CAPITOLO 1
L’inizio
Rapporto del R.V. Console reggente di Parigi al Ministero degli affari esteri.
20 luglio 1940
Prima del 10 giugno il Governo fascista italiano aveva preso contatto con il Governo francese per regolare il rimpatrio del rispettivo personale in missione diplomatica, consolare, giornalista etc. all’atto dell’entrata in guerra dell’Italia.
Mai in una dichiarazione di Guerra riuscì meno imprevista di quella notificata, nelle più tradizionali forme di protocollo internazionale.
E per parte sua l’Italia provvide al rientro delle rappresentanze francesi secondo le regole concordate e con signorilità di una Nazione civile.
Non solo un cittadino francese in Italia venne trattato meno che correttamente dalle Autorità e dalla popolazione.
La notizia della dichiarazione di guerra alla Francia non diede altro che il via a un risentimento nazionale anti-italiano che portò a una selvaggia caccia all’italiano.
Un odio soprattutto di governanti francesi i quali premeditano e ordinano gli arresti di massa con l’aggiunta personale d’inaudita brutalità; è un odio totale e folle che al passaggio degli Italiani inquadrati, al transito dei convogli, carri bestiame, inveiscono e offendono gli italiani destinati ai campi di Concentramento con ritornelli miserabili, “sale Italien! sale macaroni!”
A testimoniare come l’astio sia generale, uniforme e antico….
Che una particolare crudeltà alloggiava nelle genti galliche lo si sapeva dalla loro rivoluzione, sature di ghigliottine smisuratamente grondanti di sangue. Mentre la blitzkrieg (guerra lampo) bruciava le sue tappe, la Francia non volle farsi battere in velocità. Incredibilmente rapida riuscì l’immensa retata degli italiani, quasi nel timore che la preda sfuggisse e l’odio non facesse in tempo a sfogarsi. Nei campi di Concentramento gli italiani sono addensati in ambienti immondi e sottoposti a torture e sevizie di aguzzini compiacenti. Se la guerra dell’Italia alla Francia poneva in evidenza il drammatico problema della situazione in cui veniva a trovarsi la grande massa degli Italiani in Francia nessuno poteva immaginare tanta ferocia e tanta stupidità scatenate contro gli italiani.
Si resta allibiti nel considerare che questi francesi in uno dei momenti più tragici della loro storia, quando i tedeschi erano alle porte di Parigi, quando il loro esercito fuggiva in un disordine incredibile, quando per le strade di Francia i civili si schiacciavano a vicenda per trovare una disperata via di scampo, abbiano potuto e voluto mobilitare una piccola armata di poliziotti e organizzare degli interminabili treni facendoli passeggiare attraverso tutti il paese via Rennes-Bordeaux e Tolosa. Sono andati alla caccia degli Italiani con un eroismo spregiudicato e con una fretta rabbiosa tutta la notte dal 10 all’11 e tutto il giorno 11 e 12 giugno nelle strade, nelle case, negli uffici facendo scendere dai letti infermi o ammalati.
Hanno sospeso in una casa modesta un pranzetto per la prima comunione di una bambina e i poliziotti hanno raddoppiato di ferocia scambiando l’innocente convito in un banchetto per celebrare l’entrata in guerra dell’Italia. Alcuni avevano mogli francesi, figli francesi e combattenti nell’esercito francese. Molti non avevano mai nascosto il loro sincero amore per la Francia. Non sono stati di certo ben contraccambiati. Cosi molte illusioni saran cadute per sempre e i nostri prigionieri potranno raccontare la vera leggenda de “l’amabilite’ et de l’hospitalite’ francaise”.
CAPITOLO 2
Campo di Concentramento Vernet D’Ariège
Relazione del Dott. Giuseppe Lo Duca alla Commissione Italiana d’Armistizio.
