La musica, ancora e sempre. Arte e vita
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La musica, ancora e sempre: Arte e vita è certamente la cronaca di avvenimenti di carattere biografico, ma, soprattutto, del manifestarsi e del tradursi in atto di quella forza misteriosa, spontanea e irrefrenabile che è l'ispirazione artistica.
La narrazione si snoda, infatti, attraverso i ricordi che affiorano alla mente dell'autore a partire dalla prima infanzia passando per l'adolescenza e la maturità, sempre in stretta connessione con la fascinazione della musica.
La scoperta esaltante della propria capacità creativa si traduce in uno studio ancora più intenso e appassionato, grazie alle lezioni di maestri di musica, come Santo Santonocito, compositore e direttore d'orchestra di fama europea. I frutti di tale impegno non tardano. Con la collaborazione di Matteo Di Mauro, in qualità di librettista, e di Rita Emanuel Corona, figlia del m° Gaetano Emanuel Calì, in qualità di regista, vengono rappresentate, nei maggiori teatri di Catania e provincia, le Fiabe musicali per ragazzi della scuola elementare e media, con chiaro intento pedagogico. Ma a coronamento di tanta passione si realizza un sogno insperato… Gaspare Grancagnolo (Catania 1921-2009) è stato un cultore dell'arte, nelle sue varie manifestazioni.
Compositore di opere liriche (Lucrezia Borgia, Storia di una capinera, Rasputin e Il ritorno del soldato, quest'ultima rappresentata al teatro "Massimo Bellini" di Catania il 5/03/1964), di fiabe musicali (Biancaneve e i sette nani, Cenerentola, L'acciarino magico, Pinocchio, La bella addormentata nel bosco, Nel regno di Mago Alfabeto), applaudite nei maggiori teatri di Catania e provincia tra il 1960 e il 1996, e di canzoni ( tra cui Praia…sognu d'amuri, presentata al 3° Festival della canzone siciliana nel 1982), si è dedicato anche alla scrittura (L'ora segnata dal destino: Ricordi di un "volontario" universitario; La musica, ancora e sempre: Arte e vita, entrambi romanzi autobiografici; Considerazioni sulla natura umana, saggio di argomento para-filosofico e altre opere minori).
Il 2 gennaio 2004 è stato iscritto, in qualità di "socio onorario", all'albo degli scrittori e artisti, con la qualifica di "esponente di chiara fama", dall'Unione Nazionale Scrittori e Artisti con sede a Roma, " in considerazione della sua attività professionale e per il contributo dato allo sviluppo della cultura."
www.gaspareartemusica.it

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Informazioni

I
Cominciò così
Sono venuto al mondo a Catania in un appartamento a primo piano di via Stallonaggio alle ore 7,30 di lunedì 14 novembre 1921.
All'ufficio anagrafe risulto nato però il successivo 18 novembre. Si evitarono, in tal modo, le sanzioni che la legge prescriveva per coloro che presentavano la denuncia oltre il periodo di tempo consentito.
I miei genitori, pur essendosi sposati nell'agosto del 1914, non avevano ancora avuto figli. C'era stata, tra l'altro, di mezzo la guerra del 1915-'18 e la conseguente chiamata alle armi di mio padre, che era della classe del 1892.
Egli trascorse tre lunghi anni al fronte in prima linea, quasi tutti in Carnia, da bersagliere ardito, ritornando a casa diversi mesi dopo l'armistizio, senza aver subito, per fortuna, alcuna ferita, benché partecipasse a tutte le operazioni di guerra del suo corpo di appartenenza.
La mia venuta al mondo fu pertanto accolta dai miei genitori con grande gioia e soddisfazione mista ad orgoglio. Ero il loro primogenito. Maschio.
Nei primi mesi di vita dormivo pochissimo. Ero irrequieto e piangevo spesso, a lungo, anche di notte.
Verso il sesto mese, mia madre, dietro suggerimento di una mia vicina di casa, sistemò una culla a vento vicino al suo letto matrimoniale.
