Acilia partigiana. Eroi venuti dal popolo
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Acilia partigiana. Eroi venuti dal popolo

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Acilia partigiana. Eroi venuti dal popolo

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Un argomento ancora poco trattato dalla storiografia: quello della Resistenza romana nelle borgate durante l'occupazione nazi-fascista. Il discendente diretto dei due partigiani che guidarono la ribellione ai nazisti ad Acilia, laureatosi in Storia con il massimo dei voti e giornalista professionista, ci racconta, attraverso una ricerca storica documentata, di 75 persone istruite all'uso delle armi in buona parte della borgata di Acilia, con qualche elemento della vicina Ostia. I fratelli Lido e Nello Duranti guidano questa ribellione: il primo Martire alle Fosse Ardeatine a soli 24 anni e il secondo esponente nazionale della CGIL e del PCI sino alla prematura scomparsa nel 1974.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788831614870

Capitolo 1:
la Resistenza di Acilia (1943-1944)

Prima parte: la ‘banda di Acilia’

1.
L’8 settembre del 1943 fu il giorno del cosiddetto armistizio di Cassibile, dalla località siciliana in cui fu siglato: il Re d’Italia Vittorio Emanuele III e con lui Pietro Badoglio - “duca di Addis Abeba”, già inglorioso generale fascista e Capo del Governo Provvisorio dal 25 luglio dello stesso anno, nel giorno che pose fine a oltre un ventennio di Regime fascista in Italia – dichiararono cessate le attività belliche nei confronti degli Alleati. I tedeschi, risposero immediatamente con la forza e si costituì l’occupazione tedesca sul suolo italiano. A partire da quel medesimo 8 settembre, migliaia e migliaia di italiani si guardarono in faccia, assistendo sgomenti alla smobilitazione delle truppe e al caos; pensarono di dover reagire all’occupazione germanica che stava investendo il Paese, ma anche di dover riscattare due decenni fascisti che avevano lasciato un’Italia nelle macerie, prima di tutto culturali, sociali e politiche, ma in quel momento anche fisiche.
Acilia era una borgata di Roma, non lontana dalla più nota Ostia, dunque non distante dal litorale. Questa, pianeggiante e di formazione alluvionale, sotto il livello del mare, alla fine del XIX secolo fu interessata da un’ampia opera bonifica - ben prima delle più celebri bonifiche mussoliniane dell’agro pontino– per mano di braccianti di origine romagnola. Se ne occupò infatti l’Associazione braccianti di Ravenna, giunti a Roma in treno nel pomeriggio del 4 novembre 1884. Prima che i Ravennati giungessero in questo territorio, l’area era insalubre e malarica. Da allora al 1943 molto era cambiato: precedentemente l’ingegnere e senatore Paolo Orlando, nel primo dopoguerra e infine lo stesso Mussolini tra il 1939 e il 1940, avevano provveduto a fare del borgo una zona relativamente ad alta densità abitativa. In particolare il 21 aprile 1940 il Duce in persona venne ad Acilia a visitare e inaugurare un nuovo comprensorio abitativo: le ‘Casette Pater’ (dal nome dell’architetto svizzero Giorgio Pater che le progettò), nelle quali presero dimora infine 286 famiglie in gran parte numerose. Furono costruite in poco tempo, utilizzando pannelli prefabbricati fatti con un impasto di calce e paglia, detta carpenite. Pochi anni prima, nel 1936, era stata costruita in quella che si cominciò a definire come ‘Acilia Vecchia’ la chiesa di San Leonardo da Porto Maurizio.
Le borgate erano un fenomeno nuovo a Roma, che proseguirà nel corso degli anni. Successivamente, Giovanni Berlinguer e Piero Della Seta, in un loro studio del 1960, le descriveranno con queste parole:
Ogni vent’anni un milione di italiani si trasferisce nella capitale. È come se una provincia intera – popolata come quella di Firenze, o di Genova, o di Palermo – divenisse deserta nel breve volgere di una generazione, e i vecchi, le donne, i bambini, ma primi fra tutti gli uomini in età lavorativa, emigrassero senza ritorno. In verità, da ogni provincia e da ogni ceto sociale si distaccano germogli che si trapiantano a Roma […]. Il grosso dei pugliesi sta a sud-est, a Torpignattara e al Quadraro; i campani sono disseminati lungo la via Appia, tracciata venti secoli fa da Roma verso Napoli; il dialetto sardo si sente lungo tutta la costa tirrenica, da S. Marinella a Ladispoli, da Fiumicino al Lido di Ostia. È come se le famiglie giungessero in vista di Roma, stanche dal lungo viaggio, e si attestassero nel luogo più vicino, senza attraversare la cinta delle mura, senza penetrare nel recinto urbano di una metropoli che ben poco ha da offrire1.
