Il principe
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Il Principe è un breve trattato politico scritto da Machiavelli nel 1513. Gli argomenti esaminati sono i vari tipi di principato, come i principati si acquistino o si perdano, le milizie proprie e mercenarie, la figura del principe con le caratteristiche che deve avere e i comportamenti che deve adottare per il mantenimento dello stato. La parte finale si concentra sulla situazione dell'Italia del tempo e conclude con l'esortazione ad un principe italiano a creare un nuovo forte Stato che possa liberare l'Italia dal dominio degli stranieri. Machiavelli concentra l'attenzione sulla realtà effettiva della politica e della lotta per il potere, analizzandole così come sono, e non come si vorrebbe che fossero; individua come comportamenti virtuosi, da parte del principe, solo quelli che risultano più utili al mantenimento dello Stato. L'agire del principe deve essere guidato solo da considerazioni di ordine politico; ogni altra preoccupazione, di carattere morale o religioso, è accantonata; il bene supremo è quello che garantisce il benessere dello Stato. Machiavelli separa nettamente la sfera politica e la sfera morale, e questa posizione ha contribuito a rendere la sua opera tanto discussa.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788827812556

Cap. 1

Quot sint genera principatuum et quibus modis acquirantur.
[Di quante ragioni sieno e’ principati, e in che modo si acquistino]
Tutti li stati, tutti e’ dominii che hanno avuto et hanno imperio sopra li uomini, sono stati e sono o repubbliche o principati. E’ principati sono o ereditarii, de’ quali el sangue del loro signorene sia suto lungo tempo principe, o e’ sono nuovi. E’ nuovi, o sono nuovi tutti, come fu Milano a Francesco Sforza, o sono come membri aggiunti allo stato ereditario del principe che li acquista, come è el regno di Napoli al re di Spagna. Sono questi dominii cosí acquistati, o consueti a vivere sotto uno principe, o usi ad essere liberi; et acquistonsi, o con le armi d’altri o con le proprie, o per fortuna o per virtù.

Cap. 2

De principatibus hereditariis.
[De’ principati ereditarii]
Io lascerò indrieto elragionare delle repubbliche,perché altra volta ne ragionai a lungo. Volterommi solo alprincipato, et andrò tessendo li orditi soprascritti, edisputerò come questi principati si possino governare emantenere.
Dico, adunque, che nelli stati ereditarii etassuefatti al sanguedel loro principe sono assai minori difficultà a mantenerliche ne’ nuovi; perché basta solo non preterirel’ordine de’ sua antinati, e di poi temporeggiare conli accidenti; in modo che, se tale principe è di ordinariaindustria, sempre si manterrà nel suo stato, se non è unaestraordinaria et eccessiva forza che ne lo privi, e privato che nefia, quantunque di sinistro abbi l’occupatore, loriacquista.
Noi abbiamo in Italia, in exemplis, el duca di Ferrara, il qualenon ha retto alliassalti de’ Viniziani nello 84, né aquelli di papa Iulio nel 10, per altre cagioni che peressereantiquato in quello dominio. Perché el principe naturaleha minori cagioni e minore necessità di offendere: dondeconviene che sia più amato; e se estraordinarii vizii non lofanno odiare, è ragionevole che naturalmente sia benevolutoda’ sua. E nella antiquità e continuazione del dominiosono spente le memorie e le cagioni delle innovazioni: perchésempre una mutazione lascia lo addentellato per la edificazionedell’altra.

Cap. 3

De principatibus mixtis.
