Piccolo breviario della felicità
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Piccolo breviario della felicità

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Informazioni sul libro

La scuola di Epicuro (342 – 270 a.C.) ad Atene, sorgeva in mezzo a un bel giardino: fuori il disincanto politico, il crollo dei valori etico-civili tradizionali, la vana ricerca di risposte appaganti sul senso del destino. Dentro la piacevole familiarità con un maestro che sapeva rassicurare contro la paura degli dei, del dolore, della morte………….Filosofia in crisi, dunque, della rinuncia, del "si salvi chi può"? Forse, ma è anche un invito a conoscere, a conoscersi e ad autodeterminarsi, una preziosa trincea contro i rischi dell'irrazionalismo, che puntualmente risorge quando sono in corso grandi mutamenti epocali.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788827812587
Argomento
Letteratura
Categoria
Classici

MASSIME CAPITALI

I
L'essere beato e immortale non ha affanni di per sé né li procura agli altri, cosicché non è condizionato né dalla collera né dalla benevolenza. Tutto ciò contraddistingue l'essere debole.
II
La morte per noi non è nulla: ciò che infatti si è dissolto è insensibile, e ciò che è insensibile non ha niente a che fare con noi.
III
La sottrazione di ogni dolore è il criterio di misura della grandezza dei piaceri. Ovunque ci sia piacere, e per tutto il tempo che il piacere duri, non c'è né dolore fisico, né afflizione spirituale, né entrambe le cose.
IV
Il dolore nella carne non ha una durata infinita: la fase acuta dura pochissimo tempo, così come ciò che è appena al di sopra del benessere fisico non dura molti giorni. Si può addirittura dire che le malattie croniche procurano alla carne più piacere che dolore.
V
Non è possibile vivere felici senza condurre una vita saggia, specchiata e giusta, né condurre una vita saggia, specchiata e giusta senza essere felici. Chi non realizza questa condizione non può vivere felice.
VI
Al fine di assicurarsi dagli uomini, erano un bene secondo natura il primato individuale e la regalità, posto che fosse mai possibile ottenere tanto con questi mezzi.
VII
Alcuni hanno voluto diventare famosi e illustri pensando così di garantirsi una sicurezza rispetto agli uomini: se in questo modo la loro vita è tranquilla, hanno conseguito il bene secondo natura; se invece non è tranquilla, non dispongono di ciò per cui all'inizio si sono mossi sotto lo stimolo di un impulso naturale.
VIII
Di per sé, nessun piacere è un male. Tuttavia i mezzi che procurano certi piaceri arrecano molti più turbamenti che appagamenti.
IX
Se ogni piacere potesse concentrarsi nello spazio e nel tempo e coinvolgere tutto il nostro essere o le componenti determinanti della nostra natura, i piaceri non sarebbero mai diversi tra loro.
Se i mezzi cui ricorrono i gaudenti per procurarsi dei piaceri dissolvessero le paure della loro mente a proposito delle cose celesti, della morte e del dolore, e ancora se si insegnasse loro la misura dei desideri e delle afflizioni, non avremmo in questo caso motivo di biasimarli, perché sarebbero del tutto appagati dai piaceri, non patendo o penando nell'anima e nel corpo, il che è giustappunto il male.
XI
Se non ci turbassero i timori delle cose celesti e della morte, nel dubbio che possano avere qualche relazione con noi, e la non conoscenza dei limiti dei dolori e dei desideri, non avremmo bisogno di una scienza della natura.
XII
Non era possibile sciogliere i timori sulle questioni di fondo ignorando quale fosse la natura dell'universo e vivendo invece nel sospetto indotto dai miti. In tal modo non era possibile conseguire piaceri puri senza la scienza della natura.
XIII
Non giovava a nulla procurarsi sicurezza rispetto agli uomini restando immutati dubbi e paure circa le cose del cielo e del mondo infero e in generale di ciò che accade nell'universo.
XIV
Una volta conseguita la sicurezza dagli uomini con il disporre fino a un certo grado di agiatezza e abbondanza, ...

Indice dei contenuti

  1. UN GIARDINO PER L'ANIMA
  2. LETTERA A MENECEO
  3. MASSIME CAPITALI