Case study n°1
L’ausiliario e l’interposta persona nelle investigazioni sotto copertura
Premessa.
L’allarme sociale generato dall’escalation di comportamenti illeciti che si perpetrano nei luoghi legati alla quotidianità del vivere sociale, quali: parchi, scuole ed i condomini, hanno accresciuto la sensibilità dei cittadini verso problematiche che, in passato, sono state palesate con manipolazioni mediatiche tendenti a sminuirne il peso e la gravità; cito, al riguardo, come fulgido esempio la distinzione semantica tra criminalità e microcriminalità, oggi decaduta, dove la seconda di queste, proprio perché operata costantemente e verso le persone più deboli della società, passava in secondo piano intendendola un fenomeno relativo ad una zona specifica, che coinvolgeva poche persone vessate da piccoli reati e che quindi poteva essere “metabolizzata” dalla comunità di cittadini che, inermi e abbandonati, hanno cominciato ad interrogarsi sulla fiducia nelle istituzioni chiamate a garantire la sicurezza a livello territoriale. A fronte del mutato sentimento, frutto di un’analisi critica in merito all’operato della dirigenza politica e la conseguenza di questa sull’efficacia delle Forze di Polizia, la percezione di insicurezza ha spinto singoli cittadini, e gruppi di questi, al ricorso ad un’autotutela che ha visto portare all’evidenza, tramite denunce agli enti preposti ed all’opinione pubblica, di situazioni difficili e problematiche che minano i presupposti della società civile, la fruizione dei servizi destinati alla popolazione, la convivenza, l’inclusione e la distribuzione delle risorse. La depenalizzazione di reati specifici ed il ricorso a misure tutelari alternative viene avvertita quale elemento di forza delle organizzazioni criminali che, fruendo di tali opportunità, dimostrano la capacità pervasiva di penetrare nel tessuto sociale occupando aree cittadine e monopolizzando interi complessi abitativi. Queste situazioni si attestano proprio dove le fasce sociali deboli sperano di trovare il necessario punto di “ri-partenza” per un riscatto sociale che, giocoforza, rimane inibito a scapito del progetto di emancipazione che subisce lo stigma. La scelta di metabolizzare i comportamenti border line ha portato alla ghettizzazione di luoghi e persone, inasprendo il dialogo e rendendo vani gli interventi pubblici in quanto, spesso, le risposte sono date con le stesse modalità che hanno contribuito o causato il nascere del problema zonale. La domanda della società civile di attenzione e, possibilmente, di intervento da parte di chi ha la responsabilità, a diverso titolo, di svolgere un contrasto al degrado ha avuto come risposta un’attenzione da parte delle Forze di Polizia, in quanto designati interlocutori e preparati referenti qualificati sul campo, che hanno messo a disposizione numeri telefonici dedicati, pagine web ed App idonee a facilitare il rapporto cittadino-istituzione che sancisce biunivocamente un’alleanza che si presta a peculiarità sintomatiche necessitanti di opportune considerazioni. Lo strumento comunicativo necessita di opportune regole che consentano lo sviluppo di un dialogo proficuo e soprattutto specifico, mirato all’oggetto della comunicazione e scevro da elucubrazioni a ”tutto campo”; il rischio di segnalare situazioni critiche affastellando introspezioni criminologiche risulta essere il vero punto debole di uno strumento nato per funzioni di complemento all’operato delle Forze dell’Ordine, le ricadute sulla mancata adesione alle indicazioni suggerite diventano, di conseguenza, elemento di frizione per i cittadini che si sentono sottovalutati. L’esigenza di considerare la forte connotazione psico-sociale del canale comunicativo rappresenta componente vincente di questa collaborazione dimostratasi vincente e antagonista al disagio ed alla percezione dell’insicurezza. L’approccio sensibile nei confronti dei soggetti che comunicano situazioni problematiche e/o reati, necessita di una sensibilità che non deve essere limitata al personale formato dei contact center e degli Uffici Relazione con il Pubblico, necessita che sia fondamento deontologico della professionalità degli agenti e degli operatori incaricati di un rapporto con il cittadino che risulta a conoscenza dei suoi diritti, si informa e conosce le funzioni delegate a chi si occupa di Pubblica Sicurezza. Asseverare che lo scambio positivo di opinioni ed informazioni risulti funzionale a consolidare il sodalizio della legalità basato appunto sull’attenta gestione della sicurezza urbana, risulta essere un asintotico anelito comune, ma l’obiettivo di questa monografia si volge all’approfondimento di una specifica tipologia di approccio conoscitivo di situazioni critiche o scenari del crimine dove la tecnica di investigazione risulti necessitante di indagini che coinvolgono persone “sotto copertura”. Opportuna premessa viene menzionata in quanto è possibile l’impiego di persone che, pur non essendo strutturate in corpi di Polizia, svolgono ruoli attivi in merito alla prevenzione del crimine, del disagio sociale e delle violenze di genere, cooptati con precise regole d’ingaggio secondo accordi basati sulla definizione dei ruoli, della sicurezza. I comuni riscontri attinenti le ripercussioni sullo specifico operato, uniti alle peculiarità legislativo-metodologiche adottate, consentiranno di migliorare il rapporto di collaborazione tra cittadini e Forze dell’Ordine in merito alla prevenzione dei reati e delle violenze intra ed extra familiari.
Le operazioni sotto copertura, art. 9, Legge 16 marzo 2006 n. 146
La possibilità di conoscere quanto avviene in uno specifico ambito criminale, può richiedere la presenza di persone che...