Capitolo 1
Tra radici e modernità
1.1 Radici storiche e culturali dell’erotismo giapponese
In Giappone il sesso ricopre un ruolo rilevante, da sempre. La mitologia (gli antichi testi Kojiki e Nihonshoki)1 narra come la stessa nascita del Paese, sia stata il prodotto di un atto sessuale tra le due divinità Izanagino Mikoto e Izanamino Mikoto:
«Quando il caos aveva cominciato a condensarsi, ma la forza e la forma non si erano manifestate, niente aveva un nome e niente era ancora fatto. Chi poteva sapere che aspetto avrebbe assunto? Tuttavia il cielo e la terra si divisero, e gli dei cominciarono ad operare. [...] Gli dei celesti comandarono alla coppia Izanagi e Izanami di creare, consolidare e far vivere la terra galleggiante del Giappone. Consegnarono una lancia e con essa mescolarono. Essi agitarono l'acqua del mare finché divenne densa, poi sollevarono la lancia, e l'acqua che gocciolava2 divenne un'isola. [...] Izanagi chiese a Izanami: Com'è fatto il tuo corpo? Ella rispose: Il mio corpo cresce rigoglioso, ma una sua parte non cresce. Izanagi le disse: Anche il mio corpo cresce, ma c'è una parte che cresce in eccesso. Pertanto, mi sembra giusto introdurre la parte del mio corpo in eccesso nella parte del tuo corpo che non cresce, e cosi generare territori. Izanami rispose: Sono d'accordo» (Ō-No, 711).
Nel tracciare le radici storico-culturali dell’erotismo e dei modelli comportamentali sessuali dei giapponesi, occorre preliminarmente comprendere come, in una terra dove ogni gesto è elevato ad arte, anche il sesso presenta canoni e rituali ben precisi e come l'attuale cultura sessuale sia il risultato di lunghissimi periodi di sedimentazione di valori e atteggiamenti provenienti da altre sfere, quella religiosa in particolare.
Shintō e Buddhismo Zen sono le due religioni più praticate in Giappone: entrambe hanno una visione della sessualità molto aperta e priva di pregiudizi, che permette ai giapponesi di vivere l’erotismo senza alcun tipo di senso di colpa, anzi, lo Shintō, religione vitalistica e anti-escatologica, riconosce al sesso un ruolo fondamentale, soprattutto – ma non solo – per la procreazione, dedicandogli spesso uno spazio rituale rilevante.
Ancora oggi in molte città giapponesi, i riti di fertilità vengono praticati in modo tradizionale, portando in processione oggetti di forma fallica e indossando maschere che rappresentano figure grottesche del pantheon shintoista (Figura 1.1).
Figura 1.1 – Kanamara Matsuri, l’organo genitale maschile in questo festival la fa da padrone in quanto simbolo di fertilità (Fonte: www.japaninfoswap.com)
Anche il Buddhismo (in particolare nella sua evoluzione tipicamente giapponese: lo Zen), non esprime giudizi morali sul sesso, non condanna le abitudini che lo riguardano, non fa distinzioni tra omosessualità ed eterosessualità: tutto è giustificato e tutto è compreso.
Questa flessibilità deriva dalla dottrina hōben3 (方便), secondo la quale le azioni vengono giudicate solo nei termini delle motivazioni (Rossetti, 2006:25), dunque ogni relazione sessuale deve basarsi totalmente sul rispetto reciproco, con la regola generale di non abusare della sensualità per evitare la mortificazione dell’altro. Anche la prostituzione in sé non è condannata, secondo lo Zen la condanna deve intervenire solo quando ad essere intaccati sono il rispetto e l’amore per gli altri, che non vanno mai mortificati per anteporvi la soddisfazione degli impulsi sessuali.
Il Giappone trascina dietro di sé tradizioni secolari, molte delle quali riguardano ovviamente il sesso e l’erotismo, vissuti in maniera naturale e spontanea. Si pensi che anticamente giovani donne e uomini erano coinvolti in quello che veniva chiamato “corteggiamento di gruppo”, un’usanza molto diffusa in primavera o in inverno, che attraverso canzoni, balli e poesie, permetteva agli uomini di corteggiare le donne presenti e di cercare una futura moglie. Più tardi, la tradizione si evolse, e permise di far partecipare ai corteggiamenti anche uomini e donne già sposati, dunque l’usanza che una volta aiutava a scegliere moglie, era diventata un’occasione per la scelta di un partner sessuale: quel giorno, mariti e mogli erano liberi di godere il sesso con altri (Levy, 1971:23).
Con riferimento alla sessualità, il concetto occidentale di “vergogna” (ancor oggi in alcuni casi ci si riferisce agli stessi organi sessuali chiamandoli “le vergogne”), in Giappone sembra essere completamente assente, ciò consente la facilità (non la necessità) di uno sganciamento tra sessualità e relazionalità affettiva, tra sesso e amore.
Infatti, i rapporti uomo-donna, in particolare il matrimonio, erano, e sono ancora oggi, soggetti a usanze variopinte, perfino pittoresche agli occhi di un occidentale.
