Le società degli animali (Illustrato)
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Le società degli animali (Illustrato)

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"Una volta la morale si imparava dalle fiabe, in cui gli animali diventavano personaggi da romanzo, anzi da favola. Ma appunto perchè quei personaggi erano fantastici, la morale aveva poca efficacia, e meno ancora ne guadagnava la conoscenza delle cose.
Quanto più morali e quanto più utili sono certi libri di scienza, che non espongono fatti favolosi, ma veri e in forma popolare, e che, mentre aumentano di molto le nostre cognizioni, ci possono instradare a una vera morale, e a una morale moderna, come quella che ispira il collettivismo.
Tale è l'opera che ho sotto gli occhi: le Società degli animali – del Canestrini, che degno figlio o nipote che sia del grande zoologo trentino, ci ha qui regalato un libro attraentissimo, che vorrei chiamare l'Esopo moderno.
Quanto deve spingere tutti alla cooperazione il vedere che nella natura la più gran parte degli esseri, dai minimi ai massimi si associano tra loro; ed esseri gracilissimi, acquistano una potenza straordinaria.
Così un animaluccio come la termite, giunge a far crollare intere città, e viceversa può edificare dei palazzi alti dieci metri, capaci di resistere alle inondazioni, alle pioggie più torrenziali...".

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788831639507
Categoria
Biologia

CAPITOLO VI.
Repubbliche di formiche.

