Mala(eu)ropa: tosarla senza ucciderla
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Mala(eu)ropa: tosarla senza ucciderla

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Mala(eu)ropa: tosarla senza ucciderla

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Informazioni sul libro

Il premier svedese Olof Palme, assassinato da uno sconosciuto nel 1986, era solito dire che il capitalismo è come una pecora, da tosare senza ucciderla. Anche l'Europa, oggi, è simile a una pecora ben pasciuta, che però da troppi anni produce meno lana di quanto dovrebbe, fino a tradire gli ideali di sviluppo equo e solidale dei padri fondatori: una Mala(eu)ropa da riformare e tosare, ma senza ucciderla. E' il filo rosso che lega gli articoli raccolti in questo libro, scritti dall'autore per il quotidiano Italia Oggi. Vi sono le denunce: contro lo strapotere di Angela Merkel, fautrice di un'Europa germanocentrica e di una politica di austerità che ha impoverito il ceto medio europeo; contro la Francia di Emmanuel Macron, socio debole dell'asse franco-tedesco, ma tracotante grazie al franco coloniale, con il quale deruba e impoverisce 14 stati africani, da cui partono i flussi migratori; contro la finanza speculativa, che punta a mettere le mani sull'ultimo asset prezioso dell'Italia: il risparmio. Vi sono poi pagine scaturite da curiosità culturali: su tutte, la scoperta che William Shakespeare non era inglese, ma un dotto umanista italiano, profugo per motivi religiosi.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788827865132
1. Intervista a Tino Oldani di Goffredo Pistelli
( Italia Oggi, 7 Dicembre 2017).
“C’è il rischio che l’Unione europea possa commissariare l’Italia: ai poteri forti franco-tedeschi fanno gola i risparmi degli italiani”.
“Torre di controllo” è una rubrica popolare tra i lettori di Italia Oggi. Perché Tino Oldani, che la firma, ama affrontare i problemi in maniera documentata e per nulla prona alle letture alla moda. E questo, accurata documentazione e libertà dalle vulgate che vanno per la maggiore, è un po’ il marchio di fabbrica di questo milanese classe 1946, una lunga carriera nei periodici, soprattutto a Panorama.
Domanda. Oldani, partiamo dalle origini. Che famiglia era la sua?
Risposta. Gente semplice. Madre casalinga, padre tipografo. Lavorava a Il Giorno, di cui si considerava tra i fondatori, e con orgoglio.
D. Perché?
R. Perché quando Enrico Mattei, fondatore dell’Eni, decise di farsi un suo giornale per difendersi dalle “fake news” del Corrierone, ne affidò la direzione prima a Gaetano Baldacci, e poi a Italo Pietra, che era stato partigiano di spicco, anche se un gradino sotto Mattei.
D. Un momento, si riferisca alla campagna di Indro Montanelli contro il patron dell’Eni?
R. No, il Giorno è nato nel 1956, come risposta agli attacchi della Confindustria alla nascita dell’Eni, mentre la macchina del fango montanelliana arrivò pochi mesi prima dell’uccisione di Mattei, avvenuta nell’ottobre 1962: un omicidio vero e proprio, causato da un attentato al suo aereo, come ha dimostrato il sostituto procuratore di Pavia, Vincenzo Calia, in un libro sconvolgente per la quantità di indizi e prove da lui raccolte, ma sempre ignorate su quel delitto e sui probabili mandanti.
D. Riprendiamo il racconto…
R. Per formare la squadra, Pietra incaricò Angelo Rozzoni, capocronista a La Patria, piccolo quotidiano milanese con la tipografia in piazza Duca d’Aosta. Una tipografia grande, che serviva più giornali, dove mio padre lavorava al cattolico L’Italia e conosceva Rozzoni, uomo chiave nella storia del Giorno. Pietra scelse gli opinionisti, ma fu Rozzoni, carattere forte e grande organizzatore, a costruire la spina dorsale del giornale, dai redattori ai tipografi, conoscendoli tutti da tempo.
