Crime
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"Crime" è l'11°eBook pubblicato da Angelo D'Antonio (8 libri e 3 raccolte). Ma cos'è "Crime"? "Crime" è un esperimento difficile e ambizioso di unire tre romanzi in un solo libro. "L'incubo del babau - Una storia di stalking", "Nessuna identità - Frammenti di memoria", "Pàntaclo". I personaggi dei tre libri si mischieranno nelle tre diverse storie narrate, stravolgendo le trame dei romanzi. Stalking e femminicidio, psicosi, schizofrenia e perdita della propria identità, sacrifici, Sette Sataniche e numerologia. Tutto apparentemente è rimasto invariato, ma in realtà tutto è cambiato. Ma come è stato possibile tutto ciò?
È stato effettuato un lavoro importante sulle trame soprattutto del secondo e del terzo libro, con l'aggiunta di nuovi brani, il cambiamento di alcuni personaggi e addirittura il cambiamento di un finale. Il risultato è un libro di 800 pagine denso di pathos e di mistero.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788891179999
Argomento
Letteratura
Categoria
Teatro
1.Torino, 10 settembre 2007– ore 5.20
Il vicecommissario Alessio Cipriani mette giù la cornetta e impreca. Col pugno colpisce il legno duro del tavolino del soggiorno, quindi prende la giacca e la pistola.
Aveva altri programmi in mente per quella mattina.
Apre la porta ed esce sul pianerottolo, avvolto in una bolla melmosa di penombra. Si chiude la porta alle spalle e socchiude gli occhi qualche istante, per riordinare le idee.
«Vaffanculo» sibila, poi scende le scale di corsa. La sera prima ha parcheggiato la macchina proprio davanti al portone del palazzo e ha evitato di scendere fino ai parcheggi sottostanti l’edificio. Quei cunicoli scuri, bagnati da riflessi di luce al neon, lo mettono a disagio. I passi echeggiano sinistri fra le macchine, scivolando sulle pareti grigie e dietro ogni colonna sembra annidarsi un’ombra pronta a saltarti addosso. Non sono paure da detective, se lo ripete spesso, ma quando può parcheggia la macchina in strada, dove il buio della notte sembra meno minaccioso.
L’agente lo attende in strada, vicino alla volante. I lampeggianti azzurri guizzano su tutti gli oggetti circostanti e il volto del poliziotto è macchiato da strani riflessi cerulei. Ha poco più di quarant’anni, un fisico asciutto e un’espressione cordiale.
Cipriani lo saluta con un cenno della testa ed entra nella sua auto.
Partono insieme e dopo venti minuti si fermano davanti ad un edificio. Ci sono altre pattuglie sul posto.
«Primo piano» dice l’agente senza specificare altro. Le informazioni essenziali Cipriani le ha già ricevute per telefono meno di un’ora prima. Si stringe un po’ di più nella giacca per proteggersi dal fresco del mattino, quindi entra nell’edificio e si avvia per le scale. Un passo alla volta, senza fretta. La rampa è in penombra. Le ombre danzano dietro ogni angolo.
Cipriani si ferma sulla soglia della camera da letto, i denti stretti, i lineamenti del volto tesi. Una donna è davanti a lui, ai piedi del letto. Morta. Decisamente morta. L’uomo fa scorrere lo sguardo sul corpo scomposto della donna: dalla testa, poggiata sul bordo del letto, ai piedi, distesi lungo il tappeto cremisi. L’espressione sul volto ha assunto un’improbabile distesa serenità. Se non fosse stato per la ferita da arma da fuoco al petto, Cipriani penserebbe che sia semplicemente addormentata. Ma non lo è. Il sonno adesso è solo quello eterno.
Sente dei passi alle sue spalle e si volta. Dal corridoio vede arrivare il medico legale, Antonio Ricciardi. Lo saluta con un sorriso di circostanza.
«Fai largo, amico, queste sono cose da uomini di stomaco» annuncia il medico, mollandogli una sonora pacca sulla spalla.
«Ehi!» esclama ancora il dottore vedendo il corpo della donna. «Bella, ma troppo moscia per i miei gusti».
«Fai presto» lo imbecca Cipriani, «e non voglio sentire altre battute di cattivo gusto. Fammi almeno questa cortesia».
Il dottore alza le spalle e non risponde. Si china sulla donna e apre la piccola borsa nera che ha portato con sé. Cipriani si volta per non dover guardare quel medico amorale che svolge il suo lavoro. Lui non si distingue certo per essere un modello di vita, ma mal sopporta i sarcastici atteggiamenti del dottore.