Nei formicai. – Abitazioni aeree. – Censimento dei nidi. – Uno stato democratico. – Le nozze. – Come si riconoscono le formiche. – Formiche ubbriache. – Collettivismo d’offesa e di difesa. – Guerre e battaglie. – La formica ladra.
Il più meraviglioso atomo di materia del mondo, ha scritto Darwin, è il cervello della formica, e Forel, il celebre mirmecologo, paragona la formica rispetto agli altri insetti, all’uomo in confronto agli altri mammiferi; ed io credo che ben pochi sono gli animali i quali ci offrano sì grande varietà di studi e sì ricca messe d’osservazioni quanto le formiche.
E nei prati e nei boschi, sulle verdi zolle e sotterra, di sotto alle fronde dei larici scapitozzati od entro i tronchi già minati, tra i brulli sassi delle alte montagne o sulle sabbie infuocate, dovunque si possono osservare questi piccoli animaletti affannarsi di qua e di là, unendo le loro forze in questo meraviglioso saggio di collettivismo animale. Son più di mille e duecento specie, che dai fiordi della Norvegia si estendono fino agli estremi lembi delle praterie patagoni, dai paesi del Ghiaccio alla Terra del Fuoco, in una meravigliosa varietà di dimore e di costumi, in tutta la gamma dei colori, dal nero al rosso e dal giallo al grigio, dalle forme le più bizzarre e dalle dimensioni le più varie.
Finora sono state descritte non meno di cinquemila diverse specie di formiche.
La massima parte di tali società è costituita da un esercito numeroso di operaie, alle quali incombe la tutela del nido e il sostentamento della giovine prole. Queste sono da considerarsi quali femmine abortite, senza ali, fornite, ad eccezione di qualche famiglia, di una glandola velenifera contenente una secrezione d’acido formico, e dalla quale proviene quell’odore caratteristico proprio di quasi tutte le formiche; questo viene immesso nella ferita prodotta col mezzo di un aculeo speciale, oppure delle mandibole.
È impossibile farsi un’idea esatta della versatilità a cui servono queste mandibole o più precisamente il margine seghettato delle stesse; esso è, all’occorrenza, zappa e vanga, scalpello e cazzuola, e, nell’istesso tempo, una tenera mano colla quale esse afferrano, senza menomamente ledere la giovine prole, portandola di qua e di là; in breve le mandibole costituiscono uno strumento indispensabile, e adattato in modo meraviglioso alla straordinaria operosità delle formiche. Presso alcune specie, si dànno delle operaie dalla testa più grossa e colle mandibole oltremodo sviluppate; a queste viene dato il nome di soldati. I maschi e le femmine, che si trovano nel nido in numero assai limitato, si distinguono dalle operaie per la mole di solito maggiore e per essere provvisti d’ali.
Prima di prendere in esame le loro istituzioni sociali, vediamo di farci un’idea un po’ esatta delle loro multiformi abitazioni.
Ai nidi più semplici appartengono quelli costruiti sotterra, scavati nel suolo, e che mettono alla superficie per mezzo di una piccola apertura, di solito coperta da un sasso, o forniti di un rialzo di terra smossa con diverse entrate, come pur quelli stabiliti fra le fessure delle rocce o delle muraglie. Tra le specie che erigono all’aperto dei cumuli rilevanti di terreno troviamo la formica rossa, le cui abitazioni possono raggiungere fin due metri di diametro e uno di altezza. Queste piccole colline sono coperte da minuzzoli di legno e dalle foglie aghiformi delle conifere; mentre l’interno è tutto un labirinto di gallerie, con camere e corridoi che si prolungano per largo tratto sotto terra (fig. 15).
Ogni tanto si trovano delle piccole aperture, per mezzo delle quali le formiche comunicano coll’esterno. Di notte le operaie chiudono le porte di queste cittadelle, accumulando dei detriti vegetali, per riaprirle in sul mattino. Quando il tempo è nuvoloso, le aperture vengono schiuse soltanto a metà, pronte a richiuderle se cade la pioggia; nei giorni piovosi non le aprono affatto.
Vi sono ancora delle formiche (Lasius niger) che non si contentano di costrurre delle semplici camere e gallerie nel terreno, ma tappezzano le pareti e le volte mediante terra impastata con una sostanza viscida da esse segregata, dando a queste costruzioni una consistenza pari a quella del cemento.
Fig. 15. – Formicaio della Formica pratensis nella foresta di Vallombrosa (Fotografia del Prof. Cecconi).
Di un’altra categoria non meno interessante fan parte i nidi costrutti nel legno necrosato, e in modo vario, a seconda delle diverse specie di queste formiche falegnami. Tra queste occupa il primo posto il gen. Camponotus. Il dott. Cobelli, che osservò delle operaie di Camponotus pubescens, intente a costruire un nido nell’interno d’un salice, narra come da un foro dell’albero, all’altezza di circa trenta centimetri, si presentasse ogni momento sull’orlo una formica con un briciolo di legno tra le mandibole, che lasciava cadere ai piedi dell’albero. A lor volta, questi tritumi venivano raccolti alla base dello stesso da altre formiche, le quali li trasportavano e li disseminavano sul suolo fino alla distanza di circa cinquanta centimetri dall’albero. L’atto del disseminare i residui dello scavo, aveva senza dubbio lo scopo di dissimulare o rendere meno appariscente la presenza del nido.
Dallo stesso osservatore è stato ancora descritto il nido di una specie non meno interessante (Leptothorax tuberum), che si stabilisce nei rami secchi del rovo. In uno di questi era scavato un canale, in gran parte nel midollo, e in fondo al tubo della lunghezza di quindici centimetri si trovavano raggruppate alcune formiche; l’estremità recisa di questo ramo era otturata da un turacciolo di terra con un sottil foro nel mezzo, quale porta di entrata e di uscita.
Un’altra specie (Colobopsis truncata) costruisce delle numerose gallerie nel legno duro. Questi nidi si aprono per un foro assai piccolo, che è sempre chiuso dalla testa di una formica che funge da sentinella. La testa di questa, che ha la forma e la funzione di un turacciolo, è a tal uopo assai allargata e le antenne stanno all’indietro, di modo che risulta evidente tale conformazione non essere altro che un adattamento di questa funzione tutt’affatto speciale. Questa non permette l’accesso nell’interno altro che alle sue compagne.
