Storia del Jazz Classico
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La storia del Jazz Classico narrata in modo interattivo, con fotografie e, in aggiunta, ascolti e visioni di filmati d'epoca da Internet, oltre alla possibilità di accedere in ogni momento a un glossario (con tutti i termini tecnici di più difficile comprensione).

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788827805039
Capitolo 1
I primordi del Jazz
Sezione 1
Calls, Cries, Work Songs, Ballads, Spirituals, Blues, Minstrelsy, Ragtime, New Orleans
Premessa
Non è possibile stabilire una cronologia di tutte le espressioni del Folk vocale dei neri d’America, dalle più semplici alle più complesse, pensando che le più semplici (Calls e Cries) debbano precedere per forza le più complesse (Ballads e Blues) passando magari necessariamente per il repertorio religioso (Gospels e Spirituals). Di fatto si deve parlare, piuttosto, di una “compresenza” e di una “contemporaneità” all’interno della cultura nera, compresenza e contemporaneità di cui non è sempre facile rintracciare e documentare le origini.
Durante il periodo della schiavitù (ma anche in seguito), molte forme di canto echeggiavano nei luoghi di lavoro del Sud degli Stati Uniti, nelle piantagioni di cotone, di canna da zucchero e di granoturco così come sulle banchine dei porti fluviali e marittimi.
Calls (Chiamate), Cries (Grida) e Work Songs (Canzoni di lavoro)
Le “intonazioni di chiamata” (Calls) servivano per comunicare messaggi di ogni genere, per chiamare la gente fuori dai campi (v. figura seguente), per invitarla ad andare al lavoro, per attirare l’attenzione di una ragazza a distanza o semplicemente per far notare la propria presenza.
Se la dimensione soggettiva, di manifestazione espressiva e vocalizzazione delle emozioni private era prevalente, allora si avevano, più propriamente, delle Cries (grida). La loro struttura in genere era assai libera e spesso personalizzata dal cantore, anticipando quell’improvvisazione che sarebbe divenuta, poi, la colonna portante del Blues e del Jazz. Inoltre, se maggiormente elaborate e più legate alle funzioni lavorative, esse diventavano di fatto Work Songs, dei contadini, dei lavoratori delle ferrovie, degli scaricatori di porto, dei taglialegna, dei pescatori e anche dei carcerati. Queste Songs, così prossime alla tradizione originale africana, con la loro struttura tipicamente antifonale, stupivano molti bianchi che poterono ascoltarle. Secondo la testimonianza della scrittrice e attrice inglese Fanny Kemble, che aveva sposato un proprietario terriero per poi divorziare da lui, quando ne ebbe visitato le piantagioni ed ebbe visto i trattamenti inumani imposti agli schiavi (Journal of a residence in a Georgia plantation, 1838-1839), «i nostri barcaioli accompagnano i colpi di remi col suono delle loro voci. Io non sono riuscita a scoprire alcuna derivazione da qualcosa che mi fosse familiare in molte delle loro canzoni da me ascoltate recentemente, e che mi sono parse straordinariamente selvagge e strane». E poi ancora: «il modo in cui il coro interviene col suo peso [ndr all’unisono o all’ottava, spesso in falsetto] fra una frase e l’altra della melodia cantata da una voce solista è molto curioso ed efficace». Sopra ogni cosa stupivano la Kemble «l’ammirevole senso del tempo e l’accento sincero» di questi canti, tutti strettamente connessi col ritmo del lavoro che veniva svolto nel contempo, a volte tristi a volte invece allegri e umoristici, dai contenuti più svariati.
Ballads (Ballate)
Si trattava di canti complessi, talvolta molto lunghi, articolati in stanze e, a volte, derivati dalle Work Songs di cui avevano perso, però, la funzionalità originale. Spesso narravano vicende realmente accadute in forma epica, com’è forse il caso della famosa “Ballata di Ol’ Riley”, conosciuta sotto vari titoli, in cui si narra di un vecchio carcerato che evade di prigione per assistere al funerale della moglie ed è braccato dal cane dei secondini, Rattle, anche lui anziano, che non riuscirà mai a raggiungerlo… Altre volte si parlava dell’infedeltà coniugale, dell’inadeguatezza e del disinvolto comportamento dei mariti di razza nera (v. la piaga dei figli illegittimi, pressoché costante fino ad epoca moderna), una tematica molto diffusa anche nel Blues, con relativa reazione delle mogli, a volte rassegnate ma più spesso portate, dopo tanta sopportazione, a vendicarsi in modo violento e omicida (v. la celebre “Ballata di Frankie e Johnny”, nota anche col titolo “Frankie e Albert”). Altre volte ancora l’argomento riguardava l’eterno sogno di evasione dalle asprezze della vita, com’è il caso di “Midnight Special” [ASCOLTO], forse di origine bianca, che faceva parte del repertorio del famoso cantante-carcerato Leadbelly (1885-1949), scoperto e rivalutato dagli etnomusicologi John e Alan Lomax. In essa il “Midnight Special”, l’espresso di mezzanotte, cioè il treno che passa sbuffando e andando chissà dove, viene assunto a simbolo e áncora di salvezza (immaginaria) tanto dal lavoratore che soffre per la durezza del lavoro quotidiano quanto, in egual misura, dal carcerato che soffre per la privazione della lib...

Indice dei contenuti

  1. Copyright
  2. Prefazione
  3. I primordi del Jazz
  4. Lo Swing
  5. La rivoluzione del Be.Bop
  6. “Ain’t misbehavin’” (parole di Andy Razal - musica di “Fats” Waller, 1929)
  7. “Empty Bed Blues“
  8. “Strange Fruit“ (parole e musica di Lewis Allan,1939) Southern trees bear strange fruit,
  9. Glossario