SPORT: UNO SGUARDO D’INSIEME
Introduzione
Come prima cosa vogliamo esporre e proporre la nostra idea di sport, segnalandone gli elementi che riteniamo più importanti e significativi. Nei capitoli successivi considereremo come tali aspetti si concretizzino nelle diverse fasi di vita. Queste hanno infatti ciascuna proprie caratteristiche, cosicché differente è approcciarsi allo sport durante l’infanzia, l’adolescenza, l’età adulta e la terza età.
Si vedrà facilmente che le qualità che indicheremo come costitutive dell’attività sportiva, sono le stesse che può essere importante sviluppare in ogni altro ambito della vita quotidiana. Anche questo rende lo sport una scuola di vita e dimostra il valore formativo che esso può avere.
Non vorremmo tuttavia con ciò dare l’impressione di credere che, se non si pratica uno sport, non si possano apprendere e fare propri certi valori. Al contrario: la vita familiare, le sane amicizie, tanto lo studio quanto un lavoro svolti responsabilmente, sono tutti “palestre” (ci sia concesso il termine) di vita. Infatti ad ognuna di queste situazioni, così come a tante altre (il viaggiare, ad esempio), si possono applicare, adeguandole all’occorrenza, le categorie che verremo a breve descrivendo.
Anzi, è proprio perché crediamo nell’importanza di tali categorie anche fuori dalle palestre e dai campi da gioco, ben oltre le competizioni e gli allenamenti, che esse ci sembrano fondanti e necessarie perché una attività possa dirsi veramente sportiva. Degli altri campi di esperienza non parliamo qui semplicemente perché ciò non rientra nelle nostre finalità. Non si consideri il nostro silenzio in tal senso come segno di una loro svalutazione.
Ecco dunque ora una presentazione degli (per noi) “irrinunciabili” dello sport.
La persona
Per noi al centro dell’attività sportiva resta la persona in quanto tale, non per quello che sa fare e nemmeno per l’eventuale lustro che, con la sua presenza, può dare alla palestra o alla squadra. Ognuno va accolto per quel che è disposto a dare e a fare, e con le domande che porta. Ci sarà chi inizia uno sport per migliorarsi e porterà domande come: “Fammi imparare”; un altro invece sarà maggiormente motivato da un desiderio, spesso inespresso, di trovare un luogo in cui essere accolto e superare una qualche più o meno forte timidezza. Questi, più modestamente, chiederà: “È permesso anche a me stare con voi?” Va da sé non solo che le domande variano da persona a persona, ma anche che quelle di una stessa persona possono modificarsi nel tempo.
Allo stesso modo, ci sarà chi è disposto a lasciarsi coinvolgere più attivamente e completamente nelle varie proposte e occasioni che possono scaturire dall’attività sportiva, sia restando nel ruolo di atleta (gare, manifestazioni ecc…) sia preparandosi ad assumere altri e complementari ruoli (arbitro, tecnico, allenatore, ecc…), sia infine partecipando a occasioni non propriamente sportive quali ad esempio cene sociali. Per contro, altri preferiranno rimanere in una posizione più defilata, accedendo ai momenti di allenamento ma non alle altre occasioni proposte.
Anche in tal caso, crediamo che ognuno vada accettato per come desidera proporsi, affinché anzitutto si senta a proprio agio. Non è assolutamente da escludere che chi inizia più in sordina finisca per divenire nel tempo assai più attivo di chi da subito non si presenti più entusiasta.
La relazione
Mettere al centro la persona significa automaticamente dare una posizione privilegiata alla relazione. Per rendere idea e ragione della preminenza di questo aspetto, crediamo sufficiente ricordare quanto male facciano, soprattutto tra i bambini e gli adolescenti, gli atti di bullismo, i fenomeni di emarginazione del più timido o del meno bravo.
Per contro, dunque, far sì che lo spazio e il momento dello sport siano luogo e tempo di buona relazione, fa bene a tutti.
Quando parliamo di relazione intendiamo anzitutto le relazioni tra atleti e quelle tra atleti e allenatore (e viceversa). Poi stanno le relazioni da tenere durante le gare, qualora ve ne siano, con gli avversari, gli arbitri, i tecnici e via di questo passo.
La buona relazione è quella che passa per il riconoscere all’altro la sua dignità in quanto persona e il valore del suo ruolo. Non si insultano avversari né giudici, non si prende in giro il compagno di allenamento perché non riesce bene in un esercizio, non si discutono le indicazioni dell’allenatore; da parte loro, giudici e arbitri non devono badare a simpatie o farsi influenzare da fattori esterni alla competizione che stanno valutando e gli allenatori devono guidare i loro atleti con buon senso e in base alla propria esperienza, non imponendo decisioni d’autorità o con prepotenza. Sono questi alcuni minimi esempi. Certamente non mancheranno scontri, litigi, momenti in cui si perderà la pazienza, ma anche simili situazioni potranno divenire fonte di apprendimento: si tratt...