Assai comuni sono ancora nei boschi quelle formiche che si installano nelle ceppaie degli alberi, convertendone in breve tempo la parte superiore in un labirinto inestricabile di gallerie, disposte però in un certo ordine, talora a giri concentrici nella stessa guisa degli anelli del legno. Dei veri nidi in miniatura son quelli abitati da una specie di formica propria dell’Europa settentrionale (Formicoxenus), che per la loro forma somigliano a quelli di un uccello, quantunque di dimensioni assai ridotte, non oltrepassando la grandezza di un guscio di noce.
I rivestimenti vuoti delle crisalidi delle cetonie, un coleottero che nei suoi stadî giovanili vive assai di spesso nei pressi dei formicai, semplificano in molti casi a queste formiche la costruzione del nido.
Oltremodo varie e originali, nell’istesso modo dei paesi da loro abitati, sono le abitazioni delle formiche esotiche, delle quali Forel ci dà una bellissima descrizione. A queste appartengono i nidi aerei dei generi Cremastogaster e Dolichoderus, i quali constano di una sostanza simile al cartone e stanno attaccati ai rami degli alberi. La materia di cui questi nidi son fabbricati è molto tenace, e flessibile al pari di quella delle vespe (fig. 16).
Le formiche preparano queste sostanze impastando le fibre del legno con una specie di colla, che secernono da una glandola, situata nella mandibola superiore.
Fig. 16. – Nido di cartone del Dolichoderus bituberculatus, proveniente da Manila; 1/3 del vero; una parte dell’involucro è stato asportato per mostrare l’interno (Dal Forel).
La forma di questi nidi di cartone è oltremodo varia, alle volte pendono dai rami degli alberi, simili a grandi stalattiti di più di due metri di lunghezza.
Una di queste specie che vive nella Guatemala costruisce delle vere gallerie di cartone lungo i tronchi degli alberi.
Dall’isola di Ceylon, Forel ricevette un nido della forma di un uovo (fig. 17), ma più piccolo e costruito sur una foglia. È composto di una sostanza simile al cartone assai fragile, tenuto insieme da una specie di cemento.
Fig. 17. – Nido di una formica di Ceylon (Polyrhachis), sotto una foglia.
L’Oecophylla smaragdina dell’Asia e dell’Africa tropicale è il vero rappresentante delle formiche filatrici. I loro nidi sono formati di un gran numero di foglie unite mediante un filo finissimo. Queste vengono tenute insieme agli orli, e quando il nido ha raggiunto una discreta dimensione, vien reso impermeabile a mezzo di un tessuto più compatto, del quale vien tutt’all’intorno circondato. Nel suo interno è diviso in camere e passaggi (fig. 18).
Fig. 18. – Nido di foglie attaccate insieme con seta della formica ecofilla (Dal Doflein).
le spole da tessere. Le foglie usate a quest’uopo vengono da prima girate e tenute ferme nella posizione voluta dalle operaie per mezzo delle loro mandibole (fig. 19).
Fig. 20. – Le formiche allineate all’esterno del formicaio si sforzano di avvicinare un lembo di foglia ad un altro, mentre altre corrono dall’interno con larve filanti (Dal Doflein).
Fig. 19. – Formica ecofilla che porta una larva e la fa filare; ingrandimento circa tre volte (Dal Doflein).
operaie, ognuna delle quali tiene stretta fra le mandibole una larva che viene portata da un orlo all’altro della foglia opposta (fig. 20). Nel punto dove la larva tocca colla bocca la foglia appare un sottile filo sericeo che aderisce alla foglia. Questo procedimento viene continuato sino a che gli orli delle foglie vengono tenuti uniti da un tessuto abbondante e resistente, formato da innumerevoli fili sottili che s’incrociano in tutte le direzioni.
Le prime notizie che giunsero in Europa su questo originale modo di comportarsi delle ecofille lasciarono la maggior parte dei mirmecologi increduli, pur essendo essi avvezzi ai più curiosi costumi di questo popolo minimo. Che le formiche potessero servirsi delle proprie larve, nella stessa guisa di un istrumento, poteva sembrare un’idea troppo temeraria. Numerose osservazioni, fatte da molti naturalisti in questi ultimi anni, hanno confermato e completato le prime supposizioni. Bugnion potè descrivere la maniera originale colla quale le prime operaie avvicinano gli orli di due foglie relativamente distanti l’una dall’altra. A tal uopo formano delle catene viventi, un’operaia afferra colle mandibole la vita della sua vicina e così di seguito, penzolando nel vuoto riescono ad afferrare l’orlo opposto. Furon viste usare di questo metodo anche quando occorre riparare un nido danneggiato.
Un’altra forma di formica filatrice ci è data dalla Polyrhachis spinigera delle Indie, i cui nidi sotterranei constano d’una camera spaziosa che comunica colla superficie per mezzo di un condotto perpendicolare. Le pareti di questa dimora sono tappezzate da un tessuto finissimo simile a una garza di seta.
Una formica della Guatemala (Camponotus atriceps) vive nello sterco del bestiame, e Sykes ha descritto una specie di Myrmica della Guaiana, il cui nido consta di finissimi foglietti della stessa sostanza, ordinati a mo’ degli embrici di un tetto. Nell’India vive inoltre una specie piccolissima di formica che abita nel parenchima delle foglie, fra le due superfici della lamina. Altre dimore vengono fornite dagli steli, dai tuberi e dalle radici delle piante. In breve, niente è sfuggito alla sagace previdenza di questi minimi artefici, che han saputo costruire delle abitazioni meravigliose, da quelle impenetrabili sprofondate nel terreno a quelle penzolanti da robusti rami, tutte al sicuro dalle insidie nemiche, e con tutte le comodità possibili nella più o meno vasta estensione dei loro dominii.
La mite temperatura nell’interno dei formicai è prodotta talora da sostanze vegetali in putrefazione, riparate da straterelli di tritumi di legno che stanno al disopra, e che difendono l’interno dai r...

Indice dei contenuti

  1. LE Società degli Animali
  2. PREFAZIONE DI CESARE LOMBROSO
  3. LE Società degli Animali
  4. INTRODUZIONE
  5. CAPITOLO I. Sviluppo e costituzione delle società animali.
  6. CAPITOLO II. Associazioni embrionali.
  7. CAPITOLO III. I Bombi.
  8. CAPITOLO IV. Nelle Società delle Vespe.
  9. CAPITOLO V. Tra gli abitanti di un alveare.
  10. CAPITOLO VI. Repubbliche di formiche.
  11. CAPITOLO VII. Arti e mestieri nelle formiche.
  12. CAPITOLO VIII. Nel regno delle Termiti.
  13. CAPITOLO IX. Le associazioni degli uccelli.
  14. CAPITOLO X. Le città dei pennuti.
  15. CAPITOLO XI. Il sentimento sociale dei mammiferi.
  16. CAPITOLO XII. Le metropoli dei mammiferi.
  17. Pubblicazioni più importanti citate in questo volume
  18. INDICE ALFABETICO DEGLI ANIMALI NOMINATI IN QUESTO VOLUME