11 agosto 1940
La dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia venne a coincidere con uno stato di completo disordine nella vita nazionale di quest’ultima caratterizzata da abusi, arbitrarietà e confusione inverosimili. Di tale stato fu particolarmente vittima la colonia italiana di Parigi che vide arrestare tra gli altri Monsignor Babini, vescovo superiore dei missionari in Europa, don Consonni vicario (dunque gradito dallo stato francese) della parrocchia parigina di ST. Eloi (XII) otto artisti che ignoravano che cosa fosse la politica, Nicola Greco, Di Giuseppe, Ademaro dell’Aquila e altre persone di grande importanza finanziaria e commerciale, molti residenti in Francia da oltre trent’anni. In uno ospizio di poveri fu catturato un povero musicista ottantenne, un giardiniere di 68 anni fu aggiunto alla squadra dei pericolosi, nonostante i suoi 50 anni di permanenza a Parigi; i decorati di croci di guerra francese, delle medaglie interalleate 1914-1918.
I volontari Argonne, i decorati delle croci della Legion d’Onore non si contavano. Un gruppo di italiani arrestati nella zona di Parigi tra il 10 e 11 giugno fu portato in un famigerato campo militare disciplinare di Vernet d’Ariege, dove sembra che i suoi ufficiali vi siano nominati per punizione. Il nostro viaggio di 6 giorni fu penoso; nutrizione insufficiente e avitaminica, sonno impossibile per il soprannumero degli evacuati (65/80 uomini nei classici vagoni per 40) numerosi evacuati sono vecchi, donne e giovinetti. Si aggiunga per lo stato nervoso dei viaggiatori, che il treno fu bombardato e mitragliato dopo Chartres e si ebbero due casi di pazzia di cui uno degenerato al suicidio presso Rennes, stazione. Giunti a Vernet, fummo immediatamente posti nel quartiere C, quartiere dei miliziani reduci in Spagna; Un terzo degli internati fu obbligato a dormire sul nudo cemento durante le prime tre notti, compreso un certo Porro, milanese, che aveva un pneumotorace.
Nessuna misura sanitaria fu presa nei nostri riguardi. Nessuna distinzione, né riguardo per l’età e lo stato degli arrestati tra i quali vari affetti da malattie croniche in piena cura. La nutrizione fu insufficiente e incompleta; si notarono sintomi di avitaminosi e casi gravi di anemia. La situazione morale fu forse ancora più penosa. Nonostante il nostro diritto, esempio per capriccio d’un certo sergente-maggiore Bellville, fummo tutti obbligati a raderci la testa compresi vecchi, gli ammalati, monsignore ecc. Fatto più grave, qualcuno di noi è stato più volte malmenato, con bastonate, frustate, calci e schiaffi.
Il 7 luglio 1940 nel campo di Vernet fu ucciso Garetti Pasquale nato nel 1877 a Savona fu sotterrato nel cimitero del campo. Benché sessantaduenne fu continuamente picchiato dalle guardie. Una notte tutta la prigione fu svegliata dalle urla che uscivano dalla cella ove il pover’uomo era rinchiuso alla mercé d’un gendarme ubriaco. L’indomani fu data notizia del “suicidio” del disgraziato per impiccagione. Il corpo era tutto un’ecchimosi e portava tra gli spazi intercostali tracce d’un oggetto penetrante identificabile nella canna di una rivoltella. Testimoni fu Bermann Mayer tedesco trasferito nel campo de cactus, Mayer è pure testimone oculare di coltellate date a un polacco con la scusa che i polacchi non avevano sufficientemente resistito all’urto della panzer Divisionen.
Il tenente d’aviazione certo Porretti volontario nell’esercito Franco, caduto con il suo apparecchio, preso dai miliziani e trascinato con loro nella loro fuga, finì nel campo di Vernet in uno stato mentale preoccupante. Il Porretti tentò la fuga, ma appena fu nelle mani delle guardie fu violentemente picchiato e gettato in prigione. Per oltre un mese fu il bersaglio degli alcolizzati e dei sadisti del luogo nel suo doppio aspetto di italiano e di Franchista. Il gioco principale consisteva nel fare entrare il povero soldato in un gabinetto a due uscite: a ogni varco lo aspettava uno sbirro che lo rigettava all’altro con violenti pugni sul viso. Gli internati del campo videro un giorno il Poretti con la testa gonfia e insanguinata, con i denti fracassati e lo sentirono gridare un debole Ahi! mamma. Gli fu data una scatola di conserva arrugginita raccolta nelle immondizie, perché vi bevesse dentro.