«Morta, sì» dice di nuovo il medico, non resistendo alla tentazione di innervosirlo.
«Sei uno stronzo» mormora Cipriani.
Il dottore piega la testa di qualche centimetro. «Cosa stai dicendo?»
L’uomo scuote la testa. «Niente di importante. Fai il tuo sporco lavoro. In fretta».
È più di un’ora che l’agente è giunto sul luogo del delitto e comincia a non sopportare più la fresca aria che soffia senza posa. Ma non vuole nemmeno sedersi in macchina. Il suo turno è quasi finito ed è stanco morto. Seduto nel tepore della vettura la stanchezza lo avrebbe di certo vinto.
«Ce la fumiamo?» La voce del compagno che è seduto in auto lo fa sobbalzare. L’altro è uscito dalla macchina e l’ha raggiunto sul marciapiede a fianco del portone. L’agente lo fissa con sguardo incredulo. «Ora fumi anche tu?»
Il collega scuote la testa. «No, ma mi sono stufato di aspettare senza fare niente. Dai, offrimi una sigaretta».
Alla terza boccata vedono Cipriani uscire dal portone. I due poliziotti lo guardano avanzare fino a loro con la testa china, assorto in pensieri impenetrabili.
«Tutto a posto, signor commissario?» chiede il primo agente.
Cipriani alza lo sguardo e lo fissa negli occhi vispi. Fa spallucce e non dice nulla, quindi si volta e cammina a passi cadenzati verso la sua macchina.
«Non ti sembra strano?» chiede l’agente.
«Normale non è mai stato» scherza il collega.
«Già» ammette il primo. «Hai visto giusto. Ma sai che ti dico? Muoviamoci, che è tardi. Voglio andarmene a dormire pure io».
Intanto Cipriani ha messo in moto la macchina, ma non parte immediatamente. Lascia il motore acceso per farlo riscaldare e si perde in mille considerazioni. Poi, senza concedere altro tempo alle riflessioni, inserisce la marcia e pigia sull’acceleratore. I copertoni stridono sull’asfalto umido e lancia la macchina lungo le strade deserte della mattina. A quell’ora Torino è ancora vuota e in quel modo riesce a sfogare parte della tensione. Mentre sfreccia a bordo della sua Punto blu rivede il corpo della giovane donna e nelle immagini della sua mente la vede muoversi, alzarsi e andargli incontro, nell’angusto spazio della sua camera da letto. Sempre nella sua mente prova ad allontanarla, a ricacciare quelle immagini nei recessi bui che le avevano partorite.
È tutto inutile. Tanto non c’è più. È morta.
Inchioda e la macchina sbanda violentemente in mezzo alla carreggiata. Tiene il piede premuto sul pedale del freno con tutta la forza che ha, anche quando la macchina ormai è ferma. Davanti a lui, a meno di cento metri, un semaforo lampeggia colorando la foschia tutt’attorno di un surreale alone arancione. Cipriani sta stringendo forte gli occhi, tanto da farli lacrimare e la mattina intorno a lui è tutto un intrecciarsi di dardi di luce perlacea. L’arancione del semaforo è come il centro di un universo lontano.
Poi i fari di una macchina che sopraggiunge alle sue spalle lo scuotono e, dosando piano l’acceleratore, riparte. Riporta la vettura sul lato destro della strada e prosegue con andatura lenta. Con il dorso dell’impermeabile si asciuga gli occhi umidi. Dopo pochi minuti ha ritrovato tutta la sua lucidità.
Si avvia verso casa. Ha ancora un po’ di tempo prima di dover andare in ufficio.
Entra nel suo appartamento, ripone la giacca e la pistola e si siede davanti al suo potente computer.
Lo accende.
Ora può finalmente dedicarsi alla sua attività secondaria, alla sua vita parallela, alla faccia oscura della sua medaglia.
Lui spia le persone.
A lui piace invadere la sfera privata delle vite altrui.
Lo eccita, lo fa star bene, riempie i vuoti di una vita squallida condotta a cercare di proteggere l’incolumità di uomini e donne di cui a lui fondamentalmente non gliene importa nulla.
Avvia il computer. Guarda con orgoglio il lavoro fatto sinora.
Ha un database con oltre mille profili di persone che abitano a Torino di cui lui conosce tutto. Sa dove vivono, sa cosa fanno, sa chi frequentano, sa come si comportano. Il suo è un lavoro da vero professionista. Per ogni profilo ha un dossier composto da fotografie, riprese con la videocamera, intercettazioni ambientali. Un lavoro accurato e preciso.