D. Che cosa ricorda di quel giornale? Sarà stato un bambino ma credo che suo padre le avrà raccontato.
R. Del Giorno e dei suoi giornalisti conservo bei ricordi. Al centro del tavolo, nel salotto di casa mia, c’è sempre stato un posacenere in porcellana che riproduceva la prima pagina del primo numero del Giorno: 21 aprile 1956. Avevo dieci anni, e mio padre portava a casa ogni notte una mazzetta di giornali italiani e stranieri, che sfogliavo con curiosità, a volte senza capirci nulla.
D. Cosa le piaceva di più?
R. Quello che aspettavo di più era il Guerin Sportivo, che usciva il lunedì con la pagina di Gianni Brera intitolata “L’Arcimatto” e le vignette di Marino. Una goduria.
D. Lei era uno di quelli che voleva fare il giornalista sin da bambino, immagino.
R. E’ vero, e il primo articolo l’ho scritto a 15 anni su La Zanzara del liceo Parini: era un’intervista a Gianni Brera, e faceva parte di un’inchiesta sul calcio ideata da Walter Tobagi, che decise di farla insieme a me. Eravamo amici ed entrambi figli di operai: Walter diceva che noi due eravamo i “populares” del Parini, un liceo duro e selettivo, frequentato per lo più dai figli della ricca borghesia milanese
D. Mi parli della Milano di allora.
R. Sono un ragazzo di campagna, nato e cresciuto in un piccolo paese della bassa milanese, con meno di 500 abitanti, a 20 km da Milano: Zelo Surrigone. Da sempre, quando mi chiedono dove sono nato, spiego che Zelo viene dal latino agellum, diventato poi azellum, infine zelo: si trattava infatti di un ricco podere, in origine un tipico accampamento romano dalla forma quadrata, regalato da Roma alla famiglia Serugonum, da cui ha preso il nome.
D. Un’immersione nelle sue radici.
R. All’esame di latino, facoltà di Lettere della Statale, mi bastò questa spiegazione sull’origine di Zelo, più una traduzione a vista di Tacito, eredità pariniana, per avere un buon voto dal tremendo professor Cazzaniga, uno che di solito bocciava tutti al primo appello.
D. Ci regali un ricordo fotografico di quegli anni.
R. Dalla quarta ginnasio in poi ho studiato a Milano e per arrivare alla fermata del pullman delle 7.00 che partiva da Abbiategrasso e percorreva la statale vigevanese, ogni mattina dovevo alzarmi alle 6.00 e fare qualche chilometro in bici, con qualsiasi tempo, anche con la neve. Così in inverno mi venivano sempre i geloni ai piedi.
D. Un’Italia che si doveva dar da fare, quella.
R. Negli anni Sessanta il boom era agli inizi, a Milano si vedevano ancora i segni dei bombardamenti, e l’Italia era un paese povero. Ma tutti avevano una gran voglia di fare, di progredire. Per vestirmi in modo decente, visto che il Parini era una scuola per ricchi, mia madre portò un paio di giacche di mio padre dal sarto e le fece rivoltare a misura per me. Non ci voleva molto a capirlo: il taschino per la penna, invece che a sinistra, io l’avevo a destra.
D. Lei prima citava il Parini, liceo che, a fine anni ’50, registrò gli albori delle prime lotte studentesche. La politica l’appassionava, da giovane?
R. A venti anni ero democristiano, iscritto alla Dc, anche se poi, emigrato a Roma, vidi all’opera certi ministri e decisi di starne alla larga. All’inizio mi aveva condizionato l’esperienza di mio padre, che era stato un partigiano bianco: dopo la caduta del fascismo, era stato lui a ricevere in Comune le prime liste per l’elezione del sindaco.