[De’ principati misti]
Ma nel principato nuovo consistono le difficultà. E prima,se non è tutto nuovo, ma come membro, che si può chiamaretutto insieme quasi misto, le variazioni sua nascono in prima daunanaturale difficultà, la quale è in tutti e’principati nuovi: le quali sono che li uomini mutano volentierisignore, credendo migliorare; e questa credenza gli fa pigliarel’arme contro a quello; di che s’ingannono, perchéveggono poi per esperienzia averepeggiorato. Il che depende daun’altra necessità naturale et ordinaria, quale fa chesempre bisogni offendere quelli di chi si diventa nuovo principe, econ gente d’arme, e con infinite altre iniurie che si tiradietro el nuovo acquisto; in modo che tu hai inimici tutti quelliche hai offesi in occupare quello principato, e non ti puoimantenere amici quelli che vi ti hanno messo, per non li poteresatisfare in quel modo che si erano presupposto e per non potere tuusare contro di loro medicine forti, sendo loro obligato;perché sempre,ancora che uno sia fortissimo in sulli eserciti,ha bisogno del favore de’ provinciali a intrare in unaprovincia. Per queste ragioni Luigi XII re di Francia occupòsubito Milano, e subito lo perdé; e bastò a torgnene laprima volta le forze proprie di Lodovico; perché quelli populiche li aveano aperte le porte, trovandosi ingannati della opinioneloro e di quello futuro bene che si avevano presupposto, nonpotevono sopportare e’ fastidii del nuovo principe.
È ben vero che,acquistandosi poi la seconda volta e’paesi rebellati, si perdono con più difficultà;perché el signore, presa occasione dalla rebellione, èmeno respettivo ad assicurarsi con punire e’ delinquenti,chiarire e’ sospetti, provvedersi nelle parti piùdeboli.In modo che, se a fare perdere Milano a Francia bastò,la prima volta, uno duca Lodovico che romoreggiassi in su’confini, a farlo di poi perdere la seconda li bisognò avere,contro, el mondo tutto, e che li eserciti sua fussino spenti ofugati di Italia:il che nacque dalle cagioni sopradette. Non dimanco, e la prima e la seconda volta, li fu tolto. Le cagioniuniversali della prima si sono discorse: resta ora a dire quelledella seconda, e vedere che remedii lui ci aveva, e quali cipuò avere uno che fussi ne’ termini sua, per potersimantenere meglio nello acquisto che non fece Francia. Dico, pertanto che questi stati, quali acquistandosi si aggiungono a unostato antiquo di quello che acquista, o sono della medesimaprovincia e della medesima lingua,o non sono. Quando e’sieno, è facilità grande a tenerli, massime quando nonsieno usi a vivere liberi; et a possederli securamente basta averespenta la linea del principe che li dominava, perché nellealtre cose, mantenendosi loro le condizioni vecchie enon vi essendodisformità di costumi, liuomini si vivono quietamente; comes’è visto che ha fatto la Borgogna, la Brettagna, laGuascogna e la Normandia, che tanto tempo sono state con Francia; ebenché vi sia qualche disformità di lingua, non di mancoe’ costumi sono simili, e possonsi fra loro facilmentecomportare. E chi le acquista, volendole tenere, debbe avere duarespetti: l’uno, che il sangue del loro principe antiquo sispenga; l’altro, di non alterare né loro legge néloro dazii; talmente che inbrevissimo tempo diventa, con loroprincipato antiquo, tutto uno corpo.
Ma, quando si acquista stati in una provincia disforme dilingua, di costumi e di ordini, qui sono le difficultà; e quibisogna avere gran fortuna e grande industria a tenerli; etunode’ maggiori remedii e più vivi sarebbe che lapersona di chi acquista vi andassi ad abitare. Questo farebbepiù secura e più durabile quella possessione: come hafatto el Turco, di Grecia; il quale, con tutti li altri ordiniosservati da lui per tenere quello stato, se non vi fussi ito adabitare, non era possibile che lo tenessi. Perché, standovi,si veggono nascere e’ disordini, e presto vi puoi rimediare;non vi stando, s’intendono quando sono grandi e non vi èpiù remedio. Non è, oltre a questo, la provinciaspogliata da’ tua officiali; satisfannosi e’ sudditidel ricorso propinquo al principe; donde hanno più cagione diamarlo, volendo esser buoni, e, volendo essere altrimenti, ditemerlo. Chi delli esterni volessi assaltare quello stato, vi hapiù respetto; tanto che, abitandovi, lo può congrandissima difficultà perdere.
