Nebrodiversi (poesie 1973 - 2016)
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Nebrodiversi (poesie 1973 - 2016)

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Informazioni sul libro

Raccolta sistematica delle 15 raccolte poetiche pubblicate dall'autore dal 1976 al 2016, comprendenti, in calce, un centinaio di recensioni, note e commenti apparse su quotidiani e riviste specializzate. Trattasi, in prevalenza, di poemetti che abbracciano varie tematiche, accomunate da una girandola di versi che irrompono da un universo mediterraneo denso e lieve a un tempo, laddove la natura, frequentemente presente, è talvolta sfondo e talaltra allegoria.

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Informazioni

Anno
2018
ISBN
9788827859810
Argomento
Literature

Commenti a IL CANTO DEI PAESI

Sebastiano Lo Iacono, Prefazione al libro
LA SPERANZA NELL’UMANO
NATURALEZA, STORIA E SOCIETÀ IN FILIPPO GIORDANO
Emigrazione e morte del dialetto
Forme del caos, poetica del gerundio e della finta ignoranza
Se far versi diviene raffinazione di suono e condensazione di senso, come in queste poesie di Filippo Giordano, accade che le parole abbiano virtù come tali. Parole suono. Parole sensualità. Parole significato. Effetto fonetico-musicale, a prescindere dal loro talento semantico. Speranza, per esempio, è fonema più gradevole del lemma catarifrangente (che, comunque, non è male).
Le parole, comprese quelle dei titoli, si scelgono come una dottrina di fede. Come la squadra del cuore. Con lo stesso incantamento del primo amore.
Giordano non è poeta della forma. Degusta, però, e decanta parole come sorbetti. Fa versi orecchiabili e musicali. Ardimentoso titolare queste poesie lai lirici (comprese quelle che hanno taglio narrativo), ditirambi (senza complemento di danza, ma sicuramente cantabili), nonché ballate zagialesche (che, comunque, rigorosa conformità agli schemi metrico-strofici dei modelli remoti non hanno).
C’è, però, un’amorosa simmetria musicale e carnale con quei paradigmi. Secondo Giordano, in principio c’è la parola bella o la beltà della parola che sia: sicché zagialesco è lemma più avvenente, per così dire, di … maialesco. Indipendentemente dal riferimento alla specie suina.
PRIMO TEOREMA A PARADOSSO
Se la poesia di Giordano, che comunque non consola, fosse illeggibile, è dicibile questo parziale: fa star male. Se non fosse letta (e neppure riletta), ci legge dentro.
(…) la poesia [è] un solitario maggiolino
perduto dentro un grande cimitero
e, sopra quel marmo freddo e austero,
dimenticata e inerme s’addormenta.
Poesia dormiente in un cimitero austero. Come la principessa della favola. Niente, però, è più lucido e vigile di questa poesia che finge di dormire. Che non fa erigere sogni d’oro. Poesia insetto. Poesia necropoli. Nello spazio chiuso dei sepolcri, e in quella forma di coleottero, il futuro, gemendo incerto, è quasi in trappola. Si può, comunque, a occhi aperti, sconfinare verso
un passato remoto di assalti,
di turchi, scimitarre e pugnali (…),
[con] fantasmi addosso al muro.
E i fantasmi di ieri, forse, sono anche quelli contemporanei.
I VERBI AL GERUNDIO
In Giordano è consuetudine l’impiego del gerundio. In questa sede se ne contano trentaquattro occorrenze. Lo stilema conferisce alla sua poetica la cifra di una percezione della progressività dell’essere, nonché quella della processualità temporale della storia che è divenire. Tale intuizione, direi istintiva, di un sentimento del tempo (l’albero del tempo; la pagina del giorno) ha lo stigma dell’irreversibilità. In poche parole: tutto passa e trapassa …
QUASI LEOPARDI
Che fai tu, soave glicine?
C’è, altresì spesso, in Giordano un remoto controcanto leopardiano. C’è un sabato del villaggio. C’è una poesia dell’infinito oltre la siepe. C’è un vago silenzio. Inutile segnalare che gli aggettivi vago e soave hanno impronta leopardiana a cento carati.
NANOMETRICAMENTE POETANDO CON LE VIRGOLE
La poesia di Giordano è anche poesia della forma. Ogni parola è, nanometricamente1 parlando, impregnata di risonanze acustiche e densa di significanze. Virgole comprese.
[Le parole-lucertole ci] ascoltarono, come virgole
posate sulla pagina del giorno.
IL POETA PECORAIO
L’omaggio al poeta pecoraio di Godrano, Giacomo Giardina2, poeta dell’uomo e dell’umano, le cui parole profumano di dialetto/uomo, di cultura contadina, nonché di erba pulicaria, motiva una delle poesie, dove la speranza per l’umano si fa appena manifesta. La speranza non c’è come adozione consapevole. Quasi mai. Non c’è una poetica della speranza dichiarata. Né una filosofia della speranza come tale: allorché la parola appare, una volta al plurale e una al singolare (speranze di ferite contenute; i ciclamini erano speranza prematura), come in questa raccolta, ciò non autorizza a definirlo poeta della speranza, essendo, appunto, ancora speranza acerba e immatura. La poesia come speranza dell’umano e nell’umano è una quasi ferita quasi guarita. E’
speranza nella poesia come poesia. Speranza, però, non detta e latente. Sicuramente non ancora speranza che San Paolo definiva spes contra spem.
LA NOVELLA NON BUONA
Tale non-ancora della speranza, in attesa che il non-ancora maturi, lo conduce, con sobrio contegno, ad anteporre, prima di ogni risposta che come tale è impossibile, l’interrogazione sul divino e su quelle che Giordano chiama le forme del Signore. Quelle forme (quasi prossime al caos) non sono scrutabili.
Sul caos e sulle forme del Signore, Giordano si arresta. Il sale delle meningi, quasi spremitura di un pensiero che pensa il mistero, produce orme sulla sabbia. Pensare Dio è inefficace o sterile. Pensare Dio è, dunque, pensiero impensabile/impossibile? I tentativi e le tentazioni in tale direzione da parte
dell’uomo-vaso di creta, già franto, affranto e infranto, fratto e frangibile, nonché già rotto e fatto a pezzi, (quasi) rimproverano a Dio quelle altre forme dell’umano che si realizzano nelle strutture delle umane ingiustizie: ragazze orfane senza lasciti paterni, povertà da welfare-state, madri senza lavoro umano giusto. Anche la morte, strutturale forma dell’essere, rientra nella stessa categoria delle cose non-giuste.
Chissà come consolerà il Signore
lungo il tragitto della adolescenza
la bimba chiusa dentro la novella
della mamma assunta in cielo
per i fini imperscrutabili di Dio?
NATURALEZA È LETIZIA
In Giordano la natura, che in spagnolo suona naturaleza e ha accezione più pregnante, è sempre bellezza, fascino, grazia, seduzione, estetica della beltà. Gelsomini, glicini, mare, acqua, lucertole, erbe, nubi a mandrie, praterie del cielo, oleandri luminosi e velenosi, caverne e tane, castelli di re, robinie, pioggia, funghi, ciclamini, gerani, cieli lunari, uve settembrine, vendemmie, cespugli di maggio, rose canine di settembre, bacche e more vermiglie, rovi e roveti, rose e roseti, venti di scirocco, stagioni, finocchi selvatici, minestre maritate, grappoli e pergolati, albicocche e afrori di zagara, aranceti di cont...

