1945 Noi difendiamo Berlino
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1945 Noi difendiamo Berlino

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1945 Noi difendiamo Berlino

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Berlino, aprile 1945; la città è stretta nella tenaglia sovietica. Chi
può fugge; invece alcuni reparti della divisione francese Charlemagne
raggiungono la capitale, decisi a difendere quello che considerano
l'ultimo bastione europeo. Amanti del vecchio continente, si sentono
infatti fratelli degli uomini che si batterono a Poitiers, Maratona,
Lepanto, Vienna.
Presi in mezzo tra il fanatismo di un regime morente
e la ferocia di una guerra senza quartiere, i francesi vivono le ore
finali di una città in agonia. Dietro ai mucchi di macerie o nei palazzi
devastati, i superstiti aspettano l'ultimo assalto dei russi.

Domande frequenti

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9791220321655
SUI MONTI TATRA E L’ODER
Il signore di Langenau è in mezzo ai nemici, ma tutto solo. Il terrore ha fatto un cerchio vuoto intorno a lui, e lui sta fermo, lì in mezzo, sotto la sua bandiera che lentamente brucia.
R. M. Rilke Canto d’amore e morte dell’alfiere Christoph Rilke
Tocca a Kruwenberg organizzare l'ultima grande resistenza sui monti Tatra. Basteranno questi monti e i superbi Carpazi per reggere all'urto dei russi? I nomi delle battaglie del 1915 e 1916 a Leopoli sono stampati nella memoria di alcuni anziani combattenti e non sono ricordi gradevoli. Ma qui bisogna fermarli, anche se alcune cime sono già occupate dal nemico. Il Brigadeführer si muove nervosamente con il suo Stato Maggiore; il suo comando è a pochi chilometri dalle zone dove si muore, a Zakopane, in un cottage in legno. I portaordini entrano ed escono in continuazione, mentre tre addetti alla radio tengono le comunicazioni con i vari battaglioni. Kruwenberg si accarezza la barba bianca mentre studia la mappa dei monti Tatra. Quel nome gli ricorda la Grecia e i racconti di Erodoto sulle battaglie antiche, combattute in stretti pianori sotto lo sguardo delle montagne. Il capitano Kroll lo aiuta a districarsi nelle varie situazioni che di ora in ora possono cambiare, o per un deciso attacco contro i deboli avamposti difensivi o per l'abbruttirsi del tempo che può mettere in crisi il movimento delle truppe.
“Senza velocità e cattiveria nei punti critici, non ne usciremo”, afferma il generale. Accanto al comando c'è l'esiguo corpo di Fené. Poi ci sono a disposizione a nord tre consistenti compagnie della Wehrmacht con alcuni Panther in appoggio; verso le cime a Sud, vigila un grosso battaglione di francesi guidato dal maggiore Roy, con alcune armi pesanti. Restano sette pezzi da '88 e un paio di carri Renault tenuti appena fuori da Zakopane. Una compagnia di genieri è accampata nei boschi intorno; queste sono le forze con cui ci si aspetta che trattenga qualche decina di migliaia di sovietici.
“Non si superano i monti Tatra in un soffio, se colpiremo in anticipo, avremo qualche possibilità”, ragiona ad alta voce.
“Possiamo quindi batterli?” chiede Kroll con un mezzo sorriso.
“Se per batterli intende cacciarli e restare padroni del campo, questo è ben possibile ... ma per non più di ventiquattro o quarantotto ore, poi in assenza di rinforzi corazzati neanche Leonida reggerebbe all'attacco”.
“Infatti Leonida non resse ..”.
Kruwenberg lo fulmina con lo sguardo.
“Intendo, infatti, guadagnare tempo per noi e l'armata, come fece il re spartano, cercando possibilmente di evitarne la nota fine”, risponde piccato.
Tocca la cartina in una zona pianeggiante e aggiunge: “Inutile aspettare qui che ci attacchino in massa. Bisogna anticiparli e colpirli in qualche loro segmento e quindi spostarsi in altri punti per picchiarli ancora. Il movimento ci salverà. Lo fece Napoleone nelle ultime battaglie quando combatteva in un rapporto di uno contro sei”.
“Le armi migliori sono i Panther e i pezzi da 88” sibila il capitano con il tono di chi non ama vecchi riferimenti storici.
L’altro finge di non aver sentito e prosegue a osservare la cartina: “Qui c’è Görlitz e qui Tarnow, più in basso Neu Sandec; ci si può incuneare .. siamo a nord, all'imbocco della pianura polacca. Se spezziamo là con i Panther potremo fargli pensare che sia un grosso attacco e obbligarli a togliere pressione più a sud. I pezzi da 88 e le compagnie tedesche rintuzzeranno i contrattacchi”.
