La destra che vorrei
eBook - ePub

La destra che vorrei

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La destra che vorrei

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

"Nardone ci regala un sogno per superare l'incubo che viviamo ogni giorno", scrive Francesco Storace nella sua prefazione, riferendosi all'incubo di una destra svanita nel nulla e che, secondo Nardone, va ricostruita ripartendo dai valori, innanzitutto, ma tenendo presente che, per far sì che si propaghino, dovrà essere in grado di liberarsi del passato, parlando un linguaggio nuovo e, soprattutto, trovando nuovi punti di riferimento in grado d'incarnare quei principi. I valori della destra in 5 canzoni, 5 film e 5 libri: da Jovanotti a Fabri Fibra, passando per Guccini, Saramago, Salinger, Orwell, per arrivare all'intervista immaginaria al protagonista di Fight Club: è il tentativo con il quale l'autore abbandona gli stereotipi che - dagli anni '70 ad oggi hanno composto l'iconografia della destra italiana, per mettersi alla ricerca di spunti nuovi attraverso i quali comporre il mosaico di una destra realmente figlia del nostro tempo, in grado di parlare alle nuove generazioni facendosi capire e, magari, tornando ad appassionarle.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a La destra che vorrei di Alessandro Nardone in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Politics & International Relations e Political Biographies. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

