Dall'Arché all'Eschatos
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Dall'Arché all'Eschatos

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Informazioni sul libro

Il presente studio vuole offrire a tutti i lettori una panoramica accurata dei tratti salienti relativi alla rivelazione del Logos. Partendo dalla lettura analitica del testo dell'A Diogneto, l'autrice focalizza in un primo momento gli attributi inerenti l'identità, la funzione del Logos e i motivi essenziali che stanno alla base della venuta del Logos, in relazione alla dimensione atemporale precedente la creazione del mondo, mentre in un secondo momento individua i motivi, le proprietà e le attività pubbliche del Logos in relazione al piano economico-salvifico.

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Informazioni

Anno
2016
ISBN
9788893320795
1. IL LOGOS NELL'ANTICA ECONOMIA
DELLA SALVEZZA
1.1. Il Logos al principio dell'antica economia della salvezza
1.1.1. Il Logos arché
L'anonimo autore dell'A Diogneto introduce in 11,4 il concetto dell'arché: "Questi è colui che (οτος ) era dall'inizio (ἀπ ρχς), colui che apparve nuovo (ὁ καινός) (...)".14
L'arché designava fin dagli inizi della filosofia greca il principio in senso temporale, a partire dal quale tutto aveva origine.15 Fin dalla scuola ionica l'arché veniva identificato con gli elementi materiali primitivi, dai quali avevano origine tutte le cose: infatti Talete, per primo, aveva identificato l'arché con l'acqua che è il principio di tutte le cose perché costituisce l'essenza di tutto ciò che esiste: "Principio (ἀρχήν) di tutte le cose, peraltro, ritenne l'acqua, e il mondo lo intese come animato e pieno di demoni".16
L'anonimo autore, abile conoscitore della lingua greca, ha impiegato il termine arché per affermare che il Logos era fin dall'inizio. A tal proposito Norelli osserva che l'impiego da parte dell'autore dell'A Diogneto dell'articolo "colui che" davanti a "dall'inizio" e a "nuovo" separa il versetto in due parti: la prima parte del versetto "colui che era dall'inizio" "caratterizza il Logos in maniera assoluta nel suo essere; la seconda indica aspetti del suo disvelarsi".17 In consonanza con quanto ha osservato Norelli e Rizzi, è pertinente affermare che l'autore dell'A Diogneto voglia far notare al suo interlocutore che il Logos fin dall'inizio è un essere trascendente come Dio Padre, data la stretta affinità terminologica del versetto in questione col prologo giovanneo: "In principio (ἐν ἀρχῇ) era il Logos, e il Logos era presso Dio, e Dio era il Logos. Questo (οὗτος) era in principio presso Dio" (Gv 1,1-2).
A tal riguardo è opportuno sostenere che l'anonimo autore riferisca il termine arché al Logos, ponendosi in linea di continuità col contenuto stesso del messaggio evangelico presentato, come abbiamo visto, da Giovanni in 1,1-2. Infatti già nel prologo giovanneo viene asserito che il Verbo era al principio di tutta la creazione Dio come il Padre. Il Logos, in quanto espressione del Padre, è egli stesso Dio e il Padre, attraverso la sua parola creatrice che è il Logos, dà origine a tutte le cose.18 Pertanto si sottintende in Giovanni che il Verbo, il quale era in Dio padre prima di tutte le creature, è il principio della creazione dal momento che per mezzo di Lui sono state fatte tutte le cose. Anche l'autore dell'A Diogneto, in sintonia con Giovanni, vuole mostrare al suo interlocutore che il termine arché connota la dimensione atemporale del Verbo posto nella mente di Dio.