D. Che cosa le raccontava, della Liberazione?
R. Che rimase di stucco quando vide che la lista socialcomunista era formata tutta dagli ex fascisti del paese, convinti che mio padre fosse comunista. Invece era un partigiano cattolico, di un gruppo guidato da Malvestiti, amico di Mattei, che poi diventò deputato Dc. Per me, allora e per anni, comunisti e fascisti diventarono la stessa cosa: fautori di dittature, nemici della democrazia.
D. Poi sarà arrivato il giornalismo.
R. Il praticantato l’ho iniziato a 22 anni al quotidiano cattolico Avvenire. Il direttore che l’ha fondato, Leonardo Valente, veniva dal Giorno, dove aveva conosciuto mio padre e sapeva molto di me. Prima di assumermi, mi mise alla prova come insegnante privato di suo figlio, che era stato rimandato a settembre in latino e greco.
D. Test drive, diciamo.
R. Ricordo che trascorsi due mesi nella loro casa al mare: forte della preparazione ricevuta al Parini, con otto ore di lezione ogni giorno, diedi al quel ragazzo le basi per superare bene non solo gli esami di settembre, ma anche i successivi anni di liceo. E a ottobre del 1968, quando nacque Avvenire, arrivò anche la mia assunzione.
D. Per occuparsi di cosa?
R. Fin dall’inizio, sono stato responsabile della pagina “Economia e lavoro”, con l’economista Giancarlo Mazzocchi come supervisore. Mazzocchi era docente alla Cattolica e diversi suoi assistenti scrivevano per la mia pagina. Venivo dalla facoltà di lettere, e di economia non sapevo nulla. L’ho imparata sul campo, aiutato moltissimo da Giacomo Vaciago, un signor economista.
D. Chi scriveva con voi?
R. Tra i collaboratori più brillanti c’era anche Pierluigi Magnaschi, che poi prese il mio posto quando partii per il militare. La nostra amicizia nacque così.
D. Ma lei non si fermò adAvvenire.
R. Appena diventai professionista mi chiamò Lamberto Sechi, offrendomi un posto a Panorama su indicazione di Franco Serra, capo servizio dell’economia. Confessai a entrambi che non mi sentivo ancora pronto, sul piano professionale, per una sfida così impegnativa. E rifiutai. Ma Serra non mi perse d’occhio, e qualche anno dopo mi convinse a passare con lui a Espansione, mensile economico della Mondadori, per fare il corrispondente da Roma.
D. Ma poi aPanorama ci sarebbe arrivato
R. Sì fui assunto qualche anno dopo, quando avevo maturato altre esperienze anche nei settimanali. Credo di essere l’unico giornalista italiano che ha lavorato nei quattro grandi settimanali del dopoguerra: Tempo Illustrato, L’Europeo, L’Espresso e Panorama. A L’Espresso sono rimasto soltanto un anno, mentre a Panorama per più di venti.
D. Molti direttori, immagino. Si sente tributario di qualcuno in particolare?
R. Ho lavorato con molti direttori, e credo di avere imparato sempre qualcosa da ciascuno. Franco Serra, con il suo carattere di torinese spigoloso ed esigente, mi insegnò a documentarmi sempre a fondo prima di scrivere qualsiasi cosa: un’inchiesta o un pezzo di dieci righe. Un maestro. A cambiarmi la vita, in meglio, sono stati Leonardo Valente, che mi ha assunto per primo, realizzando un mio sogno, e Claudio Rinaldi, che mi fece tornare a Panorama dopo la mia breve parentesi all’ Espresso.
D. Come mai quel ritorno?
R. All’ Espresso non mi trovavo bene. Proprio allora la Mondadori stava uscendo da una crisi, e per la prima assunzione dopo il blocco dei nuovi ingressi Rinaldi suggerì il mio nome a Mario Formenton, dicendo: “Oldani è uno che lavora per tre”. Nel biglietto d’auguri che Formenton mi inviò dopo l’assunzione, citò proprio quella frase per spronarmi nell’interesse dell’azienda. Altri tempi.
