L'ultima missione dell'umanità
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L'ultima missione dell'umanità

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Siamo vicini al collasso della nostra civiltà? La domanda può sembrare esagerata, ma non lo è affatto. Attualmente sembrerebbe che l'unica teoria economica sopravvissuta alla prova dei fatti sia il capitalismo e con esso un liberismo sempre più sfrenato, accompagnato da una costante ed infinita crescita dei consumi. Ma questa scelta economica sta distruggendo il tessuto sociale e tutti i principi di solidarietà. E non solo! Ne sono diretta conseguenza anche l'inquinamento, il riscaldamento globale, le disuguaglianze estreme, la povertà in crescita, la disoccupazione e il lavoro precario, le migrazioni epocali, le guerre, il terrorismo e la globalizzazione selvaggia … Si tratta di fattori strettamente interconnessi fra di loro, la cui soluzione può essere solo globale e omnicomprensiva. In questo libro ho provato a proporre rimedi innovativi e rivoluzionari che, a prima vista, possono sembrare troppo utopistici, ma che sono invece quasi obbligati, se vogliamo davvero uscirne fuori. Abbiamo indiscutibilmente i mezzi e le risorse per risolvere tutti questi problemi; dobbiamo solo crederci ed agire con l'onestà e la saggezza di cui l'Umanità, se davvero lo volesse, sarebbe già padrona.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788827841181
Categoria
Sociologia

CAPITOLO 1
La crisi globale: analisi, soluzioni e proposte.

Negli anni 80 Piero Angela, con la sua trasmissione “Quark”, ci spiegava che la tecnologia avrebbe donato a tutti gli uomini un grande benessere, riducendo al contempo anche gli orari di lavoro. E tutto questo probabilmente entro l’anno 2000 (data magica). Fino al 1992 quell’ottimistica predizione si dimostrò effettivamente possibile. Ma da allora abbiamo assistito ad un vero e proprio esponenziale capovolgimento della situazione.
Nel 1992 (in tutti i paesi industrializzati occidentali) avevamo ogni motivo per assaporare le maggiori aspettative di sempre riguardo al futuro nostro, dei nostri figli e di tutta la nostra società. Chi non era mai stato molto ambizioso, non sperava in niente di straordinario, ma la posizione economica delle famiglie era più che soddisfacente. Per i nostri figli si apriva un futuro di relativa ma marcata sicurezza. Il ricordo della situazione di povertà in cui avevano versato i nostri nonni e i nostri genitori (e anche molti di noi: almeno quelli nati fino ai primi anni cinquanta) era divenuto qualcosa di caratteristico da raccontare a veglia, con il piacere derivato dallo scampato pericolo. La stragrande maggioranza dei cittadini dei paesi occidentali più industrializzati, fra il 1944 e il 1992, ha goduto di un crescente benessere. E dal 1980 ad oggi ben tre generazioni sono potute arrivare con serenità ad affrontare il loro “ultimo viaggio su questa Terra”. Tutti ormai credevano in un mondo, dove i figli sarebbero stati sempre e comunque meglio dei padri. Ma purtroppo, già alle prime avvisaglie dei mutamenti che sarebbero avvenuti con la rivoluzione industriale, la grande finanza e le grandi industrie multinazionali hanno intravisto invece un futuro con immense opportunità di guadagno e hanno iniziato a cercare ogni modo per realizzarle. Così sono state fatte principalmente scelte economiche, che hanno portato larghi benefici solo alle classi più elevate della società (in pratica solo all’uno per cento della popolazione mondiale, mentre il restante 99 si è sempre più impoverito). Il potere finanziario e industriale, con la classica leva della corruzione, ha in massima parte asservito il potere politico in ogni parte del mondo; e così i governi sono stati ”costretti” ad assecondare le suddette scelte economiche. Scelte che sono state poi ripetutamente avallate e spiegate dalla maggior parte degli economisti, che ce l’hanno presentate come ineluttabili e non sostituibili da alcun’altra teoria economica (e men che meno da considerazioni di giustizia sociale e di morale).
Oggi però le conseguenze, derivate dalla crescente abnorme disuguaglianza, stanno creando un diffuso ed esplosivo malcontento sociale. La crisi economica attuale ha molti punti di contatto con la crisi del 1929 ed ha anche alcuni fattori, che potrebbero far peggiorare la situazione al punto da far regredire l’intera umanità alla situazione sociale ed economica d’inizio 1900. Penso seriamente che stiamo rischiando un collasso mondiale senza precedenti, che poi potrebbe anche sfociare facilmente in una guerra devastante. E a questo dobbiamo aggiungere i prossimi, ormai certi, disastri ecologici, causati dal crescente inquinamento ambientale… i pericoli derivati dalle sempre più frequenti ed estese guerre… l’immane problema delle migrazioni di massa… Comunque tutti problemi derivati direttamente dalle attuali scelte di politica economica.