Si pensi al cosiddetto yobai4 (夜這い), l’intrusione notturna, utile per iniziare molti giovani al sesso, ed era considerato una preparazione al matrimonio. In pratica, durante lo yobai, un uomo si introduceva di notte, silenziosamente, all’interno della camera di una giovane donna che dormiva e iniziava a svegliarla facendole delle esplicite avances sessuali. Se la ragazza acconsentiva, allora il rapporto veniva consumato all’istante, nel pieno del silenzio, e all’alba il ragazzo sarebbe dovuto fuggire senza farsi vedere da nessuno5. Oggi l’usanza dello yobai, è praticata in pochissimi luoghi del Giappone, perlopiù in zone rurali, ma non c’è da stupirsi se alcuni bordelli moderni, offrono delle prostitute che fingono di dormire, in modo che il cliente possa rivivere l’esperienza di questa singolare tradizione.
Anche il teatro e le case di piacere di una volta ricoprivano un ruolo “liberatorio”, rappresentavano luoghi in cui poter evadere e respirare un’atmosfera di rilassamento. Yasunari Kawabata, nel suo famoso romanzo “La casa delle belle addormentate” (1961), raccontando la storia delle visite di un uomo in una casa di piacere, dove le ragazze venivano addormentate da un narcotico e gli uomini passavano la notte sdraiati affianco a loro, descrive proprio un mondo simile a quello di alcuni bordelli di oggi, in cui il piacere e l’erotismo spesso non sono necessariamente legati all’atto sessuale in sé.
Questi aspetti di una estetica del godimento sono riscontrabili anche nel Giappone contemporaneo, dove vige il principio secondo il quale le emozioni e le sensazioni che il rapporto sessuale riesce a suscitare, debbano essere vissute con una profondità e una dedizione quasi sacrale.
Questo modo di vivere la sessualità tuttavia, fu interrotto in un periodo storico di radicale cambiamento nella struttura sociale e politica del Giappone, l'epoca del “rinnovamento Meiji” (1868-1912), che segna il passaggio dallo stato feudale a quello moderno. Tale passaggio, che con un piano di Governo conosciuto come “wakon yousai” (和魂洋才), “spirito giapponese e tecnologia occidentale”, serviva per far compiere al Giappone scelte politiche di modernizzazione, e soprattutto per incrementare i rapporti con i paesi Occidentali, finì per portare con sé effetti che interessarono anche la sfera della sessualità, attraverso l’entrata in vigore di leggi di moralità che i giapponesi iniziarono gradualmente ad accettare. Ciononostante, privare i giapponesi delle loro secolari e radicate tradizioni risulta molto complicato, pertanto, il rapporto che la popolazione nipponica ha nei confronti del sesso, è rimasto sostanzialmente agganciato all’antica visione di libertà e naturalezza.
Infatti, a differenza della concezione occidentale dell’erotismo, in generale condizionata dal cristianesimo, la cultura del sesso giapponese appare sostanzialmente disinibita e per nulla repressiva: «Il Giappone è uno dei Paesi sessualmente più liberi al mondo. Nei quartieri a luci rosse delle grandi città, tutto sembra essere concepito per soddisfare ogni fantasia erotica e per secoli l’intrattenimento sessuale è stato parte della cultura autoctona. Oggi, è possibile passare pochi minuti in un peep-show o assistere a un elegante e inusuale strip-tease senza nessun senso di imbarazzo» (Rossetti, 2006:5).
1.2 Uomini erbivori
Quanto finora detto stride con le recenti statistiche sui comportamenti sessuali in Giappone, che indicano i giapponesi come uno dei popoli con la minore frequenza di rapporti sessuali e dipingono atteggiamenti fatti di una sorta di refrattarietà e indifferenza verso il sesso, con particolare riferimento ai maschi.
È come se, nel Giappone contemporaneo, le abitudini maschili, avessero cambiato direzione, viaggiando da un mondo tipicamente virile, ricco di modelli e di ruoli tipici, ad uno in cui i più giovani sperimentano una sorta di distacco dalla “carne”.
La materia è complessa e non va banalizzata, ma è evidente che, pur unita a molte altre concause, tale stato di cose ha una sua ricaduta sulla natalità: il Giappone ha ormai un saldo della popolazione stabilmente negativo ed è tra gli ultimi Paesi al mondo per fecondità. Ormai il crollo delle nascite è un vero allarme sociale.
La “Japan family planning”6, incaricata dal governo di svolgere un’indagine su tale fenomeno, nel settembre del 2010 ha evidenziato che circa il 35,1% dei ragazzi tra i 16 e i 19 anni ha dichiarato di avere poco o nessun interesse per il sesso (Burchia, 2013), e che 4 matrimoni su 10 presentano assenza di attività sessuali per un mese o più (Zimbardo e Coulombe, 2017).
Il fenomeno è così comune che negli ultimi anni emerge il termine “Sōshoku Danshi” (草食系男子), “uomini erbivori”, che si riferisce a quegli uomini che non nutrono “desideri carnali”, che hanno poca o nessuna predisposizione nel relazionarsi con l’altro sesso.
La locuzione è stata ideata dalla giornalista Maki Fukasawa, che ne spiega il senso dicendo: «In Giappone “sesso” è tradotto come “relazione di carne”, così ho chiamato questi ragazzi “erbivori” perché non sono interessati alla carne» (Cfr. Viglione, 2014). Sull’argoment...