Furiosamente donne - Amore ferito
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Furiosamente donne - Amore ferito

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Informazioni sul libro

Le cicatrici invisibili si svelano attraverso i colori.
Tre donne, vittime di violenza e abuso, cercano un nuovo inizio all'interno di una comunità di vita.
Qui, un percorso di arteterapia diventa la chiave per esplorare il loro mondo interiore, fatto di dolore, rabbia ma anche di una forza inaspettata.
Attraverso i disegni, le tempere e la creta, Sonia, Lucia e Cristina affrontano le loro ferite, danno forma alle emozioni inespresse e, guidate dalla sensibilità di un'arteterapeuta, riscoprono la propria resilienza.
Un viaggio toccante che mostra come l'arte possa diventare strumento di guarigione e di rinascita, trasformando le esperienze traumatiche in un'opportunità per ricostruire se stesse e il proprio futuro.
Un libro per chi crede nel potere terapeutico dell'arte, per chi lavora nel campo del sostegno alle donne in difficoltà e per chi vuole scoprire come la creatività possa aiutarci a superare anche le sfide più difficili.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788831610971
Argomento
Psicologia
Categoria
Psicoterapia

1. ARTETERAPIA: DEFINIZIONE E CONTESTI APPLICATIVI

Cos’è l’arteterapia

Sempre più spesso l'approccio farmaceutico convenzionale con cui vengono trattate alcune tipologie di pazienti risulta essere sterile, poiché scinde l’unità corpo-mente dell’individuo senza considerarlo dal punto di vista psicologico.
È importante, invece, che il paziente affetto da disagio psichico venga affiancato non solo dal medico, ma anche da una figura capace di creare un collegamento tra l’ambiente esterno e il soggetto, le sue sensazioni e i suoi stati d’animo: l’arteterapeuta. Recentemente l’“arteterapia” è un argomento che trova spesso spazio sul web o sugli articoli di giornale e, per questo, sembra essere una metodologia nata negli ultimi anni. In realtà essa affonda le sue radici in tempi lontanissimi.
L'essere umano, fin dagli albori della sua storia, come testimoniano statuine e pitture rupestri preistoriche, ha reso manifesto il suo mondo interiore e rappresentato quello esteriore attraverso l'espressione artistica. Popoli e culture di ogni tempo hanno sempre attribuito diverse caratteristiche e funzioni all'arte: estetica, spirituale, sociale, pedagogica, espressiva e comunicativa. Oltre a queste, all'interno di una visione dell'essere umano più olistica di quella odierna, vi è anche quella terapeutica. Alcuni esempi di ciò sono l'uso di maschere, musica e danze nei rituali di guarigione sciamanica [Bosco, 2015, p.2].
Gli antichi Greci, invece, utilizzavano forme d’arte come il teatro per favorire la “catarsi”4 e liberarsi dalle emozioni represse per ritornare a uno stato di equilibrio. Nel corso del Medioevo l’arte, intesa come cura dei disturbi emotivi, fu sostituita dalla magia e dalla superstizione e bisognerà attendere il Rinascimento per rivalutare l’arte e gli artisti5 che erano considerati figure sensibili. L’opera d’arte è intesa, invece, come una sorta di strumento terapeutico che permette l’espressione di una realtà fantastica. Durante la Rivoluzione Industriale, in Inghilterra, l’arte diventa uno strumento utilizzato per la cosiddetta “terapia morale” grazie alla quale i pazienti affetti da disturbi mentali venivano accolti in rifugi in campagna dove ricevevano cure, assistenza e svolgevano attività artistiche come la pittura, la scultura e la musica. Ma è soltanto nel XX secolo che l’arteterapia inizia a stabilizzarsi come metodologia d’aiuto per pazienti con problemi psichici.
Durante la seconda guerra mondiale, alcuni artisti constateranno i benefici derivanti da esperienze di attività grafico-pittoriche con reduci di guerra ospedalizzati e con bambini internati nei campi di concentramento. Negli anni seguenti, quindi, andrà affermandosi sempre più l'utilizzo dell'attività artistica in ambito clinico, la quale si definirà man mano come vera e propria pratica terapeutica, avvalendosi dei contributi derivanti dalle correnti psicoanalitiche, dagli studi di diversi ambiti della psicologia, nonché delle più recenti scoperte delle neuroscienze [ibidem].
Una figura centrale nella definizione dell’arteterapia è indubbiamente quella dell’artista tedesca Edith Kramer (1916 - 2014) che considerava “l’opera d’arte come un contenitore di emozioni e l’atto stesso del creare come terapeutico di per sé” [Caputo, Cotugno De Palma et al., 2012, p. 6]. È lei ad aver delineato il cosiddetto “metodo Arte come terapia”, profondamente legato al suo pensiero e caratterizzato da precise linee metodologiche che riconoscono la centralità del processo creativo e artistico nel percorso terapeutico.
Alla luce dell’excursus storico in cui si può osservare che da sempre l’arte è protagonista della storia umana, e tenendo presente gli insegnamenti di Edith Kramer, si può definire l’arteterapia utilizzando la spiegazione di Irina Bosco [2015].
L’arteterapia può essere definita come una terapia espressiva a mediazione non verbale, utilizza cioè pratiche e metodiche proprie dell'attività artistica come mezzo terapeutico, con lo scopo di promuovere crescita personale e maggior benessere. La specificità del metodo “arte come terapia” è quella di sfruttare le potenzialità espressive e comunicative intrinseche al fare artistico e al linguaggio visivo, mettendo il focus sui benefici derivanti dal processo creativo [p.4].

