Marcello Del Monaco, il Maestro dei Tenori
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Marcello Del Monaco, il Maestro dei Tenori

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Marcello Del Monaco, il Maestro dei Tenori

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Informazioni sul libro

Tutti conoscono il grande tenore Mario Del Monaco, ma forse non tutti sanno che il fratello Marcello è stato un importante insegnante di perfezionamento vocale mediante un'innovativa tecnica di impostazione. A trent'anni dalla morte del maestro Marcello, il volume ricostruisce memorie inedite della famiglia Del Monaco ed è insieme il primo tentativo compiuto di riflessione su un'impostazione vocale, la cosiddetta tecnica Melocchi-Del Monaco, intorno alla quale oggi ferve un ampio dibattito. Attraverso i colloqui inediti di Mario e Marcello Del Monaco, la ricostruzione storica di Antonio Marcenò e un saggio a cura di Franco Fussi, vengono messe a fuoco le diverse caratteristiche della voce di tenore.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9788896988886

Le voci della scuola di canto

di Marcello Del Monaco

Interviste e ritratti

a cura di Elena Filini

PRIMO PERIODO

Montebelluna (1955 circa-1965)
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Angelo Mori, Rodolfo, ne La bohème

INTERVISTE

Angelo Mori

La sua casa, soleggiata e aperta a ospiti e amici, disegna quasi graficamente il suo carattere. Un signore d’altri tempi, stabile e sereno, che comprende di aver avuto doni importanti dalla vita ma al contempo sa di non averli sprecati, vivendo sempre la professione con sincerità e impegno. Così, con un sorriso disteso e il gusto di non abusare delle parole, si presenta Angelo Mori.
Per raggiungerlo si entra nel cuore della Valsana, tra vigneti e orti, immersi nel sole della «tenerissima valle» zanzottiana. La sua vita vocale attiva appartiene al capitolo dei ricordi, ma le incisioni restituiscono una voce di tenore lirico di grande purezza, un fraseggio nitido e pertinente, un accento vibrante di tipico tenore all’italiana.
Nato a Toulouse (Francia) nel 1934 da una famiglia di emigranti trevigiani, Angelo Mori intraprende lo studio del canto lirico inizialmente per volere del padre, melomane incallito. Si trasferisce a Milano dove si affida alle cure di Arturo Merlini e dove partecipa ad alcuni concorsi per voci nuove della canzone. Qui incontra Tito Schipa che preconizza un futuro nella lirica. Dopo l’incontro con Marcello Del Monaco, Mori viene ammesso al Centro di avviamento lirico del Teatro La Fenice di Venezia debuttando nel 1961 in Mondi celesti ed infernali di Gian Francesco Malipiero accanto a Magda Olivero. Un anno dopo, mentre è ancora studente del centro, debutta nel ruolo del Duca di Mantova in Rigoletto con Renata Scotto e Cornell McNeil diretto da Gianandrea Gavazzeni. Gli anni che vanno dal 1960 al 1975 corrispondono al periodo aureo della carriera, in cui Mori è interprete di un eclettico repertorio che include, oltre ai titoli romantici, l’opera verista. Madama Butterfly, Manon Lescaut, Macbeth, Cavalleria rusticana, Aida, La forza del destino, Andrea Chénier, Tosca, La fanciulla del West, Faust ma anche Wozzeck di Berg, Turandot di Busoni, Fra’ Gherardo di Pizzetti. Mori abbraccia i maggiori ruoli del repertorio tenorile più conosciuto, ma nel contempo esplora versanti desueti della lirica, come Silvano di Mascagni, o Marin Faliero di Donizetti. Ha cantato nei maggiori teatri europei, con tournées in Egitto, Giappone, Sud Africa e alla Carnegy Hall di New York nella prima americana di Giovanna d’Arco di Verdi accanto a Teresa Stratas. Ha lasciato le scene nel 1984 continuando con l’attività concertistica fino al 1998.
Anche per Mori è stato decisivo l’incontro con Marcello Del Monaco e lo studio di un tipo di vocalità certamente ispirata alla scuola Melocchi, sull’esempio di Gastone Limarilli, Robleto Merolla, Pier Miranda Ferraro e Gianfranco Cecchele.
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Angelo Mori, Radames, in Aida, insieme al maestro Marcello (Venezia, Teatro La Fenice)
Qual è stato il primo incontro con Del Monaco?
Ho conosciuto il maestro grazie al tenore Amedeo Zambon, vincitore del primo concorso per l’avviamento professionale al Teatro La Fenice nel 1960. Io avevo studiato a Milano con Arturo Merlini che era l’accompagnatore pianistico di Aureliano Pertile, al quale ero veramente indirizzato ma che purtroppo morì proprio in quel periodo. Venivo dunque dalla scuola di un ottimo maestro sostituto che però non conosceva la tecnica vocale, lo studio era basato sulle mie iniziative. Nel frattempo avevo tentato qualche concorso senza ottenere risultati particolari. Mio padre, appassionato melomane al quale devo la carriera, aveva fatto a mia insaputa la domanda per il concorso alla Fenice. Era un concorso per il Centro di avviamento alla professione lirica; ripeteva la formula di Firenze per merito di Labroca e da quella esperienza erano usciti ad esempio Giangiacomo Guelfi e Ornelia Fineschi. A Venezia quell’anno non fui preso ma, incontrato Amedeo Zambon, chiesi con chi studiasse per tentare una seconda chance.
