Soprattutto coraggio e onore. Adolescenza, giovinezza e primi anni di guerra di Wilhelm Tanne
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Soprattutto coraggio e onore. Adolescenza, giovinezza e primi anni di guerra di Wilhelm Tanne

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Perchè si diventava nazisti nella Germania degli anni '30 del XX secolo? Wilhelm Tanne era nato nel 1911 e la fame e la miseria del primo quarto di secolo se le aveva dovute digerire tutte. Ai suoi occhi Adolf Hitler apparve come un condottiero capace di guidare il popolo tedesco in una nuova età della rinascita economica e culturale e, come molti suoi coetanei, Wilhelm gli consacrò la propria esistenza. Il Condottiero lo ripagò con sette durissimi anni di guerra e alla fine lasciò Wilhelm, e tutti quelli che come lui avevano creduto, soli e sconfitti. Ma all'inizio dell'ascesa del Nazionalsocialismo Wilhelm Tanne era un giovanotto romantico, pieno di sogni e di ideali, per il quale la parola di Hitler valeva più di quella di Dio. Wilhelm Tanne non fu sempre un Eroe, nè il suo Onore gli impedì di compiere azioni discutibili, ma non mancò mai al solenne giuramento fatto al suo Führer e alla sua Patria. I giudici di Norimberga lo avrebbero condannato a morte, o al carcere a vita. Ma oggi è opinione diffusa tra molti storici che il processo di Norimberga andava evitato (vedi a tale proposito: "Le 10 criticità del Processo di Norimberga"). Il primo tra tutti fu lo statista inglese Winston Churchill, che tentò di opporsi al processo, e alla fine ne stigmatizzò il giudizio con la famosa frase: "Vuol dire che la prossima guerra la si dovrà vincere a tutti i costi!" Aveva capito subito che, per i perdenti, esiste solo il banco degli imputati e, alla fine, il cappio del boia.

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Informazioni

1. BAD TÖLZ, 1935

Il ventiquattrenne Wilhelm Tanne scese dal pullman col passo baldanzoso di colui che sbarca sulla terra che è sua e si appresta ad attraversarla senza timore.
Con lui scesero altri giovanotti: indossavano tutti la nuova divisa nera di SS-Verfügungstruppe, adottata da poco, in sostituzione di quella bruna, che era stata quasi identica a quella delle vecchie SA.
Un sergente della Wehrmacht li riunì tutti in duplice fila, al bordo della strada.
Molti di loro arrivavano, come Wilhelm, da caserme di Berlino, ma altri giungevano da altri luoghi e da caserme diverse e avevano tutti sulle spalle ormai due, o tre e qualcuno anche quattro anni di servizio militare nel Reichswehr, che era appena stato rinominato Wehrmacht: le nuove forze armate tedesche. Ma ora, tutti quei giovani militari avevano scelto di far volontariamente parte di quel nuovo corpo: le Schutzstaffel, le 'Squadre di Protezione', istituite dieci anni prima e passate dai pochi individui del 1925 ad ormai più di 200 mila membri.
Wilhelm veva fatto una rapida conoscenza con i suoi nuovi compagni di accademia, una trentina di giovanotti, durante il viaggio in pullman e ora era in riga, tutto orgoglioso di entrare a far parte della nuovissima SS Junkerschule di Bad Tölz, l'accademia militare che forgiava i futuri ufficiali delle SS.
Perfettamente allineati, i giovani militari a passo di marcia, seguendo il sergente, si misero in cammino verso l'imponente edificio che si scorgeva a un centinaio di metri di distanza, la cui mole occupava tutto il fronte: una lunga costruzione chiara, costellata di finestrelle quadrate, col tetto spiovente, nel quale si aprivano, a intervalli perfettamente regolari, degli abbaini e con due possenti torri circolari ai lati e, nel mezzo, un largo varco, a sesto acuto ribassato.
Più che una scuola, sembrava una enorme caserma, ma Wilhelm e i suoi compagni di viaggio, abituati da anni alle caserme, la trovavano tutti un bell'edificio e persino civettuolo, per quanto era nuovissimo e ben costruito.