Il metodo “Arte come terapia”

Artista di origini ebraiche, Edith Kramer è stata allieva della pioniera dell’arteterapia Friedl Dicker Brandeis e ha dedicato tutta la sua vita agli aspetti terapeutici dell’attività artistica che si sviluppa in età infantile6. Provenendo dal mondo dell’arte Kramer dà un valore particolare all’espressione artistica e considera la terapia d’arte distinta dalla psicoterapia. Lei, dunque, ritiene che si debba focalizzare l’attenzione sul processo creativo ritenuto già di per sé come uno strumento terapeutico. A New York, dal 1950 al 1957
Kramer conduce presso l’Istituto Wiltwycks un laboratorio espressivo con preadolescenti con disturbi emotivi e comportamento aggressivo e delinquenziale provenienti dagli slums di New York. È proprio lo psicoanalista che ha in cura i ragazzi dell’istituto a credere nelle potenzialità terapeutiche dell’arte e ad assumere Edith Kramer, coniando per lei, per la prima volta, il termine “arteterapeuta” nel tentativo di definire la sua figura professionale [Gandini, 2009].
Questa sua esperienza sul campo, unita ad approfonditi studi psicologici, porta Edith Kramer a elaborare una linea metodologica ben definita in cui il processo artistico-creativo è centrale all’interno del percorso terapeutico e denomina tale metodo “Arte come terapia”7. L’arte diventa terapia e la tecnica terapeutica non cerca tanto di svelare e interpretare il materiale inconscio, ma si trasforma in percorso significativo e simbolico in cui vengono attivate capacità, risorse e processi, diventando un vero e proprio mezzo di sostegno per l’io, favorendo lo sviluppo del senso d’identità e promuovendo una generale maturazione. Kramer [1977] evidenzia e analizza gli aspetti terapeutici all’interno dell’esperienza artistica e crea precisi confini tra la psicoterapia e l’“Arte come Terapia”, sostenendo che “le sue virtù curative dipendono da quei procedimenti psicologici che si attivano nel lavoro creativo”[p. 29]. A tal proposito Kramer [1977] scrive che l’arte serve come modello del funzionamento dell’Io: diventa una zona franca in cui è possibile esprimere e saggiare nuovi atteggiamenti e risposte emotive, anche prima che queste modificazioni abbiano luogo a livello di vita quotidiana [p. 244].
Con questo suo pensiero Kramer intende sottolineare una grande opportunità offerta dall’arte: quella che permette una metamorfosi prima a livello simbolico, grazie al linguaggio metaforico offerto dall’arte, e – successivamente – nella realtà. Proprio per questo motivo l’arte può, secondo Kramer [1977]
creare una zona di vita simbolica che permette la sperimentazione di idee e sentimenti, portare alla luce le complessità e le contraddizioni della vita, dimostrare la capacità dell’uomo di trascendere il conflitto e di creare ordine dal caos, e infine di dare piacere [p. 44].
Tale idea è connessa al concetto di “sublimazione” utilizzato da Kramer per riferirsi al processo di trasformazione psichica favorito dal lavoro artistico che permette l’aggiramento di aspetti patologici e l’attivazione di zone più funzionali e integrate. Tutto ciò sarebbe possibile grazie all’avventura artistica nella quale Edith Kramer credeva profondamente, confidando grande fiducia nelle potenzialità dei materiali artistici. [Gandini, 2009]. Kramer, infatti, riteneva che i materiali artistici, con le loro caratteristiche amorfe, si prestassero ad assumere in modo eloquente e vero le diverse forme della realtà interna [Kramer, 1985], mentre il colore era in grado di attivare emozioni e ricordi al di della forma. Un altro concetto centrale per Edith Kramer è quello della “qualità in arte” che si riferisce a un