Crocifissione
Non ha un nome lieve e neppure un aspetto allegro la collina che si trova appena fuori le mura della città vecchia di Gerusalemme, spoglia e tonda molto più simile nella forma alla calotta di un cranio umano che ad una rigogliosa opera della Natura e proprio per questo motivo, da tempo immemore, viene chiamata calvario che significa cranio.
- Qui sono sepolte le spoglie di Adamo.- Raccontano i vecchi ai bambini, iniziandoli alla conoscenza della Torah.
I romani, da quando si sono insediati nella Giudea, l’hanno scelta come luogo per le esecuzioni, per una ragione ben precisa, ciò che accade sulla sommità brulla e desolata può essere visto a grande distanza.
Nessuno in città può ignorare la dura punizione che viene inferta ai ribelli, essa deve rappresentare un monito per tutti coloro che covano, pensano ed elaborano idee di sommossa.
La Giudea è il Paese più difficile da governare di tutto il vasto impero, con una conflittualità permanente, povero di risorse ma posto in una posizione unica e strategica, tra l’Egitto, l’Arabia e la Siria ed è questa l’unica ragione per cui i romani da qui non se ne vanno. Si aprirebbe una falla e perderebbero il controllo sull’intero territorio ad oriente.
La storia della presenza romana è iniziata proprio male e non si è più aggiustata. La costruzione di strade, acquedotti, terme e teatri non ha mai potuto cancellare l’onta inferta ai giudei dal generale romano Gneo Pompeo che ha osato varcare la porta del tempio ed entrare nella stanza segreta, il sancta sanctorum, accessibile solo al gran sacerdote e durante i giorni di riti particolari.
In quel luogo misterioso vi è custodito l’immenso tesoro, il grande candelabro, i vasi per le libagioni, gli incensieri, tutto in oro massiccio e duemila talenti, che sono una cifra immane, ci si può comprare un’intera città.
Per la verità Pompeo non ha toccato nulla, ha solo osservato, mosso da grande curiosità, in solitudine e silenzio e poi, con rispetto per la religiosità altrui, atteggiamento tipico dei romani, ha chiesto di procedere ai riti di purificazione, ma ormai il dramma si era compiuto e l’accusa della profanazione ha continuato ad alimentare l’odio, tuttora in corso.
Per i giudei il tempio svelato agli occhi stranieri e calpestato da un gentile incirconciso, è stata la peggiore sciagura e coloro che si sono macchiati del crimine reso al cospetto di dio, dovranno, secondo loro, prima o poi pagarne le conseguenze.
I romani dal canto loro, accusano i giudei di fanatismo religioso, è inconcepibile disporre di così tante ricchezze e non usarle per il popolo. Come pure è inconcepibile non pagare le infrastrutture che i romani forniscono, con tecnologia avanzata e soluzioni ardite. Nel vasto impero nessuno si lamenta, solo i giudei. Con i romani la gente ha migliorato il suo tenore di vita, non ci sono più guerre se non ai confini, c’è un’unica moneta circolante e un uguale diritto per tutti. I commerci sono prosperi, l’economia è in pieno sviluppo. Il lavoro non manca. Ogni popolo mantiene le proprie abitudini, le proprie divinità. Ma in Giudea le cose non vanno nello stesso modo.
Qui c’è un dissidio insanabile. Due mondi si scontrano.
Da una parte coloro che vogliono essere governati dal loro dio attraverso le tante litigiose caste sacerdotali, dall’altra i pratici e efficienti romani, con un progetto di società all’opposto.
Sono gli uomini che hanno il giusto diritto di emanare leggi, provvedimenti e governare, sotto lo sguardo benevolo delle infinite divinità. I ribelli nascono in questa contradditoria visione della realtà. Ma i nemici di Roma non hanno scampo, vengono puniti in modo esemplare e la pena inflitta è terribile, applicata con una procedura rigorosa dai legionari, i disciplinati soldati romani.
La gente è tenuta a distanza durante le esecuzioni, nessuno si può avvicinare al luogo della crocifissione, nessuno può prendere il corpo senza il benestare del prefetto. Queste sono le regole da rispettare. Piacciano o no.
Sulla sommità della collina è in corso l’ennesima condanna, una delle tante, le tre croci, si stagliano nette contro il cielo che non promette nulla di buono, da nord sono in arrivo minacciose nuvole nere.