VALORI E IDEE
VIII
LA DESTRA, PER COME LA VEDO IO, IN 5 CANZONI, 5 LIBRI E 5 FILM
FRIEDRICH Nietzche diceva che “Senza la musica la vita sarebbe un errore”, Emily Dickinson che: “Nessun vascello c'è che come un libro possa portarci in contrade lontane” e Leo Longanesi che “Siamo legati ai film come ai nostri migliori sogni”. Tutto vero. L’altro giorno pensavo a come avrei potuto cominciare ad affrontare la questione dei valori, e di cosa effettivamente significhi, al giorno d’oggi, essere di destra. Compito apparentemente facile, se mi fossi voluto limitare a seguire lo schema tradizionale, quello di “Dio, Patria e Famiglia”, tanto per intenderci.
Ma l’idea non mi convinceva affatto. Non perché io non mi riveda in quella visione specifica, sia chiaro, ma perché credo che non avrei potuto scrivere niente che non abbiate già letto, magari grazie ad autori certamente più autorevoli e capaci del sottoscritto. Tutto qui. Così ho pensato che sarebbe stato meglio mantenere un profilo più basso per tentare di volare più alto, grazie ad argomenti probabilmente desueti ma sicuramente Pop. Pop è un termine che mi piace parecchio. Il primo a parlare di “destra pop” fu Angelo Mellone, qualche anno fa. Ecco, io vorrei riprendere quello spunto per cercare di trasmettervi, attraverso film, libri e canzoni, il mio modo d’intendere la destra del nostro tempo. D’altra parte, se c’è una cosa che manca alla politica di oggi - quindi anche alla destra - è proprio la capacità di trasmettere emozioni, di farci correre un brivido lungo la schiena, di farci credere in un sogno. Allora, mi son detto, se la politica contemporanea non è in grado suscitare emozioni, perché non provare a prenderle in prestito? Il che non vuol certo dire “marchiare” una canzone o un libro come di destra o di sinistra. Nient’affatto! Semmai si tratta di un percorso attraverso il quale dare forma al concetto di destra, plasmandolo con elementi che caratterizzano quotidianamente la nostra esistenza per dargli, così, dei connotati che lo rendano riconoscibile. “Il pensare divide, il sentire unisce” diceva Ezra Pound, e proprio qui sta il punto: la destra, negli ultimi anni, ha forse pensato troppo, arrovellandosi su questioni che l’hanno irrimediabilmente allontanata da quel comune sentire che, in un passato nemmeno troppo remoto, era stato il suo punto di forza. Chi militava nel Movimento Sociale o nella prima Alleanza Nazionale era animato da un fortissimo senso d’appartenenza. Certo, qualcuno potrebbe facilmente obbiettare che la colpa non è della classe dirigente, ma della de - ideologizzazione della politica.
Non sono d’accordo, Alleanza Nazionale era già un partito post ideologico che, a differenza della sinistra, aveva avuto il coraggio di fare i conti con la storia. La verità è che molti dei suoi dirigenti, Gianfranco Fini in testa, non sono mai riusciti a scrollarsi di dosso quello storico e immotivato complesso d’inferiorità nei confronti del centro e della sinistra, quello che una volta era definito arco costituzionale. Eppure, come dicevo poco fa, non mi pare di ricordare che D’Alema e soci abbiano mai fatto con il comunismo ciò che fece Alleanza Nazionale con il fascismo. Fatto sta che, questo loro complesso d’inferiorità, abbia messo in evidenza un atteggiamento teso a compiacere più gli avversari, che non i loro stessi elettori, il loro popolo. Un’intervista su Libero o Il Giornale andava bene, ma una su Repubblica era un vero godimento, una cosa molto più chic, più figa, per dirla in linguaggio pop. Gli applausi della propria gente andavano bene, certo, ma in fondo avevano stufato, erano scontati, molto meglio andare a prenderseli alle feste dell’Unità. Il consenso dell’intellighenzia radical chic era diventato, per Fini, peggio di una droga: veniva a mancare per qualche giorno? Allora vai con una nuova sparata, uno dei suoi cosiddetti strappi, e la dose quotidiana di applausi sinistri era garantita. Così, strappa oggi, strappa domani, la comunità politica della destra ha finito col diventare un lembo informe, non le era rimasto attaccato più niente di suo. Nel frattempo, il buon Bossi, che è tutto fuorché scemo, ha approfittato della situazione. Fini strappava e Bossi raccoglieva. La lotta all’immigrazione clandestina, quella al multiculturalismo, le battaglie per la sicurezza e quelle contro gli sprechi e l’assistenzialismo: scampolo dopo scampolo, ecco fatto il nuovo vestito di una Lega che, essendo rimasta a corto di argomenti a causa dell’abbandono della secessione, aveva raccolto le nostre battaglie identitarie e, attorno ad esse, era riuscita a restituire entusiasmo alla sua base. Per gentile concessione di Gianfranco Fini (e del silenzio dei suoi colonnelli), Bossi aveva ridato alla sua gente un comune sentire, il nostro. La riprova di ciò che affermo sta tutta nella parabola finiana degli ultimi due anni, che dividerei in due fasi: avanti e dopo 14 dicembre 2010.
La prima caratterizzata dagli osanna della sinistra, che si sperticava in elogi a nove colonne, roba da statisti veri. La seconda, quella post – mancata sfiducia a Berlusconi (il 14 dicembre del 2010, appunto) dal suo ritorno alla realtà. Per capirci, i compagni, hanno prima caricato Gianfranco Fini come una molla, sperando che riuscisse davvero a far cadere l’odiato avversario e poi, una volta svanito l’obbiettivo - e, con esso, anche la sua utilità - l’hanno letteralmente sfanculato, senza pensarci nemmeno due volte. Sedotto e abbandonato.
Basti pensare all’enfasi che diedero al suo discorso di Mirabello nel 2010: maratone televisive, fiumi d’inchiostro, diretta a reti quasi unificate. Manco fosse risorto Kennedy. Poi, a distanza di un solo anno, stesso posto, stesso oratore ma trattamento nettamente differente: qualche articolo da massimo un quarto di pagina in nona o in decima, e la sola diretta di Rainews24. Ma tant’è, inutile piangere sul latte versato e compatirsi, bisogna guardare avanti e ritrovare gli occhi della tigre. Appunto. Lasciamo correre le considerazioni su ciò che è stato e cerchiamo di riempire di contenuti la nuova destra, la nostra destra.
