RITRATTI DI COPPIA con TERAPEUTA
Se incontrarsi resta una magia è non perdersi la vera favola
Massimo Gramellini
In questo capitolo presenteremo la narrazione di quattro terapie di coppia esemplari, attraverso le quali illustreremo le modalità comunicativo-relazionali e le principali tecniche della terapia breve strategica con le coppie. Per tutelare la privacy dei protagonisti sono stati alterati tutti i dati ed i riferimenti personali al fine di renderli irriconoscibili.
All'interno delle storie narrate di seguito si potranno osservare le quatto fasi in cui si articola un percorso di terapia breve strategica evoluta (Nardone, Watzlawick, 1990; Watzlawick, Nardone, 1997; Nardone, Portelli, 2015).
Nella prima viene definito il problema e individuato l'obiettivo congiunto della terapia, poiché non è possibile effettuare una terapia con la coppia senza che i partner ne condividano l'obiettivo. Obiettivi disgiunti porterebbero al suo sicuro fallimento e pertanto orientano, eventualmente, verso percorsi individuali. Talvolta non è così semplice concordare l'obiettivo, potremo infatti avere da parte di uno o di entrambi i partner l'intenzione di mantenere una riserva in merito, come se avessero bisogno di vedere le mosse dell'altro. In questo caso sarà necessario almeno un incontro individuale con ciascuno prima di tornare alle sedute di coppia. Talvolta questa prima fase può richiedere più incontri di coppia e/o individuali.
La seconda fase è finalizzata a sbloccare la problematica presentata, facendo sperimentare alla coppia esperienze emozionali correttive, attraverso ristrutturazioni in seduta e indicazioni terapeutiche da attuare tra un incontro e l'altro. Sarà necessario ammorbidire le rigidità dei copioni disfunzionali, divenuti meccanismi automatici, per rendere più flessibile il loro modello di interazione.
Nella terza fase della terapia dovremo favorire il consolidarsi dei rispettivi cambiamenti individuali e del nuovo equilibrio di coppia attraverso esperienze evolutive condivise. Dedicheremo estrema cura e attenzione all'evoluzione del processo terapeutico di entrambi i partner, cogliendo e alimentando i minimi segnali indicativi dei loro cambiamenti individuali e congiunti verso l'obiettivo concordato. Saranno previsti incontri a distanza crescente di tempo, per consentire alla coppia di aggiungere esperienze nel nuovo modo di porsi al fine di consolidare l'equilibrio raggiunto.
La quarta fase è caratterizzata dalla chiusura della terapia e coincide con l'ultima seduta. Si tratterà di mettere la cornice finale al lavoro terapeutico rivedendo assieme ai partner i cambiamenti effettuati e le risorse acquisite. In questo modo si favorirà la loro autonomia dal terapeuta e dalla terapia. Sentendosi in grado di poter proseguire senza la supervisione dello specialista i partner torneranno ad essere, con le parole di Or- tega y Gasset, artefici del proprio destino, narratori della propria storia... di coppia.
LA SOLITUDINE IN COPPIA
Entrando in sala d'aspetto trovo ad attendermi due persone sedute ai lati opposti della stanza, entrambe sulla quarantina, molto curate neN'abbigliamento ed abbronzate. Lui intento a guardare il cellulare, lei presa dalla lettura di una rivista. Appena mi vedono si alzano contemporaneamente dalle poltrone per venire verso di me. Mi raggiunge fulmineamente la signora, alla quale mi presento per primo, e poi quello che immediatamente intuisco essere il suo compagno. Li invito ad entrare e ad accomodarsi in studio. Appena seduti, chiedo loro quale sia il motivo che li porta qua da me. Fino a questo momento i due partner non hanno mai incrociato lo sguardo, quasi che l'uno non avvertisse la presenza dell'altro.
Inizia a parlare la signora, Carla, che mi descrive la sua percezione del problema (così premette alla sua esposizione). Racconta che con Paolo si conoscono da quindici anni, sono sposati da dieci e non hanno figli. Sono entrambi liberi professionisti impegnati almeno dieci ore al giorno. Condividono pochi interessi ed hanno due diversi gruppi di amici che frequentano autonomamente due volte a settimana, il martedì ed il venerdì, ormai da circa due anni. Capita spesso che non riescano a mangiare assieme per gli impegni di lavoro e per le diverse attività sportive e ricreative che seguono separatamente. Nei fine settimana vanno spesso a casa delle famiglie di origine dove recitano la commedia della coppia perfetta per non preoccupare i familiari. Hanno già provato altri percorsi di psicoterapia individuale e anche uno di coppia, senza però aver mai ottenuto risultati apprezzabili. Carla, infine, afferma che questo sarà il loro l'ultimo percorso prima di rivolgersi ad un legale per formalizzare la separazione.
