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Cosa univa Vincent van Gogh e Paul Gauguin? E cosa c'era tra Henri Matisse e Pablo Picasso? Amicizia, certamente ma anche gelosia, invidia, desiderio di prevaricazione. Artisti amici e nemici al tempo stesso che hanno segnato indelebilmente lo scenario del mondo dell'arte contemporanea. Quattro vite, quattro diversi modi di concepire l'arte e l'esistenza e quattro diversi modi di morire. Un viaggio nell'anima di questi grandi artisti con i loro amori, le debolezze, slanci vitali e fragilità che ci hanno lasciato emozioni profonde: quell' élan vital che volevano trasmettere con le loro opere per dire, a noi mortali, che la vita, nonostante tutto vale la pena d'essere vissuta.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788831607797
Argomento
Art
Henri Matisse
il sarto pittore
"Ho sempre cercato di occultare
i miei sforzi e di conferire
alle mie opere la gioiosità
impalpabile della primavera,
cosicché nessuno sospetti mai
delle fatiche che mi è costato...."
Henri Matisse sognava "un'arte fatta di equilibrio, purezza e serenità, qualcosa simile ad una comoda poltrona" in cui riposarsi dalle fatiche fisiche. Negli anni turbolenti della prima metà del Novecento, dominati da quello che Matisse definì "un malessere collettivo del cuore", il suo percorso artistico fu un tentativo scrupoloso di trovare ordine nel caos, di affermare l'esuberanza e la bellezza pur nelle miserie della vita. "Senza la voluttà, nulla sussiste", scrisse l'artista. E Matisse visse la vita con grande intensità, cogliendone aspetti che abitualmente sfuggono, fossero la sontuosa luce color vaniglia di Tahiti o il movimento sinuoso di una chiocciola che esce dal guscio. I suoi dipinti sono effettivamente delle immagini di vita intensificata; i colori sono esuberanti e sensuali e sprigionano una potente energia. Nei suoi quadri ammiriamo figure danzanti completamente nude, bagnanti che si tuffano in acque primordiali, uccelli che volano, assoluti padroni del cielo, il tutto ricondotto entro un magistrale cerchio armonico.
Matisse diceva che nei primi vent'anni della sua vita, si era sentito come imprigionato.
Era nato nelle fredde pianure delle Francia nordorientale, in un paesaggio dall'atmosfera plumbea e villaggi desolati. Era un territorio di frontiera. Per la mancanza di barriere naturali, la regione era da sempre soggetta ad attacchi stranieri. Nel 1871, quando Matisse non aveva ancora due anni, c'era stata l'invasione prussiana e più tardi la tragica realtà della guerra di trincea del primo conflitto mondiale.
Il padre di Matisse aveva aperto un negozio di granaglie a Bohain-en-Vermandois, un piccolo paese di artigiani che, trasformato da una rapida industrializzazione, cambiò volto durante l'infanzia dell'artista. Vi sorsero fabbriche tessili che scaricavano tinture inquinanti e zuccherifici che d'inverno ammorbavano l'aria con i miasmi delle barbabietole rancide. La diffusione delle colture intensive provocò la scomparsa dell'antica foresta, la piacevolezza del variegato ambiente naturale lasciò il posto alla monotonia di immensi campi fangosi e lunghe file regolari di piante di barbabietola. L'artista andava oltre i campi, nell'erba alta, dove ascoltava il canto degli uccelli e giocava sotto lo Chene Brulé, una quercia secolare dal tronco cavo, monumento naturale del villaggio. Chi veniva da fuori portava notizie di mondi variopinti. Il giovane Matisse sognò di fuggire con il circo. Poi arrivò l'ipnotista ambulante, che gli fece credere che il tappeto su cui poggiava i piedi fosse un meraviglioso prato fiorito. Questa immagine suggestiva anticipa l'estetica dell'artista.
Il padre Emile Hippolyte aprì un negozio di granaglie nel 1870 e, approfittando dell'espansione dei prodotti agricoli, ne fece una prospera attività all'ingrosso. La famiglia abitava sopra il negozio e i bambini dovevano dare una mano a trasportare i sacchi, pesare i semi, riordinare e spazzare. Matisse sognava di fuggire. Il senso di liberazione sarà rievocato nelle sue opere dalle figure di uccelli in volo e di pesci. La brutta ernia per cui Henry fu ricoverato nel 1889 fu causata probabilmente dallo sforzo di trasportare sacchi pesanti. Suo padre era severo e autoritario, incline a violente sfuriate. L'azienda familiare risparmiò a Henri e al fratello la triste realtà delle nuove fabbriche ma non evitò loro il carattere collerico del padre, sempre insoddisfatto del loro lavoro. Matisse trovò conforto nel mondo dell'immaginazione. Nel negozio si vendevano anche pesci rossi e uccelli esotici, soggetti affascinanti che più tardi comparvero come motivi ornamentali nelle sue opere. Matisse trasformò un vecchio cassone in un teatrino giocattolo e, dando fuoco allo zolfo che aveva sottratto in negozio, mise in scena l'eruzione del Vesuvio. Più tardi avrebbe detto di aver ereditato il temperamento artistico dalla madre che come seconda attività decorava tazze in ceramica.
