«Sia Newton!», e la luce fu
Il poeta inglese Alexander Pope ha scritto questo verso in onore di Newton:
“Nature and nature’s laws lay hid in night; God said: «Let Newton be!», and all was light”,
che tradurrei così, strizzando l’occhio alla versione italiana22 di Genesi, capitolo 1, versetto 3:
“La natura e le leggi della natura giacevano nascoste nella notte; Dio disse: «Sia Newton!», e la luce fu”.
Qualcuno può sospettare che Pope si sia fatto prendere la mano dal patriottismo. Forse. Sicuramente Newton, come Galileo e Einstein, brillano come stelle di prima grandezza nel firmamento della fisica.
In questo capitolo parleremo della Legge di gravitazione universale e delle Leggi della dinamica. Queste ultime ci spiegano appunto la dinamica dei corpi, cioè come questi si muovono sotto l’azione delle forze. Se vi sembra poco, aggiungo che a Newton dobbiamo anche un’importante invenzione, il primo telescopio a specchi, detto appunto “newtoniano”, e importanti studi di ottica: immaginando che la luce sia fatta di corpuscoli, è riuscito a spiegare fenomeni di cui parleremo più avanti come riflessione, rifrazione e dispersione23.
Prima di addentrarci nel labirinto di luce che è la fisica newtoniana, abbiamo bisogno di preparare il terreno. Cominciamo, definendo il concetto di “sistema”. Osservando la natura possiamo individuare strutture più o meno complesse costituite da un insieme di elementi interconnessi che si comportano come un tutt’uno secondo proprie leggi: i sistemi. La Terra e un corpo libero di cadere sono un esempio di sistema governato dalla Legge di caduta dei gravi.
Un esempio classico di sistema è il Sistema Solare, un insieme costituito da una stella, otto pianeti e tanti altri corpi minori legati dalla forza di gravità secondo la Legge di gravitazione universale e le Leggi della dinamica. Esistono altri esempi interessanti, come il sistema operativo di un pc, il sistema nervoso del corpo umano e gli ecosistemi. In fondo, lo scopo della scienza non è altro che capire il comportamento e l’evoluzione dei sistemi, descrivendo i “meccanismi” che li regolano con opportuni “modelli” che, quasi sempre, sono espressi in linguaggio matematico.
In generale, ogni sistema ha sottosistemi e sovrasistemi. Ad esempio, il sistema Terra-Luna e la nostra galassia sono, nell’ordine, un sottosistema e un sovrasistema del Sistema Solare.
Non tutti gli oggetti naturali sono sistemi. Per quanto ne sappiamo, le particelle elementari (quelle veramente elementari, ne parleremo nel capitolo “La particella di Dio”24) non hanno struttura. Di conseguenza, non esiste un sottosistema di una particella elementare. L’atomo, invece, è un sistema costituito da protoni, neutroni ed elettroni.
Esiste anche un sistema che non ha sovrasistemi, l’universo che ‒ per definizione ‒ è l’insieme di tutto ciò che è misurabile (direttamente o indirettamente), cioè tutto ciò che esiste, almeno per la fisica. Anche se ci fossero altre cose non misurabili, uscirebbero dall’ambito della scienza.
Quindi, a parte l’universo, i sistemi si relazionano con un mondo esterno. A questo riguardo, possono essere aperti, chiusi e isolati. Aperti se scambiano materia ed energia con il mondo esterno, chiusi se scambiano solo energia e isolati se non avviene alcuno scambio. Una provetta senza tappo con un po’ d’acqua scambia vapore e calore25 con l’aria circostante. Se mettiamo il tappo, si interrompe lo scambio di materia e se la rivestiamo di materiale isolante anche quello di energia.
Ogni sistema è identificato da uno “stato”, definito dal valore di alcune grandezze, chiamate “parametri”. Se queste grandezze rimangono costanti nel tempo, si dice che il sistema è in “equilibrio”. Altrimenti, se ne monitora il cambiamento che caratterizza l’evoluzione dello stato del sistema. In questo caso, si preferisce chiamare “variabili” queste grandezze. Insomma, sia parametri, sia variabili, sono grandezze che caratterizzano lo stato di un sistema. Il primo termine si usa prevalentemente per i sistemi in equilibrio, il secondo per quelli fuori equilibrio. In generale, un sistema esce dall’equilibrio a causa di un forzante esterno e, se questo viene a mancare, il sistema torna lentamente all’equilibrio.
Consideriamo ora un sofisticato sistema sperimentale: una pentola piena d’acqua appoggiata sul fornello della nostra cucina. I parametri sono la quantità di acqua e la sua temperatura. Se non facciamo nulla, lo stato del sistema non cambia. In altre parole, il sistema è in equilibrio e i suoi parametri sono costanti. Non appena accendiamo il fornello, il sistema non è più in equilibrio e comincia a scambiare energia e materia con il mondo esterno: riceve calore dal fornello e cede vapore all’aria. La quantità di acqua diminuisce e la sua temperatura cresce, per questo ora preferiamo chiamarle variabili. A un certo punto, il fenomeno diventa evidente e abbiamo l’ebollizione.
