Firenze, i Fiorentini e il Fiorentino
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Firenze, i Fiorentini e il Fiorentino

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Firenze, i Fiorentini e il Fiorentino

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A cosa deve le sue fortune una città come Firenze, la più piccola tra le grandi città del mondo? Agli artisti? Ai poeti? Alla bistecca? Alla "C" aspirata? Alla simpatia dei suoi cittadini? Forse quest'ultima un po' meno, ma mentre mi ponevo queste domande ho iniziato a prendere qualche appunto ed è nato un piccolo "zibaldone" di pensieri in libertà. Un libretto nato per gioco, come spesso accade, e inizialmente stampato in poche copie da distribuire agli amici, che oggi vede la sua pubblicazione ufficiale in una nuova edizione ampliata ed arricchita. Il testo scorre come una chiacchierata tra amici, discutendo sulla modernità delle antichità di Firenze. Una città che vive di divertenti contraddizioni e nel continuo confronto di opposti sentimenti: Guelfi e Ghibellini, Bianchi e Neri, Chiesa e Impero. Una passeggiata fortemente autobiografica attraverso le viuzze del centro storico, per mano a Dante, Brunelleschi e Pinocchio, chiacchierando con Masaccio e Antonio Meucci, ricordando l'origine di proverbi quasi dimenticati e le particolari regole grammaticali del vernacolo Fiorentino.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788831600453
Argomento
History
LESSICO
Giunti a questo punto, possiamo alzar le vele per correre migliori acque e, dopo aver patito l’Inferno della grammatica fiorentina, possiamo iniziare il Purgatorio di purificazione del nostro linguaggio, esplorando i detti popolari e le parole che caratterizzano maggiormente il nostro Vernacolo. Lo ripeto, non è un vohabolario completo e ragionato: queste son cose che lascio fare ai linguisti o agli imitatori del Raddi. È, più semplicemente, l’elenco delle frasi e delle parole che ho maggiormente sentito adoperare in vita mia. Molto spesso è anche il pretesto per raccontare qualche altra curiosità su Firenze e sulla sua storia, ricchissima di aneddoti la cui fama ha superato da tempo i confini dei Viali di circonvallazione. Son convinto che, dopo avere scorso il mio elenco, me ne potreste suggerire almeno altrettante, di parole: tutte giustissime e corrette. Ognuno ci’ha le sua52: se vu’ mi dite quelle che vi passan pe’ i’ capo ci sta che le ‘nfili nella prossima edizione. Se mai ci sarà. A proposito: il libro d’i’ Raddi ce l’ha la mi’ Zia Anna, che gne ne comprò a’i’ su’ marito, di Mantova, perché imparasse i’ Fiorentino. Dante Alighieri si è scelto Virgilio, come guida, che l’era Mantovano. La mi’ Zia, invece, si è piccata di volere fare lei, da guida, a un Mantovano.
A BABBO MORTO: questa espressione si usa per indicare una cosa che avverrà fra moltissimo tempo, o forse mai. È utilizzata soprattutto in riferimento a debiti che non verranno mai saldati. Il Raddi intende: "come a dire: ne riparleremo quando sarò entrato in possesso dell'eredità del babbo". A Firenze, tra ragazzi, si usa dire anche a “daddy dead”. Ma sull’Anglo-Becero e sulle traduzioni maccheroniche dal Fiorentino all’Inglese ci si potrebbe scrivere un altro libro.
A BACÌO: di qualcosa esposto a nord. L’accento va sulla “i”. I vecchi cercatori di funghi dicono che ci si deve sempre mettere in cerca “a bacìo”, perché nei punti troppo soleggiati non nascano bene. Di qualcosa esposto a sud, invece, si dice “a solatio”.
A BOLLÒRE: qualcosa di estremamente caldo. "Bada di ‘un bruciarti, la minestra gliè abbollore". “Bollore” significa propriamente “punto di ebollizione”.
ACCOMODARE: riparare, aggiustare. In genere viene “accomodato” un orologio, un balocco. Al riflessivo è un invito ad entrare in un luogo privato: ”S’accomodi”, spesso pronunciato “s’accomòdi”.
ACQUA VIENI! : frase pronunciata come invocazione, all’inizio di uno scroscio improvviso di pioggia di forte intensità. La frase non avrebbe molto senso se non venisse conclusa in “...e fa’ affogare i becchi!”. Un’invocazione a Giove Pluvio, insomma, che se proprio non può trattenersi da inondare un’altra volta Firenze, quanto meno faccia piazza pulita dei cornuti.