D. Di questi direttori, Rinaldi però è stato senza dubbio quello di cui si è parlato di più. Il suoPanorama fece scuola. Com’era?
R. Lavorare con Rinaldi è stato un onore: avevamo la stessa età, giocavamo a calcio insieme, ma sul lavoro era sempre un passo avanti a tutti. Con lui Panorama superò ogni record di vendite, e impose all’editore che anche i redattori ne avessero un beneficio sullo stipendio. Cosa rara nel giornalismo. Era amico di Carlo De Benedetti e considerava Silvio Berlusconi un avversario da abbattere. Per questo lasciò Panorama, insieme a Giampaolo Pansa, quando il Biscione prese la Mondadori.
D. E lei?
R. Io la pensavo diversamente, ma siamo rimasti egualmente amici fino all’ultimo. Purtroppo è morto giovane, e ogni...

Indice dei contenuti

  1. cover
  2. Frontespizio
  3. Indice
  4. Copyright
  5. PREMESSA
  6. 1. Intervista a Tino Oldani di Goffredo Pistelli
  7. 2. Grazie a Monti & Napolitano, nel 2011 Germania e Francia salvarono le loro banche usando i soldi dei contribuenti italiani come bancomat
  8. 3. Mentre Salvini promette di cambiare i trattati Ue, in Germania i consiglieri della Merkel studiano come buttarci fuori dall’euro
  9. 4. Clamoroso manifesto di 154 economisti tedeschi contro Macron e Draghi: in sintesi, basta con l’indulgenza verso paesi come l’Italia
  10. 5. È mai possibile che l’Italia debba prendere lezioni dalla Francia, dove i macchinisti dei treni hanno la pensione retributiva a 52 anni?
  11. 6. Con il franco coloniale la Francia di Macron controlla, deruba e impoverisce 14 Stati africani. Da qui le migrazioni in Europa
  12. 7. Sarkozy: “Le ex colonie francesi non avranno mai la loro moneta”. Infatti, chi ci ha provato, è stato eliminato da killer e colpi di Stato
  13. 8. Per Sapelli la crisi di Macron si spiega anche con le divisioni interne della massoneria francese che l’aveva creato e imposto
  14. 9. Le sanzioni anti-Putin? In Europa valgono per tutti, con la solita eccezione tedesca: e la Merkel approva il gasdotto North Stream 2
  15. 10. Gli euro-burocrati che hanno compilato il bilancio Ue 2021-27 e tagliato i fondi all’Italia sono tutti tedeschi, legati a Schauble
  16. 11. Il successo dei Verdi in Baviera è stato aiutato dalla filiera politica dell’auto elettrica: potere forte, in grado di condizionare l’Europa
  17. 12. Cose mai viste: la Merkel sta perdendo il consenso dei media e la Faz l’accusa di tradimento per il “no” a Weidmann alla Bce
  18. 13. Giovani che emigrano, ponti e strade in dissesto, bilancio statale aiutato da Draghi: sembra l’Italia, ma è la Germania
  19. 14. Mentre Macron propone un esercito europeo, in Germania si torna a discutere sull’ipotesi di una bomba nucleare tedesca
  20. 15. Ci vorranno anni per costruire l’esercito Ue di Macron e Merkel, mentre la rottura con gli Usa è purtroppo cosa fatta, un errore grave
  21. 16. Italia, Visegrad, Grecia, Gran Bretagna: ecco i governi che non piangeranno per la fine dell’egemonia Merkel
  22. 17. Duello Trump-Merkel: il Tesoro Usa critica il dumping valutario e salariale alla base del forte surplus commerciale della Germania
  23. 18. Steve Bannon, ex stratega della campagna vincente di Trump, vuole unire i partiti populisti Ue e portarli alla vittoria nel 2019
  24. 19. Elezioni europee 2019: la Open Society di Soros risponde a Bannon, accusandolo di ogni male. Testo firmato da un ex sodale di Obama
  25. 20. La Open Society di Soros ha condizionato l’attuale Parlamento Ue grazie a 226 eurodeputati “affidabili alleati” ( 14 gli italiani) su 751
  26. 21. La Cina è ormai il vero dominus in 53 paesi africani su 54: in 17 anni ha prestato 136 miliardi di $, mentre l’Ue dormiva.