Il fisico non si limita a osservare il fenomeno. Vuole capirne il meccanismo e descriverlo con un modello che è l’insieme delle relazioni matematiche che legano le variabili e permettono di prevedere l’evoluzione dello stato del sistema. La ricerca del modello è uno dei momenti chiave della conoscenza scientifica. Ne abbiamo già parlato (senza dirlo) nel caso del sistema costituito dalla Terra e da un corpo libero di cadere: le variabili sono lo spazio e il tempo, e il modello è la Legge di caduta dei gravi. Questo esempio evidenzia che legge e modello sono praticamente sinonimi. Usiamo “legge” per descrivere una regolarità a cui obbedisce la natura, “modello” per indicare che abbiamo un’idea in testa sul funzionamento del sistema, simile alla realtà, come il modellino della Ferrari con cui gioca un bambino riproduce quella che corre in pista. A proposito di nomenclatura: spesso si utilizza “teoria” al posto di “legge” per sottolineare il carattere ipotetico e provvisorio delle nostre conquiste scientifiche.
Tornando alla pentola, le variabili in gioco sono:
1. quantità di acqua,
2. temperatura dell’acqua,
3. potenza del fornello,
4. tempo.
Come vedi abbiamo aggiunto due variabili: la potenza del fornello, relativa al forzante esterno, e il tempo perché, da quando abbiamo acceso la fiamma, il sistema evolve.
A questo punto, per capire il meccanismo che regola il funzionamento del sistema, possiamo giocare con le variabili. Ad esempio, possiamo misurare temperatura e tempo con termometro e cronometro, nell’ordine, e variare quantità o potenza, ottenendo alcuni grafici che sono già un embrione di modello perché rappresentano una relazione tra variabile dipendente (quella sull’asse delle ordinate o asse y) e variabile indipendente (quella sull’asse delle ascisse o asse x). Gli aggettivi dipendente e indipendente non sono casuali: per la fisica classica il tempo è una variabile assoluta che non dipende da nulla. Una variabile dipendente, invece, è funzione di una o più altre variabili. I grafici diventano piatti perché tra il momento in cui l’acqua comincia a bollire e quello in cui evapora tutta, la sua temperatura rimane costante.
Temperatura dell’acqua in una pentola in funzione del tempo nel caso in cui la potenza del fornello sia bassa o alta (a parità di quantità di acqua).
I modelli (cioè le leggi e le teorie) sono importantissimi perché sono la migliore approssimazione della realtà che lo scienziato riesce a ottenere, consentendogli di fare previsioni. Con i modelli atmosferici il meteorologo prevede il tempo atmosferico in una città per i 3-4 giorni successivi e con i modelli climatici il climatologo prevede il clima per i decenni a venire. Il sistema in esame è più complesso di quello della pentola: nel primo caso è l’atmosfera e nel secondo è il sistema Terra con tutti i suoi elementi: atmosfera, idrosfera, criosfera, litosfera, biosfera e… antroposfera, indicando con quest’ultimo termine tutti gli effetti delle attività umane sul clima.
I modelli consentono anche di fare “esperimenti numerici”. Questa caratteristica è usata spesso dai climatologi. Mentre Galileo poteva far cadere varie bocce da diverse altezze, un climatologo ha a disposizione un solo pianeta Terra26 e, per fare esperimenti ripetuti, ne simula l’evoluzione con un modello climatico cambiando le “condizioni al contorno” per rispondere a domande del tipo: “quale sarà la media globale della temperatura superficiale del pianeta Terra nel 2100 se le emissioni di gas serra si ridurranno del 50% da oggi al 2030, annullandosi nel 2050?”27. Secondo alcuni autori, questa caratteristica dei modelli è una vera e propria estensione del metodo galileiano28.
A proposito di clima, concludiamo questa parte sui sistemi con due particolari meccanismi, molto usati nei modelli climatici: i “meccanismi di retroazione” o “feedback”. Attraverso un feedback un sistema è capace di agire sul forzante che lo ha allontanato dall’equilibrio con:
1. retroazione negativa,
2. retroazione positiva.
Nel primo caso il sistema torna all’equilibrio e la retroazione ha un effetto stabilizzante, nel secondo il sistema si allontana esponenzialmente dall’equilibrio e la retroazione ha un effetto amplificante sul forzante.
Esempio di feedback positivo: il sistema di amplificazione ha agito con il suono in uscita (output) sul suono in ingresso (input), aumentandolo e producendo il caratteristico fischio.
Facciamo una pausa (almeno mentale o virtuale, come è di moda dire adesso) e immaginiamo di andare in spiaggia. I raggi solari e l’ambiente che ci circonda ci riscaldano e aumenta la temperatura del nostro sangue. L’ipotalamo percepisce questo cambiamento, invia un segnale al cervello che, a sua volta, senza che noi ci pensiamo, informa la pelle che è venuto il momento di emettere sudore e le sue goccioline, evaporando, ci raffreddano. Ecco un esempio di retroazione negativa: il sistema corpo umano ha agito con il sudore in uscita (output) sul calore in ingresso (input),...