La popolazione aciliana era composta, naturalmente, da migranti interni: sardi, toscani, veneti, meridionali. Gli abitanti erano generalmente di estrazione sociale umile: falegnami, operai, edili ma anche piccoli commercianti e modesti impiegati. Tra gli abitanti di sesso maschile ve ne erano alcuni che avevano prestato servizio militare in guerra ed erano riusciti a tornare; altri ancora dispersi; altri ancora che avevano trovato qualche escamotage per evitare il fronte, specie quello delle guerre coloniali.
Questa del fronte era una condizione che all’italiano di estrazione “proletaria”, come si diceva al tempo, non era congeniale: in primis per il forte scollamento delle élite rispetto alla popolazione umile, per politiche sorde ai bisogni delle masse popolari e per una più ampia assenza strutturale di coesione nazionale che l’Italia sconta anche oggi, le cui radici andrebbero forse trovate nelle scelte e i compromessi dei e tra i leader (o “statisti” che siano), più che nella riluttanza del popolo ad accettare i desiderata di chi è al potere.
All’interno di questa popolazione umile ma dignitosa, alcuni uomini (e alcune donne) decisero, come molti loro compatrioti in ogni angolo del Paese, di reagire con l’azione armata. Due giorni dopo l’armistizio dell’8 settembre un giovane di origine toscana, Lido Duranti, di 24 anni, prese per primo, insieme a un gruppo di amici e compagni da lui capitanati, la via della lotta clandestina. Era operaio: di giorno lavorava alla fabbrica Pirelli di viale Manzoni; di notte combatté i nazisti sin dal 10 settembre del 19432. Lido Duranti apparteneva a una famiglia numerosa, originaria di Orentano, presso il Comune di Castelfranco di Sotto, nel pisano a confine con la lucchesia: aveva, infatti, quattro fratelli e due sorelle, di questi sei solo una era nata a Roma, Romanina Duranti appunto, nel 1937. In quel mese di settembre, Lido Duranti non era solo, anche due abitanti della vicina Ostia si unirono a lui: Augusto Ricciardi e suo figlio Ernesto3. Naturalmente, a questi si aggregarono compatrioti della borgata di Acilia e tra loro Remo Tosone e Guglielmo de Valeri4.
2.
Questi primi, coraggiosi, uomini dettero vita alla ‘banda di Acilia’, come la descriveranno loro stessi successivamente. Le prime azioni furono quelle relative al reperimento delle armi e ai contatti con le bande clandestine “romane” - ove per Acilia si intende una realtà urbana a sé stante rispetto al tessuto urbano della Capitale. Dalle fonti in possesso degli storici, si può verosimilmente presumere che Lido Duranti scelse di aggregarsi, in questa prima fase, al Movimento Comunista d’Italia (MCd’I), che rimase alla storia con il nome del proprio giornale: Bandiera Rossa. Ma presto altri compagni si sarebbero aggiunti a loro.
Malgrado sussistano fonti discordanti in materia, la tesi di Biscarini e Ruglioni, sviluppata in un loro studio del 2002 incentrato sulla figura di Lido Duranti, è che quest’ultimo sia sempre stato un militante di ‘Bandiera Rossa’5. Noi, sulla base di numerosa documentazione e di alcune testimonianze che andremo più avanti a presentare, ce ne discostiamo. Tuttavia, non ne ignoriamo il fenomeno e intendiamo analizzarlo in modalità tanto brevi quanto, auspichiamo, esaustive. ‘Bandiera Rossa’ fu particolarmente attiva nelle borgate romane e si differenziava fortemente dalla politica del Partito Comunista Italiano (PCI). Broder ha realizzato uno studio approfondito su questa formazione nel 20176. Questa formazione raccoglieva al proprio interno anche ex Arditi del Popolo (movimento antifascista e originale sorto nel 1921 per opera dell’eroe della Prima guerra mondiale Argo Secondari) e gruppi anarchici; si dichiarava comunista, fedele all’Unione Sovietica di Joseph Stalin, ma contraria alle linee dettate dal PCI, alle quali si opponeva con fermezza.