Davanti al portale di ingresso, li stavano aspettando una dozzina di giovani che indossavano la loro stessa divisa, e che si unirono alla squadra, portando la piccola compagnia a una quarantina di SS-Verfügungstruppe.
La squadra di nuovi allievi passò sotto l'ampia volta d'entrata, giungendo sul piazzale, che aveva al centro un enorme prato di erba verde, appena rasata e, sul lato destro e su quello sinistro, degli alberi di conifere, che certo erano stati appena piantati, perché si vedeva la terra ancora smossa, ai piedi. Davanti a uno dei lati più lunghi della costruzione erano parcheggiate, in perfetto ordine, alcune automobili, tutte nuove e lustre da parere appena lucidate.
I giovani vennero diretti verso uno degli edifici e, prima di entrare, il sergente si fece consegnare, da ognuno di loro, il libretto militare: apertolo, controllò che la foto corrispondesse al giovane che gli stava davanti, ne mandò a mente il nome, inserì il libretto, spalancato alla pagina contenente i dati, in un ampio registro che teneva in mano poi, sempre incolonnati, li guidò a passo di marcia, all'interno della struttura.
I quaranta nuovi cadetti, sotto la guida del sergente, attraversando un breve porticato aperto sul lato sinistro, raggiunsero un magazzino, dentro il quale si misero in fila indiana e sfilarono davanti un tavolo, dietro il quale li aspettavano altri giovani che indossavano la divisa della Wehrmacht e che, sotto la supervisione di un sottufficiale, con un solo colpo d'occhio, li munirono, uno dopo l'altro, di adeguato abbigliamento adatto alla loro taglia: giacca, con la banda da braccio ricamata "SS-Schule Tölz", e pantaloni, due camicie, biancheria personale, cravatta, scarpe, stivali, scarponcini, scarpini da atletica, calzoncini corti neri, canottiera da ginnastica bianca con la scritta "SS" cerchiata in nero sul petto, berretto a navetta, elmetto.
Così equipaggiati, il sergente li accompagnò lungo un interminabile corridoio e poi su per una scala, fino al piano superiore, dove li fece entrare, in gruppi di quattro, in quelle che sarebbero diventate le loro camere, e dove ognuno dovette riporre il proprio nuovo corredo nell'armadietto personale, in perfetto ordine e, subito, preparare il letto, sotto gli occhi attentissimi del sergente, e c'era un sergente della Wehrmacht in ogni camera, che li controllava a vista, pronto a rilevare anche la minima mancanza. Nel corridoio principale, impettito sull'attenti come un antico prussiano, il sergente che li aveva accolti si teneva sottobraccio il registro, contenente tutti i libretti dei nuovi cadetti.
Wilhelm si ritrovò in camera con Kurt Greim, Arn Moltke, e Joachim Bohm.
I giovani si misero subito, attenti e indaffaratissimi, a preparare il proprio letto, come avevano imparato da soldati, in caserma, con le lenzuola tesissime, la coperta senza una piega e perfettamente rimboccata, il tutto sotto la scritta che campeggiava sul muro: "SS - Meine ehre heisst treue - SS" tra la pittura di un'aquila nazionalsocialista che reggeva negli artigli la corona d'alloro con la croce uncinata, e un quadro con la riproduzione di una qualche battaglia storica e, sopra tutto questo, la foto incorniciata di Adolf Hitler, di tre quarti, in camicia bruna, pugno sul fianco, con i capelli neri accuratamente pettinati di lato, con lo sguardo che pareva scrutare i quattro giovanotti che si stavano affaccendando attorno ai propri letti, e guardandoli con gli occhi penetranti che sembravano trapassare chiunque da parte a parte e l'espressione seria e soddisfatta di chi ha compiuto il proprio dovere e ne ha ricevuto la giusta ricompensa.
Poi, tutti e quattro, si misero in rispettosa attesa, sull'attenti, ognuno davanti il proprio letto, e il sergente passò dall'uno all'altro, controllando prima il giaciglio e poi, aprendo un armadietto dopo l'altro, verificando se i nuovi cadetti avevano riposto tutto in ordine.