Nella notte il malato dovette usare la scatola come vaso da notte; mal vuotata l’indomani nel secchio comune, fu trasformata in gavetta su ordine dei gendarmi che urlavano con risate ignobili: Bouffe, sale italien! Il poveretto non si rendeva conto di nulla. Il capo della guardia mise una sera la chiave della cella su un chiodo della porta e disse ai suoi subordinati: “se qualcuno vuole divertirsi, à toute heure del la nuit, la chiave è qui”. Lo spasso consisteva nell’abbagliare il prigioniero con una lampadina – questo è oramai rituale al Campo Vernet - e quindi sfogarsi bestialmente sul suo corpo. Quando fu deciso di trasportare il corpo massacrato del Poretti all’ospedale di Tolosa, esso giaceva da quattro giorni su una barella ed in questo stato fu dato ancora un calcio alla “carogne” da parte del Capitano medico. Si ignora materialmente se il Poretti sia morto, sebbene il contrario pare improbabile. Comunque, nel campo si mormora che il corpo sia stato sotterrato di notte nel campo.
Il 23 luglio 1939 fu arrestato a Nimes Lobello Michele, residente a Nimes (gard) 17 rue Pacharas. Per otto giorni ed otto notti fu lasciato senza mangiare e senza bere. Fu creduto morto dai suoi carcerieri, che non potendo più aprire le manette deformate dagli sforzi del Lobello, le tagliarono a freddo sul corpo stesso con lo scalpello straziandone le mani. Il Lobello ha perso l’uso di una mano.
Non appena si accorsero che il prigioniero era semplicemente in una quasi agonia, i carcerieri tentarono di avvelenarlo. Il 27 dicembre fu inviato al campo di Vernet, ove subì gli abituali trattamenti di questo campo. Il Lobello porta tracce di cicatrici recenti, sulle braccia, sui polsi, sulle gambe sul setto nasale, zona frontale e sul cranio.
Relazione del Sig. Salvatore Di Giuseppe, Presidente dell’associazione dei Negoziatori Importatori Prodotti Ortofrutticoli Agrumi in Francia. Al Ministro della Cultura Popolare
27.08.1949
Il 10 giugno 1940 alle ore 19.30 CINQUE giovani ispettori della Polizia Francese vennero a casa mia per arrestarmi e contemporaneamente a perquisire e sequestrare tutto ciò che interessava loro. Assieme a molti altri connazionali passammo la notte in una sala della Prefettura della Polizia, seduti in una sedia nell’assoluta impossibilità di muoverci, sorvegliati da una ciurma di poliziotti in civile e in divisa che ci avrebbero malmenato alla prima occasione. Qualche connazionale la cui fisionomia non faceva comodo a qualche vile poliziotto, veniva chiamato in un angolo nascosto e la riceveva il primo battesimo con cazzotti, pugni, calci etc. Il giorno dopo fummo caricati su un treno per trasporto bestiame, viaggiammo attraverso la Francia per arrivare il 17 giugno al Campo Militare di Vernet d’Ariège, nell’Ariège. Il nostro lungo e penoso viaggio fino al campo di Concentramento fu una lunga e odiosa odissea.
È veramente penoso e sconcertevole vedere che un popolo tanto diligente e tanto meticoloso nel far soffrire tutti gli italiani imprigionati dal 10 giugno 1940, non sia stato capace di opporre una minima ombra di resistenza al nemico e neanche il minimo più modesto soccorso alle povere famiglie che costringevano a fuggire ed a evacuare. Solo contro noi italiani hanno saputo mostrare odio, uno sdegno ed un sentimento barbaro quasi innato!! Insomma, i francesi nelle circostanze svoltesi, si sono scoperti per due cose ben definite ed essenziali: a) Odio specifico, quasi a morte contro gli italiani b) Propagandisti di panico e pronti a precipitosa fuga dinanzi al nemico. Tutte le altre virtù di questo popolo sono state completamente eclissate. Al campo di Concentramento di Vernet, credevamo infine di avere quel minimo di conforto che è indispensabile a qualunque uomo anche abituato alle regole più primitive. Niente affatto. I francesi in mancanza di altri luoghi per internarci, ci portarono in quel Campo di concentramento già abitato da circa 5000 vecchi internati. Nell’insieme eravamo uomini dai 40 ai 70 anni e non eravamo più abituati a u...