Mentre la moglie descrive quanto sopra, il marito rimane in silenzio, guardando spesso a terra e mai verso la partner. Dà proprio l'impressione di non ascoltare neppure quanto lei dice come se questa fosse la ripetizione di una novella ormai scontata. Appena la moglie conclude il suo racconto, chiedendo a Paolo il suo punto di vista, lui cambia posizione sulla sedia e guardandomi in volto inizia a parlare.
La sua versione conferma nei tratti salienti la descrizione offerta da Carla. Aggiunge che sono arrivati a questo punto soprattutto da quando hanno iniziato a riempire le loro giornate, già molto impegnate dal lavoro, con interessi ricreativi nei quali non si sono reciprocamente coinvolti.
Alla mia domanda: "questi impegni hanno come obiettivo quello di accrescere il vostro benessere individuale o di ridurre le occasioni di incontro?". Rimane sorpreso e, con il candore di chi scopre una verità per la prima volta, risponde: "adesso che mi ci fa pensare penso che sia soprattutto per ridurre il tempo assieme". Riferisce di aver provato all'inizio anche a coinvolgere la moglie nelle sue passioni ma di non aver intercettato il suo interesse. Trascorrere assieme il tempo libero, dovendo proporre qualcosa o adeguarsi a quanto proposto dall'altro, pensa sia diventato per entrambi insostenibile. In precedenza, riferisce che le cose andavano in modo decisamente diverso, condividendo molte cose piacevolmente in coppia. La sensazione che avverte è quella di una estrema solitudine all'interno della loro relazione. Guardo la reazione della partner che conferma con un gesto di assenso del capo quanto affermato dal marito.
Anche l'intimità, che era sempre stata un loro "cavallo di battaglia", negli anni in cui hanno fatto percorsi di procreazione assistita si è lentamente trasformata in un "lavoro", perdendo così "la magia dell'incontro" sostituita "dal dovere della prestazione nella finestra più fertile del mese". Carla racconta che da tre anni hanno rapporti intimi sporadici, a suo dire perché il marito non la cerca più. Riferisce di aver sofferto questa situazione per il primo anno finendo poi per adeguarsi.
A questo punto, avendo chiaro il motivo della loro richiesta di aiuto, chiedo ad entrambi che cosa abbiano fatto fino ad ora per affrontare la situazione. Mi riferiscono che, oltre ai percorsi psicoterapici e forse in parte sollecitati anche da quelli, per molti mesi hanno cercato di analizzare razionalmente il loro rapporto finendo solo per rinfacciarsi reciprocamente la colpa del fallimento della loro relazione. Questo li ha ancorati rigidamente alla propria visione soggettiva, peggiorando le cose e convincendoli che la loro relazione sia ormai immodificabile. Attualmente alternano periodi in cui si ignorano ad altri in cui litigano aspramente. Proprio per evitare di starci male tendono ad evitarsi nella quotidianità.
Chiedo ad entrambi: "avendo così chiara la situazione, che cosa vi spinge ad intraprendere un nuovo percorso?". "Se posso usare una metafora", dice Paolo, "sembriamo due pugili alla decima ripresa, esausti del combattimento, senza più neppure la forza o la volontà di prevalere sull'altro ma solo in attesa del gong finale, a differenza dei quali però siamo consapevoli che dopo non ci sarà né un vincitore ai punti, né un pareggio, ma una sonora sconfitta per entrambi. Penso che tutti e due non vogliamo rassegnarci alla sconfitta". Mentre lui pronuncia queste parole la moglie inizia a piangere. Porgo un fazzoletto a Carla, che singhiozzando aggiunge: "è proprio come dice Paolo, non vediamo la separazione come un'opportunità per ripartire da soli, ma come la certificazione del nostro fallimento".