La prima volta che vi fui accomodato dentro, mi addormentai subito e continuai a dormire ininterrottamente, per più di tre ore. Questo successo insperato della culla allarmò alquanto mia madre, la quale non era abituata a vedermi dormire per così lungo tempo.
Dal decimo mese di vita in poi cominciai a soffrire di frequenti intossicazioni che mi procuravano improvvise perdite della coscienza. Tali attacchi, che nei casi più gravi si ripetevano anche durante le 24 ore, mi prostravano alquanto ed i miei vivevano, pertanto, in continua apprensione, temendo fortemente che il mio cuore, indebolito, a lungo andare non reggesse.
Il medico era, per così dire, di casa e mio padre non badava a spese.
Superati i primi diciotto mesi, queste crisi diminuirono a poco a poco di intensità e di frequenza fino a scomparire quasi del tutto, intorno al terzo anno di vita.
Fui precocissimo sia nel camminare che nel parlare ed ero il passatempo dei vicini di casa, che si divertivano a farmi i più svariati dispetti al solo scopo di provocare le mie immancabili e colorite reazioni. Avevo inoltre una voce intonatissima e cantavo le canzoni che erano allora in voga, compresi gli inni fascisti e comunisti.
Due erano le famiglie che più frequentavo. Una abitava nell'appartamento attiguo al nostro ed i cui componenti, una vedova con diversi figli, maschi e femmine, erano oriundi di Caltagirone.
L'altra era formata da una giovane coppia di sposi che abitava una modesta casa a piano terra, vicina al nostro portone d'ingresso. Erano sposati da diversi anni, ma ancora non avevano avuto figli. Si affezionarono a me a tal punto da volermi spesso a
cena con loro ed erano felicissimi quella volta che i miei genitori acconsentivano a lasciarmi dormire tutta la notte nel loro letto matrimoniale.
Quando andammo ad abitare in via Sturiale - avevo da poco compiuto i quattordici mesi - dove successivamente, il 2 gennaio del '24, nacque mia sorella Innocenza, essi mi piansero come se si fossero separati da un loro figlio e giurarono di evitare, per l'avvenire, di affezionarsi tanto ai figli degli altri.
Da via Sturiale, dopo circa due anni, traslocammo in via Camastra, dove mio padre aveva trasferito, alcuni mesi prima, la sua fabbrica di falegnameria che gestiva in società con mio zio Carmelo, fratello di mia madre.
La ditta era allora iscritta, a nome di Marzà Carmelo § C. , all'albo delle imprese di fiducia del Ministero dei LL.PP. Nel 1927/'28 fornì, a seguito dell'aggiudicazione di un appalto concorso, gli artistici infissi esterni del palazzo delle Poste Centrali di via Etnea a Catania.
Tra i numerosi lavori che furono eseguiti negli anni successivi, sia per conto dello Stato che per privati, ritengo doveroso ricordare, altresì, la costruzione effettuata nei mesi del 1935, su ordinazione di un privato, il cav.Platania, del prefabbricato, rifugio-bar “Capanna azzurra”, collocato sull'Etna nella zona di monte Sona, a circa 1.400 metri di altitudine.
Il prefabbricato, di mq.100, piantato su palafitte con base elevata 80 cm. dal terreno, era formato di elementi smontabili con intelaiatura di legno, a camera d'aria, rivestiti all'esterno di lastre di eternit rigato ed all'interno di materiale pressato sintetico (truciolare), con pavimentazione in parquet di legno e tetto con capriate e lastre di eternit ondulato.
Venne inaugurato alla fine di febbraio, alla presenza del Prefetto e di altre autorità cittadine.
Il giornale catanese ”Il Corriere di Sicilia” pubblicò la notizia con un articolo in cui vennero evidenziati sia l'utilità di tale rifugio, soprattutto ai fini turistici, che il tipo di costruzione adattissimo per le zone di alta montagna. Si elogiò particolarmente la ditta per le difficoltà climatiche che aveva dovuto superare durante il montaggio, avvenuto nel mese più freddo ed inclemente dell'anno. A tal fine fu necessario, infatti, equipaggiare gli operai con tute ed indumenti, maglioni, copricapo, calze e guanti, di lana. Un locale fu adibito a deposito attrezzi, a refettorio e dormitorio per gli operai.