L'autore dell'A Diogneto in 11,4 riferendosi al Logos, che è dello stesso rango del Padre, dichiara al suo interlocutore che il Logos non è un elemento materiale. Infatti egli rifiuta la concezione materiale dell'arché, propria della scuola ionica, alla quale egli stesso in 8,1-5 fa riferimento, in quanto questa identificava Dio con gli elementi primordiali:
Chi infatti, in assoluto, tra gli uomini sapeva che cosa mai è Dio, prima che egli venisse? O vorresti forse accettare i discorsi vuoti e frivoli di quei filosofi-degni di fede, come no!-dei quali alcuni dissero che Dio è fuoco-quello in cui essi stessi sono destinati a finire lo chiamano dio!-, altri acqua, altri qualcun altro degli elementi creati da Dio? Eppure, se una qualunque di queste teorie è accettabile, anche ciascuna delle altre creature potrebbe, allo stesso modo, essere dichiarata dio. Ma queste affermazioni sono favole e inganno dei ciarlatani!.19
L'ignoto autore non solo prende posizione nei confronti della teologia ilozoistica dei primi pensatori greci sia in 8,1-5 che in 11,4, in quanto il Logos è principio di ordine immateriale come Dio Padre, ma al contempo prende posizione in 11,5 anche nei confronti della stessa che indicava col termine arché pure l'inizio cronologico, affermando che il Logos invece nella sua entità assoluta, è eterno: "Questi è l'eterno (οὗτος ὁ ἀεί) oggi (σήμερον) riconosciuto Figlio".20 Quindi l'ignoto autore vuole far osservare a Diogneto che il principio, che in 11,4 veniva identificato con il Logos, non indica in senso cronologico l'inizio della storia, bensí indica, come spiega in 11,5, l'eternità del Logos, in quanto principio di ordine atemporale.
Il sostantivo σήμερον, alla stessa stregua di Sal 2,7 dove questo, sempre per l'autore dell'A Diogneto, evoca il riferimento all'eternità del Verbo che è stato generato "oggi" perché in Lui il Padre ha rivelato se stesso, in quanto il Verbo fa parte della sua stessa entità, rafforza la concezione dell'arché inteso in senso atemporale: per l'autore dell'A Diogneto il Logos è eterno in quanto procede dal Padre e per questo è stato riconosciuto eternamente figlio, come rileva Zincone nella sua traduzione.21 In tal senso i due termini ἀε e σήμερον non appaiono in contrapposizione tra di loro, come propone Norelli,22 anche se non è fuori luogo riferire al termine σήμερον pure la venuta storica del Figlio, anzi sembrano strettamente correlati e reciprocamente rispondenti: ἀε è in correlazione con σήμερον in quanto il Logos non è eterno se non è riconosciuto "oggi" come tale dal Padre, ossia all'atto della sua generazione atemporale in quanto procede dal Padre.
In poche parole il Logos, per l'anonimo autore, non è riconosciuto Figlio se non in riferimento al Padre che lo ha generato come tale fin dall'eternità. Tuttavia anche se non sembra da escludere la proposta di Norelli che interpreta σήμερονnel senso storico dell'"oggi", strettamente connesso alla venuta temporale del Verbo nella carne, facendo in tal modo intuire che il Verbo viene riconosciuto figlio durante la sua esistenza terrena, pare pertinente affermare che tale riconoscimento storico è dovuto al fatto che il Logos era figlio fin dall'eternità perché il Padre lo ha voluto come tale e ha deciso insieme al Figlio il piano di salvezza che doveva realizzarsi nella venuta storica del Verbo. In tal senso i termini ἀε e σήμερον sono correlati e non contrapposti fra di loro, correlazione che solamente può evitare la possibilità di un'eventuale interpretazione gnostico-marcionita della frase in questione, interpretazione che negava la preesistenza del Figlio nel Padre fin dall'eternità.23
In 8,9 l'anonimo autore specifica a Diogneto che prima della creazione del mondo il Padre ha comunicato tutto al Figlio, facendo intuire al suo interlocutore che nell'arché (prima della creazione del mondo) il Padre ha fatto conoscere al Figlio il piano divino della salvezza: "Avendo però concepito un progetto grande e inesprimibile, lo comunicò solo al proprio figlio (παιδί)".24 Il termine παῖς, che nell'A Diogneto è uno dei titoli riferiti al Verbo, è impiegato in 8,9 dall'ignoto autore per far osservare a Diogneto che fin dall'eternità esisteva una comunione reciproca tra due soggetti distinti: il Padre da un lato e il Figlio dall'altro. Nell'A Diogneto dunque il Padre comunica al Figlio (παῖς) il progetto del suo piano di salvezza fin dall'eternità ancora prima della creazione del mondo e della sua futura venuta nel mondo.