"Bene", sottolineo io, "abbiamo trovato la prima cosa che vi unisce. Se vi angoscia così tanto la prospettiva di non stare assieme vale la pena provare a vivere in coppia e non con il partner". Dopo una breve pausa, proseguo dicendo: "credo di potervi aiutare in questa direzione e mi fa piacere farlo. Credo di poterlo fare anche in tempi relativamente rapidi se sarete disponibili a seguire le mie indicazioni. Oltre a quanto ci diremo in seduta, infatti, vi darò delle cose da fare tra un incontro e l'altro. Questo renderà più veloce il percorso e grazie ai feedback che mi darete sugli effetti dell'attuazione delle mie indicazioni potremo far evolvere il nostro lavoro al meglio"17. Carla, sorpresa dalle mie parole, interviene dicendo che non aveva mai considerato la possibilità che un terapeuta potesse rifiutare di seguirli. Afferma: "le sue parole mi colpiscono in positivo, mi fanno sentire che abbiamo una speranza anche noi". Entrambi si dichiarano concordi e fiduciosi nell'iniziare il percorso proposto.
Come prima indicazione chiedo ai coniugi: "ritagliatevi ogni giorno, prima o dopo cena, mezz'ora di tempo. Andate in una stanza dove possiate stare comodi e caricate una sveglia a suonare dopo quindici minuti. Uno di voi starà in piedi e potrà lamentarsi di tutto quello che vuole mentre l'altro dovrà rimanere seduto in religioso silenzio. Appena suona la sveglia, invertite la posizione ed il turno di parola e di ascolto. La volta successiva parlerà per primo chi la sera precedente aveva iniziato ascoltando18. Dovrete poi evitare di parlare di quanto emerso nella mezz'ora, nelle 23 ore e mezzo successive, stabilendo così una sorta di Congiura del silenzio19".
Con la seconda indicazione propongo loro di ritagliarsi qualche minuto ogni giorno per chiedersi: "se io volessi peggiorare, anziché migliorare, l'attuale situazione, fossi così masochista da voler aumentare il malessere nella coppia, che cosa potrei fare o non fare, pensare o non pensare, per complicare ulteriormente le cose? E che cosa potrebbe fare o non fare, pensare o non pensare il partner per peggiorare la situazione? Le domande sono domande teoriche e anche le risposte lo sono altrettanto, evitate di metterle in pratica! Tutte le opzioni che vi verranno le annotate in due diverse colonne: Io, Lei/Lui. Evitate di condividerle prima del nostro incontro. La prossima volta ne discuteremo assieme20. D'accordo?" Ottenuto il loro assenso, fissiamo l'incontro successivo.
Dopo due settimane si siedono di fronte a me due persone molto diverse rispetto al primo incontro. Sono altrettanto curate nell'aspetto ma molto più sciolte nell'interazione reciproca. Si guardano e parlano tra loro mentre io mi accomodo sulla poltrona. Appena chiedo: "Come sono andate le cose in queste due settimane?". Entrambi accennano un sorriso e lui prende la parola dicendo: "Direi bene!", guardando la moglie mentre parla. Lei annuisce con la testa ed afferma: "Siamo stati più sereni, più rilassati".
Con un atteggiamento di compiaciuto stupore, chiedo loro di raccontarmi quanto accaduto. Entrambi sottolineano come sia stato utile per loro ritagliarsi ogni giorno la mezz'ora di confronto. I primi giorni, riferisce Paolo, è stato quasi imbarazzante, poiché non erano più abituati a parlarsi l'uno di fronte all'altra. Dopo l'imbarazzo, hanno avuto alcuni giorni nei quali si sono detti di tutto, rispettando gli spazi reciproci ed evitando di tornare su quegli argomenti nel resto della giornata. Negli ultimi giorni gli sono capitate occasioni nelle quali non avevano niente da recriminare e hanno utilizzato lo spazio guardandosi in silenzio finché non scoppiavano a ridere. Talvolta hanno parlato di altro, raccontandosi aneddoti curiosi capitati nella giornata. Carla conferma quanto detto dal marito, sottolineando che il clima che respirano in casa è molto cambiato: "dopo anni siamo riusciti ad ascoltarci guardandoci negli occhi senza interromperci a vicenda o fuggire dalla situazione".
Complimentandomi con loro, evidenzio l'importanza di quanto mi stanno dicendo: "credo sia stato altrettanto strano e piacevole, dopo tanto tempo, sentirvi ascoltati dal partner. Avete riassaporato la differenza tra sentire ed ascoltare quello che l'altro dice. Si sente quando si cerca nelle sue parole l'appiglio per controbattere, mentre si ascolta quando si prova a vedere le cose dalla sua prospettiva".
