La rivoluzione in casa
eBook - ePub

La rivoluzione in casa

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

La rivoluzione in casa

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro

Luigia Codemo, o Luigia Codemo di Gerstenbrandt (Treviso, 5 settembre 1828 – Venezia, 3 agosto 1898), è stata una scrittrice e romanziera italiana autrice di racconti, romanzi, poesie e testi teatrali di ambiente contadino e spesso a sfondo patriottico.
È tra le scrittrici basilari della storia della letteratura italiana dell'Ottocento; è quindi censita in "Le autrici della letteratura italiana".
Nacque in una famiglia di intellettuali: il padre Michelangelo era insegnante di lettere, la madre Cornelia Sale vedova Mocenigo, poetessa e traduttrice. Fece frequenti viaggi in Italia e all'estero, studiò pittura a Firenze ed ebbe occasione di conoscere e frequentare alcuni fra i più importanti letterati del XIX secolo quali Manzoni, Tommaseo e Giusti. Nel 1851 si trasferì a Venezia dove sposò Carlo di Gerstenbrandt.
Pubblicò il suo primo romanzo, "Le memorie d'un contadino", nel 1856; l'opera, che narrava le vicende di un giovane contadino che si trasferiva a Venezia, riscosse consensi ed elogi soprattutto per la descrizione delle scene domestiche e per l'evidente adesione dell'autrice ai movimenti di indipendenza italiana. Il linguaggio, mutuato dal Manzoni, appare poco curato; l'autrice tuttavia costruiva personaggi, soprattutto personaggi femminili, dal carattere netto e ben definito.
La Codemo si cimentò anche in testi teatrali: I due Barisani, ossia fa quel che vuol la terra (1882), L'ultima Delmosti, Un processo in famiglia (1868), Loda la rosa tieni la viola, Letterati e perpetue, La biscia becca il ciarlatano.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a La rivoluzione in casa di Luigia Codemo in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Classici. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788831641876
Argomento
Letteratura
Categoria
Classici
PARTE SECONDA
Tu lascierai ogni cosa diletta.
DANTE
Di Alessandro a Fiorenza.
Lugano, ottobre 1848
Col nome del cielo! ho finalmente ricevute tue lettere: ho finalmente avute vostre notizie! Mia Fiorenza, puoi tu immaginarti per un povero esule al quale se non è manifestamente vietato il ritorno in patria, riesce almeno cosí difficile ch’è quasi impossibile, puoi tu immaginarti quale affanno sia il non ricever lettere?… il non saper nulla?… il silenzio di morte e la tema, che dico? il terrore di romperlo?… Esser là, domandare, attendere una risposta. Questa risposta può sonare così, “tuo figlio l’hai perduto: la tua Fiorenza… tuo padre…” ah!… sebben barbaro, è padre!
Ti accerto che nei giorni scorsi qua in riva al lago, voltando la testa a settentrione, credevo di sentirmi a precipitare addosso le Alpi, silenziosi colossi, che ci soprastanno, e nell’istesso tempo io provava un desiderio di slanciarmi nell’acqua, e soffocare in quelle onde dolcissime la mia vita… i miei dolori. Si, perdonami! s’ha da star molto bene cullati dalla morte nei profondi gorghi di un lago: s’immagina la felicità e l’obblío: la cessazione del proprio pensiero. Orribile cosa. Oh! ma quanto più orribile il desiderarla.
Tu stupirai, Fiorenza, di udire tali parole disperate da me, sempre fidente in queste grandi altalene politiche; da me, che vedesti ridere in faccia al pericolo, in preda alle persecuzioni; da me che ho conservata la piú robusta fede, in mezzo a tante traversie, fin allora, che trafitto da uno spasimo senza nome, io ti scrissi quelle poche righe, sopra una pagina lacerata del mio album. Vedevo in quel momento un oggetto di dolore e di orrore; vedevo gli Ulani austriaci pronti a scortare i profughi, e il loro mantello bianco pareva il lenzuolo funebre della patria appena e male risorta. Però era naturale. Naturale che i barbari addentassero di nuovo la preda fuggita per miracolo e vi si riattaccassero coll’istinto della belva stupida, per rimanervi fino a che non venga uccisa là, sopra la sua stessa vittima. Anco il mio dolore diveniva naturale; era il processo regolare di un male che, pel momento, in luogo di guarire si esacerbava, e nel mio acuto spasimo vi avea un sentimento di dignità, un’amara soddisfazione, la coscienza dell’infallibilità d’una causa grande anche fra le tenebre di momentanea eclissi. Ora in vece sai tu cosa ho veduto?… cosa ho sul core? ci ho l’ingratitudine degli uomini, la sconoscenza crudele degli Italiani verso colui che arrischiò tutto: il suo trono, la sua armata, la vita dei suoi figliuoli… Io (sensazione incancellabile) ho udite grida nefande, vociferazioni scandalose; giunse al mio orecchio inorridito lo scoppio di colpi assassini, che miravano al petto di colui col quale Italia palpitò di speranza, e volevano recidere la mano che, prima fra tutte, dopo mille anni di codardia, alzò la spada d’una nazione perduta! Ah! non vorrei esser profeta, ma ricòrdati le mie parole: se non si rialza con una splendida vittoria, il re morirà di crepacuore, siine certa; no, non si può piú vivere dopo Custoza e Milano!… Ma allora cosa sarà di noi?…
