La privatizzazione del Pubblico Impiego e la destabilizzazione dei dirigenti con Sentenza della Corte Costituzionale n.42 del 2011
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GIOVANNI ZUCCARETTI, avvocato cassazionista e patrocinante presso le magistrature superiori. Legale nel consultorio familiare di Massafra dell'Azienda Sanitaria Locale di Taranto e docente a progetto contro la dispersione scolastica minorile nelle aree a forte rischio ambientale. Si occupa da tempo di questioni contrattuali di carattere giuslavoristico-amministrativo.
Il volume considera lo specifico tipo di rapporto di lavoro, quello alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ed è riferito alla contrattualistica sanitaria; approfondisce le tematiche in ordine alla dirigenza medica, veterinaria, sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa alla luce della così detta stabilizzazione di quest'ultima, oggetto dell'intervenuta Sentenza della Corte Costituzionale n.42 dell'11.2.2011 che ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art.3 comma 40 della Legge Regione Puglia n. 40 del 31.12.2007 che prevedeva la stabilizzazione della dirigenza. Ciò ripropone la reale portata del diritto del lavoro quale disciplina in continua evoluzione e in divenire; interessata da ripetuti interventi di riforma, non solo a livello di legislazione ordinaria ma anche a livello costituzionale.
Oggi, all'attualità, cardine degli interessi politici, sociali ed economici.
Nel pubblico, approcci ed interventi di derivazione privata e comunitaria hanno portato, attraverso le fasi della privatizzazione del pubblico impiego, ad una diversa considerazione della Pubblica Amministrazione, non più come Autorità pubblica bensì come soggetto chiamato ad erogare servizi in favore della collettività e, quanto alla posizione di supremazia del datore di lavoro pubblico rispetto al lavoratore, questi è diventato protagonista del rapporto, con pari dignità, e parte attiva della produzione.
Interventi normativi che sono il riflesso dell'evoluzione storica e sociale e che realizzano quelle aspettative sentite nella stessa amministrazione (quella migliore), posto che si diffondono concetti come il benessere organizzativo interno all'amministrazione e l'attenzione ai lavoratori che partecipano al processo produttivo. L'indicazione è sempre frutto di politica governativa, reale filo conduttore di evoluzione giuslavoristica. I provvedimenti succedutisi nel tempo danno l'indicazione di quella amministrazione del futuro, ricercata e attesa, vicina ed integrata con i cittadini, sempre ispirata a principi di economicità, efficacia, efficienza, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione, per la garanzia dei diritti dei cittadini e delle imprese. Il testo vuole rappresentare uno strumento di consultazione e riferimento per studenti universitari ed operatori del diritto nel sistema pubblico.

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Informazioni

I caratteri distintivi del lavoro pubblico
Il rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni è un rapporto di lavoro di tipo subordinato che è caratterizzato dalla natura particolare del datore di lavoro. In tale rapporto il lavoratore si impegna professionalmente e continuativamente a prestare la propria attività alle dipendenze e per le finalità dell'amministrazione pubblica, in cambio di una retribuzione predeterminata.
Non tutti i rapporti che un soggetto intrattiene con la Pubblica Amministrazione rientrano nella definizione di pubblico impiego, sono esclusi dalla definizione il rapporto di servizio onorario che si instaura con soggetti chiamati a svolgere funzioni pubbliche di particolare rappresentatività (sindaci, assessori), il rapporto d'incarico professionale che si istituisce attraverso un contratto in virtù del quale il soggetto svolge prestazioni di lavoro autonomo, ed il rapporto obbligatorio che impone al soggetto di svolgere determinate funzioni pubbliche (militari).