Nel 1874 morì il suo fratello minore Emile.
Il percorso artistico di Matisse affonda le sue radici nella cultura artigiana della sua città natale, Bohain. Senza musei, gallerie d'arte, gli stimoli visivi della località provenivano dai tessuti. Intere generazioni della famiglia di Matisse avevano lavorato nell'artigianato tessile. Sintesi di artigianato tradizionale e design d'avanguardia, i tessuti di Bohain erano conosciuti in tutta Europa, e ancora per buona parte del Novecento furono utilizzati da Chanel e altre grandi case di moda parigine.
Mattisse "aveva le stoffe nel sangue" e non è un caso che avesse una concezione essenzialmente decorativa dell'arte. La sua pittura sembra essere in sintonia con la pop art della seconda metà del Novecento, per la capacità di appropriarsi degli oggetti d'uso quotidiano e farne arte. A Bohain i tessuti erano alla base di una vivace cultura di strada: nei mesi estivi i tessitori a domicilio lavoravano fuori della porta di casa, gli artigiani si confrontavano, i telai riversavano nelle vie raffinati tessuti policromi. Matisse bambino sensibile, colse la straordinaria vitalità di quell'ambiente, trovandolo indubbiamente più stimolante della tavolozza terrosa delle campagne.
Il giovane Matisse amava l'animazione della vita nelle strade e intratteneva gli amici imitando in modo divertente i comportamenti dei passanti. Più tardi la gente di Bohain giudicò le sue opere goffe e prive di talento, incapaci di rendere la realtà e parlando di lui, lo chiavava "le sot Matisse", Mattisse il babbeo.
Per molti aspetti l'artista incarnava effettivamente questa figura: un outsider sensibile e al tempo stesso saggio. E la sua indole aveva un preciso rapporto con l'arte: come un mimo il pittore si identificava profondamente nel soggetto tanto da "abitarlo". "Se disegni un albero, devi sentirti crescere a poco a poco con lui", era solito affermare.
Le atmosfere cupe del nord lo spinsero a reagire; come un seme della terra, germogliò alla ricerca della luce. Nel 1855 a Bohain era arrivata la ferrovia, una via di fuga verso altri mondi.
Il padre finì con l'accettare il suo disinteresse per l'impresa di famiglia e lo convinse a studiare legge; Matisse superò gli esami ma non riuscì ad appassionarsi alla professione. La rivelazione giunse quando ricevette l'occorrente per dipingere: "Nel momento in cui ebbi le mani la scatola dei colori, capii che quella era la mia vita. Mi ci gettai a capofitto come un animale verso l'oggetto del suo desiderio". Con grande disappunto del padre, decise di studiare pittura a Parigi ma non si liberò mai del tutto della sensazione di aver deluso il genitore.
Dopo il fallimento della relazione con Camille Joblaud, dalla quale aveva avuto una figlia, Marguerite, nel 1898, Matisse conobbe Amélie Parayre. Rimase incantato dalla massa di capelli neri che raccoglieva dietro la nuca in modo affascinante. Aveva uno splendido corpo e magnifiche spalle. Dava l'impressione, benché fosse timida e riservata, di essere una persona di grande bontà, forza e dolcezza. Matisse mise in guardia la futura moglie dichiarando che pur amandola moltissimo, le avrebbe sempre preferito la pittura. Amélie accettò la proposta in vero poco romantica e gli dedicò la vita: adottò la figlia, amministrò la casa e il proprio negozio di modista, e la sera, quando lui era in ansia, gli leggeva libri ad alta voce.
Per il matrimonio Amélie indossò un elegante abito su misura donatole da Thérèse Humbert, la donna del bel mondo per la quale i suoi genitori lavoravano da anni. Non trascorse però molto tempo che la Humbert e il marito furono processati per truffa. Inizialmente furono sospettati anche i genitori di Amélie, tanto che il padre venne arrestato. Furono in seguito dichiarati estranei ai fatti ma sulla famiglia continuò a gravare un'ombra di vergogna che forse spiega perché a partire più o meno da quel periodo, Amélie insistette perché il marito portasse la giacca, mentre prima vestiva in modo disordinato come Picasso. Questo diede un manto di rispettabilità a Matisse.