Non resta che Mazzini, e l’Italia non lo vuole, che che ne dicano i republicani, e primo fra tutti Daniele. È l’unica volta in cui mi sono bisticciato con esso… figúrati, ci gongolava per l’orribile condotta della plebe di Milano, per gli attentati dei corpi franchi e le violenze fatte davanti a casa Greppi. – Questo sarà il trionfo dei Mazziniani, – esclamò egli, – e quello d’Italia… e quello dei Tedeschi, – lo interruppi furente, – no, forse?… domanda ai Mantovani quali giornali penetravano in Mantova durante la guerra… dove a comandante vi era un di quei musi, che a chi ci domandò le chiavi della fortezza rispose: – prima salteremo tutti in aria, e dopo le chiavi se le prenderanno a loro agio. – Ebbene Gorzkowsky lasciava entrare in Mantova i soli giornali rossi: segno che voi altri siete i veri alleati dell’Austria: a momenti sentirai a dire, in seguito allo spauracchio delle giornate di giugno a Parigi – piuttosto che repubblica rossa, gli Austriaci. – Sarà la parola d’ordine, il gancio, a cui s’attaccherà ogni uomo che, non avendo coraggio di chiamarsi austriaco, ci si terrà stretto a conforto dell’Austria. – Daniele sostiene che il male dipende dalla sconfitta del popolo nelle giornate di giugno, e, con qualche Francese della sua stessa opinione, maledice a Cavaignac perché a mitraillé le peuple… e perché i popoli essendo solidali… perché… perché… perché…
Quanta politica, mia Fiorenza, che arida messe da questo scribacchiamento, da questo resoconto d’impertinenze, ma te lo volli riferire, affinché tu veda che io non sono poi tanto ligio alle opinioni del tuo nemico quanto credi, e non subisco l’ascendente delle sue estreme idee. Con tutto ciò non lo disprezzo mica, sai; posso odiarlo, mai disprezzarlo. Ah! non si disprezza la virtú; se tu vedessi com’è vestito!… o puoi credere, che con quelle care ghiacciaje vicine, si comincia a battere i denti: puoi credere che vitto sarà il suo… analogo a quell’abbigliamento, a quel soprabito lindo e trasparente. Pochi quattrini ha di certo: so ne guadagna, scrivendo qualche carta, traducendo dalle lingue straniere i giornali, facendo qualche piccolo negozio per gli emigrati: e non occorre ch’io ti dica che paghe siano, perché la famiglia degli esuli è generalmente miserissima…
Per queste ragioni, ch’io esprimo, devo considerarlo con rispetto quest’uomo severo, quest’anima di Catone. Ma sai tu che per costringerlo a ricevere un’inezia, un obolo, tanto da tenergli lontano in un tal giorno lo sfratto dall’albergo, ebbi d’uopo di minacciare d’adirarmi con lui, e sul serio? Se egli cerca la verità in un campo diverso dal mio, ho forse il diritto di mancargli di rispetto, quando la risultante finale delle nostre ricerche termina a un unico scopo, la redenzione d’Italia?
Oggi eravamo sulla spiaggia del lago, e come il solito si disputava sulla eterna, cara, dolorosa questione che ci tien sospesi fra la gloria e l’abisso.
Intanto si camminava lungo la strada maestra, per dove passano i viaggiatori, che d’Italia vanno in Francia o in Svizzera. Ed ecco un trin trin di cavalli, un romor di rote pesanti: ci volgiamo e vediamo arrestarsi in sul piazzale due grandi carrozzoni, ognuno a tiro quattro; dalle livree, benché in piccola uniforme, si capivano signoroni, e dall’accento lombardi. Dico all’accento, perché appena fermi, un servitore balzò dal seggio di dietro, e corse a chiamare una signora, avvisata senza dubbio, perché subito comparve. Vestita con eleganza e semplicità principesca e col velo alla lombarda sul capo, l’accompagnava un bel giovane dalla barba nera, morbida, dal cappello a larga tesa: un emigrato senza dubbio, ma che dalla pelle fina, dal fare, dai guanti, si vede appartenere al fior di latte dell’aristocrazia. Si scambiarono con una sobrietà ed eleganza di modi, che rivelava l’alta origine, parole vivaci d’addio e di appuntamento a Parigi, e fu facile intendere la loro condizione di emigrati milanesi. Con un salto il servitore montò sul seggio: in mezzo allo schioccare delle fruste, fra nembi di polvere, le due carrozzone partirono e, nascoste dai fianchi delle rupi, intorno a cui gira la strada, in men che non si dice, le perdemmo di vista.
