Quaderno Anchise n.5 Parlare e comunicare  con gli anziani smemorati
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Quaderno Anchise n.5 Parlare e comunicare con gli anziani smemorati

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Quaderno Anchise n.5 Parlare e comunicare con gli anziani smemorati

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Informazioni sul libro

Il primo scopo dell'Approccio Capacitante consiste nel tener viva la parola degli anziani smemorati e disorientati anche quando le parole sono malate, perdono la loro funzione comunicativa e tendono a scomparire. In questo Quaderno Anchise n. 5 chi si occupa degli operatori delle Case per anziani troverà contenuti ed esempi utili per realizzare corsi di formazione. Gli operatori, da parte loro, impareranno a riconoscere se stessi e gli anziani smemorati come persone in grado di parlare e di comunicare.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9788831614269

Capitolo 1: La dissociazione tra parlare e comunicare

 
 
 
 
Nella nostra vita quotidiana siamo abituati a considerare il parlare e il comunicare come un tutt’uno: quando parliamo comunichiamo quello che vogliamo comunicare con le nostre parole e l’interlocutore ci capisce; quando vogliamo comunicare qualcosa lo diciamo con le parole.
Sappiamo anche che la comunicazione non è solo verbale ma si avvale anche del linguaggio non verbale (mimica, gesti, comportamenti) e paraverbale (il tono della voce), ma solitamente la nostra attenzione consapevole è rivolta principalmente al linguaggio verbale, alle parole e al loro significato.
Il parlare e il comunicare tendono a sovrapporsi tanto da indurre a pensare, erroneamente, che parlare e comunicare possano sempre identificarsi l’un l’altro.
In realtà la questione è più complessa e lo si osserva chiaramente quando parliamo con una persona con demenza.
Qui di seguito si trovano alcuni appunti su temi già trattati in altre sedi che possono servire di guida per i formatori.

1.1.Le funzioni del linguaggio verbale

 
 
Distinguiamo tre funzioni:
 
La funzione comunicativa, che è la più evidente, quella a cui solitamente si pensa quando si chiede di rispondere alla domanda: a che cosa serve parlare? Serve a trasmettere un messaggio veicolato dal significato delle parole.
 
La funzione relazionale, che si rende evidente se riflettiamo sul fatto che quando parliamo a un’altra persona non solo comunichiamo in base al significato delle parole, ma nello stesso tempo costruiamo una relazione, suscitiamo emozioni, appaghiamo il bisogno di relazionarci, condividere, stare insieme.
 
La funzione conversazionale, già messa a fuoco dal Conversazionalismo di G. Lai, è quella a cui solitamente non si pensa ma che assume grande valore soprattutto quando si parla con una persona con gravi deficit cognitivi e disturbi del linguaggio. Quando un conversante termina il suo dire e tace, che cosa succede? L’interlocutore, dopo una latenza più o meno lunga, prende a sua volta la parola. La funzione conversazionale della parola è alla base di una delle leggi fondamentali della linguistica: l’alternanza dei turni verbali. In altri termini possiamo dire che parola chiama parola, che il parlare dell’uno seguito dal suo tacere suscita il parlare dell’altro.
Il fenomeno è tanto frequente che nella vita quotidiana non ce ne rendiamo più conto. Durante l’attività professionale con gli anziani smemorati e disorientati, invece, ci convinciamo che questa funzione viene persa semplicemente perché non sappiamo tacere e aspettare, perché queste persone hanno un periodo di latenza più lungo del solito nel prendere la parola. La fretta di fare, di ottenere risposte, di incoraggiare, fa sì che noi riprendiamo la parola prima dell’interlocutore. Non è vero che l’altro non prende la parola, è vero che noi glielo impediamo riprendendola prima di lui.
L’operatore che impara a utilizza le tecniche capacitanti di rispettare la lentezza, le pause, i silenzi e di non interrompere scopre facilmente che la funzione conversazionale del parlare e del tacere a tempo debito favoriscono l’emergere della parola anche in casi di demenza in stadio avanzato.
 
 

1.2.I linguaggi della comunicazione

 
Ne distinguiamo tre:
 
  • Il linguaggio verbale
  • Il linguaggio non verbale
  • Il linguaggio paraverbale
 
Ne riparleremo più avanti. Qui ci interessa sottolineare che il linguaggio verbale tende a perdere la sua funzione comunicativa col peggiorare della demenza, con la conseguenza che molti operatori tendono a trascurarlo contribuendo così a un suo utilizzo sempre più ridotto e a un suo eclissarsi fino al mutacismo precoce o al suo riapparire improvvisamente sotto forma di disturbi del comportamento: aggressività verbale con grida, insulti, turpiloquio, blasfemia.
L’operatore capacitante, invece, impara a valorizzare il linguaggio verbale così come l’interlocutore lo impiega ed è in grado di usarlo, senza correggere e senza giudicare. In questo modo la persona con demenza riesce a parlare anche in fasi avanzate di malattia (insalata di parole), continuando a utilizzare la funzione conversazionale e relazionale della parola. Il soggetto non si isola, non si rattrista e, continuando a parlare a una persona che lo ascolta, si sente riconosciuto come interlocutore valido, come persona.
 