Via, quindi, con i libri, le canzoni e film ma, prima di cominciare, permettetemi una piccola ma doverosa premessa. Sicuramente, leggendo le pagine a seguire, qualcuno rimarrà deluso. Ma come – si domanderà – scrivi di canzoni di destra e non citi Battisti o gli Amici del Vento? Parli di libri che dovrebbero rappresentarci senza citare nessuno tra Pound, Evola e Mishima? Fai la lista dei film omettendo Il Signore degli Anelli? Oppure, al contrario: ma questo è comunista, che ci fa qui?
Nulla da dire, si tratta di obiezioni che non fanno una piega, alle quali rispondo che, però, se avessi parlato di quegli autori, non avrei fatto altro che – come dicevo in apertura - ripetere cose che già sappiamo, l’ennesima rivisitazione della nostra iconografia. Quello che sto per sottoporvi non è altro che un mio personalissimo elenco, che non coltiva in alcun modo la presunzione di essere qualcosa di definitivo. Ci mancherebbe. In fin dei conti si tratta di un semplice tentativo, modesto e anticonvenzionale quanto volete, ma pur sempre un tentativo. Ché, di questi tempi, è sempre meglio di niente, o no?
IX
LE 5 CANZONI
NON me ne frega niente se anch’io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato; coi furbi e i prepotenti da sempre mi balocco e al fin della licenza io non perdono e tocco,
io non perdono, non perdono e tocco!
Cirano, di Francesco Guccini è, per me, un capolavoro assoluto. L’altra sera, parlandone con un’amica, ho detto che, se mai un giorno riuscissi a scrivere qualcosa che anche solo si avvicini al testo di questa canzone, beh, potrei anche morire felice. Non esagero, questa è una di quelle canzoni in grado di lasciarti davvero qualcosa dentro, un qualcosa che sento particolarmente mio e che, in un certo qual modo, rispecchia quella voglia di ribellione ai soprusi ed alle ingiustizie tipica della destra. Come di destra è l’orgoglio di essere ciò che si è, per il proprio anticonformismo, per la propria identità. Appunto.
Sì, lo so, Guccini è uomo di sinistra, e non solo me ne frego ma, anzi, a chi non l’ha mai voluto ascoltare per puro pregiudizio, dico che sbaglia clamorosamente. Tanto per fare un esempio, in merito a ciò che rappresenta questa canzone, provate a paragonare il: “Non me ne frega niente se anch’ io sono sbagliato, spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato” di Guccini con l’“Entrammo nella vita dalla parte sbagliata in un tempo vigliacco, con la faccia sudata” di Morsello, cantautore cult nel panorama della musica alternativa di destra. Personalmente colgo, in entrambe le frasi, la stessa consapevolezza, per non dire compiacenza, del proprio essere diversi dagli altri, un anticonformismo dettato da un modo di essere per il quale siamo disposti a combattere, sfidando con sprezzo chi ha scelto una comoda ed ipocrita scorciatoia. La destra, d’altronde, anticonformista lo è sempre stata, per il semplice motivo che, fino al periodo di tangentopoli, era una minoranza, per giunta emarginata, sicuramente fiera ed orgogliosa.
Ho scritto una canzone per chi fa volontariato e viene visto da qualcuno come un povero sfigato, ho scritto una canzone per chi crede fermamente che la giustizia prima o poi punisca veramente, ho scritto una canzone per chi ha paura di morire e vive con la voglia eterna di imparare, ho scritto una canzone che non ha grandi pretese che parla tante lingue e non solo l’inglese, ho scritto una canzone per tutte le puttane che sognano una vita da star hollywoodiane…
Ho scritto una canzone di Simone Tomassini è la canzone che ho utilizzato per realizzare il video del “Manifesto idealista del nuovo Pdl”, a questo proposito, invito i maligni che pensano che l’abbia fatto solo perché Simone è uno dei miei migliori amici ad ascoltarsela per bene. Sgombrato il campo da possibili ed antipatici equivoci, penso proprio che ora mi tocchi una cosa che non avrei mai voluto fare: auto citarmi. Però, in questo caso, vale la pena fare uno strappo alla regola, leggendo questo mio articolo del 23 novembre del 2010 capirete perché:
Mancano i simboli positivi,
il Pdl cominci con un nuovo inno. Eccolo.
Certo, qualcuno dirà che si tratta di un dettaglio ma, il più delle volte, sono proprio i dettagli a fare la differenza. Personalmente non la reputo nemmeno una cosa di poco conto e, anzi, vista e considerata la carenza cronica di valori nella nostra società, credo che una canzone sia realmente in grado di “arrivare”, a differenza di messaggi politici che oggi appaiono lontani anni luce dal linguaggio reale. Questa è una politica che, a destra come a sinistra, ha un disperato bisogno di tornare a trasmettere esempi positivi, in grado di disarcionare gli stereotipi malati che ci propinano i media: dal velinismo al tronismo, insomma, passando per il qualunquismo più becero. Sì, è quando – in alcuni casi – è proprio la politica a certificare che basta essere figli del capo, mogli del segretario oppure farsi un bel paio di tette e un culo a forma di cuore per essere comodamente elette, beh, il messaggio che passa è letteralmente devastante per le nuove generazioni, essenzialmente per due motivi. Il primo è che, attraverso gli esempi fuorvianti, si spingono molti dei nostri giovani a cercare fortuna nell’effimero, magari puntando tutto su sfacciataggine ed avvenenza fisica, piuttosto che su qualità autentiche. Il secondo è che, così facendo, si demotivano le ragazze ed i ragazzi che si avvicinano, per passione, al mondo della politica e che, nonostante i tanti sforzi sul campo, si vedono scavalcare da persone che non hanno merito alcuno.
Ecco, in questo quadro, dire che ci riconosciamo nel testo della bellissima “Ho scritto una canzone” di Simone Tomassini, non significa semplicemente fare un’operazione mediatica tentando, come ha fatto per anni la sinistra, di accaparrarsi le simpatie dei fan di un artista ne, tanto meno, avere un bel ritornello da cantare alle convention del partito. Nossignore, riconoscersi in quel testo significa riportare al centro del dibattito il valore della famiglia, l’esempio delle persone che fanno volontariato, il problema di una giustizia che non funziona, le difficoltà di chi deve aspettare i saldi per potersi permettere una camicia nuova. Insomma, con la sua “Ho scritto una canzone”, Simone canta il cuore dell’Italia ...

Indice dei contenuti

  1. Indice
  2. Il marcio da spazzare via
  3. Premessa
  4. Incipit
  5. Introduzione
  6. LA POLITICA CHE VOGLIAMO
  7. LA DESTRA CHE VOGLIAMO
  8. VALORI E IDEE
  9. LE VOSTRE BUONE RAGIONI
  10. Ringraziamenti