La libertà autentica. Sul significato di autarchia e altri scritti sul pensiero antico
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La libertà autentica. Sul significato di autarchia e altri scritti sul pensiero antico

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Autarchia deriva dalla parola greca autarkheia, che letteralmente significa "bastare a sé stessi". Questa parola non indica un concetto filosofico astratto, bensì quello che potremmo definire un determinato approccio spirituale all'esistenza. In particolare, l'autarchia è una condizione dell'animo del filosofo di assoluta imperturbabilità, che nulla o nessuno può strappargli, poiché egli sente che non ha bisogno d'altro al di là di se stesso.

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Informazioni

Anno
2017
ISBN
9788892669963

La Libertà autentica: sul significato di Autarchia.

Per cominciare, buon pomeriggio a tutti e grazie per essere venuti. Mi ritrovo a parlare su questo palco a quasi un anno dalla prima volta; era settembre dello scorso anno, dovevo presentare un altro mio libro, La tranquillità interiore. Ricordo che quella volta la presentazione era di sera, dalle sei alle sette, ma da buon filosofo logorroico avevo sforato di mezz’ora. Avevo praticamente preso in ostaggio una trentina di persone affamate che non vedevano l’ora di tornare a casa a mangiare, e probabilmente memori di quella volta Jonathan e Timoteo hanno preferito farvi venire già a stomaco pieno. A parte gli scherzi, prima di cominciare la conferenza, ci tenevo a ringraziare proprio Jonathan e Timoteo per l’opportunità concessami nel pubblicare il testo con l’Anima Edizioni e nel presentarlo in quella che reputo una delle più belle librerie di Milano. Ed evidentemente memori sempre dell’esperienza passata, come avrete potuto notare il tempo che mi hanno dedicato oggi è di ben un’ora e mezza. Cercherò di non farle diventare tre, come già effettivamente sto facendo con questo lungo preambolo.
Addentrandoci dunque nella presentazione vera e propria, sono qui con voi oggi per parlarvi del mio nuovo libro pubblicato, come vi dicevo, da Anima Edizioni, dal titolo: Autarchia spirituale.
Vi anticipo che l’argomento principale dell’intera presentazione non sarà tanto il contenuto del testo in sé (che chiaramente, comunque, andremo a sfiorare) quanto le due parole del titolo, Autarchia e Spirituale, che, come vedremo, saranno intrinsecamente interconnesse.
Un’ora e mezza per due parole?! Direte voi, e io vi rispondo che vi è anche andata bene che, al contrario di Kant, evito di scrivere titoli lunghi come: Prolegomeni ad ogni futura metafisica che vorrà presentarsi come scienza.
La scelta di dilungarmi su queste due parole deriva due motivi: da un lato, non ho mai sopportato quelle presentazioni che illustrano nel dettaglio l’intero contenuto di un libro, e che quindi ti tolgono il piacere della lettura, e dall’altra Autarchia spirituale tocca, in poche pagine, così tanti temi che non sarebbe possibile affrontarli tutti senza risultare caotici e senza passare l’intera presentazione a leggervi ciò che effettivamente c’è scritto nel libro.
Le due parole del titolo offrono la chiave di lettura della molteplicità di temi trattati, è dunque importante, per chi si approccerà a leggere il testo, averle ben chiare per non evitare fraintendimenti. Anche perché, lavorando sulla copertina del testo mi sono accorto di un grande fraintendimento di tale concetto. Cercando su Google immagini la parola “Autarchia”, infatti, pensavo di trovarmi di fronte a una serie di foto di statue greche dalle forme armoniose; e, invece, mi sono ritrovato davanti a una serie di poster di propaganda del ventennio fascista, e lì ho capito che con il passare dei secoli qualcosa deve essere andato molto storto nel passaggio di testimone di questo concetto, e sarà bene dunque fugare ogni dubbio e restituire a tale parola la sua essenza originaria.