Nulla è affidato al caso se non la scelta delle sue creature.
È proprio ora è venuto il momento di estrarre a sorte la prossima vita da setacciare.
Lancia sul computer il software che ha in memoria tutta la popolazione della città al di sopra dei 35 anni.
Dopo alcuni secondi appare sul desktop la risposta.
La sua prossima creatura è una donna che abita in viale Thovez.
2.Torino, 10 settembre 2007 – ore 9.15
Reparto di Cardiologia dell’Ospedale Molinette di Torino. La dottoressa Barbara Mori sta visitando una signora di cinquantacinque anni. L’elettrocardiogramma non evidenzia nel suo tracciato nessuna anomalia. La misurazione della pressione però non è confortante. La pressione sistolica supera il valore di 200, mentre quella diastolica di 120. La frequenza cardiaca supera i 100 battiti al minuto. L’espressione della dottoressa è volutamente preoccupata. Vuole far capire alla paziente che non deve assolutamente sottovalutare il suo quadro clinico.
«È necessario, signora» sentenzia Barbara, «che lei incominci subito ad assumere un antipertensivo e un betabloccante. Dobbiamo assolutamente riportare i valori pressori nella normalità. Le prescrivo una pastiglia di ramipril da 5 mg da prendere la mattina e una pillola di atenololo da 50 mg da dividere in due e da assumere metà alla mattina e metà al pomeriggio. E mi raccomando una bella dieta. Vada almeno una volta alla settimana dal suo medico di base e si faccia controllare la pressione. Noi ci rivediamo tra un mese per una visita di controllo. Se dovesse avere dei problemi, non esiti a contattarmi».
«La ringrazio, dottoressa» risponde la signora impaurita. «Farò tutto quello che lei mi ha prescritto».
Dopo aver consegnato alla paziente il referto medico e le ricette, una volta sola nello studio, Barbara si siede alla scrivania e si massaggia le tempie. Questa notte non ha dormito molto e sente che la stanchezza accumulata negli ultimi giorni le si sta scaricando tutta addosso.
D’improvviso suona il telefono posto sulla scrivania.
Barbara risponde: «Pronto?».
È l’infermiera. «Dottoressa, c’è al telefono il signor Stefano».
Barbara trasale. Sono mesi che non sente più Stefano.
«Me lo passi… grazie».
Barbara aspetta che l’infermiera le passi la comunicazione. Attende qualche secondo. Nessuna voce dall’altra parte della cornetta.
«Pronto, pronto?» Barbara non capisce. Il bip continuo sancisce la conclusione della telefonata.
Ma perché Stefano l’ha chiamata senza poi parlarle?
E si sarà trattato veramente dello stesso Stefano con cui lei ha avuto una relazione mesi prima?
Stefano.
I ricordi si affollano nella mente di Barbara, come un turbinio di foglie sollevate da una folata di vento.
È notte sotto i portici di via Po. Il manichino nudo e senza sesso del negozio di abbigliamento non si vergogna, come succede di giorno, se qualcuno, per caso, si ferma e lo guarda.
È una notte di giugno. Sta diluviando.
In questo momento Barbara Mori, fissando la vetrina col manichino nudo, ha appena incrociato i suoi occhi. Non l’ha fatto apposta, non avrebbe voluto, eppure è successo. Fissando le palpebre di plastica, socchiuse e spente del manichino, è successo che Barbara abbia visto i suoi, di occhi, persi come due monete nel tombino, bersagliato dalla pioggia e che, proprio adesso, è stato scosso violentemente da un’auto in corsa.
Non vuole guardare, Barbara, né il tombino traballante né la strada riflessa sul vetro. Preferisce stare lì impalata, davanti al manichino senza sesso del negozio, che è chiuso da quattro anni con l’insegna spenta.