L’altro migliore remedio è mandare colonie in uno oin duo luoghi che sieno quasi compedi di quello stato; perchéè necessario o fare questo o tenervi assai gente d’armeefanti. Nelle colonie non si spende molto; e sanza sua spesa, opoca, ve le manda e tiene; e solamente offende coloro a chi togliee’ campi e le case, per darle a’ nuovi abitatori, chesono una minima parte di quello stato; e quelli ch’ellioffende, rimanendo dispersi e poveri, non li possono mai nuocere; etutti li altri rimangono da uno canto inoffesi, e per questodoverrebbono quietarsi, dall’altro paurosi di non errare, pertimore che non intervenissi a loro come a quelli che sono statispogliati. Concludo che queste colonie non costono, sono piùfedeli, etoffendono meno; e li offesi non possono nuocere sendopoveri e dispersi, come è detto. Per il che si ha a notare cheli uomini si debbono o vezzeggiare o spegnere; perché sivendicano delle leggieri offese, dellegravi non possono: síche l’offesa che si fa all’uomo debbe essere in modoche la non tema la vendetta. Ma tenendovi, in cambio di colonie,gente d’arme si spende più assai, avendo a consumarenella guardia tutte le intrate di quello stato; in modo cheloacquisto li torna perdita, et offende molto più, perchénuoce a tutto quello stato, tramutando con li alloggiamenti el suoesercito; del quale disagio ognuno ne sente, e ciascuno li diventainimico; e sono inimici che li possono nuocere rimanendo battutiincasa loro. Da ogni parte dunque questa guardia è inutile, comequella delle colonie è utile.
Debbe ancora chi è in una provincia disforme come èdetto, farsi capo e defensore de’ vicini minori potenti, etingegnarsi di indebolire e’ potenti di quella, eguardarsi cheper accidente alcuno non vi entri uno forestiere potente quantolui. E sempre interverrà che vi sarà messo da coloro chesaranno in quella malcontenti o per troppa ambizione o per paura:come si vidde già che li Etoli missonoe’ Romani inGrecia; et in ogni altra provincia che li entrorono, vi furonomessi da’ provinciali. E l’ordine delle cose è,che subito che uno forestiere potente entra in una provincia, tuttiquelli che sono in essa meno potenti li aderiscano, mossi dainvidia hanno contro a chi è suto potente sopra di loro; tantoche, respetto a questi minori potenti, lui non ha a durare faticaalcuna a guadagnarli, perché subito tutti insieme fanno unoglobo col suo stato che lui vi ha acquistato. Ha solamente apensare che non piglinotroppe forze e troppa autorità; efacilmente può, con le forze sua e col favore loro sbassarequelli che sono potenti, per rimanere in tutto arbitro di quellaprovincia. E chi non governerà bene questa parte, perderàpresto quello che arà acquistato; e, mentre che lo terrà,vi arà dentro infinite difficultà e fastidii.