Il sergente non si trattenne neppure dallo spostare le canottiere, le mutande e le calze, per vedere se erano ripiegate bene, e che nessuna fosse piegata in maniera diversa da quella che stava sopra o sotto.
Wilhelm se ne stava tutto impettito, senza alcuna preoccupazione, perché sapeva di essere pignolo e preciso, fino a rasentare l'ossessione, e infatti il sergente, che a occhio e croce non aveva molti più anni di quanti ne aveva Tanne, gli si parò davanti e lo apostrofò:
<Ottimo, cadetto Tanne, davvero bene, continuate così>
Tutto soddisfatto Wilhelm si raddrizzò ancor più, rispondendo:
<Sì, signore, grazie>
Davanti l'armadietto di Greim il sergente invece non fu altrettanto benevolo e, visto che non tutto era ripiegato correttamente, tirò fuori quasi la metà della biancheria, le camicie, le calze e sciorinò e sparpagliò tutto sul letto:
<Cadetto Greim. L'ordine è un componente essenziale della disciplina militare, e voi non sembrate conoscerlo: rimettete tutto a posto perfettamente!>
Sull'attenti, Kurt rispose a voce alta:
<Signorsì, signore!> Kurt era stato sotto le armi già per tre anni, ma mai gli era stato mosso tale rimprovero. Evidentemente questo sergente era proprio un fanatico! pensò il giovanotto. Ma si tenne le proprie elucubrazioni per sè.
Anche Joachim non passò immune l'ispezione, e anch'egli dovette riordinare l'armadio. Arn, invece, sembrò essersela cavata abbastanza bene.
Gli allievi ricevettero l'ordine di rimettersi in fila, a loro si unirono altri cadetti, usciti dalle varie camere e, dal corridoio, scesero tutti in una delle aule a pianterreno, dove entrarono in una vasta stanza, che odorava ancora di pittura fresca, con i banchi scolastici di legno perfettamente allineati e dove venne distribuito, a tutti gli allievi, un quaderno e una penna e tutti vennero fatti sedere ai loro posti.
Un Oberleutnant della Wehrmacht entrò, salì sulla pedana, davanti a loro, protese il braccio nel saluto nazionalsocialista e si presentò:
<Io sono il Oberleutnant Tramitz e sarò il vostro istruttore di Tecnologia delle armi, armamenti ed armi personali, addestramento alle armi e addestramento di tiro e questo sarà il nostro programma, per i prossimi cinque mesi> e, avvicinatosi alla lavagna, cominciò a scrivere velocemente col gessetto: "lunedì dalle 10,00 alle 12,00: lezione in aula, arma corta da fianco in dotazione; martedì dalle 11,0 alle 12,00 : fucile d'ordinanza; mercoledì dalle ore 8,00 alle ore 10,00 esercitazione al poligono di tiro; giovedì dalle 14,00 alle 15,00 lezione in aula: le armi personali" e avanti così, fino a riempire tutta la lavagna ed esaurire i giorni della settimana.
Gli allievi scrivevano diligentemente sul loro quaderno, sforzandosi di star dietro alla velocità e al tono secco del loro insegnante e scattando poi in piedi sull'attenti e col braccio teso, quando il Oberleutnant si congedò, uscendo dall'aula.