Certe notti, di nebbia o senza luna, sotto i vecchi portici vanno a braccetto il buio e la paura; basta un fru...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Diritto d'autore
  4. 1.Torino, 10 settembre 2007– ore 5.20
  5. 2.Torino, 10 settembre 2007 – ore 9.15
  6. 3.Torino, 11 settembre 2007 – ore 6.00
  7. 4.Torino, 11 settembre 2007 – ore 11.20
  8. 5.Torino, 12 settembre 2007 – ore 20.30
  9. 6.Torino, 13 settembre 2007 – ore 7.15
  10. 7.Torino, 13 settembre 2007 – ore 13.10
  11. 8.Torino, 14 settembre 2007 – ore 19.20
  12. 9.Torino, 14 settembre 2007 - ore 23.25
  13. 10.Torino, 15 settembre 2007 – ore 6.30
  14. 11.Torino, 16 settembre 2007 – ore 7.30
  15. 12.Torino, 16 settembre 2007 – ore 20.30
  16. 13.Torino, 17 settembre 2007 – ore 7.30
  17. 14.Torino, 18 settembre 2007 – ore 8.30
  18. 15.Torino, 19 settembre 2007 – ore 3.10
  19. 16.Torino, 19 settembre 2007– ore 3.30
  20. 17.Torino, 19 settembre 2007 – ore 3.50
  21. 18.Torino, 19 settembre 2007 – ore 8.30
  22. 19.Torino, 19 settembre 2007 – ore 19.45
  23. 20.Torino, 20 settembre 2007 – ore 6.20
  24. 21.Torino, 21 settembre 2007 – ore 8.00
  25. 22.Torino, 22 settembre 2007 – ore 6.00
  26. 23.Torino, 23 settembre 2007 – ore 4.40, vigilia dell’esecuzione
  27. 24.Torino, 23 settembre 2007 – ore 6.10, vigilia dell’esecuzione
  28. 25.Torino, 23 settembre 2007 – ore 6.45, vigilia dell’esecuzione
  29. 26.Torino, 23 settembre 2007 – ore 7.30, vigilia dell’esecuzione
  30. 27.Brusson, 23 settembre 2007 – ore 21.05, vigilia dell’esecuzione
  31. 28.Brusson, 23 settembre 2007 – ore 23.18, vigilia dell’esecuzione
  32. 29.Brusson, 24 settembre 2007 – ore 2.00, giorno dell’esecuzione
  33. 30.Brusson, 24 settembre 2007 – ore 2.45, giorno dell’esecuzione
  34. 31.Brusson, 24 settembre 2007 – ore 3.15, giorno dell’esecuzione
  35. 32.Brusson, 24 settembre 2007 – ore 7.05, giorno dell’esecuzione
  36. 33.Brusson, 24 settembre 2007 – ore 8.30, giorno dell’esecuzione
  37. 34.Brusson, 24 settembre 2007 – ore 8.50, giorno dell’esecuzione
  38. 35.Brusson, 24 settembre 2007 – ore 10.30
  39. 36.Torino, 24 ottobre 2007 – ore 8.30
  40. 37.Torino, 24 ottobre 2007 – ore 20.15
  41. 38.
  42. 39.
  43. 40.
  44. 41.
  45. 42.
  46. 43.
  47. 44.
  48. 45.
  49. 46.
  50. 47.
  51. 48.
  52. 49.
  53. 50.
  54. 51.
  55. 52.
  56. 53.
  57. 54.
  58. 55.
  59. 56.
  60. 57.
  61. 58.
  62. 59.
  63. 60.
  64. 61.
  65. 62.
  66. 63.
  67. 64.
  68. 65.
  69. 66.
  70. 67.
  71. 68.
  72. 69.
  73. 70.
  74. 71.
  75. 72.
  76. 73.
  77. 74.
  78. 75.
  79. 76.
  80. 77.
  81. 78.
  82. 79.
  83. 80.
  84. 81.
  85. 82.
  86. 83.
  87. 84.
  88. 85.
  89. 86.
  90. 87.
  91. 88.
  92. 89.
  93. 90.
  94. 91.
  95. 92.
  96. 93.
  97. 94.
  98. 95.
  99. 96.
  100. 97.
  101. 98.
  102. 99.
  103. 100.
  104. 101.
  105. 102.
  106. 103.
  107. 104.
  108. 105.
  109. 106.
  110. 107.
  111. 108.
  112. 109.
  113. 110.
  114. 111.
  115. 112.
  116. 113.
  117. 114.
  118. 115.
  119. 116.
  120. 117.
  121. 118.
  122. 119.
  123. 120.
  124. 121.
  125. 122.
  126. 123.
  127. 124.
  128. 125.
  129. 126.
  130. 127.
  131. 128.
  132. 129.
  133. 130.
  134. 131.
  135. 132.
  136. 133.
  137. 134.
  138. 135.
  139. 136.
  140. 137.
  141. 138.
  142. 139.
  143. 140.
  144. 141.
  145. 142.
  146. 143.
  147. 144.
  148. 145.
  149. 146.
  150. 147.
  151. Epilogo (o forse no) La Sacra Profezia
  152. Nota dell’autore
  153. Indice