Viaggio tra le cappelle dell'Ospedale SS. Annunziata
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Viaggio tra le cappelle dell'Ospedale SS. Annunziata

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Viaggio tra le cappelle dell'Ospedale SS. Annunziata

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Il "viaggio tra le Cappelle dell'Annunziata" è, prima di tutto, un atto di amore dell'autore nei confronti di un monumento alla carità quale è stato ed è l'ospedale della SS. Annunziata, al quale egli ha dedicato gran parte della sua vita lavorativa. Molto è stato scritto sull'Annunziata, sulla sua storia, che è anche la storia della carità a Napoli e la storia stessa della Città, i cui percorsi siincrociano e si intrecciano, secolo dopo secolo, con lavita dell'Annunziata, luogo salvifico per bambini abbandonati, poi, ospedale della Santa Casa - nel sedicesimo secolo ritenuto da molti il più grande ospedale della cristianità e primo in Europa per le sue peculiarità - poi brefotrofio ed infine, in epoca più recente, nel novecento, ospedale pediatrico riconosciuto di altaspecializzazione che per lunghi anni è stato il riferimento eccellente, anche sul piano scientifico per la cura della mamma e del bambino.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788831623568
Argomento
Storia
Premessa
Da anni attraverso l’arco d’entrata dell’edificio rosso pompeiano in cui ha sede il più noto ospedale ginecologico e pediatrico della Campania. Passato e presente qui non sembrano essere tanto lontani. Il varcare quella soglia suscita vibrazioni emotive, testimonianze della crudele sofferenza che, in un arco temporale lungo sette secoli, ha caratterizzato a Napoli la vita dell'infanzia abbandonata; altero quanto fragile monumento alla pietate et munificentia che il potere si degnava di esprimere, forse, a riscatto delle proprie colpe. Una coesistenza che si trasforma in metafora dell'eterna lotta che travaglia l'Uomo: cedere all'influsso del male o tentare di trascendere la propria imperfezione operando per il Bene, spinto dalla necessità di placare la disperazione della propria coscienza. Personalmente ritengo che l'abbandono non rappresentò mai «una diffusa indifferenza dei genitori nei confronti della prole»; indipendentemente dalle differenti realtà sociali, la povertà fece sempre da sfondo alle esposizioni, ed essa, legata alle difficoltà, ma anche al dolore di non poter crescere e sfamare i propri figli, giustificò — e giustifica ancor oggi — il gesto dell'abbandono visto come ultima speranza di un futuro migliore per il bambino. È noto, purtroppo, che buona parte dei trovatelli fossero invece precocemente sfruttati, anche se le loro condizioni di vita non erano peggiori di quelle di molti coetanei legittimi in una società in cui lo sfruttamento del lavoro minorile era una realtà drammatica, che pesava gravemente sulle responsabilità della classe padronale del tempo. La Ruota dell’Annunziata, la “madre” di gran parte degli esposti di Napoli e del Meridione, è posta nel quartiere Pendino, nel centro storico di Napoli, a ridosso di Forcella, zona nota dove, più che altrove, l’aspetto di degrado sociale e criminalità, si esprime ai massimi livelli. Ancor più nella grande Napoli, da sempre capitale delle contraddizioni: bellissima e poverissima, patria di famosi scienziati e nobili, così come di ignoranti senza pari e lazzaroni senz’arte né parte. I poveri, i lazzaroni e “i figli della Madonna” hanno sempre abbondato e riempito le strade sporche e luride dei vicoli e dei quartieri. Non tutti i bambini hanno la fortuna di poter godere di quello che dovrebbe essere un diritto inalienabile: il diritto "ad una vita da bambino". Molto spesso alla società, sempre più multietnica, del terzo millennio sembra sfuggire il fatto che dietro l'apparente benessere continua a celarsi una storia fatta di fame, violenza, analfabetismo e abbandono, che ancora una volta vede come principale protagonista l'universo infantile. Con questo lavoro voglio rinverdire la memoria di un luogo, con il suo ingombrante carico di tragedie, miserie e di umana pietà, ma anche e soprattutto un monito a tutti noi, per tutti noi, affinché un passato così non ritorni. E’ necessario quindi che la coscienza civile si mobiliti per la salvaguardia di questo patrimonio che è straordinario sia dal punto di vista della memoria e della storia degli umili sia dal punto di vista artistico – monumentale
Nicola Manna
Lac pueris, dotem innuptis, velumque pudicis
Datque medelam ægris hæc opulenta domus:
Hinc merito sacra est illi, quæ nupta, pudica,
Et lactans orbis vera medela fuit.