Ha spiegato Broder in una intervista:
Il profilo sociologico dei militanti di Bandiera Rossa era sicuramente di estrazione proletaria, con tutto quello che questa parola può significare nel contesto della periferia romana degli anni Quaranta. Il gruppo dirigente era formato prevalentemente da falegnami, elettricisti, fiorai, orologiai, sarti e tranvieri trenta-quarantenni, che in molti casi avevano alle spalle importanti esperienze pregresse di militanza rivoluzionaria.Di contro il PCI a Roma era stato ricostruito da Giorgio Amendola alla fine degli anni Trenta, prescindendo dalla vecchia rete di militanti e basandosi su giovani di estrazione borghese che facevano entrismo nelle organizzazioni fasciste. Gappisti famosi come Rosario Bentivegna e Carla Capponi nel 1943 avevano rispettivamente 21 e 25 anni, appartenevano alla borghesia colta urbana, vivevano in centro città e non avevano avuto nessuna esperienza politica precedente al regime fascista. La stalinizzazione dei partiti comunisti avvenuta negli anni Trenta, la loro riduzione a strumenti della ragion di stato sovietica, la nuova politica di collaborazione di classe inaugurata da Palmiro Togliatti, non avrebbero consentito l’utilizzo della vecchia base comunista, impregnata dallo spirito rivoluzionario e intransigente degli anni venti7.
Tra i comunisti del Partito e i militanti di ‘Bandiera Rossa’ pare non corresse buon sangue. Alcuni elementi, egemoni nel PCI, provavano a etichettare il MCd’I come trotskista. La posizione della formazione, a detta di Broder, era confusa: essi sostenevano che il sistema realizzato in URSS fosse un’esperienza particolare sorta in condizioni non generalizzabili, non costituiva pertanto un modello da imitare negli altri Paesi, purtuttavia si schieravano a fianco di Stalin e contro il Segretario Generale del Partito Comunista Italiano Palmiro Togliatti8.
Spiega ancora Broder:
Bandiera rossa eseguiva espropri e altre azioni alla Robin Hood per sfamare la popolazione delle borgate e creare consenso. Mediante la partecipazione a una formazione armata era più semplice procurarsi cibo nelle terribili condizioni di vita dell’occupazione. Era una reazione istintiva per parte del proletariato e del sottoproletariato romano. Il fatto che Bandiera rossa organizzasse politicamente queste attività di sostentamento le forniva un forte appoggio popolare ma, dall’altra, spingeva gli Alleati a catalogarla quale pura e semplice organizzazione criminale. Del resto, come insegna anche la storia del Gobbo del Quarticciolo, laddove alcuni vedono una semplice violazione della legalità può esserci anche l’espressione dei bisogni antagonisti delle classi più oppresse e marginalizzate. Questo tipo di “banditismo sociale”, del quale ha parlato Eric Hobsbawm, può anche includere fenomeni di opportunismo e di “resa di conti”, tuttavia non si devono mai oscurare i versanti politici di tali comportamenti9.
Uno dei primi ad aderire alla ‘banda di Acilia’, capitanata da Lido Duranti, fu Giuliano Rossi, amico di famiglia dei Duranti e come loro originario della Toscana, precisamente di Vicopisano. Rossi era uno studente universitario di 21 anni; pur essendo anch’egli di estrazione popolare, poteva vantare capacità intellettuali che gli altri partigiani di Acilia forse non avevano. Rossi parla espressamente, in un documento scritto di suo pugno, di tre uomini che formarono il gruppo clandestino aciliano: “egli [Rossi] fa parte dei tre che presero l’iniziativa di creare, una settimana dopo l’occupazione tedesca di Roma, un gruppo clandestino in Acilia10”. Lido Duranti era un operaio, di estrazione proletaria ed era stato anche al fronte, contro il proprio desiderio, per il Regime fascista, nello specifico in Africa settentrionale. Dalla storia della sua esperienza partigiana, trattata dettagliatamente da Savino e Ruglioni, emerge come un uomo dal forte carattere, un “comandante” nato, incline all’eroismo e decisamente idealista. Non stupisce quindi che avesse pensato a ‘Bandiera Rossa’, formazione fortemente libertaria e borderline, come approdo per la ‘banda di Acilia’. Supponiamo che sia stato proprio Rossi, lo studente universitario, a suggerire presto a Duranti di addivenire a più miti consigli, inquadrandosi – è la nostra tesi - nelle ‘Brigate Garibaldi’ del Partito Comunista Italiano, maggiormente strutturate e dotate di collegamenti nazionali e internazionali. Rossi afferma infatti che il “gruppo”, “divenne il 10 ottobre 1943 il V settore della VII Zona del PCI, dato che poi il forte lavoro svolto i compagni da tre erano divenuti circa trenta11”.