Una prima regolamentazione del rapporto di pubblico impiego la si ritrova, dopo l'approvazione della Costituzione, nel T.U. degli Impiegati Civili dello Stato, il D.Lgs. 10 gennaio 1957 n.3. Il rapporto di pubblico impiego era assoggettato ad un regime di tipo pubblicistico, diverso da quello che regolava i privati, ed era disciplinato mediante provvedimenti amministrativi che predeterminavano i poteri amministrativi ai quali era soggetto il lavoratore e definivano gli elementi essenziali del rapporto.
Pertanto, la cognizione delle controversie relative al pubblico impiego apparteneva in via esclusiva al Giudice Amministrativo, TAR e Consiglio di Stato.
Un tale assetto dell'impiego si è rivelato inadeguato rispetto ai compiti che la P.A. è chiamata a svolgere; l'accentuata burocratizzazione del rapporto ha favorito gli avanzamenti di carriera legati all'anzianità di servizio, a discapito del merito; la parcellizzazione dei compiti, conseguenza della minuziosa regolazione del rapporto in uno all'eccesso di tutele in favore del pubblico, ha impedito la formazione di una classe di pubblici impiegati orientata a logiche di servizio e responsabilità. Problemi che hanno fatto nascere l'esigenza di riformare le regole che governavano il rapporto di pubblico impiego, accentuata dal fatto che la disciplina del lavoro pubblico si caratterizzava per una condizione più favorevole rispetto a quella del lavoro privato.
E proprio l'avvicinamento della disciplina del lavoro privato è stata la soluzione che il legislatore, a partire dagli anni ottanta, ha individuato per far fronte alla risoluzione di dette problematiche.
Un primo momento di avvicinamento verso modelli privatistici è la L.11 luglio 1980 n.312; con essa è stato soppresso il regime delle carriere ed introdotte le qualifiche funzionali, ordinate in modo crescente in base alla qualità della prestazione e alla responsabilità del lavoratore. Viene in evidenza, per la prima volta, il concetto di produttività del pubblico dipendente mediante l'introduzione di nuove metodologie di valutazione del personale.
Ulteriore momento di riforma è effettuato con la Legge quadro sul pubblico impiego del 29 marzo 1983 n.93. La legge individua intervento primario alla contrattazione collettiva, cui viene affidato il compito di disciplinare alcune materie non regolate dalla legge o dagli atti regolamentari, e tuttavia il riconoscimento avviene in maniera indiretta in quanto l'efficacia degli accordi collettivi viene subordinata alla emanazione di un provvedimento normativo unilaterale della pubblica amministrazione, il decreto presidenziale.
La prima privatizzazione.
Agli inizi degli anni novanta l'esigenza di riforma, al fine di aumentare efficienza ed economicità dell'azione dei pubblici uffici, induce il legislatore ad intervenire sull'impostazione del pubblico impiego La L.n.421 del 23 ottobre 1992 delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi per la razionalizzazione ed il controllo della spesa per il settore del pubblico impiego nonché il miglioramento dell'efficienza, della produttività e della riorganizzazione del settore. La riforma è concepita come abbandono della tradizionale impostazione autoritativa ed amministrativa del lavoro pubblico in favore delle regole che disciplinano il lavoro privato. Mutamento di disciplina giustificato con la ricostruzione della pubblica amministrazione non più come autorità pubblica ma come soggetto chiamato ad erogare servizi in favore della collettività. La legge delega è attuata con il D.Lgs.n.29/1993 ove all'art.2 è il senso del cambiamento, posto che i rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Disposizione che traghetta la disciplina del lavoro prestato in favore della p.a. dal diritto pubblico al diritto privato e che diventa la normativa generale che regolamenta il rapporto di pubblico impiego (rimangono regolate solo alcune materie individuate dalla legge quali organi ed uffici, ruoli e dotazioni organiche, procedure concorsuali, responsabilità giuridiche attinenti l'espletamento di procedure amministrative ex art. 2 lett.c L.412/92).
