Almosiana

Giancarlo Laghezza

• Editore: Youcanprint
• Anno: 2018
• ISBN:
  9788827806081
• Argomento: Letteratura
• Categoria: Poesia italiana

"ALMOSIANA", titolo di questa prima raccolta, è un neologismo derivato dal vocabolo "Álmos", nome originario dell'antica Asia Minore, che significa "creatore". Almosiana è quindi da interpretare come "creatività", nel senso di stati d'animo che sublimano i sentimenti.
Le liriche nel testo, scritte in tempi diversi, sono di vario genere, ma prevalgono quelle in cui il sentimentalismo, con le sue varie sfaccettature emotive, sollecita riflessioni interiori.
Ho scritto queste liriche scevro dall'arroganza di volermi definire un poeta, per cui se qualcuno vorrà leggerle non sono veleno, non producono danni collaterali e, in definitiva, non modificano alcun pensiero. Solo una prescrizione, se si vuole: leggerle quando si è sobri. Grazie.

PRIMO LIBRO

M’appago…

M’appago tra le tue braccia.

Brulicanti in me i tuoi sorrisi,

vissuti e frementi come gocce

d’acqua cadenti da nubi infrante,

mentre assorbo i tuoi piaceri

come coppe di champagne

nell’oscurità piacente.

Vivilo questo mondo,

posto su un pinnacolo che gira,

come palla azzurra,

insieme sfiorati dalle frange

di un mantello damascato,

come la tua anima perversa.

Ed io, con te, mi perdo

tra le idee di Freud,

che ci assalgono a mortificarci

l’anima e quel che sentiamo.

Afferrami, portami lontano,

preda magnifica, come sirena

cantami i tuoi desideri

e non lasciarmi andare,

non farmi soffrire nei tuoi sguardi,

appaganti come l’aria intorno a noi,

che avvolge e grida.

L’ultimo piacere, io in te,

portalo con te per sempre,

in un sospiro.

Via, via…

Via, via sulla Eiffel, torna mesta

ragazza ignuda, palpita cuore,

dividi amore e torna nelle messi bionde

a frugar nei prati l’amor profondo.

E muore il mondo, dimitte terribilis,

ignosce culpis, vola sulle valli meste

grondanti pianto per te, se tua, se solo tua

fu colpa di un sogno turpe.

Amarci. Come amarci senza esser bruti?

Afferra le mie voglie portale sui tuoi seni,

rimbomba il segreto folle dei tuoi baci.

E sull’Arno di Firenze gronda Parigi bella

e i suoi piaceri delle corti dorate.

Re Sole fulgente che ricorda in noi

l’essere bradi, come cavalli dalle criniere

verdi di campo e tu distesa sulle mie gambe,

vivi e ridi, ridi e soffri

tutto l’amore del mondo che mi dà pena,

che tu mi hai dato, senza esserti grato.

Tu che mi guardi…

Tu che mi guardi,

cosa speri all’ombra dei ricordi,

attratta dalle lucciole della sera.

Verso di me, verso di te,

nella notte svolazzano serie

mentre si svolge il destino,

perenne nel ciclo del cielo.

Inquieto passare dei giorni,

folate di vento peregrino,

che spazza al sole tenue d’inverno

tutto quello che è arcano,

mentre tu ed io ci guardiamo.

Nello specchio scorre,

lento, inesorabile, il tempo

del nostro destino.

Come granelli…

Come granelli di sabbia,

trascinati dal mare,

ascoltiamo il suo suono.

Con esso seguiamo le onde,

che ci portan lontano

dal posto in cui siamo.

Avvolge il silenzio,

che strano, la notte.

Eppur nel silenzio

si sente rumore:

son le foglie sui rami,

il suono che il vento

lascia molcire.

Nei sogni porgiamo i ricordi,

mentre il tempo ci guarda.

È con lui che tutto svanisce,

mentre sciaborda sul nostro passare,

come l’onda del mare.

Nessuno…

Nessuno avrebbe detto qualcosa di me,

forse il silenzio sì.

E se leggessero nella mia anima?

Tu, a volte, sei lontana e tutto s’annebbia.

I tuoi desideri sono foglie cadute.

Non ti sei accorta di me,

mentre t’aspetto al solito posto:

quell’albero spoglio in quest’inverno che tace.

Fra i tuoi capelli e il vento che soffia,

solo i miei brividi, il mio tempo.

Li senti? Sono sulle tue labbra.

Nel cercarti è d’ansia l’attesa.

Apro le ali e m’involo.

La tua bellezza…

La tua bellezza m’appart...

Indice dei contenuti

• Copertina
• Indice
• Prologo
• Almosiana