  27. 22. Per fare l’auto elettrica servirà molto cobalto, che è scarso e sarà l’oro del futuro. La Cina ne ha prenotato più del 50%.
  28. 23. In Africa fanno affari d’oro le società che affittano mercenari ai dittatori: oro, diamanti e uranio per quelle protette da Putin
  29. 24. Come Putin, anche Trump si avvale delle società che affittano mercenari, consigliato da Erik Prince, boss dei contractors Usa
  30. 25. Fantacronaca dal futuro. Ecco come il vecchio cav. Silvio convinse Mattarella a dare il governo del Nord a Salvini e il Sud a Di Maio.
  31. 26. Chi non vuole Savona all’Economia è la Banca d’Italia di Visco, a cui l’economista rimproverò di non avere capito il bail-in Ue.
  32. 27. Nell’autobiografia, Paolo Savona racconta che anche Draghi l’ha messo al bando, non tollerando le sue critiche alla Bce
  33. 28. A differenza dei pavidi ministri del passato, ora Savona potrà spiegare alla Merkel le riforme necessarie per un’Ue più equa.
  34. 29. La guerra sui decimali con Bruxelles non è il modo migliore per sostenere la Politeia di Savona e cambiare l’Ue in meglio
  35. 30. Elezioni Ue 2019: Salvini, pur di mettere fine all’alleanza tra Ppe e socialdemocratici, si dice pronto a un’alleanza con Weber (Ppe)
  36. 31. Prima delle navi Ong, ci sono le Ong del microcredito: sono queste che prestano i soldi ai migranti per il viaggio, facendo affari d’oro
  37. 32. Immigrati dall’Africa: per Scalfari il compito della sinistra è di realizzare il meticciato nel giro di due o tre generazioni
  38. 33. Inventata da un francese in meno di un’ora, la regola del 3% è rispettata dall’Italia, ma Francia e Spagna la violano da anni
  39. 34. La missione Niger, dice il governo, è no combat, ma addestramento dei soldati nigerini. Che hanno campato sui migranti, derubandoli
  40. 35. Debito pubblico: con stipendi da mille euro al giorno, la Consulta non è un buon biglietto da visita per l’Italia
  41. 36. Il debito pubblico pro capite dell’Italia (35 mila euro) è maggiore di quello greco (29 mila euro), ma grillini e c-destra se ne fregano
  42. 37. La Coldiretti (tre milioni di voti) è passata da Renzi a Salvini in un battibaleno. L’obiettivo: bocciare il trattato Ue-Canada
  43. 38. Ci sono casette post terremoto inabitabili, ma costate 6.200 euro al mq, il prezzo di un attico nel centro di Venezia. Chi ci mangia?
  44. 39. Sorpresa: Amsterdam si è aggiudicata l’Agenzia Ue dei farmaci, ma, a differenza di Milano, non ha la sede adeguata per ospitarla
  45. 40. Omaggio a Petacco, l’unico a rivelare come mai Ferruccio Parri, premier partigiano, scelse per la sua sicurezza uno spione fascista
  46. 41. Un libro sull’Europa, a sorpresa, rivela in modo credibile che l’aereo di Enrico Mattei esplose per un attentato organizzato dagli Usa
  47. 42. Sorpresona: Shakespeare, padre della lingua inglese, era l’italiano Michelangelo Florio, umanista e calvinista fuggito dall’Inquisizione