Il comma 3 dell'art.2 stabilisce che i rapporti di lavoro sono regolati contrattualmente sicchè l'autonomia privata è fonte del rapporto di p.i. Mentre la precedente impostazione vedeva l'origine del rapporto di lavoro pubblico nell'atto unilaterale della pubblica amministrazione che non necessitava di una esplicita accettazione, l'atto di nomina; e anche le successive vicende del rapporto fino all'estinzione non sono più soggette a provvedimenti amministrativi dell'amministrazione ma sono gestite mediante atti di natura privatistica.
Il percorso di privatizzazione viene completato mediante il rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva. La legge delega istituisce l'Agenzia tecnica per la Rappresentanza delle pubbliche Amministrazioni nella contrattazione collettiva alla quale è assegnato il compito di rappresentare, a livello Nazionale, le pubbliche amministrazioni in fase di negoziato e stipula dei C.C., l'A.R.A.N. (art.50 D.Lgs.n.29/1993). Il D.Lgs.29/1993 non solo assoggetta il pubblico impiego alle norme di diritto privato, detta specifiche disposizioni tese a rafforzare il principio di responsabilità dei lavoratori pubblici; è rafforzata la posizione degli utenti attraverso l'obbligatoria creazione dell'Ufficio Relazioni con il Pubblico presso ogni amministrazione, nell'ambito della propria struttura. Gli uffici garantiscono ai cittadiniutenti l'informazione relativa agli atti e allo stato dei procedimenti e recepiscono eventuali proposte relative agli aspetti organizzativi e logistici del rapporto con l'utenza. Altro momento che accentua la responsabilità è costituito dalla separazione tra indirizzo politico e amministrativo. La legge pone la politica al vertice dell'amministrazione ma la gestione diretta dell'attività amministrativa è affidata ai dirigenti, i quali godono di una posizione di maggiore autonomia e poteri nel raggiungimento degli obiettivi; per il caso di mancato raggiungimento di tali obiettivi la dirigenza risponde del proprio operato. Ultima innovazione introdotta è la devoluzione (effettivamente realizzata solo nel 1998) della gran parte delle controversie sui rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, dal giudice amministrativo al giudice ordinario.
La seconda privatizzazione.
La riforma del '93 non sortisce gli effetti sperati, da un lato per la difficoltà a recepire rapidamente sul piano culturale la nuova impostazione, e dall'altro vengono rinvenute lacune nel disegno legislativo della riforma. Il legislatore interviene con l'art.11 comma 4 della L. 57 del 1997, tale norma delega il Governo a completare la privatizzazione entro il 31/1/1999 mediante decreti integrativi e correttivi sulla base dei seguenti criteri: completamento dell'integrazione della disciplina del lavoro pubblico con quella del lavoro privato, attraverso l'estensione al primo delle disposizioni del c.c. e delle leggi sul rapporto di lavoro dell'impresa e netta distinzione tra rapporti di lavoro e organizzazione degli uffici pubblici; semplificazione delle procedure di contrattazione collettiva; riassetto della dirigenza ed estensione della privatizzazione anche ai dirigenti generali, prima esclusi; rafforzamento della distinzione tra la politica, alla quale competono i poteri di indirizzo, e l'amministrazione, alla quale competono i poteri di gestione attraverso la dirigenza.
Alcuni anni dopo la seconda privatizzazione il legislatore realizza un T.U. nel quale sono contenute tutte le norme che disciplinano i rapporti di lavoro privatizzati, il D.Lgs.165/2001; con esso viene riordinato il testo aggiornato e vigente del D.Lgs.29/1993 e sono state abrogate tutte le norme anteriori alla privatizzazione.
La riforma Brunetta.
Il processo di ammodernamento del lavoro pubblico trova un importante momento di svolta con l'approvazione del D.Lgs.n.150/2009, cosiddetta riforma Brunetta dal nome del Ministro per la Pubblica Amministrazione e Innovazione, il decreto ha dato attuazione alla legge delega 4/3/2009 n.15 con la quale sono state approvate le linee guida della riforma del lavoro pubblico. La legge delega indica nel titolo la finalità che anima l'azione riformatrice, l'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, l'efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni.