Per la luna di miele la coppia si recò dapprima a Londra, perché l'artista voleva vedere i dipinti di Turner alla National Gallery. Rimase folgorato dalla loro luce formidabile. "Turner viveva in uno scantinato, una volta alla settimana si faceva aprire di colpo le persiane, e allora che incandescenza, che stordimento!" Osservò una volta Matisse.
Il viaggio proseguì in Corsica, dove l'artista sperimentò in prima persona lo stesso fulgore e iniziò a detestare i cupi cieli nordici della sua infanzia. Al tono selvaggio della calda luce dell'isola si richiamerà nei dipinti del periodo fauve (1904-1908)
Al ritorno a Parigi, iniziò a manifestare i segni di una passione ossessiva per il collezionismo. Acquistò una costosissima farfalla morfo blu, il cui colore gli ricordava la fiamma dello zolfo che bruciava quando era bambino. Un anno dopo non riuscì a resistere al desiderio di acquistare le Tre bagnanti di Cézanne. Per la prima rata, Amélie dovette impegnare un anello con lo smeraldo che andò perduto perché l'artista non tornò al negozio in tempo per riscattarlo.
Sul pittore che "aveva le stoffe nel sangue", Cézanne esercitava un fascino irresistibile. Il dipinto possedeva la texture di un tessuto: le macchie di colore che componevano le figure, erano formate da pennellate fitte e parallele come i punti di un ricamo. Anche Matisse avrebbe ricercato nella sua pittura lo stesso rigore decorativo. In Lusso, calma e voluttà egli attinge a piene mani dall'esempio di Cézanne per quanto riguarda il soggetto delle bagnanti in un paesaggio naturale ma i coloro chiari si allontanano dalla morbida armonia cromatica del maestro, per ispirarsi piuttosto al Neoimpressionismo di Paul Signac.
L'estate precedente Matisse aveva fatto visita a Signac. La sua tavolozza variopinta si basava sugli studi scientifici di Michel- Eugéne Chevreul, il grande chimico che, lavorando in una fabbrica di tinture, aveva osservato che i colori primari assumono maggiore luminosità se accostato al proprio colore complementare. Lo scienziato aveva schematizzato la sua teoria grazie al cerchio cromatico, dove ogni colore è collocato in posizione opposta al complementare. Lusso, calma e voluttà fa uso di colori complementari (per esempio il rosso della spiaggia è collocato vicino al verde dell'asciugamano) per rendere l'effetto abbacinante della luce mediterranea.
Da anni il pubblico del Salon d'Automne rideva davanti ai dipinti di Matisse. Al Salon del 1905 espose un ritratto della moglie (Ritratto con riga verde) che destò scandalo per l'immagine disadorna e quasi brutale della giovane moglie che aveva posato come modella. A spregio di lui e degli altri espressionisti francesi, il critico Luois Vauxcelles non trovò termine migliore di "fauves", belve, per definirli. Umiliato, Matisse disse alla moglie di tenersi fuori dalla vicenda. Nel ritratto, una linea verde-turchese corre lungo il naso di Amélie dividendone il volto in due parti, una dominata dal giallo verde, l'altra dal rosso. La piattezza del viso, i sopraccigli spessi e le pupille nere e rotonde testimoniano forse l'influenza delle sculture africane che Matisse aveva iniziato a collezionare.
Nelle mani di Matisse la forma è rivelatrice. Da bambino trovava molto più vitali le stoffe prodotte dai tessitori del paese che non le distese di fango del mondo reale. Nel 1908 pubblicò lo scritto Notes d'un peintre, nel quale dichiarava: "L'espressione, per me, non risiede nella passione improvvisa che illumina il volto umano o che si manifesta violentemente. E' l'intera composizione del mio quadro". L'idea che ci da Amélie è quella di una moderna Athena; quella che abbiamo davanti è una donna che, secondo le sue stesse parole, "non perde la calma neppure se va a fuoco la casa".
Desideroso di ritrovare la luce intensa del meridione, nel 1907 Matisse partì per Biskra, nell'Algeria francese. All'arrivo la trovò un pò insipida; il deserto aveva la stessa sconfinata monotonia delle pianure della Francia nordorientale, e il sole accecante sbiancava qualsiasi colore. Colpito invece dall'artigianato locale, acquistò diversi souvenir da portare a casa che ispirarono i suoi futuri dipinti, come il celebre Nudo blu (Ricordo di Biskra).
