Il bello e il brutto nella Bibbia - Testamento Primo - Secondo volume
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Il bello e il brutto nella Bibbia - Testamento Primo - Secondo volume

Da Genesi ad Apocalisse kî-tôb/kalós – lo'- tôb/kakós - Ovvero "ESSERE" UMANO nei DUE TESTAMENTI - Primo Testamento

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Da Genesi ad Apocalisse kî-tôb/kalós – lo'- tôb/kakós - Ovvero "ESSERE" UMANO nei DUE TESTAMENTI - Primo Testamento

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Il volume affronta ciò che è comunemente indicato come "Nuovo Testamento" leggendovi in realtà il compimento del Tanach ovvero quest'ultimo compiuto da Gesù di Nazareth. I temi principali sono evidentemente di carattere etico-estetico approfondendo concetti inerenti la beatitudine e non solo, cioè il luogo e la condizione in cui l'uomo è felice e in cui la percezione estetica è piena. Il sostegno bibliografico in questo caso è giunto non solo da filosofi e teologi, ma anche da artisti quali Van Gogh, il quale non a caso prima di iniziare a dipingere mise le sue energie nello studio della teologia.

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Informazioni

Anno
2015
ISBN
9788891187741

CAPITOLO IV

DELL’AZIONE ESTETICA DI CRISTO, DELLA VIA DELL’AMORE

E

DELL’APOCALISSE

“E Beatrice disse: Ecco le schiere
Del trionfo di Cristo, e tutto il frutto
Ricolto del girar di queste spere”.
(Paradiso, Canto XXIII 19-21)
Il presente capitolo, probabilmente quello veramente centrale di questo libro, sarà dedicato all’analisi dell’azione estetica ri-compositiva e ri-creativa di Cristo. A tal proposito cercherò di compiere un’analisi che parta dalla Conoscenza, cui pre-metto alcune riflessioni riguardo al significato del Trovare (che altro non è se non la traduzione corretta del verbo Inventare[252]), già incontrata quando l’uomo “conobbe” la donna in Genesi. Conoscenza che abbraccia e inquadra come una cornice tutto il ritratto dell’azione ricompositiva di Gesù, la quale “permette” di ricevere la ri-creazione. Tale analisi sfocerà nella ricerca della via possibile per incontrare l’azione di Gesù, dunque la bellezza. Via identificata con l’amore e presente anche nel pensiero filosofico greco. Per tale motivo farò precedere all’analisi dell’ảgápe nel vangelo di Giovanni, una breve sintesi del significato gemello, relazionato alla bellezza, presente nel Simposio di Platone. Un amore che il libro dell’Apocalisse mostra come definitivo e proprio tale libro chiuderà il capitolo in questione, aperto da una riflessione sulla conoscenza biblica; infatti, biblicamente la conoscenza è fondamentalmente estetica. Prima di iniziare una riflessione su cosa significhi “conoscere” dal punto di vista biblica, credo sia fondamentale chiudere questa breve introduzione accennando all’importanza dell’unità estetica esistente tra i diversi sensi dell’uomo. Tale unità è essenziale, perché i singoli sensi non riescono a rendere ragione della pienezza della verità della bellezza che l’uomo può percepire, infatti, non a caso ogni senso possiede una sua particolare connotazione estetica, la quale è soggetto di un giudizio critico che può esprimersi attraverso il buono ed attraverso il bello, ma solo nel caso del tatto si possono avere entrambe le qualità. Anche in questo “senso” però si mantiene comunque una distinzione intrinseca rispetto a alla “critica del giudizio”, citando un titolo kantiano, infatti, anche il tatto è “limitato” nel poter dire se un qualcosa sia buono o sia bello, nel senso che non potrà mai esprimere un giudizio “etico-estetico”, cioè di bontà e bellezza, riguardo allo stesso oggetto. Il giudizio etico-estetico nella sua unità, un’unità non a caso sancita da un trattino d’unione “analogo” al meteg del kî-tôb d’origine, può essere espresso solo dall’unità dei sensi nella loro totalità; in altre parole solo chi vede e gusta, chi vede e odora, chi tocca e riflette, può riuscire a dire di un qualcosa sia la bontà sia la bellezza. Quanto ho appena affermato è biblicamente ed “esteticamente” importantissimo e risulta centrale per le pagine di questo lavoro, infatti, la bellezza risulta inutile per l’uomo se questi non può percepirla ed esserne cosciente, ecco perché l’azione esteticamente ricompositrice di Gesù è così fondamentale in relazione alla bellezza creata e testimoniata nei primi versetti della Genesi e anelata nelle Scritture fino al giorno della rivelazione finale, il giorno dell’Apocalisse.
Un’ulteriore riflessione introduttiva concerne il rapporto tra amore ed estetica ovvero quali sensi medino l’amore che può nascere e vivere tra due esseri umani, con particolare riferimento all’amore tra un uomo ed una donna, cioè a quel movimento di unità che richiama l’origine della bellezza dell’umanità. Le Scritture, ma anche la Tradizione ebraico e/o cristiana[253], sottolineano chiaramente come l’amore che porta alla decisione di matrimonio, cioè alla decisione di un’unità reciprocamente promessa tra un uomo ed una donna di fronte a D-o, sia “accompagnata” e “sorretta” dai sensi dell’ideell, cioè dai sensi della vista e dell’udito così come erano individuati da Hegel. D’altronde, come emerso dall’analisi estetica nei confronti del Primo Testamento, analisi confermata e ribadita dal Testamento Primo, il senso del tatto è un senso “mortale”, nel senso che dà una direzione, dunque un senso, che si porta con sé fino alla morte[254]. Il gusto e l’olfatto seguono di fatto il tatto, almeno per quanto concerne il rapporto tra un uomo e una donna, basti pensare al bacio, che in tutto il Testamento Primo è descritto solamente in un’occasione parabolica[255], nel passo straordinario inerente la peccatrice che unse Gesù[256] e nel momento in cui Giuda consegnò Gesù per essere arrestato[257]; a conferma di come il tatto ed i suoi derivati esprimano una situazione di vita o di morte. Dunque l’amore è evidentemente mediato dai sensi “fisici”, da quelli che non danno un contatto diretto dei corpi, ma è certamente compiuto laddove il tatto fa la sua comparsa, tanto che proprio il bacio rimane in eredità, come gesto d’amore fraterno, alle comunità di cristiani dei primi tempi[258].