Gli obiettivi della legge ruotano intorno alla organizzazione e valutazione delle performance individuali e collettive alle quali è ancorata una disciplina della premialità ed ipotesi di responsabilità, controllo e potere disciplinare. La legge esalta la premialità e la meritocrazia e rafforza le misure di contrasto dell'improduttività e dell'inefficienza. Si riaffermano i principi a cui deve essere improntata ogni attività della Pubblica Amministrazione: principi di trasparenza, pubblicità e accesso agli atti.
Nelle linee guida è sottolineata la convergenza degli assetti regolativi del lavoro pubblico con quelli del lavoro privato, in particolare al sistema delle relazioni sindacali; il miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia delle procedure della contrattazione collettiva; l'introduzione di sistemi interni ed esterni di valutazione del personale e delle strutture, tutto finalizzato ad una offerta di servizi conformi a standard internazionali di qualità; garanzia della trasparenza dell'organizzazione del lavoro nelle P.A. E dei relativi sistemi retributivi; valorizzazione del merito e meccanismi premiali per i singoli dipendenti sulla base dei risultati conseguiti dalle strutture amministrative; affermazione del principio di concorsualità per l'accesso al lavoro pubblico e progressioni di carriera; una più efficace organizzazione delle procedure concorsuali su base territoriale; obbligo di permanenza di un quinquennio nella sede di prima destinazione anche per i vincitori di procedure di progressione verticale.
Costituzione del rapporto di pubblico impiego.
L'art.97 comma 3 della Costituzione dispone che agli impieghi nella pubblica amministrazione si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge; non può costituirsi, quindi, con forme diverse dalla selezione pubblica, al contrario di quanto avviene nel privato dove il rapporto di lavoro si costituisce mediante l'incontro delle volontà delle parti del contratto, senza esperire particolari formalità. La distinzione con il lavoro privato è funzionale ad assicurare l'imparzialità dell'accesso al lavoro pubblico mediante forme discrezionali ed è funzionale a realizzare quel principio di buon andamento dell'azione amministrativa ex art.98 della Costituzione.
Le forme di selezione pubblica.
Il D.Lgs.165/2001 precisa le forme di selezione per l'accesso al rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e fatte salve le assunzioni per le categorie protette. Sono tre, la procedura selettiva, espressione che non coincide con il concorso pubblico in quanto include non solo l'accesso all'impiego a tempo indeterminato ma anche a forme contrattuali più flessibili, e l'art.35 del D.Lgs.165/2001 definisce i criteri fondamentali cui le p.a. devono conformarsi al fine delle procedure di reclutamento; esse devono avere adeguata pubblicità, essere realizzate mediante meccanismi oggettivi e trasparenti, attuate a livello decentrato, in genere a livello regionale.
Vi è poi l'avviamento degli iscritti al collocamento, sempre l'art.35 comma 1 detto, recependo il principio della L.56/1987, prevede il reclutamento degli iscritti nelle liste di collocamento, a chiamata, per le qualifiche ed i profili per i quali è richiesto solo il requisito della scuola dell'obbligo scolastico (il centro per l'impiego forma la graduatoria secondo alcuni criteri oggettivi che attengono al carico familiare, situazione economica e pat...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Diritto d'autore
  4. Indice
  5. Introduzione
  6. 1. I caratteri distintivi del lavoro pubblico
  7. 2. La costituzione del rapporto di pubblico impiego
  8. 3. La Dirigenza
  9. La Contrattazione collettiva nel P.I.
  10. La Giurisdizione nel P.I. privatizzato e il tentativo di conciliazione
  11. Il rapporto di lavoro nel settore delle professioni sanitarie
  12. L'organizzazione dell'azione amministrativa
  13. Bibliografia