Mio padre, amante della montagna, rimase con gli operai per tutto il periodo della collocazione, che durò per circa venti giorni.
Due operai vennero adibiti alla cucina e all' approvvigionamento dei viveri che veniva effettuato nel paese di Nicolosi, percorrendo parte della strada, costruita allora di recente, che da Nicolosi portava fino alla Casa Cantoniera a 1.900 metri di altitudine.
Si lavorò nelle ore e nei giorni meno inclementi. Era praticamente impossibile lavorare quando imperversava un forte vento o la tormenta, vento e nevischio, che penetrava nelle ossa e bruciava il viso Un’ improvvisa folata di vento, una volta, trascinò e quasi fece volare mio padre, allora quarantenne e fisicamente ben piantato, per oltre venti metri. Venne soccorso subito da alcuni operai e riportato, a fatica, nel loro abitacolo.
Dei primissimi anni della mia vita mi rimangono solo vaghissimi ricordi, statici, simili a delle istantanee fotografiche.
In uno dei più remoti mi rivedo in mezzo a una folla, in un grande spiazzo, intento ad ascoltare la banda municipale che eseguiva, sopra un grande palco di legno, un concerto alla villa Bellini, nello spazio utilizzato, in quel caso, durante i mesi invernali.
Ero assieme ai miei genitori che di consueto, nei giorni festivi, andavano a passeggio per via Garibaldi, via Etnea, spingendosi, qualche volta nelle belle giornate, fino alla villa Bellini.
Avrò avuto poco più di due anni e mio padre raccontava, con una certa soddisfazione, che rimasi attentissimo ad ascoltare la musica.
Dopo due giorni mi sentirono canticchiare uno dei brani musicali ascoltati, un pezzo d'opera lirica, con gran sorpresa dei miei che, in un primo tempo, non riuscivano a raccapezzarsi da dove avessi appreso quel motivo.
In via Sturiale, verso la fine dello stesso anno,1924, mio padre comprò un grammofono a carica doppia, fra i migliori che erano allora in commercio. Ne fui entusiasta. Stavo per delle ore intere ad ascoltare i vari dischi di musica leggera e lirica. Molto attento al suo funzionamento, tanto che in poco tempo divenni praticissimo nel manovrarlo. Cambiavo la puntina di acciaio o il diaframma secondo il tipo del disco. Scaricavo la corda, anche se ciò mi era alquanto faticoso, specialmente negli ultimi giri di manovella che non riuscivo a completare. Mettevo i dischi che desideravo o quelli che mi chiedevano senza mai sbagliare e ciò naturalmente con grande soddisfazione dei miei. M'ero impresso in mente i segni particolari di ciascun disco e pertanto li prendevo a colpo sicuro. Il grammofono era posto sopra un mobiletto fornito di scomparti sottostanti, porta- dischi. Per poterlo manovrare ero quindi costretto a mettermi in piedi sopra una sedia.
A circa sei anni, fui mandato presso un maestro privato per apprendere a leggere e a scrivere. Completai in meno di sei mesi il programma della prima classe elementare. Il maestro, un certo Dainotte, notando la mia facilità di apprendimento, consigliò ai miei di farmi proseguire col programma della seconda. Nel successivo mese di settembre fui, pertanto, presentato agli esami di ammissione alla terza elementare, che superai agevolmente. All'inizio dell'anno scolastico fui iscritto al Circolo didatti- co “G. Garibaldi”, dove avevo appunto sostenuto gli esami di ammissione, ed ero il più piccolo della classe. A nove anni completai gli studi elementari con buoni voti, sotto la guida di un bravo maestro, un certo Santonocito Andrea, un quarantacinquenne, magro, dinamico ed energico, severo ma giusto sia nella valutazione dei suoi alunni che nel modo di trattarli.
Alla quinta elementare mi venne rilasciato, alla fine del secondo trimestre, un “Attestato di studio e di buona condotta”. Superai successivamente, anche stavolta, gli esami di ammissione alla prima ginnasiale presso l'istituto “N. Spedalieri”.