Da buon filosofo, vi farò arrivare a queste parole con un preambolo generale, che ha a che fare con il contenuto del libro. Di cosa parla Autarchia spirituale? Per restringere, ma in realtà allargare enormemente, il contenuto del testo a un unico filo conduttore, potremmo dire che Autarchia spirituale è un libro che parla di Libertà. Ed ecco che iniziano subito i primi problemi. La Libertà, infatti, è uno dei grandi problemi filosofici di cui si discute fin dall’alba dei tempi, prima ancora che esistesse la parola filosofia.
Libertà è una parola che riecheggia quotidianamente nella nostra società. Si discute su chi è libero di fare cosa, e di chi invece non dovrebbe essere libero di fare qualcos’altro.
Come tutti i grandi concetti filosofici utilizzati in ambito quotidiano, la parola Libertà nasconde però un grande inghippo. Le persone che discutono sui problemi appena citati si capiscono certamente tra loro, nel senso che nominando la parola Libertà nessuno pensa che si stia parlando, che so, di un panino al prosciutto. Sembra che ci sia un vago consenso attorno al significato di tale concetto quando lo si nomina, proprio perché si riesce a utilizzarlo senza troppi problemi, eppure scommetto che nel momento in cui andassi a interrogare ciascuno di voi su cosa intendete per Libertà, ecco che ognuno mi darebbe una risposta diversa.
Potremmo domandarci, socraticamente, che cos’è la libertà? Ma credo che nel nostro contesto sia molto più funzionale saltare questo passo e, saccheggiando ciò che altri autori hanno detto sull’argomento, domandarci, invece, quale tipo di Libertà?
Come tenterò brevemente di riassumere, la parola Libertà ha cambiato molto di significato nel passare dei secoli tanto che, se un uomo del XXI secolo parlasse di Libertà con un uomo del IV secolo a. C., sembrerebbe effettivamente a entrambi che il primo stia parlando di un panino al prosciutto e che il secondo stia parlo di un panino al seitan. Poi arriverebbe Socrate a domandarsi che cos’è il prosciutto e che cos’è il seitan e la questione diverrebbe davvero infinita.
Partiamo dunque dal concetto di Libertà di cui, più o meno consapevolmente, è figlia la nostra epoca.
Quando parliamo di Libertà, al giorno d’oggi, abbiamo più o meno precisamente in testa il concetto di libertà di un grande filosofo inglese, John Stuart Mill, che nel XIX secolo scrisse un testo che ebbe grande influenza sui secoli a venire, intitolato, appunto, On liberty: Sulla libertà.
Andando subito al punto, il concetto fondamentale di Libertà espresso da tale opera è il seguente: la mia libertà finisce lì dove comincia la tua. Io sono libero di fare tutto ciò che non intacca la tua libertà e in questo spazio privato lo stato e le altre persone non hanno alcun diritto di intervenire, anche se mi sto autodistruggendo. “Su se stesso, sulla sua mente e sul suo corpo, l’individuo è sovrano” dice Mill. Da questo principio, definito generalmente l’harm principle, derivano tre ulteriori libertà che potremmo definire “libertà sociali”: la libertà di pensiero e di azione (sempre nei limiti dell’incolumità altrui); la libertà di perseguire i propri gusti (anche se ritenuti dai più immorali o autodistruttivi); la libertà degli individui di associarsi, sempre senza che tali associazioni abbiano lo scopo di offendere altri individui.
Inconsapevolmente, ciò di cui parliamo nella nostra epoca quando parliamo di Libertà è questa forma di Libertà; banalizzando, in parte, il concetto milliano (che, in realtà, è molto più complesso), vediamo la Libertà sostanzialmente come libertà di scelta. O, meglio, come, libertà di volere questa o quell’altra cosa senza che nessuno intervenga per costringerci a fare ciò che non vogliamo fare.
Ma, come anticipavo prima, questo è soltanto uno dei modelli di Libertà, quello più recente. È un filosofo dell’epoca di Mill, ossia Benjamin Constant, ne La libertà degli antichi e dei moderni, a sottolineare per primo la grande discrepanza esistente tra questo nuovo concetto di libertà e quello, invece, che era proprio degli antichi.
