Memorie di Giuda (Edizione integrale in 2 volumi)
eBook - ePub

Memorie di Giuda (Edizione integrale in 2 volumi)

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Memorie di Giuda (Edizione integrale in 2 volumi)

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

"Memorie di Giuda" è un romanzo storico di Ferdinando Petruccelli della Gattina, da alcuni considerato il più importante della sua produzione letteraria.
Fu pubblicato inizialmente in Francia nel 1867 con il nome Les Mémoires de Judas ed in seguito in Italia nel 1870 dall'editore Treves.
È una rivisitazione dell'apostolo traditore Giuda Iscariota, raffigurato dall'autore come un rivoluzionario che combatte per liberare gli ebrei dall'imposizione romana. L'opera, oltre a manifestare il forte anticlericalismo di Petruccelli, nasconde un messaggio di ideali risorgimentali in quanto Giuda non è altro che un carbonaro ante-litteram.
Per il suo contenuto dissacrante, il libro suscitò polemiche, soprattutto da parte delle gerarchie clericali, e fu criticato anche da alcuni intellettuali come Benedetto Croce. Memorie di Giuda ebbe una grande influenza su "La reliquia" di José Maria Eça de Queirós, tale da indurre alcuni studiosi ad accusare lo scrittore portoghese di plagio. Ferdinando Petruccelli della Gattina (Moliterno, 28 agosto 1815 – Parigi, 29 marzo 1890) è stato un giornalista, scrittore, patriota e politico italiano.
Prolifico scrittore di idee liberali e anticlericali, spesso anticonformista, fu un esule del governo borbonico a seguito dei moti insurrezionali del 1848. Visse principalmente tra Francia e Inghilterra; la sua attività pubblicistica fu apprezzata e divulgata in diversi paesi europei. Considerato un precursore del giornalismo moderno, egli inaugurò anche il filone letterario che denuncia il malcostume della politica italiana con "I moribondi del Palazzo Carignano".

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a Memorie di Giuda (Edizione integrale in 2 volumi) di Ferdinando Petruccelli della Gattina in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Classici. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788831629065
Argomento
Letteratura
Categoria
Classici
F. PETRUCCELLI DELLA GATTINA

MEMORIE DI GIUDA VOL. 1

PRIMO VOLUME
Seconda Edizione Italiana
1883

I.