– Guarda, – esclamai io volto a Daniele, – guarda nella rivoluzione italiana chi c’entra… eh?… che ti pare, i nabab lombardi, i gioielli dell’aristocrazia europea, gli Epuloni, i Sardanapali cui dovrebbe esser unicamente caro “il muggito dei buoi” con quel che segue, li vedi… in esiglio!
– Ah! – interruppe Daniele, con la sua selvaggia e contenuta energia, a cui si mescolava questa volta una derisione cosí amara da parer feroce. – Ah! va bene!… in esiglio, poverini!… guarda ch’essi mi fan compassione. Lasciano il palazzo di Milano per andare all’Hôtel a Parigi: per passare la notte alle feste da ballo, il giorno in ricevimento, visite e simili cerimonie; il palazzo di Milano sarà chiuso, e ai forestieri, che lo visiteranno, si racconterà con sentimentalismo: – la signora duchessa, o la signora principessa, o i signori marchesi sono esuli: – ossia tronfi e superbi si fanno trascinare in una magnifica carrozza lungo i baluardi di Parigi; in vece che pel corso di Porta orientale: le donne schiacciando, con la superbia goffa d’una nobiltà senza gloria, qualunque povera donna, anco se italiana di nascita e di cuore com’esse, pronte anzi a disconoscerla, a voltarle le spalle appena siano alla presenza dei loro illustri compagni. Cosí, per trovarsi il meno possibile col popolo, discenderanno, come dee, dalla predella d’un cocchio magnifico a Notre Dame o a S. Rocco invece che al Duomo. Ecco il martirio! I signori s’ingolferanno nelle voluttà di Parigi invece che in quelle di Milano, guadagnandoci moltissimo… Ecco la gran disgrazia! intanto i contadini che sudino ad arare le terre lombarde, e il frutto raccolto lo mandino a Parigi, e dissanguino il nostro povero paese a pro della Babilonia…
– Oh! sta pur tranquillo, – io l’interruppi, – ci capiterà caritatevolmente un sequestro.
– In questo caso la carità verrà giusto dai Tedeschi, – riprese, – ma sempre tardiva… Io, – disse abbandonandosi ad un odio quale non l’ho mai visto, e la cui piena gli sfuggiva, quasi suo malgrado, – io odio quella gente!… quei privilegi, – e qui stese una mano nella direzione per dove era partito il convoglio dei nobiloni Lombardi, – odio questi illustrissimi dalle spagnolate ridicole: come odio tutti gli aristocratici, e vorrei farli scomparire dal mondo, essi, i loro privilegi, il loro lusso – e qui ti fo grazia di quanto uscí dalla sua bocca… Egli gridò contro tutto ciò che crede immorale – musiche, pitture, teatri… – Anco le arti? – esclamai… – ed egli – anco le arti! – e vorrei far recidere il capo a tutte le statue, perché sono ordinazioni di re la piú parte, e attestano il pecorile servilismo di tanti secoli…
– Mi pare che tu dimentichi, – io dissi, – la causa nazionale.
– Che causa nazionale?… la è tutta una causa… deve essere una sola, – irruppe Daniele, – la causa del popolo, la causa dei sofferenti portata davanti al cospetto delle leggi vendicatrici contro i superbi, che conculcano chi non ha le loro ricchezze, male scompartite: cosa pretendi tu di fare, immiserito nella tua causa nazionale, che tocca l’intelletto di pochi letterati?… una causa in cui tutti i popoli siano solidali ci vuole: a Vienna bisogna guardare adesso… là dove si combatte per un’idea sociale… là in quelle barricate dove i proletari… – Qui non mi potei trattenere dall’interromperlo con una sonora risata.
– Come non si sapesse che gente è quella, oggi si battono, domani balleranno il waltz coi loro nemici. Carne piena di linfa, che ha bisogno di moversi per evitare gl’ingorghi, oh! va… aspettati la nostra liberazione dalla plebe di Vienna!
– Va bene! – riprese Daniele, – tu vuoi sperare da tutti, fuori che dai popoli; la finirà, se riesce il tuo sistema, che invece d’esser tedeschi si diverrà francesi.
– Almeno quella è repubblica, – esclamai volgendo la cosa in ridere – e lui – grazie, di quella repubblica sotto stato d’assedio.
– Oh! sai cosa, – gridai stanco di quel diverbio, – capisco che siamo divisi, – andate là, stolti, che l’Austria vi avrebbe ad innalzare una statua – per poi gettarvela addosso e schiacciarvi – continuò Rocco, – che ci aveva poco prima raggiunti.
– Da quale antro sei uscito, demonio, da qual bolgia d’inferno, che non sai che soffiare la disunione e il malanno?… – vociferai alla fine – dopo di che irritatissimo io mi ritirai e stetti nella camera del mio albergo senza piú voler vedere nessuno, ché già tutti questi rifugiati hanno pel dolore smarrito il senno, e non odo che spropositi e bestemmie!
Altra dello stesso alla stessa.
Siamo divisi!… pur troppo, mia Fiorenza; ecco il nostro difetto. Municipalismo… municipalismo! Quel generoso, che insieme con Tommaseo regge i destini d...

