L'INTERPRETAZIONE DEI DOGMI NEL DOCUMENTO DELLA COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE DEL 31 OTTOBRE 1989 E IL RAPPORTO TRA L'ESEGETA E IL TEOLOGO DOGMATICO SECONDO X.L. DUFOUR
I.1. Introduzione
Il documento della Commissione teologica internazionale, che ha per titolo “L'interpretazione dei dogmi” pone in essere la questione non solo dell'identità storica del dogma, ma anche della sua identità teologica. La questione quindi si pone nel documento in questi termini: se è possibile parlare di storicità del dogma, come è possibile coniugare questo concetto con l'immutabilità stessa del dogma, dal momento che il dogma è “una verità universale e sempre valida?”.1 Il documento non si ferma a questo punto, ma si domanda come e in che modo la chiesa presenta l'insegnamento dogmatico della fede perché questo porti frutti di speranza nel presente e nel futuro a partire dalla memoria della tradizione, tenendo conto delle diverse situazioni socio-culturali in cui la chiesa si trova a vivere. Situazioni che comportano per la chiesa plurime codificazioni espositive del dato rivelato in funzione della sua unità. Partendo da tali premesse, il documento si suddivide in due parti fondamentali: i fondamenti teologici dell'interpretazione dei dogmi e i criteri di interpretazione degli stessi. Nel seguito della trattazione vedremo in che modo i fondamenti teologici dell'interpretazione dei dogmi, fondamenti che affondano le proprie radici nella Bibbia e nella tradizione della chiesa, stanno alla base dei criteri di interpretazione del dogma e come durante il percorso storico dell'evoluzione del dogma, questi due elementi basilari (i fondamenti teologici da una parte e i criteri di interpretazione del dogma dall'altra) sono tra loro correlati intersecandosi a vicenda o escludendosi a vicenda.
I.2. I fondamenti teologici dell'interpretazione dei dogmi
1.2.1. I fondamenti biblici
a. Tradizione e interpretazione della Sacra Scrittura
Il documento inizia affermando che la rivelazione, manifestata nella storia attraverso parole e fatti, ha subito nell'Antico Testamento un processo di reinterpretazione e di rilettura rinnovata sempre al passo coi tempi:
La rivelazione, attestata nella Sacra Scrittura, si è compiuta con parole e
fatti nella storia dei rapporti di Dio con l'uomo. L'Antico Testamento è il
processo di una reinterpretazione e di una rilettura sempre rinnovate.2
Il documento della Pontificia Commissione Biblica spiega bene questo concetto, perché rileva che la Bibbia è interpretazione in quanto i libri biblici che la compongono riflettono il loro Sitz im Leben, a partire dal quale gli autori biblici sono chiamati a dare una risposta alle aspettative e alle nuove situazioni che si venivano a creare.3 Nell'Antico Testamento la rivelazione è stata recepita diversamente a seconda di ogni testo biblico, perché i libri che compongono la Bibbia narrano le tante esperienze con cui l'uomo ha avvertito concretamente la presenza di Dio che salva. Queste esperienze di salvezza sono state trasmesse dapprima a viva voce (tradizione orale) e poi sono state messe per iscritto divenendo un libro. Le diverse esperienze di salvezza sono state messe per iscritto grazie ai singoli autori materiali. Questi si sono avvalsi di molteplici modi o generi letterari per trasmettere la divina rivelazione. I generi letterari in cui gli autori hanno espresso la divina rivelazione sono: i racconti, le epopee, gli annunci profetici, i salmi, le parabole, le similitudini, i racconti di miracolo, i discorsi ecc.4 Il documento seguita ad affermare che tutto l'Antico Testamento era teso al suo pieno compimento con la venuta del Verbo nella carne, Verbo che è la Verità fattasi persona:
Esso ha trovato la sua interpretazione escatologica e definitiva solo in Gesù Cristo. Poiché la rivelazione, preparata nell'Antico Testamento, ha trovato il proprio compimento solamente in Gesù Cristo, quando la pienezza dei tempi è giunta (...). In quanto parola di Dio fatta uomo, Gesù è l'interprete del Padre (...) la Verità in persona.5
Già Giustino, un apologeta vissuto nel II secolo, aveva affermato che il Verbo preesistente, mediante i profeti e gli altri libri dell'A.T., aveva preannunciato la sua reale e futura venuta nella carne e la sua futura passione.6 Anche per Clemente Alessandrino i libri dell'A.T. preparano la via della salvezza che si compirà in Cristo: l'A.T. funge da pedagogo, come colui che deve accompagnare l'uomo alla conoscenza della Verità definitiva che è Gesù. La Verità per Clemente Alessandrino è la persona di Gesù che era prefigurato negli scritti dell'A.T. perché l'uomo giungesse per gradi alla conoscenza della Verità che si è incarnata in Gesù.7
Clemente Alessandrino riprende in certo qual modo il concetto del Logos spermatikos proprio di Giustino, secondo il quale nel tempo precedente la venuta del Verbo nella carne, il Verbo preesistente aveva dato all'uomo la ragione (logos), tramite la quale l'uomo poteva giungere alla conoscenza della Verità, sede della luce vera che è Cristo, prefigurata in immagini e in eventi nell'A.T.8 Il documento della Commissione te...