Era il 15 del mese di Thisri, la sera della festa dei Tabernacoli, nel settimo anno del governo di Ponzio Pilato a Gerusalemme.
La città formicolava di forestieri accorsi da tutti gli angoli della Giudea, della Galilea, della Perea e dell’Idumea, sì dalle città greche e romane, che dalle rive del mare e dai confini del deserto. Il movimento raddoppiava da per tutto; la gioja scintillava nelle vie, sulle piazze, sopra le colline che circondano il promontorio della città, e rischiarava tutte le fisonomie.
La raccolta dell’uva era stata abbondante.
La si accalcava dunque sul ponte Xistus per venire da Sion al Tempio sopra il Moriah, e portare l’offerta a Iehovah.
È così facile il ringraziar Dio nella gioja - quando non lo si dimentica!
Ognuno s’affrettava, giacchè il sole segnava l’ora quinta, e bentosto il corno di montone avrebbe suonato sulle terrazze del tempio per annunziare che il sabato era per cominciare.
Una circostanza straordinaria aveva aumentato il concorso degli stranieri. La moglie del procuratore arrivava da Roma. Il governatore della Siria, Pomponius Flaccus, aveva lasciato Antiochia, ed era venuto a Ioppa incontro alla nipote di Tiberio. Pilato aveva ordinato che si preparassero delle feste al Circo in onore di Claudia sua moglie, e del governatore.
La città di Gerusalemme aveva inviato a Ioppa una deputazione a fine di accompagnare la nobile Romana. Pilato nondimeno, che doveva andarvi coi membri dell’aristocrazia e del sacerdozio Ebreo, all’ultima ora era caduto ammalato e li aveva lasciati partir soli. Ciò dava da parlare al popolo; a me ed al Sagan da riflettere. In conseguenza di ciò il solo punto di Gerusalemme che fosse nel silenzio e nella tranquillità, era questa vetta di Sion, ove s’ergevano le tre torri, ed il palazzo d’Erode steso al loro piede.
Eppure i viaggiatori arrivavano all’indomani!
In una camera al secondo piano del palazzo di Hannah quattro persone si trovavano riunite all’istessa ora; Hannah ed io, sadducei; Moab, esseniano; Menahem, l’ultimo dei figli di Giuda e di Gamala. Attendevamo Jesu Bar Abbas, erodiano, e Justus, il fratello della moglie di Gamaliele, fariseo, figlio di Simeone il rettore del gran collegio, figlio egli stesso del famoso Hillel.
Nessuno di noi parlava.
Hannah, sotto sembianza di meditare, sonnecchiava.
Moab, sotto sembianza di pregare, accocolato in un angolo digeriva non so quale disgustoso intingolo di cavallette che aveva inghiottito qualche ora avanti, e che faceva passare sopra la sua faccia tutti i colori dell’arcobaleno.
Menahem calmava la sua impazienza di andar a vedere le donne di Sion alla fontana di Ezechiele, passeggiando pesantemente sopra i quadrelli di granito della sala del Sagan, come se avesse camminato su i sentieri da camelli della Galilea, e faceva levare in soprassalto di tanto in tanto l’ex-gran sacerdote.
In quanto a me, io era in piedi, vicino ad una finestra dirimpetto al tempio, guardando il sole che, discendendo dietro al Moriah, lo spolverava di scintille dorate; e pensavo a Maria.
Eppure, noi ci eravamo riuniti colà per una ragione terribile.
Ma l’uomo non è mai così spensierato come negli istanti in cui il suo destino bilica sopra un abisso. Era colpa mia? Il cielo era così azzurro! Il Golgota, il monte degli Ulivi, il Gareb, il Bezetha si panneggiavano nel loro mantello violetto della sera. Quella montagna di marmo e d’oro che si chiama Moriah, civettava così fastosamente! Il popolo rideva sì forte dalla strada! Il palombo gemeva sì dolcemente nel cielo! Il vento autunnale, ancora sì caldo, accarezzava con tanta grazia il dattero, il sicomoro, l’arancio, l’aloe, l’ulivo, il velo delle donne, le bianche nuvolette - che non dovevano esser altro che le ali dei cherubini di Dio, - ch’e’ mi sembrava impossibile di levare lo sguardo da quella festa serena e raggiante, per seppellirlo nel sangue.
Menahem mi venne vicino, e mettendo fuori alla finestra la sua testa abbronzata sclamò:
- Ma non vengono dunque? non vengono?
- Quel galuppo di Bar Abbas ha i calli ai piedi, risposi tranquillamente io.
- Gli è che fra un’ora le porte della città saranno chiuse, riprese Menahem.
- Saresti tu invitato a cena da Pilato?
- No, ma restar fuori, sotto l’aria della notte e la rugiada del mattino….
- Raffreddarsi questa notte, quando si deve esser crocifissi domani sera….
- Domani è sabato, rispose Menahem senza scomporsi.
- Dopo dimani dunque.
- Tu credi che la finirà così?
- Diamine! Tutto dipende da voi.
Hannah mi chiamò.
Menahem restò a riflettere, il dosso appoggiato ad un angolo della finestra, la testa alta, lo sguardo perduto nel cielo. Lo additai ad Hannah che crollò le spalle.
Quella pietra pomice non si commoveva per nulla.
Menahem aveva allora l’età mia: non ancora ventitrè anni. Superava la statura ordinaria degli uomini della Siria, solido come la torre Ippiana. Il sole che tramontava, rischiarando la metà del suo viso, dava dei riflessi dorati alla sua pelle abbronzata. Il suo naso leggermente curvo, le labbra rosee e carnose, i denti bianchi come quelli dei carnivori del deserto, la fronte annegata sotto una foresta di capelli neri come quelli di Giuditta, separati in sul cocuzzolo, alla moda dei Galilei, il suo collo alto, rotondo, liscio come una colonna di porfido, tutto indicava in lui il coraggio, la forza, la volontà e l’amore. Io ammiravo quella figura mezza nell’ombra, e mezza immersa nella luce, quello sguardo che scrutava le profondità. Menahem portava una tonaca color vino, legata al fianco con una ciarpa bianca, e da cui usciva una spada ad impugnatura d’oro, più corta di quelle usate dai Romani. Un mantello nero copriva tutta la persona fino alle ginocchia.