Partiamo anzitutto dal presupposto che l’Economia non è una scienza esatta. Vi sono molte scuole di pensiero e addirittura economisti premi Nobel che propagandano teorie molto diverse fra loro. E i risultati, che sono sotto gli occhi di tutti, evidenziano oltre ogni dubbio grossolani errori commessi dagli Stati nell’applicazione pratica di questa o quella teoria. L’attuale crisi recessiva è l’esempio più clamoroso del fallimento di tutte le moderne teorie. Vi sono molti problemi di fondo, che finora nessuna nazione ha avuto il coraggio, né la capacità di saper affrontare.
Probabilmente la soluzione potrebbe essere trovata solo con un radicale rinnovamento di tutte le teorie economiche e delle leggi internazionali che le regolano. Anche perché l’attuale sistema economico poggia le sue basi su due teoremi, non dichiarati pubblicamente, ma chiaramente applicati nella realtà attuale e, a mio parere, profondamente errati:
A) Che l’economia possa evitare il rispetto delle leggi fondamentali della Fisica (e che quindi, ad esempio, sia possibile una crescita infinita della produzione).
B) Che l’economia sia esentata dal rispetto delle leggi morali e delle regole che disciplinano la civiltà e i rapporti sociali (così che sia possibile, ad esempio, introdurre ed usare nuove forme di schiavismo).
Con tutto questo non voglio affermare che i multimiliardari, che stanno guidando (e affamando) il mondo, siano tutti degli schiavisti che godono al pensiero dell’attuale crescente disuguaglianza. Ma ormai i meccanismi infernali della globalizzazione e della ricerca del maggior profitto al minor costo, stanno imponendo le attuali scelte politiche, economiche, finanziarie e industriali anche a chi vorrebbe seguire principi più umanitari. Chi volesse pagare di più i propri dipendenti, o non delocalizzare la produzione, o non usare escamotage fiscali di vario genere… finirebbe stritolato dalla concorrenza delle altre aziende. Per fermare, o almeno rallentare, questo perverso ingranaggio servono nuove leggi e nuove regole internazionali, che pongano giusti limiti al capitalismo incontrollato e riportino le esigenze sociali nella giusta prospettiva.
Dalla comparsa degli uomini sulla terra e fino al 1870, l’economia ha sempre poggiato le sue basi e le sue regole sul semplice fatto che gli uomini avevano sempre avuto scarsissime capacità produttive, e sempre insufficienti per distribuire un minimo di benessere a tutti. Per poter solo sfamarsi, da sempre è stato necessario che la stragrande maggioranza delle persone attive e abili al lavoro prestassero la loro esclusiva opera nell’agricoltura, nella caccia e nella pesca. Restava quindi solo una percentuale minoritaria della popolazione che poteva dedicarsi ad altri lavori: artigiani, professionisti, commercianti, artisti, soldati, ……. Le analisi statistiche evidenziano che, ancora nel 1870, almeno il 70% di tutti gli individui in attività lavorativa, era impegnato in agricoltura, o nell’allevamento di animali, o nella caccia, o nella pesca. Quindi, una volta tolte le quote di ricchezza che si autoassegnavano i Re, i loro nobili e i dittatori vari di ogni genere, restava ben poco da poter utilizzare sia per migliorare le condizioni di vita di contadini, cacciatori e pescatori, sia per poter svolgere altre attività non strettamente produttive.
In pratica abbiamo sempre avuto economie povere, incapaci di fornire prodotti che eccedessero di molto gli stretti fabbisogni di sopravvivenza, in cui si rendeva indispensabile usare denaro e merci preziose come monete di scambio sufficientemente affidabili. E la moneta non poteva assolutamente essere superiore all’effettiva quantità di beni e di servizi prodotti. In tale contesto gli unici modi per aumentare la ricchezza erano dati da guerre di conquista, depredazioni e schiavizzazione di altri popoli.
Ma, a partire dal 1870, il progresso scientifico e tecnologico ha aumentato progressivamente ed esponenzialmente le capacità produttive, fino a diffondere un generale benessere e a permettere di impiegare una parte sempre più grande della popolazione attiva in mestieri, professioni e lavori di ogni genere. Il settore in maggiore espansione è stato quello dei servizi (chiaro indice di ricchezza degli Stati). Negli ultimi venti anni poi, abbiamo avuto addirittura grossi problemi di sovrapproduzione; cioè nel mondo si producono molto più cibo e beni essenziali di quanti ne siano necessari. Beni e risorse alimentari che poi, purtroppo, non riusciamo neanche a distribuire equamente. Abbiamo risorse umane e tecnologiche sufficienti a produrre ogni genere di consumo in qualsiasi quantità, salvo poi scontrarsi con le enormi difficoltà di smaltimento, riciclo e mantenimento dell’equilibrio ecologico. E’ quindi evidente che oggigiorno, con un’oculata gestione, abbiamo la possibilità di elargire a tutti ricchezza, beni e servizi in quantità ampiamente sufficiente per qualsiasi necessità.
In pratica abbiamo finalmente un’economia ricca, che, ben gestita e ben amministrata, potrebbe distribuire un grande benessere a tutti. Potrebbe insomma iniziare un’età dell’oro per tutta l’Umanità.