Al suo posto entrò un ufficiale piuttosto avanti negli anni, che prese posto dinanzi a loro, li salutò in maniera nazionalsocialista, com'era doveroso, ed esordì:
<Buongiorno a tutti voi, e ben venuti. Io sono il Rittmeister Brandmeier e sono il vostro insegnante di Ideologia nazionalsocialista e sorveglianza mondiale nazionalsocialista. Prego, prendete nota che le nostre lezioni si terranno in aula, ogni giorno, dalle ore 16,00 alle ore 18,00>
Kurt Greim, indisciplinatissimo, si permise di far udire la sua voce:
<Anche la domenica, signore?>
L'insegnante si limitò a girare il capo nella direzione da cui era venuta la voce e a rispondere:
<Chi ha parlato? > Greim fu costretto ad alzarsi in pedi e, non proprio sull'attenti, rispose:
<Io, signore>
<E voi chi siete?>
Nel medesimo tono e col medesimo atteggiamento di un attimo prima, Kurt rispose:
<Cadetto Kurt Greim, signore, matricola 132790>
<Non avete fatto il soldato, Greim? Non vi hanno insegnato come ci si rivolge a un superiore?> Rendendosi conto che il suo interlocutore, pur in tono cortese, non stava scherzando, Kurt si raddrizzò subito sull'attenti, e assunse il più marziale degli atteggiamenti che gli riuscì di trovare:
<Sì, signore>
<Bene, allora, per vostra conoscenza, cadetto Greim, le lezioni si terranno dal lunedì al sabato, ma visto che siete così ansioso di occupare le vostre domeniche, io e voi ci vedremo in aula, ogni domenica, alle 15,30 e rimarremo in compagnia per le due ore seguenti, per tutta la durata dei primi due mesi di corso> questo significava cancellare la possibilità di ogni pur minima concessione di libera uscita, almeno per due mesi, e le spalle del cadetto Greim crollarono tristemente in giù, abbattute per la punizione appena ricevuta.
Il Rittmeister chiese:
<Ulteriori domande, cadetto Greim?>
Senza più velleità di spiritosaggini Kurt rispose, a bassa voce:
<No, signore> ma l'insegnante, con voce stentorea, quasi gli abbaiò:
<Non ho sentito, Cadetto Greim!>
E Kurt fu costretto a ripetere, a voce ben alta, gonfiando il petto:
<No, signore, nessuna domanda, signore. Grazie, signore!>
E quella breve conversazione fu, per tutti i quaranta giovanotti presenti, più utile e chiara di un lungo insegnamento sui libri.
Dopo il Rittmeister Brandmeier si susseguirono una dozzina di altri ufficiali, tutti insegnanti di una o di più di una delle numerose discipline oggetto dei corsi, che costrinsero gli allievi a riempire tutto il quaderno con gli orari delle lezioni: Wilhelm alla fine si rese conto che, tra attività sportive, tattiche di guerra, esercitazioni e quant'altro, le sue giornate erano diventate zeppe di lezioni, dalle otto di mattina alle sette di sera e, in qua e in là, c'erano persino lezioni notturne, soprattutto di tattica sui carri armati e di tecniche di sopravvivenza!
Dopo le attività sportive, o le lezioni di equitazione, di scherma o di manutenzione dei veicoli, i cadetti avevano il permesso di fare la doccia quotidiana.
A mezzogiorno e alle sette di sera c'erano il pranzo e la cena, nel vasto, ordinato e luminoso refettorio, nel quale erano allineati i tavoli da otto posti, attorno ai quali si riunivano i cadetti di quel nuovo corso, e anche i quaranta cadetti che stavano terminando il corso precedente, e che presto avrebbero ricevuto i loro nuovi gradi di sottufficiale SS.
La sveglia era per tutti alle sei e trenta: ci si recava alle latrine e ai lavatoi, dove ci si lavava faccia, collo e orecchie, braccia e ascelle, restando in piedi davanti ai bianchi lavandini rettangolari, e ci si rasava, perfettamente! ci si vestiva, e di corsa si scendeva al refettorio, dove i tavoli erano già pronti con la tovaglia, i tovaglioli, le tazze, i piatti e le posate.per la colazione.
Il primo pasto della giornata era sempre abbondante e vario: non meno di cinque larghe fette a testa di buono e saporitissimo pane misto di farine bianche e di segale, con noci tritate e semi di zucca, di sesamo e di cumino, appena sfornato, che a Wilhelm sembrava quasi un dolce, ma c'era anche sempre un piatto con un intero panetto di burro a disposizione degli otto occupanti la tavola, da spalmare sul pane e anche un altro piatto, colmo di almeno due diversi tipi di confettura di frutta, con certi bei pezzi di polpa, saporita, dolce e gelatinosa, che a casa propria Wilhelm non aveva mai mangiato, neppure nei giorni di festa.