0 Il significato biblico dell’Inventare.

Quando un uomo è classificato come inventore gli si attribuisce la facoltà di creare qualcosa di nuovo ovvero qualcosa che non preesisteva. Evidentemente tale creazione è biblicamente classificabile nelle facoltà di “composizione” concesse all’uomo, ma “sconsigliate” dopo il gesto dei progenitori. Biblicamente il termine latino inventio ed i suoi derivati indicano un’azione o una facoltà legata al “trovare” che, come già precisato in una nota precedente, traduce il greco erískô che significa per l’appunto trovare. Dunque, l’inventore biblico è colui che trova e che assume, nei suoi connotati positivi, una facoltà che appare di assoluta esclusiva divina; infatti, l’apice raggiunto dai personaggi biblici, in questo caso del Testamento Primo, consiste nell’essere trovati in una situazione di espressione di fede riconosciuta come eccezionale dallo stesso Gesù (vedi il caso del centurione romano Mt 8,10 Lc 7,9). A ciò eccepisce Maria cui l’angelo dice che ha trovato grazie presso D-o (Lc 1,30) ed evidentemente lo stesso Gesù, il quale è l’uomo più cercato dei vangeli che gli apostoli trovano “ripetutamente” (Gv 1,41.45) e, prima di loro, gli stessi genitori di Gesù dopo averlo esplicitamente cercato (Lc 2,45.46). Da quanto appena affermato si evince come il trovare sia intrinsecamente legato al cercare, così come recita un antico adagio richiamato dallo stesso Gesù e a cui lui stesso pone un’unica eccezione relativa alla sua dipartita (Gv 7,34-36), dove parlando agli apostoli dice chiaramente che lo cercheranno, ma non lo troveranno. Il trovare è “naturalmente” legato al buono ed al bello unitamente alla gioia presenti nel regno dei cieli, tanto che quest’ultimo è parabolicamente associato a più riprese ad episodi di ritrovamento, i quali, come nel caso della perla preziosa (Mt 13,44) sono evidentemente espressione di bellezza, una bellezza che invade l’uomo stesso laddove quest’ultimo è identificato col figlio del Padre Buono “ritrovato” dopo essere stato perduto (Lc 15,24-32). Inoltre, che tale bellezza ovvero tale estetica non sia superficiale, ma si “appoggi” assumendola all’etica è precisato in maniera inequivocabile nella parabola del banchetto nuziale, laddove sono trovati ed invitati buoni e cattivi, ma in cui colui che non ha la veste adatta, che biblicamente significa una veste d’etica, è scacciato fuori dal luogo di festa verso un luogo escatologico di pianto e stridore di denti. Chiudo questa breve paragrafo introduttivo richiamando quanto sarà analizzato nelle righe che seguono, con particolare attenzione alla figura di Pilato che, come al momento di d...

Indice dei contenuti

  1. TESTAMENTO PRIMO
  2. CAPITOLO III
  3. CAPITOLO IV
  4. CAPITOLO V
  5. CONCLUSIONE
  6. NOTA CONCLUSIVA DI MEMORIA “POSTUMA”
  7. CREDO[917]
  8. APPENDICE
  9. BIBLIOGRAFIA
  10. BIBLIOGRAFIA APPENDICE E PREFAZIONE
  11. SOMMARIO