Come si scrive - Manuale di scrittura
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Un breve manuale di scrittura per aspiranti scrittori. Consigli, esempi e spunti di riflessione per chi vuole imparare a raccontare storie e a farsi ascoltare.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788827848418

La caratterizzazione dei personaggi

I personaggi sono l’anima di un romanzo. Rappresentano l’autore ma devono essere indipendenti da lui. Devono avere una vita vera, devono essere persone vere, con un carattere, un’esperienza di vita alle spalle, devono rapportarsi al mondo che li circonda.
Proprio come fanno le persone nella realtà.
Questo rappresenta il punto cruciale nello sviluppo di un personaggio.
Accade spesso, infatti, che un autore insista troppo nella definizione di un personaggio, evidenziando in modo eccessivo specifiche caratteristiche che finiscono per perdere la connotazione di tratti reali trasformandosi in tic.
L’effetto finale è che non è stato definito un personaggio, bensì una caricatura. Un personaggio, come detto, deve essere paragonabile ad una persona reale. Deve essere credibile. Deve possedere pregi e difetti. Può avere un lessico ben definito, frutto della sua formazione culturale. Addirittura può avere un modo di parlare caratteristico, in cui sono sempre presenti intercalari ben definiti (cioè, ad esempio, oppure avverbi come chiaramente, naturalmente, assolutamente). Proprio come le persone reali.
L’assenza della definizione di un lessico è uno dei maggiori problemi nella definizione dei personaggi perché inquina, a volte in modo irreparabile, la credibilità dei dialoghi. Questo, beninteso, dal momento che le persone, tanto nella vita reale, quanto nei romanzi, si caratterizzano in modo evidente per come parlano e per cosa dicono.
Avendo più sopra parlato di avverbi (chiaramente, naturalmente, assolutamente), vale la pena fare alcune precisazioni. Secondo i più moderni dettami di buona scrittura, se si vuole ricercare uno stile originale e di buon livello, gli avverbi modali vanno evitati con la massima attenzione.

La macchina procedeva ronzando uniformemente e il sole volgeva al tramonto. La nonna dormiva profondamente e la mamma sonnecchiava, rialzando la testa ogni volta che il mento veniva ad appoggiarsele sul tetto. Tom abbagliato dal sole si calcò sugli occhi la visiera del berretto.

Il brano è di “Furore” di John Steinbeck. Un capolavoro dotato di una prosa forte e solida. Un capolavoro scelto, in questo caso, con un intento quasi provocatorio.
E’ possibile provare a eliminare gli avverbi modali dal breve estratto sopra riportato.

La macchina procedeva ronzando uniformemente e il sole volgeva al tramonto. La nonna dormiva profondamente e la mamma sonnecchiava, rialzando la testa ogni volta che il mento veniva ad appoggiarsele sul petto. Tom abbagliato dal sole si calcò sugli occhi la visiera del berretto.

Non c’è dubbio che il significato del brano permanga intatto. La macchina procede ronzando e non c’è in effetti bisogno di specificare che lo faccia in modo uniforme. La mamma sonnecchia e ogni tanto rialza la testa. La nonna, invece, dorme. Non serve dire che lo fa profondamente.
Gli attuali esperti di scrittura sembrano avere ragione, quindi, nel chiarire che le modalità con cui una tale azione è compiuta devono essere chiarite dal verbo stesso, senza bisogno di ricorrere ad alcun avverbio modale.
Il tutto nel rispetto della regola generale che occorre usare il minimo indispensabile di parole per dire ciò che si vuole dire.
D’altra parte, bisogna pur ammettere che la presenza degli avverbi modali nel brano di Steinbeck non è così fastidiosa. Specificano meglio le caratteristiche delle azioni di ronzare e dormire. Se però ad ogni azione si accompagnasse un verbo modale - in un caso limite: per un romanzo intero - si arriverebbe ad una situazione insostenibile. Si tratterebbe di una prosa che, in italiano, suonerebbe come un “mente” ininterrotto. Una prosa in cui ogni verbo esce indebolito anziché rinforzato. Una prosa che non lascia al lettore neppure uno spazio minimo per immaginare cosa stia accadendo, dal momento che ogni azione è definita in modo così inequivocabile.
Dei due estremi è senz’altro meglio il primo, ovvero quello di evitare gli avverbi modali e di cercare di condurre la frase a compimento sfruttando altre vie. Spesso è sufficiente scegliere il verbo in modo corretto oppure fare ricorso ad altre modalità.

Pregavo come una fiamma, una torcia. Scoppiettavo. Sibilavo. Mi consumavo. Mi sembrava che da quel momento la mia vita sarebbe cambiata e che sarei rinato, un’altra persona.

Qui è come John Fante in “A ovest di Roma” evita l’avverbio “ardentemente”. Lo evita e lo sostituisce con qualcosa che trasmette la stessa idea con una forza e una eleganza maggiori.
E’ un chiaro esempio di come un grande scrittore evita uno dei tranelli da evitare: la pigrizia espositiva.

Pregavo come una fiamma, una torcia. Scoppiettavo. Sibilavo. Mi consumavo ardentemente. Mi sembrava che da quel momento la mia vita sarebbe cambiata e che sarei rinato, un’altra persona.

Con questa correzione, il brano avrebbe mantenuto lo stesso significato e il numero di parole sarebbe sceso: una (“ardentemente”) al posto di nove (“come una fiamma, una torcia. Scoppiettavo. Sibilavo. Mi consumavo”).
Se l’imperativo è quello di usare il numero minimo di parole, la scelta appare obbligata. Eppure John Fante sceglie di abbandonare l’avverbio e di dilungarsi sul concetto. Anzi lo ripete più volte. Qualcuno direbbe che è “prolisso”.
Con questo si arriva a ribadire il concetto base di ogni consiglio sulla scrittura: le regole ci sono e bisogna cono...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Indice dei contenuti
  3. Come si scrive
  4. Premessa
  5. La cultura generale
  6. Il vocabolario
  7. Grammatica e punteggiatura
  8. Ritmo, stile e paragrafo
  9. La trama
  10. La caratterizzazione dei personaggi
  11. L'uso dei dialoghi
  12. Prima e terza persona
  13. Stesura e revisione
  14. Prima di scrivere, bisogna leggere