“Per quanto tempo?” chiede il subordinato con scetticismo.
“Per quarantotto ore sarei soddisfatto”.
“Perché non attaccare più a sud? Là abbiamo già pronto il maggiore Roy con un buon numero di uomini e ci sono gli anticarro. Potremmo dargli anche i blindati e Roy potrebbe sfondare”.
“Perché a sud è facile trovarsi subito davanti a forze superiori. Le strade che dovremmo fare sono meglio protette dalle rocce ma peggiori e più impegnative; il tempo per noi è poco. C’è poi un’altra ragione che mi fa preferire un attacco a nord; la possibilità della sorpresa. Loro sanno quanto teniamo alla Cecoslovacchia. Praga, Bratislava, Budapest, Vienna le difenderemo meglio rispetto a Varsavia o Cracovia, per motivi pratici e storici, credono i sovietici. Per le fabbriche che ci sono, per i nostri alleati che sono stati con noi sul fronte orientale, per il bisogno di tenere lo scacchiere meridionale. Invece attaccando in forze a nord come voglio fare, c’è la possibilità di sorprendere un nemico più fragile”.
“C’è da sperare che a nord i nostri non vengano invece sorpresi dall’aviazione, le strade sono migliori ma più esposte”.
“Attendo infatti informazioni sulla consistenza nemica intorno a Tarnow e Neu Sandec, non manderei mai gli uomini al massacro per una congettura senza elementi sufficientemente certi”.
Il capitano lo guarda silenzioso e perplesso. Sembra scettico.
“Naturalmente devo decidere nel giro di un'ora e lo farò con le informazioni che avrò o non avrò”, precisa il generale.
Un po' di nevischio cade intorno. I contatti radio funzionano solo a tratti. Kruwenberg sul far della sera manda già avanti le compagnie tedesche verso nord e il battaglione di Roy con i pezzi anticarro verso Sud. Ha confermato il suo piano.
La notte è pesante come una lastra di marmo. Gli automezzi stanno scaldando i motori per evitare che si ghiaccino; la maggior parte dei cannoni e i Panther partiranno a breve verso Neu Sandec.
Il generale si mette una coperta addosso e passeggia con Kroll vicino al cottage. Il grondare del fronte è sempre uguale.
“Non ci disturbano più di tanto”, azzarda il capitano.
“Si potrebbe addirittura dormire. Ma non sappiamo abbastanza, si naviga a vista; ci sono informazioni dai reparti in prima linea?”.
“Nessun reparto segnala una maggior aggressività nei propri settori. Sarà davvero a nord la parte più debole del nemico?”.
“Sa bene che non lo so. Forse domani vi saranno delle foto aeree della zona .. ma non posso aspettare altre tre o quattro ore prima di decidere. Devo fidarmi dell'istinto, di quello che farei io al posto dei russi”.
“Lei gioca a poker?” chiede il capitano con un filo di impertinenza.
“Credo che lei resterà capitano, non solo perché la guerra potrebbe finire abbastanza presto”, replica seccato. In cuor suo sa che le perplessità del suo aiutante hanno qualche base; ma si arriva al punto di aver solo una o due cartucce in mano, senza nemmeno potersi permettere il lusso di aspettare l’avversario. Si deve per forza attaccare pur in inferiorità per evitare di essere accerchiati e distrutti subito.
“Ha pensato che i russi potrebbero scendere dai passi più a sud e venire a trovarci qui?”, insiste Kroll.
“In quel caso dovremo tenere con il battaglione di Fené, i pezzi da 88 rimasti e i due carri Renault”.
“Non dimentichiamo la compagnia del Genio appostata nel boschetto”. L’aiutante per tre anni aveva comandato proprio un reparto di genieri.
“Grazie per avermelo ricordato, l’avevo infatti dimenticato; la nostra situazione non è disperata, dopo questa notazione perfino la sua carriera si colora di migliori prospettive”, gli risponde con ironia.
“Faccia partire i blindati e i cannoni verso Neu Sandec, il piano va eseguito subito”, aggiunge.