E’ Romani, nelle provincie che pigliorono, osservoronobene queste parti; e mandorono le colonie, intratennono e’men potenti sanza crescere loro potenzia, abbassorono e’potenti, e non vi lasciorono prendere reputazione a’ potentiforestieri. E voglio mi basti solo la provincia di Grecia peresemplo. Furono intrattenuti da loro li Achei e li Etoli; fuabbassato el regno de’ Macedoni; funne cacciato Antioco;né mai e’ meriti delli Achei o delli Etoli feciono chepermettessino loro accrescere alcuno stato; né le persuasionidi Filippo l’indussono mai ad esserli amici sanza sbassarlo;né la potenzia di Antioco possé fare li consentissino chetenessi in quella provincia alcuno stato. Perché e’Romani feciono, in questi casi, quello che tutti e’ principisavi debbono fare: li quali, non solamente hanno ad avere riguardoalli scandoli presenti, ma a’ futuri, et a quelli con ogniindustria ovviare; perché, prevedendosi discosto, facilmentevi si può rimediare; ma, aspettando che ti si appressino, lamedicina non è a tempo, perché la malattia èdiventata incurabile. Et interviene di questa come dicono e’fisici dello etico, che nel principio del suo male è facile acurare e difficile a conoscere, ma, nel progresso del tempo, nonl’avendo in principio conosciuta né medicata, diventafacile a conoscere e difficile a curare. Cosí interviene nellecose di stato; perché, conoscendo discosto, il che non èdato se non a uno prudente, e’ mali che nascono in quello, siguariscono presto; ma quando, per non li avere conosciuti silasciono crescere in modo che ognuno li conosce, non vi èpiù remedio.
Però e’ Romani, vedendo discostol’inconvenienti, vi rimediorono sempre; e non li lascioronomai seguire per fuggireuna guerra, perché sapevano che laguerra non si lieva, ma si differisce a vantaggio d’altri;però vollono fare con Filippo et Antioco guerra in Grecia pernon la avere a fare con loro in Italia; e potevano per allorafuggire l’una e l’altra; il che non vollono. Népiacque mai loro quello che tutto dí è in bocca de’savî de’ nostri tempi, di godere el benefizio del tempo,ma sí bene quello della virtù e prudenza loro;perché el tempo si caccia innanzi ogni cosa, e puòcondurre seco bene come male, e male come bene.
Ma torniamo a Francia, et esaminiamo se delle cose dette ne hafatta alcuna; e parlerò di Luigi, e non di Carlo come di coluiche, per avere tenuta più lunga possessione in Italia, si sonomeglio visti e’ sua progressi: e vedrete come elli ha fattoel contrario di quelle cose che si debbono fare per tenere unostato disforme.
El re Luigi fu messo in Italia dalla ambizione de’Viniziani, che volsono guadagnarsi mezzo lo stato di Lombardia perquella venuta. Io non voglio biasimare questo partito preso dal re;perché, volendo cominciare a mettere uno piè in Italia, enon avendo in questa provincia amici, anzi sendoli, per liportamenti del re Carlo, serrate tutte le porte, fu forzatoprendere quelle amicizie che poteva: e sarebbeli riuscito elpartitoben preso, quando nelli altri maneggi non avessi fattoerrore alcuno. Acquistata, adunque, el re la Lombardia, siriguadagnò subito quella reputazione che li aveva tolta Carlo:Genova cedé; Fiorentini li diventorono amici; Marchese diMantova, Duca di Ferrara, Bentivogli, Madonna di Furlí,Signore di Faenza, di Pesaro, di Rimino, di Camerino, di Piombino,Lucchesi, Pisani, Sanesi, ognuno se li fece incontro per essere suoamico. Et allora posserno considerare Viniziani la temeritàdel partito preso da loro; li quali, per acquistare dua terre inLombardia, feciono signore, el re, di dua terzi di Italia.