- Eh! diss’io alla fine, torcendo gli occhi da lui, al postutto, e’ sarà un pasto reale pei cani della Voragine dei cadaveri.
In quel momento, una voce stridula e dei passi rumorosi si fecero udire alla porta della strada prima, e ben tosto nelle scale e nell’anticamera. Poi la porta s’aprì e Bar Abbas, seguito da Justus, entrò trionfalmente.
- Non è colpa mia, sagan - miagolò egli - non è mia colpa, così Satana mi faccia gran sacerdote! se siamo in ritardo. È una storia graziosa, e ve la racconto come la sta.
Là dove Bar Abbas entrava, entrava il rumore. In ogni sito ove egli si presentava, tutti erano intorno a lui a festeggiarlo. Egli cominciava per far ridere, si finiva col bastonarlo. Le brighe seguivano i suoi passi. Se un giorno non riceveva delle busse, la sera era di un umore da appiccarsi per la tristezza. Per consolarsi, si ubbriacava.
La sua persona andava tutta di traverso. La parte sinistra del suo corpo spingeva avanti ed in alto la diritta: di maniera che i suoi occhi correvano verso le tempie, la bocca verso l’orecchio, il naso, il mento, tutto andava dall’oriente al ponente. Un colpo di cesto di un gladiatore, ricevuto in una rissa, aveva causata questa deviazione sopra la sua faccia. Dei denti, non si parlava più. Una barba grigia, dei capelli grigi, facevano ombra al suo naso rosso, venato d’azzurro, gremito di porri neri e velluto. Era piccolo, membruto e leggermente claudicante.
Bar Abbas aveva servito nelle legioni Romane per vent’anni, a piedi ed a cavallo, poi era ritornato a Gerusalemme, presso sua moglie, la quale, credendolo morto dieci volte, se n’era consolata venti. Nessuno avrebbe potuto dire a che Dio egli credesse, se questo disgraziato pagano non si fosse affrettato di mostrare, dalle sei del mattino alle sei della sera, che adorava Bacco e corteggiava la Dea Stercuzia. Nessuno poi gli aveva mai veduto un mantello o una tonaca che non fossero a pezzi.
Un uomo simile, nato nella Perea, non poteva che arruolarsi fra gli Erodiani e divenire uno dei loro capi.
Entrando, Bar Abbas pestò i piedi nudi di Moab, diede una spinta a Menahem, allungò la mano per staccare la borsa dalla mia cintura, rotolò sul sagan per sedersi presso di lui, e levandosi di un salto immerse il capo nello stomaco di Justus. Aveva già brancolato dovunque, nei capelli di Moab, sul mantello di Menahem, nelle tasche del sagan, sul tavolo per prendere una carta, sopra un armadio per volgere una chiave nella sua toppa. Finalmente sembrò equilibrarsi in mezzo del salone, e dopo aver sbadigliato, com’uomo che ha fame, e fatto scoppiettar la lingua, com’uomo che ha sete - del resto fame e sete aveva perpetuamente - gridò con voce acuta:
- In fede mia, vo’ a raccontarvela. Calza così bene all’affare come un letto a dei sposi novelli.
- Fa d’esser corto, sopratutto, disse il sagan.
- Come sempre, o sagan. Sì, m’ero incontrato con Justus sotto il porticato d’Erode ed ero andato con lui al Tempio per portare, come gli altri, la mia offerta al Signore. Io volevo essere splendido, ed offrire un giovine toro. M’avvicino, nel mercato, ad un mercante idumeo, e gliene domando il prezzo. - Venti sicli (100 lire), mi dice egli. - L’hai dunque rubato, gli rispondo io, per vendere un animale così nobile ad un prezzo così vile? venti sicli? è regalato. - Mi scusi, grida il mercante, venti sicli? ho detto venticinque. - Ah! così va bene, rispondo io, e metto la mano nella tasca della tonaca a diritta. Cerco e ricerco, non avevo i venticinque sicli. - Bene, dice Justus, offri dunque un montone. - È vero, dico a me stesso, un montone l’è proprio un’offerta da re! E mi volgo ad un pastore dei monti di Moab che ne aveva in vendita uno di stupendo. - Che prezzo domandi di questa bestia? - Venti denari, capitano, risponde il montanaro. - Vergogna! un montone che ha delle corna da far morire di rabbia Mosè? che ha la lana soffice come i mustacchi del rettore Simeone? Le bestie sono dunque in abbondanza nel tuo paese eh? - E pongo la mano nella tasca sinistra. Non avevo i venti denari. - Va là, disse Justus, offri un capriolo. - Bravo, dico io, un capriolo è ciò che mi va. Io amo il capriolo: perchè il Signore sarebbe più schifiltoso che non mi sono io, vecchio legionario di Augusto e di Tiberio? - Sbircio in un angolo un uomo di Samaria che aveva un superbo capriolo bianco con delle macchie scure e un muso rosa come una vergine del Tempio, degli occhi teneri e velati da una lagrima. Lo si sarebbe mangiato di baci - cotto in punto, e bagnato d’una rugiada di acqua ed olio con un ramo di rosmarino. Non se ne domanda che tre denari (due lire e mezza). Cavo la borsa dalla cintura: i tre denari non c’erano più. - Senti, dice Justus, un colombo è ciò che ti va bene. Comprane uno e finiamola. - Ma l’è precisamente quello che pensavo io fino da questa mattina, rispondo. Un colombo bianco come le ali d’un cherubino…. Sagan, hanno le ali bianche, i cherubini? Ben devi saperlo, tu. Mi decido dunque pel colombo. Non costa che un mezzo denaro. Guardo, frugo, rifrugo in tutte le mie tasche; poi stendo la mano al mio amico Justus, e gli dico: prestami un mezzo denaro. Ah! se aveste veduto che faccia m’ha fatto! Si sarebbe detto che gli avessi domandato un dente.
- Gli è che, ripetè Justus, te ne ho prestati tanti di sicli, denari e mezzi denari….
- Meglio, dico io, vai a ridomandarmeli mo! Finalmente, gettando un sospiro da rovesciare la torre Mariamna, Justus mi pone in mano la moneta che gli ho chiesta. Volete che ve lo dica? non avevo mangiato nulla fino da jeri, e non avevo bevuto nien...

Indice dei contenuti

  1. MEMORIE DI GIUDA
  2. Ferdinando Petruccelli della Gattina
  3. Memorie di Giuda
  4. MEMORIE DI GIUDA VOL. 1
  5. MEMORIE DI GIUDA VOL. 2
  6. Note