Sì, forse sono un giocatore di poker, ammette in cuor suo. Calcola quanto tempo ci avrebbero messo per arrivare a sud di Tarnow, anche se lo aveva già fatto cento volte. In quattro ore dovrebbero riuscirci: cerca di convincersi dopo aver calcolato sempre cinque ore nelle precedenti congetture. Non vuole confrontarsi ancora col capitano che pur sveglio e lucido, lo carica di nuovi dubbi. Quattro ore sono tante, considerando che basta l’azione di un paio di bombardieri per scardinare tutta la colonna. Speriamo ci sia foschia, ci sono dei laghi nella bassa Polonia, pensa. Ma riflette e rammenta che Neu Sandec era la destinazione specifica dei reparti mandati; gli va di traverso il fumo della sigaretta quando si ricorda che là aveva inviato gli uomini e non a Tarnow .. Ma è un bene! Infatti, il percorso è più corto perché la cittadina è più a sud rispetto a Tarnow; aveva fatto confusione ripensando per l’ennesima volta a vecchi piani già fatti, ma nel concreto aveva deciso tutto al meglio senza sbagliare, c’era da sperare allora che in tre ore i suoi arrivassero a destinazione, pronti a contrastare i russi.
Con i reparti locali, si può fare una buona resistenza intorno ai due fiumi che bagnano la città, dice a se stesso.
“Potrebbe andare bene, con l'aiuto dei fiumi”, esclama.
Il capitano è tornato da qualche momento e mostra di non intendere bene.
Kruwenberg non precisa, è assurdamente arrabbiato con l'ufficiale, reo di non avergli ricordato quella destinazione già decisa che significava un tragitto più corto. Il capitano, bravo ma borioso, aveva il difetto di non saper quasi mai leggere nella mente di un superiore. Incapace di compiacere, inoltre. Culpa gravissima! E sorride. “Caro Kroll, lei mi guarda con sufficienza quando accenno a Leonida o a Napoleone, gente che conosceva il peso degli ostacoli naturali in una battaglia; per i re polacchi a Neu Sandec grazie ai due fiumi intorno alla città, si poteva approntare una buona strategia di difesa. Crede che ciò non valga oggi solo perché abbiamo aerei e cannoni? Eppure in Italia si resiste grazie ai fiumi, ai monti, alle strette valli che sono ottime linee di resistenza. Non basta bombardare in modo massiccio come fanno i russi o gli americani, per dirsi vincitori; la battaglia è perduta solo quando lo stivale del fante nemico calpesta la nostra terra”.
Kroll assente, con aria fintamente distratta.
“Inoltre c’è un altro aspetto che riguarda questa zona e temo che lei non lo conoscerà, a meno che non abbia contatti con la gente del posto. Qui vivono molti pastori di origine latina, si chiamano Valesky e discendono dai romani. Sono rimasti abbastanza isolati sui Carpazi nonostante guerre e invasioni. Non è stupefacente? Lei avrà letto Kipling, L’uomo che volle farsi re”.
“Certo signore, narra di quei due soldati inglesi che in una valle del Pakistan credono di aver trovato delle tribù discendenti dai greci di Alessandro Magno”. “Credono dice, lei non è certo un romantico e comprendo il suo scetticismo, ma certe forze della storia e del pensiero servono a darci animo contro i nemici”.
“Dovremmo trovare linfa dal fatto di essere in una specie di Limes romano contro i barbari, se ben capisco?”.
“Capisce benissimo, noi e i Valesky contro i barbari dall’est; siamo in una crociata europea, alla guida di una formazione in cui ci sono tedeschi e francesi fianco a fianco, Panther e Renault contro gli Stalin. A proposito, i Renault sono in buona efficienza?”.
“Lo sono, anche se contro qualche carro sovietico potrebbero durare pochi secondi, con le loro .. corazze di legno. Le nostre auto dietro al boschetto, anche quelle sono pronte a partire, c’è il carburante; ho messo mezzo plotone a sorvegliarle”, aggiunge con un filo di enfasi.
Kruwenberg si toglie il nevischio dalla faccia.
Era l’ennesima piccola provocazione che comunque si annegava in un mare di colpe ben più gravi. Le colpe di tutti.
“Accidenti, lei non ha una grande fiducia nella nostra offensiva, siamo già pronti ad andarcene o a scappare!”.
“Ho piena fiducia in realtà, ma ne ho meno nell'esito della guerra, ma ciò non dipende da noi o solo da noi”.
“Capitano, lei elude la mia osservazione; comunque molto dipende anche da noi e da come ci batteremo nelle prossime ore, da quanto faremo capire ai russi di avere ancora buone tattiche, tempra e forza di volontà”.
Il tono netto e sussiegoso non ammette replica, ma l’aiutante è troppo logoro dopo cinque anni al fronte per autocensurarsi.
“Se la fiducia nei nostri destini fosse piena, dovremmo bruciare le nostre auto in modo da chiarire che non abbiamo né bisogno e nemmeno volontà di ritirarci, qualora andasse male”.