E volendo, si poteva chiedere anche del formaggio, per lo più l'Odenwälder Frühstückskäse e l'Allgäuer Emmentaler, che veniva portato in tavola accompagnato da ulteriori fette di pane di segale appena tostato, altro burro e che mettevano l'acquolina in bocca, soprattutto nelle ore fresche del mattino quando, dalle finestre del refettorio, tutte spalancate, entrava nella sala il tonificante frizzichìo dell'aria delle Alpi bavaresi, la cui temperatura non superava mai i cinque o sei gradi, insieme con il profumo dei pascoli vicini e, di quando in quando, si udiva lo scampanio di una vacca al pascolo.
I camerieri, che erano soldati della Wehrmacht in giacchetta bianca attillata, ma che indossavano i pantaloni militari, portavano sui tavoli grossi bricchi bianchi contenenti latte caldo e caffè bollente e, se qualcuno ne faceva esplicita richiesta, anche le teiere per il tè.
Poi, di nuovo di corsa, si tornava in camera, per mutare d'abito e vestirsi secondo quanto era indicato dalla prima lezione della giornata: in tenuta da atletica, con la canottiera, i calzoncini corti e gli scarpini leggeri, oppure con la divisa da lavoro in fustagno, oppure in divisa completa, con tanto di giacca e cravatta, se la lezione si teneva in aula, o da equitazione, o da scherma, e si andava tutti nel locale preposto, a passo sostenuto, o al poligono, o all'officina dei mezzi militari, o in piscina, o dove altro si doveva andare, e incominciava una nuova, impegnativa giornata.
Il mezzogiorno era l'ora del pranzo in refettorio, e c'erano sempre almeno tre portate: una zuppa di pasta o riso o semola, una pietanza di carne o pesce, e un abbondante contorno di verdure e sempre le patate, e sempre cotte in modo diverso e di cui tutti quei giovani erano ghiotti, soprattutto se la mattinata era stata impegnata in attività fisiche.
La sera, venivano imbandite prelibate salsicce, o Blutwurst, il sanguinaccio tedesco, o braciola di maiale affumicata, oppure uova al piatto o formaggio e ancora patate e tè zuccherato.
Wilhelm si sentiva coccolato e viziato, nonostante che la vita da cadetto non fosse facile e, fin dal primo momento, gli istruttori avessero lasciato chiaramente intendere, a ogni allievo, che pretendevano da ognuno di loro il meglio del massimo che erano in grado di dare e che erano intenzionati a far sputare a tutti quanti il sangue e, se non bastava, l'intera anima, per fare di loro i migliori uomini, i migliori soldati, i migliori ufficiali che la Germania avesse mai avuto in tutta la sua gloriosa storia militare.
Wilhelm, anche se non glielo avessero fatto capire, era già intenzionato di suo, a dare tutto il meglio di sè in quell'impresa e vi si gettò a capo fitto, di slancio, col proposito di superare ogni giorno se stesso, per "ricompensare" il suo Führer che gli aveva concesso quella grande opportunità.
E rimase quasi scandalizzato, quando si rese conto che non tutti erano animati dal suo stesso ardore, nonostante fossero tutti volontari. Qualcuno cercava di scansare, quanto più era possibile, ogni genere di fatica, e c'erano, addirittura, cadetti che si lamentavano, borbottando il loro malcontento tra i denti.
Erano più che altro "figli di papà" che erano entrati a Bad Tölz per i più svariati motivi, non molto per convinzioni ideologiche, quanto perché l'Esercito normale stava loro stretto; oppure erano giovanotti che, come Arn Moltke, lo avevano fatto per sfuggire a una famiglia soffocante o a una vita che non era di loro gradimento.
Arn Moltke, per esempio, aveva un padre che, pur non essendo un militare, comandava tutti a bacchetta, come un generale prussiano, a cominciare dalla moglie e i figli, fino ai domestici, per finire con i dipendenti del proprio calzaturificio.
L'anziano signor Moltke, insignito del cavalierato per meriti di lavoro, aveva visto lievitare felicemente il giro di affari della propria ditta, dopo aver ottenuto, a un prezzo competitivo, la fornitura delle calzature per l'Esercito, anche a costo di far lavorare i propri dipendenti come schiavi.
Arn, che era un figlio animato da tutte le migliori qualità e da un vivo senso della giustizia sociale, aveva tentato di contestarlo, e s'era preso subito un bel po' di manrovesci paterni e, un giorno, persino un violento calcio nel sedere, nonostante avesse già compiuto diciassette anni e si avviasse a diventare un uomo adulto.