equilibrio esemplare raggiunto attraverso un processo che contiene in sé, come scrive lei stessa [1977] “economia di mezzi, coerenza interna e potere evocativo” [p. 56] e che presuppone l’attivazione di “una complessa funzione dell’Io che impegna in uno sforzo supremo facoltà manuali, intellettive ed emotive” [p. 32] . Nel momento in cui si raggiunge questo equilibrio si ottengono opere artistiche strutturate e significative da un punto di vista emotivo ed espressivo che consistono in occasioni di nutrimento simbolico, di maturazione e di crescita per l’autore [Gandini, 2009]. Il metodo “Arte come Terapia” rimane profondamente ancorato al processo creativo, momento intermedio in cui si mobilitano energie, emozioni, vissuti, capacità cognitive e progettuali. Nello svolgersi del processo creativo è presente, a fianco del paziente, l’arteterapeuta che lo aiuta e sostiene. Questa figura, secondo Kramer, deve essere un artista, poiché deve avere una profonda conoscenza sia dei processi artistici che delle caratteristiche e possibilità dei materiali proposti. L’arteterapeuta diventa una sorta di estensione dell’Io del paziente, lo supporta mantenendosi in comunicazione empatica con la sua immaginazione creativa al punto da indovinare le sue idee e interviene attivamente senza, però, imporre il proprio stile [Kramer, 1977] e favorendo, per quanto è possibile, ogni possibile autonomia. A questo proposito si introduce un altro concetto profondamente legato all’approccio di Edith Kramer: l’intervento di “terza mano”, momento in cui l’arteterapeuta interviene attivamente.
L’arteterapeuta abbisogna altresì di una terza mano che possa essere supporto in un lavoro creativo senza imporre il proprio mondo, né distorcere il significato infondendo idee pittoriche estranee all’individuo con il quale si lavora […]. L’arteterapeuta a cui manchi questa comprensione quasi inevitabilmente dipinge se stesso in un angolo [Kramer, 1985, p.54].
Possedere la “terza mano” vuol dire, quindi, che l’arteterapeuta mantiene un costante equilibrio tra l’intervento attivo e il ruolo neutro che deve inevitabilmente rivestire per promuovere l’autonomia del paziente, poiché nonostante questa figura sviluppi una competenza nella comunicazione simbolica delle immagini non deve in alcun modo sostituirsi a lui.
Elizabeth Stone, allieva di Edith Kramer, chiarisce meglio questo aspetto relativo al rapporto arteterapeuta-paziente.
Qualsiasi insight raggiunto assume significato soltanto se il paziente è pronto e la capacità di essere pronto potrebbe risultare da un lungo processo che si articola a tappe, una alla volta. In caso contrario creiamo una situazione di dipendenza interminabile […]. In arteterapia, interpretazioni inopportune e premature vengono percepite come una sorta di ‘lettura del pensiero’, una forma inquietante di assorbimento psicologico, che spesso cancella il già fragile confine necessario tra il sé e l’altro, tra il paziente e l’arteterapeuta [Stone, 2000, p.114].
Tale concetto, più specificatamente legato a persone che hanno capacità di consapevolezza, non esclude che la stessa esperienza di arteterapia possa essere ugualmente portata nella vita di soggetti meno consapevoli in quanto – come sostiene Albertini [2012] – si tratta di una “tecnica espressiva che aiuta ad aggirare l’ostacolo comunicativo della parola, avvicinando la persona ad una diversa modalità di relazione comun...

Indice dei contenuti

  1. INTRODUZIONE
  2. 1. ARTETERAPIA: DEFINIZIONE E CONTESTI APPLICATIVI
  3. 2. MALTRATTAMENTO DELLE DONNE TRA AMORE E POTERE
  4. 3. RESILIENZA E CREATIVITÀ
  5. 4. PRESENTAZIONE DELL’ESPERIENZA
  6. 5. CONCLUSIONI
  7. ALLEGATI