Il generale mastica amaro e cerca la luna nel cielo. Purtroppo la trova, sperava in un cielo più povero di luce per dare qualche possibilità in più alle sue colonne dirette a Neu Sandec. Quel qualora andasse male gli ronza nella testa in modo fastidioso, come le parole di una barzelletta sconcia raccontata in un momento che richiede serietà e austerità.
“Capitano, potremmo aver bisogno di ogni uomo. Dai portaordini, ai telefonisti, agli addetti alla radio .. pure noi potremmo dover estrarre le nostre pistole nelle prossime ore .. è solo per questo che ignoro le sue parole disfattiste. Controlli se ci sono messaggi per me e mi lasci solo”.
Sapeva che non c'erano messaggi, altrimenti sarebbe stato subito avvisato. Voleva togliersi di torno il sottoposto, come per sottolineare a se stesso che tutto era stato deciso esclusivamente da lui. Se le sue forze fossero state fracassate, a lui solo ne avrebbero chiesto conto. Ma c'era un modo diverso di combattere dalla fine del 1943 che non consistesse nel sacrificare pezzi d'armata per guadagnare settimane, oppure solo giorni? Dai monti Tatra il rumore del fronte continuava senza particolari picchi. Si combatte al buio ma si decide anche al buio, nota. Succede, quando il tempo non è più a tuo favore.
Il generale passeggia ancora da solo, raggiunge un punto da dove dovrebbe vedere i due pezzi da 88 seminascosti. Tra gli alberi qualche sentinella batte i piedi. Riflette pensando a quanti uomini ha ancora con sé; conta i reparti a mente come se fossero carte ancora da giocare sul tavolo da gioco della guerra; Fené, il reparto dei genieri, gli artiglieri, i due carri, il mio Stato Maggiore .. forse dimentica qualcuno, ma è ormai esausto. Le vene sulle tempie pulsano fino a fargli male. Si sente un imputato che aspetta la sentenza.
Al mattino ancora non ci sono messaggi; non si riesce a mettersi in contatto con i reparti attaccanti. Sono più di mille uomini e i Panther a non rispondere. Non nevica più. Il cottage ha un buon camino. La colazione è abbastanza decente; i cuochi sembrano abbiano messo insieme tutto il possibile per fare una zuppa ricca, come per consumare tutto prima che sia troppo tardi. Ho sbagliato, avevo scordato i cucinieri, riconosce riferendosi all’elenco dei suoi reparti.
Il capitano mostra la sua faccia legnosa, mentre un paio di tenenti osservano la carta e ogni tanto lanciano sguardi interrogativi ai radiofonisti. Non è rimasto nessun altro dello Stato Maggiore. Un colonnello è partito con gli uomini diretti a Neu Sandec. Un maggiore è disperso da giorni. Kruwenberg conta i suoi dipendenti, poi ha un presentimento. Ordina al capitano di recuperare dei fucili mitragliatori per tutti. ...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Indice
  3. Frontespizio
  4. Copyright
  5. A BERLINO
  6. DOVE GLI ALTRI FUGGONO
  7. SECONDO GIORNO A BERLINO
  8. TERZO GIORNO A BERLINO
  9. GLI ANTEFATTI SUL FRONTE ORIENTALE: 1944
  10. NELLE STEPPE
  11. DUNEKA
  12. NELLE FORESTE SI MUORE
  13. IL SENTIERO TRAPPOLA
  14. CON I TEDESCHI SI IMPARA!
  15. TRA PARTIGIANI E BLINDATI
  16. ASSALTO
  17. IL FRONTE FERMO
  18. ATTESA
  19. NUOVA RESISTENZA
  20. ULTIMA STEPPA
  21. DALLA POLONIA ALLA PRUSSIA: 1944-45
  22. SUI MONTI TATRA E L’ODER
  23. IN POLONIA, ARGINE SACRO
  24. POMERANIA
  25. SEELOW
  26. LE TERMOPILI A BERLINO
  27. NEL CUORE DEL REICH
  28. GLI HIWI
  29. MAURICE E PAUL IN AZIONE
  30. NELLA CHIESA A BERLINO
  31. I LETTONI SCELGONO COME MORIRE
  32. LE CAREZZE DELLA MORTE
  33. MACERIE E PROTESTE DELLO STOMACO
  34. CIELO NERO
  35. ULTIME ORE SULLA WILHELMSTRASSE
  36. CANTO FINALE
  37. IL LIBRO E L’AUTORE
  38. ALTRI LIBRI DELL’AUTORE