Un simile trattamento aveva convinto il giovane Arn dell'opportunità di togliersi dalla ingombrante presenza paterna, anche a costo di rinunciare a una parte dei propri ideali di giustizia, eguaglianza e fraternità.
Arn, senza dir nulla ai genitori, appena raggiunta la maggiore età, s'era arruolato nell'Esercito e, in quella occasione, il vecchio genitore aveva solo potuto tapparsi la bocca e ingoiare il rospo.
Solo che, dopo neppure un anno, avvalendosi delle ottime relazioni che intratteneva con i vertici militari, il cavaliere Moltke aveva ottenuto il trasferimento del figlio vicino a casa, e non perdeva occasione per andarlo a trovare e rimbrottarlo su ogni questione che gli veniva in capo.
Quando il soldato Arn Moltke, innamorato, aveva portato nella casa paterna una graziosa ragazza, per presentarla ai genitori, il vecchio cavaliere del lavoro l'aveva squadrata da capo a piedi, notando il modesto abbigliamento di lei e, una volta accomodati tutti nell'elegante salotto, sulle costose poltrone damascate, aveva chiesto alla giovane:
<Che cosa fate nella vita, signorina?>
La ragazza, un po' intimidita dalla prepotente presenza dell'anziano Moltke e dallo sfarzo della casa nella quale l'aveva condotta il suo innamorato, aveva risposto, con un filo di voce:
<Sono commessa nella pasticceria Müller, signore>
Il cavaliere del lavoro era balzato in piedi:<"Commessa!"> aveva pensato, scandalizzato dall'impudenza del figlio che gli aveva portato in casa una pezzente!
Aveva afferrato per un braccio la povera ragazza, l'aveva trascinata per tutto il salotto, e poi attraverso l'atrio, sordo alle suppliche del figlio, che lo seguiva quasi implorandolo, come un cane bastonato, e a quelle della moglie, che gli andava dietro torcendosi le mani.
Il signor Moltke aveva spalancato la porta di casa e aveva sbattuto letteralmente fuori, in giardino, la poveretta. Poi era tornato sui propri passi, spingendo violentemente da parte Arn, che tentava in tutti i modi di arginare tanta nefanda irruenza, aveva preso il cappotto che la ragazza aveva lasciato sulla poltrona, un cappottino sempl...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Indice dei contenuti
  3. SOPRATTUTTO CORAGGIO E ONORE
  4. Prefazione
  5. INFORMAZIONE PER I CORTESI LETTORI
  6. Prima della lettura
  7. Parte Prima
  8. 1. BAD TÖLZ, 1935
  9. 2. LA FINE DELL'INFANZIA
  10. 3. UN AMICO PER SEMPRE: KURT GREIM
  11. 4. HOLDINE
  12. 5. STORIA DEL STANDARTENOBERJUNKER VONMETZ
  13. 6. UN CADETTO INNAMORATO
  14. 7. LA LEIBSTANDARTE SS ADOLF HITLER
  15. 8. SCARSA FORTUNA IN AMORE...
  16. 9. LE OLIMPIADI DEL 1936
  17. 10. UMBERTO II, PRINCIPE DI PIEMONTE
  18. 11. SIGRID
  19. 12. SALON KITTY SCHMIDT
  20. Parte Seconda
  21. 13. IN POLONIA: LA GUERRA VERA
  22. 14. LA BATTAGLIA DEL FIUME BZURA
  23. 15. MAGICA PRAGA
  24. 16. UN MATRIMONIO DI GUERRA
  25. 17. LORELEI
  26. 18. DUNKERQUE
  27. 19. CAROLINE
  28. 20. 1941: IN GRECIA
  29. 21. RAPPRESAGLIA
  30. 22. UN COLPO DI FUCILE A VEVI
  31. 23. IL PERVITIN
  32. 24. OPERAZIONE BARBAROSSA
  33. 25. SUL FRONTE DELL'EST
  34. 26. VERSO ROSTOV
  35. 27. VERSO CHAR'KOV