La tragica alluvione del 1966 non fu né la più grave né la più famosa della storia. Una delle più disastrose fu quella del 1333, citata anche da Boccaccio, che si portò via definitivamente la statua equestre del dio Marte, di epoca Romana, che fino ad allora era rimasta lì in testa al Ponte Vecchio. Tradizione e leggenda vogliono che la Florentia romana avesse per protettore proprio il dio Marte, al cui onore si eresse un tempio magnifico che, una volta convertita la città al Cristianesimo, fu dedicato a San Giovanni. Una statua di Marte fu effettivamente posta sopra una torre presso l’Arno, accanto al ponte, nell’odierna Piazza del Pesce. Quel ponte che, dopo la costruzione del secondo ponte sull’Arno, cominciò ad essere chiamato Ponte Vecchio. Dopo la distruzione di Firenze per mano di Attila, i Fiorentini dissero che non si poteva ricostruire la città se prima non si fosse ritrovata e rimessa al suo posto l’antica statua, altrimenti la città avrebbe perso la protezione del suo “primo padrone”53. E così fu. La vide anche Dante, molto rovinata dalle intemperie e dalle scorrerie dei Barbari: praticamente era rimasto solo la base. La terribile alluvione del 1333 distrusse il Ponte Vecchio, portandosi via definitivamente anche la statua di Marte e le superstizioni ad essa legate. Ma la paura dell’alluvione è rimasta nel patrimonio genetico dei Fiorentini: alla prima pioggia di forte intensità e durata, a Firenze si pensa immediatamente al livello dell’Arno. Che, se proprio deve straripare, almeno faccia affogare i becchi!
AGGEGGIO: “coso”, oggetto strano, indefinibile, non necessariamente meccanico. Si usa anche per intendere una persona che si dà continuamente un gran daffare, anche in maniera non troppo corretta: “eh, l’è un aggeggio di nulla…!”
A GIRO: di colui che è in giro, senza una destinazione precisa. O magari una destinazione precisa ce l’ha anche, ma non la si vuole far sapere con esattezza: “Indo’ l’è Paolo?54” “ ‘un lo so, l’è a giro”. Dove sia esattamente, non si sa: di certo è uscito.
ALLAMPANATO: di persona magrissima: "O’ Ernesta55! Guarda i’ tu’ nipote, come gli’è secco allampanaho! "
ALTRO! no, nient'altro. Si dice solo nei negozi di generi alimentari, detti pizzicherie, in risposta alla domanda “altro?” posta dal negoziante, o pizzicagnolo:
Lucia56: “Mi dia un etto di codesto prosciutto”
Matilde57: “Ecco. (desidera) Altro?”
Lucia: “Altro!”
ANNO: l'anno scorso. “Anno fece un freddo birbone”, “ricordiamoci di non fare come anno”.
ARRÈGGERE: reggere, sostenersi: “arrèggiti bene alla ringhiera”.
ANNO: l’anno scorso. “Anno, fece un freddo ladro…”
ARRIVARE DOPO I FOCHI: significa arrivare tardi, a cose fatte, quando ormai la parte più importante di un evento è già avvenuta.
Il 24 giugno a Firenze si festeggia il Santo Patrono, che è San Giovanni Battista, e il forte legame tra la città e il suo Santo Patrono balza all’occhio anche all’osservatore più distratto. Il Battistero, o San Giovanni, è la chiesa Cristiana più antica di Firenze. Una leggenda, poi smentita, voleva addirittura che fosse stata edificata inglobando un tempio romano a pianta ottagonale dedicato al dio Marte. Il Vasari, non sapendo datarlo con sicurezza, lo definisce “antichissimo”. “Nel mio bel San Giovanni”58 ci venne battezzato anche Dante, che nasce nel 1265. E sicuramente era già molto antico nel 1298 quando fu iniziata la costruzione del Duomo. C’è un’annosa disputa su quest’ultima data: alcuni studiosi propendono per il 1296 interpretando in maniera bizzarra una lapide posta esternamente tra il campanile e la cattedrale; altri indicano il 1298 affidandosi ad altri documenti molto più precisi, come la lapide posta sopra la Sagrestia Maggiore, che fu scritta da un letterato del calibro di Agnolo Poliziano. Anni fa ho collaborato col professor Iginio Crisci in alcune ricerche presso l’Archivio dell’Opera del Duomo, i cui risultati convinsero anche noi a indicare il 1298 come data maggiormente documentata per la posa della prima pietra di Santa Maria del Fiore. Essendo così antico, comunque, è normale che intorno al Battistero siano fiorite varie leggende, come quella che ruota attorno alle due colonne in porfido poste ai lati della porta orientale, quella rivolta verso la facciata del Duomo. Nel XII secolo, per sdebitarsi di alcuni servigi resi da Firenze durante la guerra delle Baleari contro i Saraceni, i Pisani fecero omaggio alla Città del Giglio di queste due colonne, facendole precedere dalla fama di essere magiche. Dicevano che chi si fosse posto accanto a queste colonne avrebbe riconosciuto, tra i passanti, i ladri, i disonesti e i traditori. Le colonne arrivarono a Firenze un po’ malandate e bruciacchiate, ed era normale visto che erano frutto di un saccheggio. Ma i Fiorentini dissero che avevano perso i poteri magici perché i Pisani le avevano bruciate apposta; mentre i Pisani risposero che i Fiorentini non vedevan nulla perché forse eran ciechi. Da allora si diffuse il proverbio “Fiorentini ciechi, Pisani traditori”, ricordato ancora nell’Ottocento da Giuseppe Giusti. Di pietre magiche attorno al Battistero, se ne parlerà anche più tardi. Gi...

Indice dei contenuti

  1. PREMESSA
  2. CENNI STORICI
  3. SINTASSI, STILE E PRONUNCIA
  4. LESSICO
  5. CONCLUSIONE
  6. POST SCRIPTUM
  7. NOTE BIBLIOGRAFICHE E RINGRAZIAMENTI