Per gli antichi, dice Constant, la libertà è anzitutto libertà politica; gli unici uomini liberi sono coloro che possono partecipare alla vita attiva della città, da un lato con la partecipazione diretta nelle scelte politiche e dall’altro con la partecipazione in guerra nelle file dell’esercito (composto, appunto, esclusivamente da uomini liberi). Tutti gli altri membri della polis, le città stato greche, non sono liberi e gli stessi uomini liberi sono tali nell’esercizio della cosa pubblica, ma non nei loro costumi privati in cui vige una forte pressione sociale.
I moderni, al contrario, vivono della condizione opposta; essi sono liberi nei costumi, anche a partire dall’ottocento in cui lentamente si sta diffondendo il principio milliano, ma non sono direttamente coinvolti nel dominio dello stato così come lo erano gli antichi greci, visto che se per i primi la “democrazia” era partecipazione diretta, per i secondi è “rappresentazione”. Non voto direttamente in assemblea, ma delego qualcuno che lo faccia al posto mio.
Ciò è inevitabile, perché le istituzioni odierne sono molto diverse rispetto a quelle antiche e, come dimostreranno i totalitarismi dei secoli successivi, le grandi istituzioni che tenteranno di riportare in auge l’ideale delle polis antiche cadranno in un opprimente dispotismo. Ed è per questo che già Costant, come Mill, propendeva per il concetto moderno di libertà, pur sottolineando l’importanza della partecipazione politica.
A questo punto, sembriamo arrivati in un vicolo cieco; o, meglio, in una strada che si dirama in due vicoli ciechi. Perché dico ciò? Se analizziamo da vicino la situazione, abbiamo da un lato l’idea antica di Libertà, che propende maggiormente per la libertà politica ma con una eccessiva ingerenza verso la libertà privata; dall’altro, una libertà privata, che al di là della perdita della libertà politica comporta un altro, grave, problema, che sfugge alla semplificazione fatta del pensiero di Mill e che affligge la società moderna. In che senso, infatti, la libertà di scelta può effettivamente essere definita come autentica libertà? Nell’età moderna, sancito il sacrosanto diritto che ognuno ha di vivere secondo le proprie inclinazioni, ci si è però dimenticati di un’altra domanda fondamentale che si poneva una “terza fazione”, che ancora non abbiamo chiamato in causa, ossia: qual è la migliore condotta di vita per l’uomo? Questa domanda è intrinsecamente legata al concetto di Libertà e, a sollevarla sono proprio i filosofi, in particolare i filosofi antichi.
La loro risposta, come vedremo, offre una terza via, che va al di là sia della proposta milliana sia dell’ideale di libertà civile concepito dai loro contemporanei.
Dire che prima del 1800 nessuno aveva mai pensato che libertà potesse significare anche libertà di scegliere come vivere è un’assurdità. Per i filosofi antichi la Libertà era anzitutto una scelta di vita; a fare da discrimine, tuttavia, tra la schiavitù e la libertà autentica era proprio il tipo di vita filosofica a cui si decideva di aderire. In questo tutte le scuole filosofiche antiche erano concordi, al di là delle differenze dottrinali. Ed è per questo che i filosofi antichi reputerebbero assurdo chiamare “libero” un uo...

Indice dei contenuti

  1. La Libertà autentica
  2. Indice
  3. Frontespizio
  4. Introduzione:
  5. La Libertà autentica: sul significato di Autarchia
  6. Come il fascismo ha travisato il concetto di autarchia
  7. Appendice:
  8. John Stuart Mill: La libertà
  9. Le Diatribe di Epitteto: Lo stoicismo e la libertà interiore
  10. Macrobio: Commento al sogno di Scipione. Le virtù del condottiero
  11. L’Eraclito di Nietzsche
  12. Ritratto di Seneca
  13. Nietzsche e l'agóne omerico, ovvero: l'eterna lotta per esistere
  14. Hadot e il recupero della filosofia come esercizio spirituale
  15. Su di me