 

1.3.Conseguenze pratiche

 
Le osservazioni di partenza che ci interessano sono:
 
  • si può parlare senza comunicare (perdita della funzione comunicativa e persistenza delle funzioni relazionale e conversazionale);
  • si può comunicare senza parlare (importanza anche del linguaggio non verbale e paraverbale).
 
Le conseguenze pratiche di questa situazione sono che l’operatore capacitante
 
  • utilizza tecniche utili per tener vivo l’uso della parola anche quando questa perde la sua funzione comunicativa;
  • accompagna il linguaggio verbale con quello non verbale e paraverbale per rendere più comprensibili i suoi messaggi (e per capire quelli dell’interlocutore).

Capitolo 2: Sulla competenza a parlare

Partiamo da alcune considerazioni sull’impatto dei disturbi del linguaggio sul benessere degli anziani con disturbi cognitivi (2.1.), poi descriviamo le tre funzioni del parlare (2.2.), le tecniche e la metodologia formativa (2.3.) e concludiamo con il testo di una conversazione, fedelmente trascritta e commentata (2.4.).

2.1.Impatto dei disturbi del linguaggio sul benessere degli anziani con disturbi cognitivi

Tutte le demenze sono caratterizzate dai disturbi di memoria ma anche quelli del linguaggio verbale tendono a presentarsi in stadi più o meno precoci a seconda del tipo di demenza. Il paziente si accorge che gli manca la parola, il familiare si accorge della sua difficoltà a seguire coerentemente il filo del discorso.
Col progredire della malattia i deficit di memoria e di linguaggio tendono a svuotare le parole dei pazienti dei riferimenti consueti alla realtà e della capacità di comunicare messaggi condivisi: il paziente dice parole e frasi di cui non comprendiamo pienamente o non comprendiamo affatto il significato e i riferimenti (disturbo semantico del linguaggio).
Dal circolo vizioso al circolo virtuoso
La conversazione diventa difficile e deludente, sia per l'anziano smemorato e disorientato che per l'interlocutore, col risultato che il primo parla sempre di meno e il secondo gli rivolge sempre meno la parola, ritenendolo non solo inutile, ma anche frustrante.
Finisce così per instaurarsi un circolo vizioso tra declino cognitivo con perdita della funzione comunicativa della parola, scarso uso della stessa, diminuzione della competenza conversazionale, ancor più scarso uso della parola, isolamento e decadimento globale.
Di fronte a questo declino molti - ricercatori e scienziati, ma anche operatori e familiari - abbandonano l'attenzione al linguaggio verbale per concentrarsi solo sui canali di comunicazione non verbale.
È vero, il circolo vizioso che porta all’instaurarsi di un eccesso di disabilità è tanto frequente che lo consideriamo ineluttabile. Ma non dobbiamo rassegnarci, con l’Approccio Capacitante possiamo invertire la tendenza e creare un circolo virtuoso che, attraverso il riconoscimento della competenza a parlare così come ciascuno è in grado di esprimerla, favorisce il fluire delle parole e la costruzione di relazioni positive.
Secondo l’AC è sempre troppo presto per rassegnarsi: il linguaggio verbale è una delle espressioni più alte dell'essere persona e cercare di tenerlo vivo il più a lungo possibile non può che portare benefici. Ogni parola detta, anche se incomprensibile, è un tassello della conversazione e della relazione con chi la ascolta.
2.1.1. L’evoluzione dei disturbi di linguaggio
Se all’inizio della malattia i disturbi di linguaggio si limitano alla comparsa di anomie (incapacità di denominare correttamente persone o oggetti), nelle fasi successive, pur in assenza di disturbi della capacità di articolare correttamente le parole, diventano sempre più evidenti difficoltà che rendono più complicato conversare con la persona che ne è affetta.
Vengono classicamente distinte varie...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. Capitolo 1: La dissociazione tra parlare e comunicare
  3. Capitolo 2: Sulla competenza a parlare
  4. Capitolo 3: Sulla competenza a comunicare
  5. Capitolo 4: Una conversazione senza parole e senza comunicazione
  6. Capitolo 5: Lavoro sul testo
  7. Da ricordare
  8. Note biografiche dei collaboratori
  9. L’Autore
  10. I Quaderni Anchise
  11. per chi si occupa di formazione degli operatori delle RSA
  12. Libri dell’Autore
  13. sull’ApproccioCapacitante® e le sue applicazioni