Indice dei contenuti

  1. LA RIVOLUZIONE IN CASA
  2. Luigia Codemo
  3. LA RIVOLUZIONE IN CASA
  4. PARTE PRIMA
  5. CAPITOLO I LA POLITICA IN ORTO
  6. CAPITOLO II FIORENZA E TERESA
  7. CAPITOLO III CHI PIANGE E CHI RIDE
  8. CAPITOLO IV IL PRINCIPE EUGENIO
  9. CAPITOLO V LA MADONNA DEL SOCCORSO
  10. CAPITOLO VI DOVE SI CONTINUA L’AVVENTURA DEL FORNAJO
  11. CAPITOLO VII INTERVENTO ARMATO
  12. CAPITOLO VIII LA POLITICA IN CAMPO
  13. CAPITOLO IX GL’INGANNI DEL CUORE
  14. CAPITOLO X UN CANE INDOVINO E LA BETTA CAPORALE
  15. CAPITOLO XI LA CENA
  16. CAPITOLO XII POLITICA IN CUCINA
  17. CAPITOLO XIII IL CIELO S’OSCURA
  18. CAPITOLO XIV IL NEMBO SCOPPIA
  19. CAPITOLO XV UNA TENEBROSA OPERAZIONE
  20. CAPITOLO XVI LA GUERRA IN CASA
  21. CAPITOLO XVII UN RAGGIO DI SOLE FRA LE MISERIE
  22. CAPITOLO XVIII LE ULTIME SCENE DEL PRIMO ATTO
  23. PARTE SECONDA
  24. PARTE TERZA
  25. CAPITOLO I IL RITORNO
  26. CAPITOLO II UN PASSO INDIETRO
  27. CAPITOLO III UNA SCENA VOLGARE
  28. CAPITOLO IV GUIDO E FIORENZA
  29. CAPITOLO V DOPO L’ASSENZA
  30. CAPITOLO VI ALESSANDRO E FIORENZA
  31. CAPITOLO VII GUIDO E ALESSANDRO
  32. CAPITOLO VIII SCAMBIO DI LETTERE
  33. CAPITOLO IX LA BATTAGLIA DI NOVARA
  34. CAPITOLO X LE CONSEGUENZE DOMESTICHE D’UN LUTTO PUBBLICO
  35. CAPITOLO XI IL MESSAGGIO
  36. CAPITOLO XII UNA MISTERIOSA AVVENTURA
  37. CAPITOLO XIII IL CASTELLO DEI DESERTI
  38. CAPITOLO XIV SI TORNA AL MONDO
  39. CAPITOLO XV LA PROMESSA
  40. CAPITOLO XVI CONFIDENZE
  41. CAPITOLO XVII ALESSANDRO E DANIELE
  42. CAPITOLO XVIII L’IMPROVVISATA
  43. CAPITOLO XIX L’OASI
  44. CAPITOLO XX LE VISITE
  45. CAPITOLO XXI L’ARRESTO
  46. CAPITOLO XXII CALVARIO
  47. CAPITOLO XXIII LA SENTENZA
  48. I CONCLUSIONE2
  49. II IL CONGEDO
  50. Note