Il 6 giugno del 1930, in via Plebiscito, dove ci eravamo trasferiti da qualche anno,
nacque mia sorella Sebastiana. Nel 1932 mio padre comprò un appartamento a primo piano di quattro vani ed accessori, in via Recupero, ristrutturandone del tutto la cucina ed il bagno.
In quegli anni, durante il periodo estivo, la mia famiglia andava alla plaia, la spiaggia di Catania, dove mio padre aveva costruito, nella zona riservata ai privati, una cabina balneare abbastanza spaziosa, con soprastante terrazza coperta, alla quale si accedeva per mezzo di una scaletta interna.
Stavamo lì tutto il giorno e spesso, quando le giornate erano più calde, anche la notte, sistemati su brandine pieghevoli. Ci si alzava, in quei casi, all'alba per vedere spuntare il sole dal mare e per assistere alla pesca a strascico, la sciabica.
Durante la guerra contro l'Abissinia del 1935/'36, quasi ogni sera mio padre mi portava ad ascoltare, in via Prefettura, il bollettino di guerra, diramato dal nostro Stato Maggiore.
Un negoziante, un certo Cucè, aveva predisposto, ai due lati dell'ingresso del suo negozio di elettrodomestici, situato in via Manzoni all'altezza di via Prefettura, due grandi altoparlanti collegati ad una radio, attraverso i quali venivano trasmesse le notizie del giornale radio.
Mio padre, ex socialista, era rimasto un accanito e irriducibile antifascista. Dopo lo scioglimento dei partiti, avvenuto nei primi del 1925, si era dedicato però esclusivamente al suo lavoro di imprenditore. Allora erano pochi quelli che possedevano una radio. Capitò pertanto che tra la folla, che abitualmente veniva ad ascoltare il comunicato, ci fossero molti antifascisti, per cui, a poco alla volta e con le dovute circospezioni, si andarono formando dei capannelli di persone, tutte di idee contrarie al regime. Si fecero in tal modo nuove amicizie e si commentavano a bassa voce le notizie trasmesse, criticando spesso il Governo.
Fu proprio in quel periodo che potei avere esperienza diretta del regime dittatoriale allora imperante e della sua imposizione violenta sulla popolazione.
Dopo circa un mese mio padre comprò dallo stesso Cucè una radio a cinque valvole, una “ magnadine SV 56”, che era allora una delle migliori marche in commercio e che diede infatti ottimi risultati.
Cessò pertanto la necessità di recarsi in via Prefettura e si evitò, in tal modo, il rischio di essere denunciati come sovversivi da parte di spie che, mescolandosi alla folla, si spacciavano per antifascisti. A casa, la sera verso le otto, si accendeva la radio e a volume ridottissimo, con l'orecchio incollato all'altoparlante, riuscivamo a captare, nelle onde corte, disturbatissime, le trasmissioni estere di radio Londra e radio Mosca, per ascoltare l'altra ” campana”, in quanto non avevamo alcuna fiducia nella nostra. Completai gli studi ginnasiali e liceali regolarmente promosso ogni anno.
II
Il mio primo pianoforte e la parentesi della guerra
Appena diplomato, nel luglio del 1939, pregai mio padre di comprarmi un pianoforte, che da anni desideravo tanto. Fui accontentato. Si presentò allora il problema di prendere lezioni da un maestro. Avevo però l'intenzione di fare un corso accelerato per avere la possibilità di suonare dei pezzi di musica, entro breve tempo, in modo discreto. A tal fine fui indirizzato da mio padre stesso ad un certo Creaco Fortunato, un giovane di qualche anno più anziano di me, che in quell'epoca era ricoverato all'Ospizio di Beneficenza di Catania, dove studiava musica, frequentando anche il laboratorio di falegnameria. Era obbligatorio, per gli internati dell'Ospizio, scegliersi un mestiere.
Anche mio padre, rimasto orfano a soli tre anni, a seguito della morte di mio nonno, tipografo, avvenuta ancora giovanissimo a soli trentatré anni, era stato ricoverato, a spese del Comune, all'Ospizio assieme al fratello Luigi, maggiore di lui di due anni. Aveva completato con buon profitto il ciclo delle elementari e della scuola ”Arte e Mestieri”, della durata di tre anni, frequentando il corso di “scultore in legno”.