Nel frattempo, la ‘banda di Acilia’ si era appunto allargata. Dieci giorni prima dell’adesione formale alle ‘Brigate Garibaldi’, il 1° ottobre del 1943, anche il fratello di Lido, Nello Duranti, impiegato postale sulla via Ostiense di Roma, aveva intrapreso la lotta partigiana. Dai documenti Nello Duranti emerge più di tutti gli altri come legato al PCI e alle ‘Brigate Garibaldi’ in particolare, identità della quale andrà fiero per l’intero corso della propria esistenza; Nello fu l’unico gappista e probabilmente deteneva i rapporti con i comandanti “romani”.
Verosimilmente sotto la sua capacità di persuasione, che manifesterà, come vedremo, anche negli anni successivi alla guerra, molti altri compagni si unirono a loro: il padre di Giuliano, Guerino Rossi; Salvatore Deiana e suo figlio Serafino; Ferruccio Tosoni; Luigi Trentuno; Cesare Donatelli; Giovanni Bassoli; Antonio Crea. Tutti questi di Acilia. Altri come Norberto Scarchigli si aggregarono da Ostia. Infine, Tarquinio D'Alessandro, sempre di Acilia, si unì a loro in novembre. Il gruppo era dunque composto da una ventina di partigiani combattenti, in buona parte della borgata romana, supportati da tre elementi ostiensi12.
Una volta inquadrati nelle ‘Brigate Garibaldi’ solo i fratelli Duranti, Lido, il maggiore e Nello, il minore (rispettivamente di 24 e 21 anni) avrebbero raggiunto il grado di Sottotenente come Commissari di Plotone del PCI. Erano pertanto gli unici due graduati, ai quali l’intero gruppo rispondeva. Lido si rivelerà il più carismatico e Nello il più “politico” dei partigiani di Acilia.
Ma un ruolo non indifferente lo avrà Giuliano Rossi, forse il più ideologico e intellettualmente strutturato, che pur non essendo graduato probabilmente era ascoltato con l’attenzione che al tempo si riservava ai giovani di studio e di cultura. Lido e Nello avevano infatti la Quinta Elementare, mentre Giuliano studiava all’Università; inutile sottolineare come al tempo la via universitaria non fosse affatto comune, in particolare per un giovane di borgata.
3.
Le ‘Brigate Garibaldi’ a cui, sembra, aderirono i componenti della ‘banda di Acilia’ erano diffuse su tutto il territorio nazionale, alle dipendenze del Partito Comunista Italiano; erano poste sotto la guida di un comando generale guidato da Pietro Secchia e Luigi Longo. I partigiani aciliani dovevano, nello specifico, rendere conto principalmente al Comandante della VII^ Zona, quella Ostiense, Giuseppe Regis.
A Roma quotidiano di riferimento delle ‘Brigate Garibaldi’ era Azione, il cui sottotitolo recitava ‘Giornale dell’Armata Garibaldina’. Azione faceva parte di una serie di giornali clandestini dallo stile fortemente propagandistico ma efficace. Sul foglio dell’Armata Garibaldina qualunque cittadino romano e italiano poteva comprendere le ragioni per le quali i “garibaldini” affrontavano la lotta armata contro l’invasore nazi-fascista:
Per il popolo italiano la guerra contro i tedeschi non è una improvvisazione opportunistica dell’8 settembre 1943. Le Nazioni Unite hanno potuto constatare quali sono i veri sentimenti del Paese al loro arrivo nelle nostre città: tengano conto inoltre gli anglo-americani che l’accoglienza entusiastica delle popolazioni italiane alle truppe liberatrici si manifesta malgrado che i bombardamenti aerei abbiano seminato numerosi lutti nel cuore del popolo: un popolo non acclama chi ha distrutto le sue case ed ucciso i suoi figli se un ideale più alto di tutti gli interessi immediati non ne illumina la vita.
Le grandi masse italiane, che il fascismo aveva con la sua tirannia poliziesca estromesse in b...

Indice dei contenuti

  1. Prefazione
  2. Introduzione
  3. Capitolo 1: la Resistenza di Acilia (1943-1944)
  4. Capitolo 2: la Prima Repubblica ad Acilia (1945/46-1978)
  5. Capitolo 3: Partigiani Sempre (2018)
  6. Appendice: la memoria storica a piazza Capelvenere