DISTANZE
(in)
COLMABILI
Giuseppe Nalli
Non si ricordano i giorni,
si ricordano gli attimi.
(Cesare Pavese)
Il valore delle cose
non sta nel tempo in cui esse durano,
ma nell’intensità con cui vengono vissute.
Per questo esistono momenti indimenticabili,
cose inspiegabili e persone incomparabili.
(Fernando Pessoa)
Il tempo è ciò che accade
quando non accade nient’altro.
(Richard Feynman)
Il tempo non è una corda che si può misurare a nodi,
il tempo è una superficie obliqua e oscillante
che solo la memoria riesce a far muovere e avvicinare.
(José Saramago)
Non perdi nulla del tempo che ti è stato assegnato;
quello che lasci non ti appartiene.
(Seneca)
Nella felicità
la vita è un fulmine
ma senza interessi
il tempo non trascorre mai.
(G. N.)
Mi odierete -lo so. Forse non in modo cosciente e riconosciuto dalla codifica umana come siamo abituati a pensare questo sentimento nella sua accezione più pura, ma già immagino una specie di magma che si fa strada dentro voi per eruttare nelle forme più disparate. Sono fin troppo consapevole dell’ingarbugliamento provocato dalle già numerose e disparate concezioni che si hanno sul tempo. Il mio intento non è certo quello di risolvere l’argomento. Una passeggiata, però, sulla sua direttrice, andava attuata, con tutti i dubbi e i rischi calcolati. Dubbi e rischi che possono ancora lievitare o decrescere e farmi ragionevolmente inciampare sulla possibilità che il tempo possa anche non esistere.
A questo punto, sono pronto a confessare sinceramente di avere avuto non poche difficoltà nel districarmi in questa selva di teorie e concetti spesso difficilissimi. Ricercare tutta una serie di argomenti specifici per trarne degli spunti e le dovute conseguenze, non è stato un affare agevole. Scomodare addirittura filosofi, matematici, religiosi e liberi pensatori per questo... Insomma, per accarezzare solo lievemente alcune possibili risposte, ho dovuto considerare questo percorso un “male necessario”. Quando la febbre è rappresentata da alcune domande che ancora non hanno trovato risposta, ho sperato di trovare la medicina per farla scendere, nelle affermazioni -ma anche nei dubbi- di chi ha speculato prima di me. In qualche momento ho rischiato di smarrirmi tra le pagine di chi ha dedicato una vita intera a misurare, scomporre o semplicemente definire il tempo. Forse mi sono perso davvero e sto ancora cercando la strada maestra. Di certo, tra queste pagine sono caduto, a volte mi sono addormentato risvegliandomi sullo stesso luogo o chilometri distante, ma con le stesse parole tra le mani. A volte, su alcuni concetti particolarmente intricati, ho pensato di abbandonare l’intento. Su altri, invece, ho trovato la forza e il coraggio per proseguire. Ciò che ha governato tutto questo è stato esaltante e terribile al tempo stesso. Esaltante per gli orizzonti scoperti e prima sconosciuti. Terribile per l’inconsistenza che circonda l’essere umano quando non si pone delle domande.
Due libri -GIORNO FATALE ora fatale del 2015 e QUALCOSA DI (EXTRA) ORDINARIO del 2018- non sono riusciti a darmi quel senso di pienezza della ricerca che fortemente rincorrevo. Per questa e per altre ragioni ancora più pressanti, si è reso necessario un ulteriore tentativo, con la speranza di riuscire ad accostarmi il più possibile alla chiusura del mio cerchio. Con questo lavoro -ormai è diventata quasi un’auto-imposizione, se non la si vuole considerare una vera e propria ossessione- si conclude la mia TRILOGIA DEL TEMPO. Ma mentre sta per definirsi -ci risiamo, non ho speranza- un’ulteriore dilemma si affaccia e si propone da dietro l’angolo: “Cosa succede al tempo quando passa?". Questa esatta domanda sembra il quesito curioso di un bambino e invece fu niente meno che il grande Albert Einstein a chiederlo al matematico Kurt Gödel durante una passeggiata a Princeton.
Il semplicissimo dubbio apre la strada all'esposizione di una serie d'inattese variazioni e anomalie che l’argomento in oggetto è capace di esibire rispetto al senso comune. L’immagine del tempo dominante nel nostro comune sapere (di lontana origine aristotelica, ma confermata anche da Newton) è costituita da una retta infinita sulla quale scorre, a velocità costante, un punto indivisibile e inesteso, il presente; che avanza a velocità costante, separando in maniera irreversibile il passato, che gli sta alle spalle, dal futuro, verso cui procede. Si tratta, senza dubbio, di un'idea esemplarmente semplice e comoda, di cui ci serviamo continuamente e da cui è difficile staccarci.
Ma è anche l'unica vera? Appena si affronti la questione, sorgono diversi paradossi (da intendersi non come assurdità, bensì come affermazioni che vanno contro l'opinione prevalente), dotati di differenti gradi di plausibilità. “Aprendo” il concetto di tempo nelle sue strutture elementari, come un bambino smonta un giocattolo, si vedono scaturire da ogni sua componente (il punto, la linea, lo scorrere, la velocità, la divisibilità in parti uguali, la direzione) delle stranezze o degli apparenti mostri concettuali. Limitandoci solo ad alcuni di questi aspetti, chi ci assicura che il tempo scorra (e in modo irreversibile)? Sant’Agostino mostra, ad esempio, l'uguale plausibilità di un tempo che non scorre. Noi, infatti, non ci spostiamo mai dal presente e viviamo il passato solo nel presente del ricordo e il futuro solo nel presente dell'attesa. Il tempo, presente tridimensionale, misurato dall'animo nella sua distensio, è dunque elastico: si restringe e si concentra quasi in un punto solo nell'attenzione, si allarga “all'indietro” nel rammemorare e si prolunga “in avanti” nell'attendere o nel proge...