L'aspetto più tipicamente matissiano di questo dipinto è il dinamismo; l'artista sfida la tradizione accademica del nudo immobile e passivo. Il suo nudo blu è si giacente, ma emana energia, soprattutto intorno agli organi sessuali, dove il blu radioso definisce i contorni dei seni e delle natiche. E' come se la sua carica d'energia si irradiasse al mondo naturale e fosse un tutt'uno con le felci e i fiori dello sfondo. Il colore ardente si comporta come il radio, che emana energia dal nucleo atomico. Quattro anni prima, Marie e Pierre Curie avevano ricevuto il premio Nobel per aver isolato questo elemento chimico, e la sua luce fluorescente conquistò l'immaginazione dell'intera Francia, ancora ignara della sua pericolosità. La stessa Marie Curie teneva del radio fluorescente sul comodino per illuminare la camera da letto. E' probabile che il bambino Matisse, che aveva bruciato zolfo nel magazzino di granaglie del padre fosse a conoscenza di questa scoperta.
Un giorno, dal piano superiore di un bus parigino, Matisse scorse nella vetrina di un rigattiere una vecchia pezza di tessuto con motivi toile de Jouy. Era una stoffa non pregiata, la copia a buon mercato di un disegno originale, ma per l'artista assunse un significato particolare. Le avanguardie artistiche si interessavano ormai da qualche anno alle arti decorative. In alcuni ritratti di Van Gogh, ad esempio, la tappzzeria svolge una funzione narrativa e i ricchi motivi floreali sono simbolo della personalità esuberante del soggetto. Una vitalità analoga si ritrova nella toile de Jouy di Matisse con le sue ceste di fiori rigogliosi e gli arabeschi.
La prima volta che questo tessuto appare in un suo dipinto, svolge il ruolo modesto di tovaglia in una semplice scena d'interno. In Natura morta con tovaglia blu, Matisse prolunga la tovaglia oltre il tavolo e la utilizza anche in verticale come sfondo, con grande effetto scenografico. Gli arabeschi esagerati sembrano crescere come tralci che sprigionano energia vitale. Il dipinto segna un punto di svolta nel percorso dell'artista: il passaggio alla sua "fase decorativa". Il tessuto definisce a superficie pittorica su cui l'ornato fluido dispiega la sua energia. Non manca un motivo di tensione: la materia solida degli oggetti, come la caffettiera, il vaso, l'alzata con la frutta) si oppone al dinamismo dell'impulso decorativo. Due livelli accostati in un connubio che può sembrare contraddittorio.
In quello stesso periodo il filosofo Henry Bergson era al'apice della popolarità e le sue lezioni al Collège de France erano frequentatissime. Bergson aveva una visione gioiosa della vita, l'ispirazione edonistica sfidava la tradizione filosofica occidentale. In particolare, Bergson, rifiutava l'idea di un mondo materiale con oggetti reali disposti nello spazio e celebrava il senso dinamico dell'essere, il mondo in divenire. Analizzando la struttura della coscienza, Bergson evidenziò come nella percezione interiore del tempo, la memoria prolunghi il passato nel presente. Nel 1907 elaborò il concetto più generale di élan vital, una sorta di vigorosa energia vitale che sostiene la continua e imprevedibile evoluzione della vita.
Il manifesto di Matisse, Notes d'un peintre (1908), è un testo di sapore bergsoniano e a Bergson fa esplicito riferimento parlando della durée (la percezione interiore del tempo). Nel 1909 Matisse strinse amicizia con Matthew Prichard, un eccentrico esteta bergsoniano. La filosofia vitalistica di Bergson sottende la visione decorativa espressa da Matisse nella Stanza rossa (Arminia in rosso), dove ancora la Toile de Jouy offre il motivo che decora tutto l'interno e ne diviene l'elemento dominante. Il rosso saturo dissolve il mondo materiale che tuttavia rimane presente; la frutta sparsa sul tavolo sembra caduta dai rami che decorano la stoffa, il ramage si arrampica sulla parete. I ritmi coincidono, le energie si sommano, le forme vegetali si dispiegano esuberanti incorporando il tutto.
Intorno a Matisse andava lentamente formandosi una rete di sostenitori. Agli americani Michael e Sarah Stein, che da alcun...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Indice
  3. Frontespizio
  4. Copyright
  5. Introduzione
  6. Vincent van Gogh il mito della fraglità
  7. Paul Gauguin il libero primitivo
  8. Henri Matisse il sarto pittore
  9. Pablo Picasso il genio rivoluzionario