Così arrivai da Marcello Del Monaco: studiammo insieme alcuni intensissimi mesi e quando mi ripresentai a Venezia nel 1961 ebbi la mia occasione: debuttai subito con Magda Olivero in un’opera moderna di Gian Francesco Malipiero, subito dopo venne Rigoletto con Gavazzeni nel 1961 in Fenice.
Quanti anni ha studiato con Marcello Del Monaco?
In maniera continuativa quattro anni. Ho iniziato qualche mese prima del concorso in Fenice, poi andavo a preparare i ruoli a Treviso in via Carrer. Lo studio di quegli anni si divideva tra le lezioni del maestro Del Monaco, che voleva indirizzarmi verso un repertorio più pesante facendomi cantare arie come ‘Cielo e mar’ dalla Gioconda e i docenti della Fenice che mi tenevano su un repertorio leggero: debuttai, ad esempio, con il ruolo di Ferrando in Così fan tutte di Mozart. A quel punto, per districarsi, bisognava essere un po’ autodidatti.
Quale fu il suo responso quando la ascoltò la prima volta?
Disse subito che possedevo un materiale veramente interessante, nonostante avessi molti limiti tecnici; col tempo ribadì «lei è uno dei miei migliori allievi». Mi considerava uno studente intelligente, perché per lui l’intelligenza consisteva nel dare un’interpretazione, essere musicale. Apprezzava anche il fatto che avessi una figura abbastanza regolare; l’espressione che usava era «per fortuna lei non è una figura impossibile». Era già al tempo persuaso che l’estetica fosse molto importante in scena. Durante gli incontri si parlava soprattutto di canto, anche se il maestro aveva una profonda cultura. Ma nella prima fase io avevo il sacro fuoco della tecnica, mi importava soprattutto mettere a posto la voce.
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Angelo Mori, Radames, in Aida
Che problemi tecnici aveva?
Il limite più evidente era la mancanza di sostegno, problema che provocava l’indurimento della laringe e della mascella, soprattutto salendo verso l’acuto. Avevo la necessità di rendere tutto molto elastico. Oltre al sostegno però era indispensabile cercare l’altezza del suono che passava oltre l’ugola e sulle fasce facciali. Lui faceva sentire dove dovevano cadere le frequenze. In sostanza avevo gli acuti appannati e la mia voce si stancava in maniera evidente dopo poco. Del Monaco mi spiegò che se il cantante fa passare la sua difficoltà vocale c’è solo sofferenza anche da parte del pubblico. Ho sentito parlare per tutta la vita di affondo. Per me è una parola discutibile: l’effetto che comunque il maestro Marcello voleva provocare era quello di appoggiare il suono e renderlo elastico. La laringe non si abbassa, ma deve restare elastica, e per renderla elastica il suono deve superare la famosa ugola.
Come si svolgevano le lezioni?
Cominciavamo con i vocalizzi per una buona mezz’ora, le cinque note, le scale ascendenti, i suoni tenuti, prolungati, rinforzati e diminuiti. Non facevamo specifici esercizi di respirazione: il maestro mi diceva che dovevo comprimere il diaframma e creare una forza compressa, altrimenti il suono non avrebbe potuto produrre grande volume. I vocalizzi con la U si facevano solo all’inizio. Io preferivo la E perché la U tendeva a infossarmi. La U è infatti la vocale più difficile. La prima aria che affrontai con Del Monaco fu ‘Ch’ella mi creda’, per la sua scuola un classico. Poi studiai Gioconda e Il trovatore.
Ebbe modo di conoscere Mario Del Monaco in quegli anni?
Sì, e anche questo faceva parte della sensibilità di Marcello. Sapeva indirizzare noi studenti con le parole e l’esempio ma capiva la nostra adorazione per Mario e qualche volta ci portava per farci ascoltare da lui. Erano in verità delle strane lezioni, perché a Mario piaceva soprattutto cant...

Indice dei contenuti

  1. MARCELLO DEL MONACO,
  2. UNA VITA FRA MUSICA E POESIA
  3. RICORDI
  4. (Senza titolo)
  5. MARIO E MARCELLO
  6. (Senza titolo)
  7. EXCURSUS STORICO SULLE TECNICHE VOCALI
  8. (Senza titolo)
  9. INTERVISTA
  10. DI MARCELLO DEL MONACO AL FRATELLO MARIO
  11. LA TECNICA DEL CANTO
  12. ARTURO MELOCCHI
  13. CARATTERISTICHE DEL TENORE ITALIANO
  14. (Senza titolo)
  15. Le voci della scuola di canto
  16. di Marcello Del Monaco
  17. SECONDO PERIODO
  18. TERZO PERIODO