La stimolazione cognitiva nella persona affetta da demenza
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La stimolazione cognitiva nella persona affetta da demenza

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La stimolazione cognitiva nella persona affetta da demenza

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In considerazione dell'allungamento della vita media, in ambito socio sanitario, ci si trova molto più spesso a combattere con una malattia subdola e limitante come la demenza. E nel corso degli anni si è presa sempre maggiore coscienza che la sola terapia farmacologica non basta ma che va coadiuvata da trattamenti di carattere psicosociale. In questo testo è presente una descrizione generale delle tecniche da applicare al fine di creare un progetto riabilitativo tale da riconsiderare la demenza secondo un'ottica incentrata sulla persona.

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Informazioni

Anno
2020
ISBN
9791220300193
In memoria di
Eugenio Viteritti
I sintomi della demenza
La demenza è uno stato di decadimento progressivo delle funzioni cognitive ed è riconducibile ad una patologia organica che porta chi ne è afflitto ad una perdita progressiva dell’autonomia funzionale.
Generalmente con il termine demenza ci si riferisce ad una condizione neurodegenerativa cronica, progressiva e irreversibile (p.e. demenza tipo Alzheimer, morbo di Parkinson), anche se esistono delle forme secondarie dovute a cause potenzialmente reversibili (p.e. ipotiroidismo, tumore celebrale).
Un’altra possibile classificazione delle demenze è quella basata sull’area celebrale colpita maggiormente dalla malattia.
Questo tipo di classificazione è più utile ad una comprensione maggiore dei sintomi clinici che si possono manifestare.
Questi si raggruppano in:
• Corticali (Alzheimer, fronto-temporale).
• Sottocorticali (Morbo di Parkinson, idrocefalo normoteso, malattia di Binswanger, encefalopatia da HIV).
• Miste (Malattia di Creutzfeldt-Jacob, demenza multi-infartuale, demenza tossiche e metabolica).
Il termine demenza è pertanto un termine “ombrello” a cui fanno riferimento diversi tipi di deterioramento cognitivo.
I sintomi del processo di deterioramento cognitivo si possono raggruppare in tre macro-aree:
1. Disturbi della cognitività:
Nella fase lieve si può osservare difficoltà nel recupero e nell’apprendimento di nuove informazioni, nel richiamare le parole (in particolar modo quelle meno utilizzate), nel problem-solving e nel calcolo.
Nella fase moderata, le difficoltà sono maggiormente inerenti agli eventi recenti rispetto a quelli del passato, compare una maggiore difficoltà con i nomi delle persone e diventa frequente l’utilizzo di parole passpartout (che sono delle parafrasi per descrivere le situazioni), sono inoltre presenti una scarsa capacità di orientamento e inizia il declino delle abilità visuali e spaziali e inoltre si ha una scarsa capacità di organizzare e pianificare azioni.
Nella fase severa si possono osservare dei notevoli deficit di attenzione, una forte aprassia ed un impoverimento totale del linguaggio fino ad arrivare al mutismo.
Disturbi del comportamento (indicati spesso con l’acronimo BPSD, Behavioral and Psycological Sypmptoms of Dementia): in questo caso si indicano i sintomi di tipo affettivo e psicologico che sono caratterizzati da delle marcate alterazioni della percezione, del contenuto dei pensieri, del comportamento e dell’umore e sono suddivisibili in:
• Sintomi comportamentali: Agitazione, disinibizione, vagabondaggio (wandering), reazioni catastrofiche.
• Sintomi psicologici: Allucinazioni visive, ansia, apatia, depressione, deliri.
La manifestazione di questi sintomi, oltre al tipo di decadimento cognitivo, può anche dipendere dalla personalità premorbosa, dallo stadio della malattia e anche dall’ambiente circostante.
Nelle fasi lievi, i sintomi più frequenti sono irritabilità, depressione e apatia.
Nella fase moderata c’è una maggiore prevalenza di allucinazioni, deliri, insonnia, vagabondaggio e di comportamento sociali inadeguati.
Nella fase avanzata prevale in modo particolare l’agitazione motoria e verbale, il movimento afinalistico e l’incontinenza.
Secondo diversi studi questi disturbi sono quelli che risultano essere i maggiori responsabili delle difficolta di gestione e di assistenza del paziente affetto da demenza.
Tutti questi disturbi portano ad un isolamento sociale e rendono difficoltose anche le più semplici funzioni quotidiane (p.e. l’incapacità di svolgere funzioni di base come lavarsi, vestirsi o camminare).
I criteri diagnostici della demenza
Il concetto clinico di demenza (in particolare di Alzheimer Disease, AD) ha subito una evoluzione sostanziale dai primi criteri diagnostici proposti a quelli attuali.
McKhann e i suoi collaboratori, nel 1984, avevano formulato dei criteri che distinguevano le diagnosi di Alzheimer in:
• Certa, in base ai riscontri neuropatologici.
• Probabile, in base alla definizione clinica e ai test neuropsicologici, con dei deficit peggiorativi di due o più aree cognitive, tra cui la memoria, l’età di esordio e l’assenza di eventuali patologie sistemiche.
• Possibile, in base alla presenza di deficit cognitivi isolati, presenza di patologie neurologiche o sistemiche in grado di determinare la demenza.
Successivamente, in base all’idea largamente accettata che l’instaurarsi del processo patologico preceda la manifestazione clinica dell’Alzheimer, l’interesse si è spostato sulla capacità di riuscire ad effettuare delle diagnosi precoci.
In questo senso, è stato introdotto il concetto di MCI (Mild Cognitive Impairment) per definire la fase di transizione tra l’invecchiamento normale e la demenza, andando quindi ad indicare una determinata popolazione di soggetti anziani che non hanno una compromissione del funzionamento quotidiano, ma che hanno un deficit cognitivo preclinico e isolato e che per tanto sono a rischio di sviluppare l’Alzheimer.
A livello operativo i criteri diagnostici adottati per definire l’MCI sono i seguenti:
• Presenza di un disturbo soggettivo della memoria, confermato preferibilmente da un famigliare.
• Rendimento patologico per età e scolarità nelle prove di memoria.
• Normalità delle funzioni cognitive.
• Non interferenza del disturbo sulle attività quotidiane del soggetto.
• Assenza di demenza e di altre comorbilità che possono spiegare il disturbo di memoria.
Negli ultimi anni i criteri del 1984 per diagnosticare la demenza, che abbiamo appena visto sopra, sono stati rielaborati con lo scopo di individuare delle forme precliniche del disturbo attraverso lo studio combinato di esami clinici e strumentali e i marker biologici.
A questo scopo, è stato introdotto un lessico apposito che fornisce un valido supporto nella distinzione tra il processo patogenico dell’Alzheimer e la sua manifestazione clinica, andando a proporre una classificazione che tiene in considerazione gli stadi precoci della malattia.
Proprio in questa ottica sono stati distinte due diverse fasi nella demenza:
1. Una fase prodromica dell’Alzheimer, quindi una fase precoce e sintomatica che procede una demenza conclamata, che è caratterizzata da episodici disturbi della memoria e dalla presenza di determinati biomarker nel liquido cerebrospinale o da alcuni cambiamenti patologici propri dell’Alzheimer, che vengono individuati tramite tecniche di neuroimmagine.
2. Una fase di demenza da Alzheimer, in cui i sintomi cognitivi sono sufficientemente gravi e severi da andare ad interferire con le attività quotidiane e con il funzionamento sociale.
Questa seconda fase prevede tre tipologie di manifestazione della malattia:
1. Alzheimer tipico, con delle alterazioni celebrali a carico delle strutture temporo-mediali, dell’ippocampo e della corteccia entorinale, disturbi a carico dei processi di memoria e di almeno un altro dominio cognitivo, positività ad uno o più biomarker.
2. Alzheimer atipico, che va ad includere sindromi focali non-amnesiche, come l’afasia progressiva primaria, l’afasia logopenica, la variante frontale dell’Alzheimer, l’atrofia corticale posteriore e forti evidenze in vivo di amiloidosi nel cervello e nel CSF.
3. Alzheimer misto, con la presenza della patologia dell’Alzheimer in concomitanza con altre cause biologiche che possono determinare un declino cognitivo come la malattia cerebrovascolare.
Infine, è stato anche descritto uno stadio preclinico dell’Alzheimer che consiste in un lungo periodo di asintomaticità che è compreso tra il vero e proprio instaurarsi dei processi patologici della malattia e la manifestazione dei sintomi clinici.
Il National Institute on Aging nel 2011 ha proposto una ridefinizione dei criteri diagnostici per l’Alzheimer distinguendolo in:
• Demenza Alzheimer probabile: I sintomi hanno un esordio insidioso, esiste una storia di compromissione cognitiva progressiva, i deficit si presentano o in forma amnestica o in forma non amnestica, non sono presenti disturbi cerebrovascolari o altre patologie mediche o neurologiche maggiori che possono spiegare i sintomi.
• Demenza Alzheimer possibile: Presenta un decorso atipico con un esordio improvviso, è presente una malattia cerebrovascolare e/o un altro disturbo che può compromettere le capacità cognitive.
• Probabile o possibile Alzheimer con evidenza dei processi fisiopatologici dell’Alzheimer: Viene diagnosticata quando sono rispettati i criteri per la demenza da Alzheimer e vengo riscontrati la presenza di biomarker.
L’Alzheimer costituisce la più comune forma di patologia neurodegenerativa nella popolazione anziana a livello mondiale.
Ed è caratterizzato da un lento e progressivo impoverimento neuronale che è associato alla degenerazione neurofibrillare e alla formazione di placche senili.
In base all’a...

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