Alla domanda su come peggiorare la situazione, entrambi riportano una serie di comportamenti e atteggiamenti che riconoscono di aver assunto fino ad allora. Carla riferisce, ad esempio, che per peggiorare potrebbe azzerare del tutto il dialogo, rimanere spesso fuori casa, o sentirsi giudicata da lui; mentre Paolo individua come comportamenti peggiorativi l'estraniarsi ed il sentirsi deriso. Indagando sugli effetti del compito scopriamo che li ha portati ad agire in modo diverso, interrompendo quanto ritenuto negativo: "è come se avessi visto in maniera chiara i vicoli ciechi del percorso", afferma Paolo, "provando, anche se forse non sempre con successo, ad evitarli".
Anche quanto annotato in merito ai comportamenti del partner individuati come disfunzionali, evidenzia una buona comprensione reciproca: Paolo indica come peggiorativo dell'attuale situazione un eventuale tradimento della moglie o la decisione di lei di parlare con i propri familiari dei loro problemi; Carla riporta, invece, come comportamento che aggraverebbe la situazione un nuovo rifiuto nell'intimità da parte di Paolo o un atteggiamento nei suoi confronti da "maestrino". A seguito della lettura in seduta delle riflessioni annotate dai partner alla domanda sul come peggiorare, entrambi dichiarano di aver compreso solo adesso quanto negli anni si siano, almeno in parte, comportati inconsapevolmente proprio come l'altro/a riteneva meno opportuno, finendo così per scavare tra loro un solco profondo.
Ci lasciamo confermando lo spazio quotidiano nel quale alternarsi per quindici minuti ciascuno nel parlare ed ascoltare in silenzio e aggiungendo una nuova indicazione che andrà a sostituire la domanda sul come peggiorare. Chiedo, quindi, ai coniugi di porsi ogni mattina, mentre si preparano per uscire e si vestono, le seguenti domande: "Cosa farei di diverso, come cambierebbe il mio comportamento se avessi al mio fianco il partner ideale? E cosa farebbe di diverso, come cambierebbe il comportamento di Paolo/Carla se per lui/lei io fossi il partner ideale? Tutte le opzioni che vi verranno in mente le annoterete in due diverse colonne: io, lei/lui; la prossima volta ne discuteremo assieme. Evitate di condividerle prima del nostro incontro21. Va bene?" Mentre annuiscono, manifestano entrambi quel sorriso malizioso e incuriosito di chi sta già riflettendo, divertito, su quanto richiesto.
Dopo due settimane li trovo in sala d'aspetto seduti sul divanetto a sfogliare un catalogo di viaggi: ho l'impressione adesso di trovarmi dinanzi ad una coppia e non più di fronte a due singoli. Entrati in studio ed accomodati sulle poltrone davanti alla scrivania, esordiscono informandomi di aver fissato un fine settimana a Salisburgo. Commento sull'ottima scelta, un'elegante cittadina dove arte e cultura si sposano ad un incantevole paesaggio.
Mi riferiscono di aver proseguito lo spazio di dialogo e di aver ampliato e consolidato quanto sperimentato nelle settimane precedenti. L'idea del viaggio è uscita proprio in una di quelle, che sono ormai diventate, delle piacevoli chiacche- rate. Solamente in un paio di occasioni hanno avuto bisogno di esternare dei disagi che, dopo essere stati condivisi, sono "come evaporati".
Come effetto delle domande mattutine raccontano di aver notato che per diversi aspetti l'altro/a erano stati e risultavano ancora come partner ideali, annotando solo poche riflessioni. Ad esempio, Carla afferma: "sorriderei di più e curerei il mio aspetto per lui, mentre lui mi dichiarerebbe il suo amore, e mi coccolerebbe"; mentre Paolo dice: "farei in modo di passarci più tempo possibile e lei mi farebbe delle sorprese". Appare evidente da quanto e da come riferito che l'atteggiamento di entrambi verso la coppia è molto cambiato, anche se ancora la condivisione nel quotidiano risente delle abitudini precedenti.
Ritengo sia arrivato il momento di proporre ai coniugi la tecnica dell'Attenzione nascosta22. Suggerisco...