Cenni storici

Origini
Le antiche origini della Santa Casa dell’Annunziata e della chiesa annessa risalgono al secondo ventennio del ‘300 e sarebbero legate – secondo un’antica e non documentata tradizione- alla disfatta subìta dai guelfi a Montecatini il 29 agosto 1315.
La leggenda, riportata da vari autorevoli Autori quali il de Stefano, il d’Engenio, il de Falco, il Contarini, il de Dominici ed il Celano, fanno risalire l’edificazione della Chiesa della SS. Annunziata al 1304 ad opera di due fratelli della nobile famiglia Sconditi, Niccolò e Giacomo, così descritta dal Celano (1858 a cura del Chiarini):
“Nel tempo di Carlo II d’Angiò Re di Napoli nella guerra, ch’ebbe in Toscana, in una battaglia rimasero prigionieri Niccolò e Giacomo Sconditi fratelli, nobili della Piazza di Capuana. Era per sette anni durata la loro prigionia nel Castel di Montecatino, né modo trovavano di libertà. Invocarono la Vergine Santissima, supplicandola d’impetrarcela da Dio; facendo voto, se liberi, nella Patria ritor-navano, di edificare ad onor suo una chiesa. Miracolosamente, nel vegnente giorno, ottennero la sospirata grazia, apparendogli la stessa Vergine, coll’Angelo Gabriele, a consolargli. Giunti liberi, e lieti in Napoli nell’anno 1304, in un luogo donatoli da Giacomo Galeota, nobile della stessa Piazza, quale luogo chiamato veniva il Mal passo, essendo che spesso vi si commettevano maleficj, edificarono una piccola Chiesa in onore della Santissima Vergine dell’Angiolo Gabriele Annunziata, in conformità dell’apparizione avuta nella loro prigionia”.
Tale versione viene contestata da altri autorevoli Autori quali il Capaccio, il Summonte, il Chioccarelli, lo Scherillo, il d’Addosio e fa concludere al d’Ambra (1889): “Ora checchenesia, la Chiesa e l’Ospedale dell’Annunziata esisteva fin dal 1318, governata da una confratanza che si intitolava della Beata Vergine Annunziata.... omissis .... Questa confraternita governò la Chiesa e l’Ospedale fino al 1338: l’anno appresso si stimò meglio affidarne il reggimento ad una Mastria composta di cinque governatori di cui un Cavaliere del Seggio Capuano, e quattro del Sedile del Popolo”. Il d’Ambra precisa ancora “Fu fatto l’Ospedale quasi contemporaneamente alla Chiesa, e prima dell’opera degli esposti. Una parte era assegnata ai febbricitanti, ed un’altra fatta costruire appositamente nel 1433 da Giovanna II, che vi gettò la prima pietra, fu addetta ad accogliere i feriti e gli infermi di piaghe curabili. Un’altra sezione fu aperta esclusivamente alla cura di alunne interne. ......... omissis ....... L’opera dell’assistenza dei bambini esposti, nati da parti illegittimi o da genitori poveri, si aprì quasi contemporaneamente all’edificazione della chiesa e dell’ospedale.
L’Engenio racconta che ebbe origine dall’essersi rinvenuto una notte alla porta della chiesa nel ritorno che facevano i confrati, un bambino con la scritta indosso: ex paupertate projectus. Ma l’epoca di siffatto avvenimento e del sistema adottato della Ruota o Torno, oggi dismesso, non si saprebbe assegnare con precisione: certamente fu prima a Napoli che altrove”.
Le risorse, l’organizzazione e le attività svolte presso questo “Pio Stabilimento”, vengono così dettagliatamente descritte da Francesco Saverio Bruno nell’Osservatore di Napoli (1855) “ La regina Sancia moglie di Roberto d’Angiò lo ingrandì e lo arricchì, Margherita di Durazzo nel 1411 gli donò la città di Lesina, Giovanna II lo riedificò in più splendida forma, ed il vicerè Conte di Lemos gli assegnò la baronia di Montevergine. Molti gentiluomini della capitale concorsero poi ad aumentare le rendite in modo che, avendo dal Sommo Pontefice ricevuto i privilegi di casa santa, fu in grado di mantenere due numerosi ospedali, uno per febbricitanti, l’altro per feriti, un gran numero di balie per allevare fanciulli esposti, un monastero per educare le giovanette dello stabilimento, un monte per dotarle, un istituto di arti e mestieri per la istruzione de’ maschi.
Né paghi di ciò i caritatevoli protettori del luogo, per sollevare il popolo dalle strabocchevoli usure degli Ebrei, vollero nella santa casa istallare un Banco di pegni, dove concorse la maggior parte della nobiltà napoletana ad impiegare i suoi capitali al quattro per cento, riservando il dipiù degli utili ad opere di beneficenze. ..... omissis ......... Il fatto sta che il Banco per far troppo restò schiacciato dal peso dell’enormi sue intraprese, tanto vero, che nel 1701 vi si trovò un vuoto di cinque milioni di ducati. Sciolto allora il Banco, venne nel medesimo locale istituita un’amministrazione dello stralcio nell’interesse de’ depositari, a beneficio de’ quali rimane ora una rendita di ducati trentamila. La santa casa intanto continuò prosperamente il suo cammino, dopo molte vicende nel suo interno reggimento, messa come tutti gli altri simili stabilimenti sotto la immediata tutela del governo, trovasi nel seguente stato.