Indice dei contenuti

  1. I fili si allungano verso i balconi
  2. L’amore epigrammato
  3. Se dura l’inverno
  4. Villaggio fra le braccia di Morfeo
  5. Sussulti d’acquazzone sulle tegole
  6. Del sabato e dell’infinito
  7. Minuetti per quattro stagioni
  8. Scorcia ri limuni scamusciata
  9. Il sale della terra
  10. Ntra lustriu e scuru
  11. Il canto dei paesi
  12. Sussurri del cielo e mormorio di numeri primi
  13. Mormorio di numeri primi
  14. PRIMA DEL PRINCIPIO ERA LO ZERO
  15. FIACCOLATE, SUPPLICHE E PROTESTE
  16. R I E P I T U
  17. Mentre piano risali il torrente
  18. Commenti a SE DURA L’INVERNO
  19. Commenti a L’AMORE EPIGRAMMATO
  20. Commenti a VILLAGGIO FRA LE BRACCIA DI MORFEO
  21. Commenti a STRAMBOTTI PER VIOLA D’AMORE (antologia)
  22. Commenti a DEL SABATO E DELL’INFINITO
  23. Commenti a RAMI DI SCIROCCO
  24. Commenti a SCORCIA RI LIMUNI SCAMUSCIATA
  25. Commenti a IL SALE DELLA TERRA
  26. Commenti a NTRA LUSTRIU E SCURU
  27. Commenti a MINUETTI PER QUATTRO STAGIONI
  28. Commenti a IL CANTO DEI PAESI
  29. Commenti a SUSSURRI DEL CIELO E MORMORIO DI NUMERI PRIMI
  30. Commenti a NEBRODIVERSI (1973- 2012), Edizione Il Centro Storico,2013
  31. Commenti a RIEPITU
  32. Commenti a MENTRE PIANO RISALI IL TORRENTE