Il mondo si è finalmente riscattato dalla sua millenaria povertà. Serve solo darsi regole di saggezza e di giustizia, che riducano le disuguaglianze, che impieghino ogni uomo in una doverosa attività lavorativa (“lavorare meno, lavorare tutti” deve essere l’imperativo) e che creino un argine all’attuale sfrenato consumismo (i prodotti devono essere di qualità e di lunga vita, e i governi devono adoperarsi in ogni modo per incentivare fortissimamente un utilizzo quanto più lungo sia possibile). Tutto ciò può sembrare utopia, o perlomeno di difficilissima attuazione, ma non è possibile accettare l’alternativa: un mondo dove il lavoro e la dignità saranno sempre più assenti e dove i pochi fortunati che lavoreranno, lo faranno in condizioni sempre più precarie e schiavizzate.
Più avanti in questo trattato, cercheremo di illustrare le nuove potenzialità e quali nuove regole potremmo e dovremmo instaurare, per far beneficiare di tanta ricchezza tutti i popoli di questo nostro pianeta.
Ma per ora, date le enormi difficoltà ad instaurare nuove rivoluzionarie leggi in materia, cerchiamo di analizzare l’attuale crisi globale nel contesto delle vigenti regole economiche.
Molte sono le cause che hanno portato all’attuale crisi (Sovrappopolazione, Corruzione, Inefficienza, Sprechi, Criminalità, Sistema monetario e finanziario marcio nelle fondamenta, Economia basata sulla crescita infinita, Inquinamento, Esaurimento delle risorse e delle materie prime…), ma ce n’è una in particolare che è la madre di tutti i problemi: l’automazione.
Esistono numerosissimi dati e ricerche scientifiche, che ne mostrano chiaramente il futuro tragico impatto sulla nostra società (per nostra intendo a livello mondiale):
Ad esempio, è stato stimato che il 47 per cento dei lavori negli Stati Uniti sparirà presto, a causa dell’automazione (intelligenza artificiale, computer e robot sono i fattori su cui si fonda l’Industria 4.0). Una delle previsioni più accreditate valuta che, entro i prossimi 30 anni in Occidente, i robot potrebbero portare a tassi di disoccupazione superiori al 50 per cento. E, guardando ancora più in là nel futuro, il lavoro umano potrebbe scomparire quasi completamente.
Quindi qualsiasi espediente, finora usato per abbassare il costo del lavoro e per riuscire a contrastare la disoccupazione, è destinato ad infrangersi contro l’implacabile avanzare dell’automazione. Un successivo studio (fatto nel 2016 dai ricercatori Carl Benedict Frey e Michael A. Osborne, dell’università di Oxford) ha infine mostrato con estrema chiarezza quale sia il trend:
Ad oggi le tre maggiori società della Silicon Valley capitalizzano in borsa 1.090 miliardi di dollari con 137.000 dipendenti. Mentre 25 anni fa le tre maggiori aziende manifatturiere americane capitalizzavano in tutto 36 miliardi di dollari impiegando 1.200.000 lavoratori.
Automazione e Intelligenza Artificiale sono ormai parte integrante del progresso scientifico e tecnologico della razza umana e non possono certo essere interrotti. Ma questo avrebbe dovuto portare un generale beneficio per tutti gli uomini. Doveva sollevare l’uomo dalla fatica fisica e mentale, per permettergli di dedicare sempre maggiori risorse all’arricchimento culturale e alla realizzazione personale. Doveva favorire un’equa e generalizzata distribuzione del benessere. In pratica doveva aprire la strada ad una nuova Età dell’Oro e favorire la nascita di una più avanzata filosofia di vita, con la quale preparare lentamente l’uomo all’abbandono quasi totale delle attività manuali e alla sostituzione delle stesse con nuove mansioni prevalentemente creative.
Invece le grandi multinazionali e la grande finanza hanno subito sfruttato le nuove tecnologie principalmente allo scopo di arricchirsi. Le conseguenti scelte politiche ed economiche hanno favorito solo l’uno per cento della popolazione (e sono stati tanto più favoriti, quanto più erano ricchi). Ci sono state (e ci sono tuttora) molte concause a provocare una progressiva crescente disuguaglianza sociale ed economica, ma una in particolare ha accelerato tragicamente questo processo: la Globalizzazione, con la conseguente eliminazione di tutte le frontiere doganali e commerciali!

Non fraintendetemi, io non sono né razzista, né isolazionista. Le frontiere dovrebbero essere abbattute per favorire la libera circolazione delle persone, della cultura e delle idee, ma la libera circolazione delle merci e della produzione delle stesse va permessa solo fra paesi omogenei, riguardo al costo del lavoro e alle politiche fiscali (teor...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. CAPITOLO 1 - La crisi globale: analisi, soluzioni e proposte.
  3. CAPITOLO 2 - Limiti, scelte errate e contraddizioni.
  4. CAPITOLO 3 - I principi alla base dell’economia
  5. CAPITOLO 4 - Le Soluzioni
  6. CAPITOLO 5 - Il Nuovo Mondo
  7. CAPITOLO 6 - Conclusioni
  8. Bibliografia e sitografia