Al primo ingresso dell’edificio sta nel pianterreno a dritta la sala della ruota, ove da donne appositamente incaricate e da balie sempre pronte si ricevono e nutrono i bambini che vengono esposti, dei quali si conservano scrupolosamente segni che qualche volta portano addosso, affinché fossero facilmente rinvenuti nel caso che i genitori nel prosieguo ne facessero inchiesta.
La Ruota e cognominazione
Le finalità che portarono all'istituzione della Ruota e del brefotrofio dell'Annunziata furono, senza dubbio, le stesse che avevano mosso Dateo e Innocenzo III: impedire che i bambini abbandonati sui sagrati delle chiese fossero dilaniati dai cani randagi, e creare le condizioni per consentire loro un'esistenza dignitosa.
Il sistema della Ruota o Torno, introdotto alla fine del XII secolo a Roma da Papa Innocenzo III, «commosso dal fatto che le misere creature erano gettate nel Tevere o deposte nei letamai» , intendeva ovviare alla pratica dell'abbandono dei minori per strada, con l'intento di favorire un rapido ritrovamento e scongiurare la pratica abominevole dell'infanticidio volontario, che era praticato non tanto tramite uccisione diretta quanto attraverso l'«abbandono e occultamento con previsione o no del sopravvenire della morte» . Per ovviare a tale «sconcio» la Ruota, «prima che gli abusi incominciassero» , contribuì a dare all'esposizione una «forma più umana e più caritatevole» :
Fu tenuto conto della riservatezza e del pudore di quella misera madre, che con sguardo sospettoso e con passo misurato nelle tenebre della notte, senza che nessuno sapesse donde era venuta, e chi si fosse, deponeva con un sospiro, da nessuno osservato, la sua creatura nella Ruota. In tutti i paesi civili nei quali vi sono ospedali e ospizi che raccolgono i poveri infanti abbandonati per quel mezzo, non si offre aperto il torno che la sola notte; chi volesse infatti deporre un bambino nella Ruota di pieno giorno non lo farebbe certo, per nascondersi agli sguardi dei curiosi e celarsi nel mistero .
Il primo di essi sembra essere stato in San Salvatore a Milano nel 787 . Dopo di allora molti altri disseminati lungo la penisola.
Della “ruota degli esposti” invece si ha notizia in Francia, nell’Ospedale dei Canonici di Marsiglia nel 1188 e poco dopo, sempre in Francia, a Aix-en Provence e a Tolone .
Da qui la tradizione della “ruota degli esposti” si diffuse in Italia, in tutta Europa e successivamente nelle colonie oltreoceano, per accogliere di bambini abbandonati, e per salvare l’identità delle madri, costrette a disfarsene per motivi economici o di altro genere.
Col passare degli anni però, secondo Nicola De Crescenzio, un insigne studioso che fu governatore della Santa Casa dal 1871 al 1876, la ruota divenne un «simbolo», una sorta di iniziazione per ammettere degli individui in una casta privilegiata: la casta dei figli di Ave Gratia Plena, chiamati volgarmente figli della Madonna.
Il passaggio attraverso la Ruota consentiva a bambini illegittimi di godere di privilegi e immunità conferiti loro dalle più importanti autorità civili e religiose, la media si attestò sui 2068 ingressi l'anno fino al 1871, ovvero fino a quando fu adottata la Ruota come mezzo di ricevimento. Dal 1876 al 1900 la media degli ingressi fu di 1571 quindi l'abolizione del tornio ebbe come conseguenza una riduzione degli abbandoni. Un decremento che, per fortuna, si riscontra per tutto il xx secolo.
Una volta accolti i bambini venivano mercati, ovvero registrati apponendo loro al collo una medaglietta sostenuta da un piccolo laccio. Questa era detta merco ed era composta da due placche di piombo su cui erano impresse da un lato l'immagine dell'Annunziata e dall'altro il numero progressivo di entrata ed una lettera che mutava ogni anno in progressione alfabetica. Subito dopo con quel numero e quella lettera erano segnati nei Registri di immissione in cui si indicavano la data di ingresso, l'età presunta, l'avvenuta amministrazione del battesimo, i tratti somatici, l'abbigliamento e gli eventuali segni particolari che potevano identificarlo, nel caso di un eventuale riconoscimento postumo. Nell'archivio della Real Casa Santa dell'Annunziata sono conservati tutti gli oggetti rinvenuti addosso ai bambini dal 1790 fino all'abolizione della Ruota. Si tratta di piccoli crocifissi, medagliette intere o spezzate in due, santini contenuti in sacchetti di stoffa, brevi annotazioni scritte talora con grafia malcerta su carta dozzinale, talaltra ...

Indice dei contenuti

  1. Premessa
  2. LA CAPPELLA DELLE ANZIANE
  3. LA CAPPELLA DELL’ADDOLORATA
  4. LA CAPPELLA MORMILE
  5. LA CAPPELLA DELLA PACE
  6. Bibliografia
  7. Ringraziamenti