Se da un lato quindi l'anonimo autore si pone in guardia dagli ilozoisti che ravvisavano nell'arché un principio di ordine materiale, dall'altro prende anche le distanze dalla filosofia stoica, secondo la quale il logos immanente, che è principio attivo di ordine materiale in quanto dà forma alla materia, esplica la sua funzione solo nel momento in cui foggia la materia. Infatti per lo stoicismo l'arché veniva ad essere identificato con la ragione che, in quanto principio attivo, guida l'universo, anima la materia, essendo un tutt'uno con essa:
Essi ritengono che i principi (ἀρχάς del tutto siano due, il principio attivo e quello passivo. Il principio passivo è la sostanza senza qualità, la materia; il principio attivo è la ragione (λόγον) che risiede in essa, la divinità. Questa, che è eterna, foggia tutte le cose con arte scorrendo per la materia. Questa dottrina la espone Zenone di Cizio.25
Per l'autore dell'A Diogneto invece il Logos è di natura trascendente. Similmente Giustino afferma che il Logos come il Padre non si muove e nessun luogo può contenere perché procede dalla volontà del Padre, prendendo le distanze dalla posizione stoica secondo la quale invece il principio divino è di natura materiale perché contenuto nello spazio:
Come principio prima di tutte le creature Dio ha generato da se stesso una potenza razionale che lo Spirito Santo chiama ora (...) figlio (...). I vari appellativi infatti le vengono dal fatto di essere al servizio della volontà del Padre e di essere stata generata dalla volontà del Padre (Dial. 61,1) (...). Infatti l'ineffabile Padre (...) non va da nessuna parte (...) non si muove dunque colui che nessun luogo può contenere, neanche il mondo intero, e che era prima che il mondo cominciasse ad esistere" (Dial. 127,2).26
L'autore dell'A Diogneto impiegando, come abbiamo visto, sia il pronome οὗτος che in XI,4 si riferisce al Logos come entità autocosciente sia il termine παῖς che in XI,5, applicato al Figlio, esprime compartecipazione tra Padre e Figlio, intesi come entità coscienti che si relazionano reciprocamente, si discosta pure dalla concezione rigidamente monoteista del giudaismo rabbinico, secondo la quale Dio prima della creazione del mondo si consiglia con la Torah che è uno strumento a Lui subordinato per natura. Infatti rabbí Oshaja afferma che la Torah è preesistente al mondo in quanto espressione ipostatica della volontà di Dio, nella quale è racchiuso tutto ciò che è nella mente di Dio:
La Torah dice di essere lo strumento del santo, benedetto egli sia. Vale a dire se un re costruisce un palazzo, generalmente non lo costruisce con la sua abilità personale, ma fa venire un architetto. Ma anche l'architetto non costruisce su un'idea improvvisa. Ha bisogno in primo luogo di progetti e di disegni per stabilire...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Diritto d'autore
  4. Dedica
  5. PREFAZIONE
  6. INTRODUZIONE
  7. 1. IL LOGOS NELL'ANTICA ECONOMIA DELLA SALVEZZA
  8. 2. IL LOGOS DURANTE LA SUA REALIZZAZIONE STORICA NELLA NUOVA ECONOMIA DELLA SALVEZZA: L'UMANITÀ DEL LOGOS
  9. 3. IL LOGOS AL COMPIMENTO PASQUALE DOPO LA SUA REALIZZAZIONE STORICA NELLA NUOVA ECONOMIA DELLA SALVEZZA
  10. 4. LA VENUTA ESCATOLOGICA DEL LOGOS
  11. CONCLUSIONE
  12. BIBLIOGRAFIA
  13. Indice