vita politica dello stato unitario si ebbe nel 1913.
Nel 1909 Pio X aveva promosso L’unione Elettorale Cattolica (UECI), un’associazione laica che aveva la prerogativa di guidare i cattolici Italiani nella vita politica. Il Pontefice mise alla direzione dell’organismo Vincenzo Gentiloni che nello stesso hanno diversi cattolici si candidarono alle elezioni politiche nelle liste liberali. L’esito fu positivo, furono eletti 21 “deputati cattolici “nelle liste di Giolitti.
Infine nel 1913 vi fu un vero accordo elettorale tra i liberali di Giolitti e “UECI).
Gli esponenti cattolici :” Don Luigi Sturzo e Giuseppe Donati” prepararono la strada diretta e attiva dei cattolici alla vita pubblica e politica degli Italiani.
Nel 1918 nacque la “Confederazione Italiana dei lavoratori “diretta da Migliori e Achille Grandi.
Il 18 Gennaio 1919 fu fondato il partito Cattolico: “Il partito Popolare Italiano” e Don Sturzo divenne segretario politico. In quello stesso hanno nelle elezioni politiche 103 deputati cattolici entrarono alla Camera.
Il Partito Cattolico si ricostruì durante la seconda guerra mondiale, nel 1943, con il nome di Democrazia Cristiana. Il principale promotore della nuova formazione politica fu Alcide De Gasperi Già segretario del partito popolare Italiano e Alessi Giuseppe che disegno lo scudo crociato. Nel 1942 aveva fatto uno scritto intitolato: “Le idee ricostruttive della Democrazia Cristiana, la direzione sulla quale doveva avviarsi il nuovo partito Cattolico.
IL PARTITO POPOLARE
Il partito popolare Italiano (PPI) nasce il 18 gennaio 1919 ispirato alla dottrina sociale religiosa della Chiesa, fondato da Luigi Sturzo insieme a Giovanni Bertini, Giovanni Longinotti, Angelo Murri, Remo Vigorelli e Giulio Rodinò. Il PPI fu il ritorno alla politica dei cattolici Italiani dopo molti anni di assenza causate dalle vicende di unificazione nazionale.
FONDAZIONE
L’idea di Romolo Murri di costituire una funzione operante nel campo politico non era ben accetta dal Vaticano. L’ostilità diede modo a Don Luigi Sturzo di dare vita al PPI, un partito in cui confluirono uomini del mondo cattolico:
I conservatori nazionali di Carlo Santucci e Giorgio Jacini.
I clerici – moderati di Alcide De Gasperi.
I giovani Democratici Cristiani di Romalo Murri.
I Cattolici Sindacalisti di Achille Grandi, Guido Migliori e Giovanni Gronchi.
Tra il novembre del 1918 Don Sturzo riunì a Roma, in via dell’Umiltà 36, un gruppo di amici per programmare le direttive del partito nascente. I programmi del partito furono esposti nell’Appello ai liberi forti. L’ Appello accettava ed esaltava il ruolo politico della società, difendeva le “libertà religioso contro gli attentati delle sette”, il ruolo della famiglia, la libertà d’insegnamento, il ruolo dei sindacati, riforme democratiche con ampliamente del suffragio (compreso il voto alle donne) elettorale, ed si proponeva in difesa delle piccole proprietà rurali contro il latifondismo. Il partito Grazie ai Cattolici, alle leghe dei contadini di tutta Italia e delle società di mutuo soccorso del sud ebbe una facile diffusione sul tutto il territorio nazionale. Il partito era cattolico e per questo vicino al Vaticano. Ma il partito appariva laico cioè: Un partito composta da cattolici e non un partito cattolico.
Per cui la direttiva dottrinale di Sturzo era quella di avere un partito composto da cattolici di ispirazione dottrinale sociale cattolica ma che non dipendesse dalla gerarchia cattolica.
(Come se la chiesa dicesse “Noi vi doniamo il modo per governare il popolo, adesso governatelo voi”). Nel primo congresso del partito Don Luigi Sturzo dichiara:” E’ superfluo dire perché noi ci siamo chiamati partito Cattolico. I due termini sono antitetici; il Cattolicesimo è universalità; il partito è politica, è divisione. Fin dall’inizio abbiamo escluso che la nostra insegna politica fosse la religione, ed abbiamo voluto chiaramente metterci sul terreno specifico di un partito, che ha per oggetto la vita pubblica della Nazione”.
Questa iniziale confusione del partito, non contribuì a farne comprendere la vera natura, forse troppo moderna per l’Italia di quegli anni. Sturzo comprese che le anime del partito erano religiose e questo le teneva insieme, ma faticò a mantenere insieme le gerarchie del partito per il fatto che il solo essere religiosi non era abbastanza per stare insieme.
L’emblema scelto del partito, poi conservato dalla Democrazia Cristiana, fu lo scudo crociato con su scritto LIBERTAS che da una parte rappresenta la difesa dei valori Cristiani dall’altra parte i legami con i Liberi Comuni Medioevali Italiani, da qui parte il forte impegno per un decentramento amministrativo ed uno stato più snello.
ELEZIONI DEL 1919
Il PPI contava 19 deputati eletti con il Patto Gentiloni. Alle elezioni del 16 Novembre del 1919 (le prime dopo le riforme elettorali in senso proporzionale), raccolse il 20,5% dei voti, e i deputati divennero 100, dimostrando di essere una forza indispensabile per governare.
Nei suoi programmi vi erano i principi Dottrinali Sociali Della Chiesa:
Integrità della famigli...