- Il cuore non ha retto, è la prima volta che mi capita, meglio per lui, tanta sofferenza risparmiata. È stato fortunato, di solito i condannati in quella posizione terribile ci stanno tre giorni, alcuni anche di più.-
- Questo ci è rimasto solo tre ore.-
- Noi abbiamo applicato la procedura di sempre. È morto.
Tre ore o tre giorni è morto e l’abbiamo visto tutti. Non ci si addormenta là sopra, si muore e basta e ora di corsa in caserma a stilare il rapporto per il prefetto. C’è un temporale in arrivo, nessuno avrà la voglia e la forza di toglierlo da là. E poi a che serve? È morto. Aspetteranno che la pioggia smetta.-
- I giudei hanno abitudini strane, vedrai che si daranno da fare. Le loro regole esigono una sepoltura veloce.-
- Non è un problema nostro, noi abbiamo fatto ciò che il prefetto ci ha ordinato. Dopo che avete accertato la morte, e solo allora, mi raccomando, lasciate che i parenti si avvicinino a prelevare il corpo. Le gambe non dovete spezzarle.-
I soldati romani hanno eseguito rigorosamente tutte le formalità, una dopo l’altra, com’è nel loro scrupoloso modo di agire, hanno tenuto la gente a distanza e, solo quando si sono accertati della morte avvenuta, secondo le dettagliate disposizioni impartite dal prefetto, hanno concesso, a chi di dovere di potersi avvicinare e prelevare il corpo.
Loro, i soldati, se ne sono andati, per la verità un po’ stupiti per la rapidità del decesso, ma non più di tanto, raramente, ma può succedere, per tante ragioni: qualcuno ha un fisico più gracile, oppure le percosse inferte sono così forti da generare perdite di sangue interne, o il cuore, che per l’emozione, proprio non regge. Che importa, il ribelle è morto, uno di meno e il lavoro è stato egregiamente svolto e finito.
Per chi in disparte osserva in silenzio, tutto è avvenuto secondo la forma in uso da sempre, per fortuna senza alcun intoppo. Uno dei soldati romani presenti ha avvicinato la spugna bagnata, infilata su un lungo bastone, alla bocca del condannato, per loro è una pratica solita, dare un po’ d’acqua e aceto dà un piccolo ristoro ma prolunga l’agonia ed è questo l’intento.
Nessuno si è accorto, che in modo furtivo, in un momento di ressa volutamente creata, nell’acqua è stata aggiunta una particolare sostanza dall’effetto narcotizzante immediato, ne basta una goccia per simulare la morte. E così è stato.
Il condannato a morte ha reclinato il capo, ha pronunciato frasi sconnesse che nessuno ha compreso e ha esalato l’ultimo respiro. Tutti lo hanno visto. E ora tutto dev’essere veloce e un’altra procedura altrettanto scrupolosa ed efficace dev’essere applicata senza perdere tempo, nonostante la pioggia, che ora è scrosciante.
C’è un protocollo da osservare in queste situazioni ed è sempre uguale. Prima si sorregge la testa, poi delicatamente si separa il corpo dal legno, ci si aiuta con delle corde e si procede.
Le azioni sono coordinate, eseguite in silenzio, accompagnate dal fragore della pioggia che ora è battente ma non sembra disturbare i gesti sapienti degli uomini, consapevoli che l’acqua gelida, fastidiosa e incessante, ricca di particelle elettriche, disinfetta in maniera perfetta un corpo martoriato.
Grazie al temporale, tutti se ne sono andati, ed è un vantaggio, nessun curioso è rimasto a cogliere un improvvido sussulto di vita, un leggero colpo di tosse, un conato di vomito, un piccolo tremito, un gesto involontario, basterebbe una sola persona che ha visto o udito qualcosa che non deve vedere o sentire per generare conseguenze tragiche e irrimediabili.
No, le gambe non sono state spezzate, questo era l’accordo, che è stato rispettato, avrebbe potuto non esserlo nella concitazione dei grevi momenti che hanno accompagnato l’esecuzione, sia prima che dopo, se fosse accaduto non ci sarebbe stata più alcuna possibilità di vita, il corpo si sarebbe afflosciato su sé stesso impedendo il respiro. In brevissimo tempo sopraggiunge la morte per soffocamento.
Il sepolcro è vicino e qualcuno ha già provveduto a disporre lungo le pareti di roccia fascine di erbe medicamentose, stann...