Consideri ora uno con quanta poca difficultà posseva il retenere in Italia la sua reputazione, se elli avessi osservate leregole soprascritte, e tenuti securi e difesi tutti quelli suaamici, li quali, per essere gran numero e deboli e paurosi, chidella Chiesia, chi de’ Viniziani, erano sempre necessitati astare seco; e per il mezzo loro poteva facilmente assicurarsi dichi ci restava grande. Ma lui non prima fu in Milano, che fece ilcontrario, dando aiuto a papa Alessandro, perché ellioccupassi la Romagna. Né si accorse, con questa deliberazione,che faceva sé debole, togliendosi li amici e quelli che se lierano gittati in grembo, e la Chiesa grande, aggiugnendo allospirituale, che gli dà tanta autorità, tanto temporale.E, fatto uno primo errore, fu costretto a seguitare; in tanto che,per porre fine alla ambizione di Alessandro e perché nondivenissi signore di Toscana, fu forzato venire in Italia. Non libastò avere fatto grande la Chiesia e toltisi li amici, che,per volere il regno di Napoli, lo divise con il re di Spagna; e,dove lui era prima arbitro d’Italia e’ vi misse unocompagno, a ciò che li ambiziosi di quella provincia e malcontenti di lui avessino dove ricorrere; e, dove posseva lasciarein quello regno uno re suo pensionario, e’ ne lo trasse, permettervi uno che potessi cacciarne lui.
È cosa veramente molto naturale et ordinaria desiderare diacquistare; e sempre, quando li uomini lo fanno che possano,saranno laudati, o non biasimati; ma, quando non possono, evogliono farlo in ogni modo, qui è l’errore et ilbiasimo. Se Francia, adunque posseva con le forze sua assaltareNapoli, doveva farlo; se non poteva, non doveva dividerlo. E se ladivisione fece, co’ Viniziani, di Lombardia meritòscusa, per avere con quella messo el piè in Italia, questamerita biasimo, per non essere escusata da quellanecessità.
Aveva, dunque, Luigi fatto questi cinque errori: spenti e’minori potenti; accresciuto in Italia potenzia a uno potente, messoin quella uno forestiere potentissimo, non venuto ad abitarvi, nonvi messo colonie. E’ quali errori ancora, vivendo lui,possevano non lo offendere, se non avessi fatto el sesto, ditòrre lo stato a’ Viniziani:perché, quando nonavessi fatto grande la Chiesia né messo in Italia Spagna, eraben ragionevole e necessario abbassarli; ma avendo preso quelliprimi partiti, non doveva mai consentire alla ruina loro:perché, sendo quelli potenti, arebbono sempre tenutili altridiscosto dalla impresa di Lombardia, sí perché Vinizianinon vi arebbono consentito sanza diventarne signori loro, síperché li altri non arebbono voluto torla a Francia per darlaa loro, et andare a urtarli tutti e dua non arebbono avuto animo.Ese alcuno dicesse: el re Luigi cedé ad Alessandro la Romagnaet a Spagna el Regno per fuggire una guerra; respondo, con leragioni dette di sopra, che non si debbe mai lasciare seguire unodisordine per fuggire una guerra, perché la non si fugge, masi differisce a tuo disavvantaggio. E se alcuni altri allegassinola fede che il re aveva data al papa, di fare per lui quellaimpresa, per la resoluzione del suo matrimonio e il cappello diRoano, respondo con quello che per me di sotto si dirà circala fede de’ principi e come la si debbe osservare. Haperduto, adunque, el re Luigi la Lombardia per non avere osservatoalcuno di quelli termini osservati da altri che hanno presoprovincie e volutole tenere. Né è miraculo alcuno questo,ma molto ordinario e ragionevole. E di questa materia parlai aNantes con Roano, quando il Valentino, che cosí era chiamatopopularmente Cesare Borgia, figliuolo di papa Alessand...

Indice dei contenuti

  1. Dedica
  2. Cap. 1
  3. Cap. 2
  4. Cap. 3
  5. Cap. 4
  6. Cap. 5
  7. Cap. 6
  8. Cap. 7
  9. Cap. 8
  10. Cap.9
  11. Cap. 10
  12. Cap. 11
  13. Cap. 12
  14. Cap. 13
  15. Cap. 14
  16. Cap. 15
  17. Cap. 16
  18. Cap. 17
  19. Cap. 18
  20. Cap. 19
  21. Cap. 20
  22. Cap. 21
  23. Cap. 22
  24. Cap. 23
  25. Cap. 24
  26. Cap. 25
  27. Cap. 26