Il carteggio tra Giuseppe Toniolo e don Giacomo Vitale
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Il carteggio tra Giuseppe Toniolo e don Giacomo Vitale

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Il carteggio tra Giuseppe Toniolo e don Giacomo Vitale

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Nel breve, ma intenso, carteggio, il sacerdote don Giacomo Vitale informa il professore Giuseppe Toniolo di varie iniziative sociali, volte a migliorare la vita delle classi popolari di Piedimonte Matese agli inizi del Novecento.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788827856550

Appendice

Articolo di don Giacomo Vitale, edito in “Rivista internazionale di Scienze Sociali e Discipline Ausiliarie”, nel gennaio 1910, volume 52, fascicolo 20572.
A proposito di un libro “Il Divino Artista”, di Luisa Anzoletti.
La osservazione della splendida fioritura dell’arte nel Medio Evo, porta l’autrice, ben nota per i molteplici suoi studi filosofici, sociali e letterari, a rilevare tutto il contrasto di quella coll’arte moderna e domandarsi il perché di tale deficienza. E la causa della degenerazione, ella rinviene in alcune condizioni negative dottrinali e storiche, e soprattutto nella mancanza di un’alta e sentita ispirazione religiosa nei tempi nostri. Esaminando poi la genesi dell’opera d’arte nel genio, trova una conferma alla sua tesi nelle analogie innegabili d’ordine storico morale, pratico, che corrono fra il fatto religioso e il fatto artistico.
Invero, il libro è tutto un inno, tutto un anelito alla palingenesi dell’arte, è tutta un’invocazione a Colui che, con tanto amore, creò il mondo delle forme, al “Divino Artista che, operando la rinnovazione civile più grandiosa e bella, onde tutta si nobilita la storia del genere umano, ha per il primo insegnato come ogni vero rinascimento, e perciò anche quello dell’arte, deve cominciare da un celeste natale dell’anima” (pagina 89). Poiché (e tutto il libro dell’Anzoletti ne è la dimostrazione) non ostante il tentativo di chi ha voluto cacciar l’arte giù, tra le forme dell’attività meno nobile e meno degna dell’uomo, non ostante le negazioni di quanti hanno voluto indurla a un fatto esclusivamente fisiologico, a un mero meccanismo, l’arte è, e rimane, una delle attività superiori dell’anima. Storicamente è la prima affermazione dello spirito, è il primo raggio dell’attività umana che illumina la notte dei tempi. Se l’arte non esistesse, noi non sapremmo nulla del primo apparire dell’uomo, e le tenebre della preistoria sarebbero più fitte, e tutto quel mondo meraviglioso che gli ultimi scavi ci vanno rivelando, tutti i tesori della civiltà preellenica sarebbero per noi come se non fossero mai stati. L’arte, e solo l’arte è la voce del passato: l’anima umana non si è rivelata da prima e per lungo tempo se non esprimendo le impressioni vive e potenti che provava di fronte alla natura o al mistero, fissando sugli scudi, sulle tombe, sulle pareti delle caverne le sue gioie, le sue paure, le sue sorprese, i suoi caldi entusiasmi; l’opera di riflessione, d’investigazione, di scienza è molto posteriore, è frutto dell’umanità adulta. L’arte, espressione d’impressioni, è l’attività propria di quell’età che, nell’individuo come nell’umanità, vive, più che d’altro, d’impressioni: la fanciullezza, e la verginità dell’impressione, propria del bambino, a cui tutte le cose producono un senso di meraviglia, resta poi sempre la dote necessaria e indispensabile ad ogni anima di artista. Ma tra le infinite cose che nel mondo sono suscitatrici d’impressioni e perciò stimoli all’arte, ve ne sono di quelle che, per produrre il loro effetto, richiedono alcune determinate circostanze di tempo, alcune condizioni di cultura e che, perciò, parlano ai pochi, ai soli iniziati, e ve ne sono di quelle che hanno un linguaggio d’immediata intelligenza accessibile, perciò, all’anima di tutti; vi sono delle armonie che echeggiano in un dato clima storico e poi svaniscono, e delle armonie che sin dal principio del mondo hanno avuto ed hanno delle risonanze in tutti in tempi e in tutti i popoli, perché rispondono alle esigenze più alte dell’anima, perché toccano le corde più intime del cuore, di ogni cuore.
Il mistero, il di là: ecco delle realtà dinanzi a cui non può rimanere indifferente sebbene diversamente, né il selvaggio, né il pensatore; l’espressione del senso di turbamento o di serenità, di paura, o di confidenza dinanzi all’ignoto, di fronte alle tenebre che ci circondano e che la religione squarcia con un fascio di luce; ecco un fatto perenne della storia della civiltà.
Per questo la religione – esigenza universale dello spirito, il primo e il più alto sentimento dell’umanità – appare sull’orizzonte della storia insieme con l’arte, e le prime, anzi le uniche manifestazioni dell’arte, dei popoli primitivi, sono religiose ed esclusivamente religiose. Solo dopo, col volger dei tempi, l’arte diviene man mano espressione di tutti i sentimenti, di tutte le aspirazioni, di tutti i moti dello spirito, ma prima e per molto tempo, l’unica e la sola forma di arte è quella propriamente religiosa. L’arte nasce con la religione e serba poi con essa, sempre, analogie storiche strettissime, rapporti imprescindibili; con la religione muove i primi passi, cresce, tocca i più alti fastigi; quando la religione si trasforma, l’arte assume forme nuove, dove la religione langue o si perverte, anche l’arte langue e decade, se la religione vacilla e si spegne, l’arte non vive o vive d’una vita misera e stenta. Vi è una religione che india73 le forze della natura? E sorge un’arte prettamente naturalistica come la greca; brilla una religione nuova, di spirito e verità? E dalle tenebre delle catacombe insieme con la fede nuova spicca le ali al volo, nella luce, per i cieli immensi, compagna indivisibile, un’arte nuova. Vi è un’epoca che abbia un’anima veramente religiosa? E sorge come per incanto un popolo di artisti che crea edifizi e tele, e statue meravigliose; manca l’anima? E vengono su gli edifizi- caserme e lo stile Liberty.
Ora, perché questo vincolo cosi stretto, perenne, innegabile tra religione ed arte? Perché la vita dell’una è vita dell’altra, e per tanto tempo e per molti ancora oggidì, la manifestazione dell’una è anche manifestazione dell’altra? Certo, se è vero che l’anima umana è naturalmente religiosa, allora naturalmente religiosi sono tutti i suoi moti, tutte le sue aspirazioni, tutte le sue attività. Anche senza volerlo, appunto perché naturalmente, ogni atto umano racchiude in sé qualcosa che non finisce, non si esaurisce, ma va al di là dell’atto stesso; ogni gesto assume un che di ieratico e solenne, da ogni fatto sprizza fuori un simbolo.
Se l’anima è essenzialmente religiosa, l’arte, intuizione prima dell’anima, è allora figlia prima della religione, e perciò gli esteti quando fanno dell’arte una religione, mentre da una parte ne riconoscono l’aspetto più ...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Carteggio Toniolo- Vitale
  3. Appendice