In qualità di ex convittoto, dietro sua domanda, poco prima della guerra contro l'Abissinia nel 1935, gli venne affidata la gestione del laboratorio di falegnameria, con l'obbligo di insegnare il mestiere agli internati. Creaco era stato ed era allievo di mio padre. Quando andai a trovarlo, per la prima volta, al reparto musica, lo trovai seduto al pianoforte alle prese col Clavicembalo ben temperato di Bach. Ebbi da lui delle lezioni per circa tre mesi, durante il periodo estivo.
Cominciai a studiare il solfeggio sul ”Bona” e i primi esercizi per piano sullo ”Czerny”.
Le prime lezioni dello Czerny furono per me le più dure. A poco alla volta, però, sorretto dall'entusiasmo e dalla volontà di accelerare al massimo la preparazione, in autunno inoltrato, arrivai a suonare in modo discreto quasi la metà degli studi del libro.
Verso la fine di quell'anno, Creaco, per raggiunti limiti di età, venne dimesso dall'Ospizio ed allora continuai per conto mio, sulla scorta delle lezioni avute da lui.
A metà dicembre di quello stesso anno, comprai la riduzione per pianoforte della Norma di Bellini, allo studio della quale dedicai anima e corpo. Nella primavera successiva riuscii, grosso modo, a suonare gran parte dell'opera con una certa correttezza. Comprai di volta in volta La Sonnambula, una raccolta di valzer e di serenate celebri, Cavalleria rusticana, Lucia di Lammermoor, Il Pirata e altri brani musicali, intercalando agli studi universitari lo studio del pianoforte.
Il 27 febbraio del 1941, avevo allora da poco compiuto diciannove anni, fui chiamato alle armi. L'Italia era in guerra da più di otto mesi. Frequentavo allora il secondo anno della facoltà di Giurisprudenza e pertanto dovetti interrompere gli studi e separarmi, cosa che maggiormente mi dispiacque, dal mio pianoforte.
Fui assegnato al 65°Rgt. Ftr. autotrasportato, di stanza a Piacenza. Dopo un corso di
tre mesi riservato agli studenti arruolati con la classe del 1921, considerati ufficialmente volontari a tutti gli effetti di legge, ...

Indice dei contenuti

  1. La musica, ancora e sempre: Arte e vita
  2. Indice
  3. Frontespizio
  4. Prefazione
  5. 1. Cominciò così
  6. 2. Il mio primo pianoforte e la parentesi della guerra
  7. 3. Un accordo in mi bemolle
  8. 4. Ore di studio intenso e appassionato
  9. 5. Un incontro “fatale”: Matteo Di Mauro
  10. 6. Rita Emanuel Corona
  11. 7. Il triste caso di Maria
  12. 8. Intanto un po’ di musica leggera
  13. 9. Un esaminatore d’eccezione: Il maestro Santonocito
  14. 10. Un uomo d’altri tempi: Il cavaliere Paternò
  15. 11. Stagione lirica 1964: Il trittico moderno
  16. 12. Prove al teatro “Massimo Bellini”
  17. 13. Operare tagli ?
  18. 14. Il ritorno del soldato
  19. 15. Lezioni di musica
  20. 16. Un incidente d’auto
  21. 17. “Ma lei chi si crede di essere?”
  22. 18. Tutto daccapo...
  23. 19. ...e le fiabe musicali
  24. 20. La T.V. maltese?
  25. 21. Ancora una fiaba: Cenerentola
  26. 22. La scuola “Fanciulli” di Acireale e il maestro Russo
  27. 23. Un’altra fiaba: L’acciarino magico
  28. 24. La scuola”S. Rita da Cascia” e mia figlia Concetta Maria
  29. 25. Tra una fiaba e una canzone
  30. 26. Un’ardua prova: Rasputin
  31. 27. In pensione...ma non dall’arte
  32. 28. Il “Clan dei ragazzi” di padre Aresco
  33. 29. Ottant’ anni...e la musica, ancora e sempre