Romanzo diffuso e agenzie letterarie
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Romanzo diffuso e agenzie letterarie

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Informazioni sul libro

E' un saggio culturale volto ad analizzare l'attuale disastro della
cultura della quale non si sa più dare definizione. Abbiamo vissuto per
un cinquantennio sotto la cupola culturale della sinistra che ci
schiacciava, prima con la follia del romanzo doverosamente impegnato a
sinistra ed oggi con editori ed agenzie letterarie paurosi che chiedono
romanzi disimpegnati, avvincenti, corti, con pochi personaggi, da
consumare con golosità come se fossero gelati.
Nel saggio, individuo
nel romanzo diffuso. Che descrivo. Una delle vie possibili per tornare a
far grande romanzo, sollecitando il coinvolgimento culturale del
lettore e non il suo abbandono al dolce gusto del gelato.

Domande frequenti

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9791220323116
Di che cultura stiamo parlando? Come si è arrivati a questo deserto?
Si dice che la cultura romana fu letteraria, artistica, poetica ma priva di pensiero filosofico. Questo non vuol dire analfabetismo culturale. Senza diffondersi sul poema di Lucrezio che illuminava l’altra metà del cielo che pochi vedevano, i romani inventarono l’arco, il cemento, i coppi, i mattoni, le strade, il diritto. Su queste conoscenze, sulla cultura filosofica, storica, giuridica, tecnica nasceva la nostra civiltà, anche se oggi l’ egemonia culturale della sinistra, sulle orme della cultura letteraria, non vuole neppure vedere quella metà del cielo. Del resto questo era il programma di Gramsci: conquistare l’elite, conquistare l’elite culturale. Aveva ben capito che chi conquista la cultura, non la cultura complessiva che comprende l’altra metà del cielo, ma loro asfittica, padronale cultura, delle ottave del Tassoni, dei sociologoni, conquista il potere della società.
Cultura è anche sapere leggere un disegno meccanico e saperlo interpretare. Lo è nello stesso modo delle terzine di Dante. Che vuol dire interpretare? Costruire il pezzo sapendo che materiali usare, forare col trapano, segare con la sega, fresare con la fresa, tornire col tornio, livellare le varie superfici come chiedono i disegni. Questo è meno cultura dell’aver letto quattro ottave in croce della Secchia Rapita del Tassoni?
Certo queste conoscenze dei meccanici, degli elettrici, ecc. decadono perché la società tecnologica è anche fin troppo viva e non ha tempo per le macerie mentre il Tassoni è sempre lì, anima morta e rudere della cultura letteraria, ma sempre utile come blasone di cui addobbarsi per tutta la vita. Anime morte per tutta la vita? Archeologi nobili? Certo poca fatica e definitiva.
Lo stesso vale per gli impianti elettrici, per gli armadi elettrici, per i cicli di lavorazione automatica elettrici, elettronici, informatici, idraulici, pneumatici. Per la loro progettazione e per la loro esecuzione bisogna prendere in mano le specifiche, saperle leggere, eseguire gli schemi, seguire i disegni fare i giusti collegamenti, il che è possibile solo se si sanno interpretare quei segni criptici. E così per l’elettronica, la cablatura, la scelta dei componenti. Tutto questo non è sapere mentre lo è un’ottava del Pulci o, addirittura I promessi sposi?
Questa è una posizione non diversa da chi malignamente afferma che il 50 per cento degli elettori della lega ha appena la licenza elementare. Beh, siamo in tanti allora. Ma quali persone hanno solo la licenza elementare e non le succulente lauree d’elite, dopo l’appropriata base di un buon liceo classico, con tanto di greco? Probabilmente molti di queste persone insultate come rozze, ignoranti, ha cinquanta e più anni e viene dalla notte dei tempi; da quella notte di quel povero dopoguerra, quando al lavoro si andava in bicicletta o su qualche vecchia Vespa e, alla fine delle elementari, per aiutare, per campare, per ricostruire, si faceva l’operaio in catena, il tubista, l’elettricista, il cameriere, il meccanico aggiustatore, il tornitore, il fresatore, il muratore, il piastrellista e, non raramente, in contemporaneità, tutti questi mestieri.
“Perché queste scelte faticose e stupide” si chiederanno i polli d’elite “I licei classici ci sono sempre stati, la lingua greca pure e allora perché erano così sciocchi da fare mestieri così faticosi? Valli a capire questi ignoranti che oggi votano Salvini!”
Molti si mettevano come si diceva allora “in proprio”, diventano impresari, in tutti i rami e per loro. oltre le conoscenze del mestiere, dei mestieri - arabo per i polli d’elite - fu necessario imparare a districarsi tra permessi, tasse, cambiali, libri contabili, insoluti, estensione, calcolo di preventivi, programmazioni: un mare di conoscenze di cui dovettero appropriarsi senza ricorrere ai banchi di scuola e, poveretti loro, ignorando anche il sacro Tassoni, conoscenze quindi non sostenute da una buona, sana, efficace, unificante conoscenza di quel greco classico, che solo il liceo poteva garantire. Ma anche chi non era in proprio era un’arnia di conoscenze; dopo il lavoro in fabbrica, i nostri baldi, con le solo elementari, coltivavano i loro campi, si aggiustavano, e si costruivano la casa, acquisendo oltre alle altre già in loro possesso, queste nuove, svariate conoscenze e abilità.
Fecero l’Italia e il suo benessere. Impararono sul campo le conoscenze necessarie, pagarono con il loro lavoro i licei ai loro ricchi, colti, potenti, compatrioti. Costituirono quel plusvalore alla base del miracolo economico italiano. Costruirono le loro abitazioni e molti di loro le diedero impegno alle banche, per nuove iniziative.
Solo a questo punto, dopo queste ovvie e vere considerazioni, si può aprire un discorso sulla cultura, su cosa è cultura, su quali sono i suoi confini, con una visuale, comunque più ampia di quella stitica e snobistica dell’elite ridotta al latino, al greco, alla letteratura, al teatro. Una cultura, oltretutto, coltivata non tanto nei teatri ma nei ridotti dei teatri e nei salotti alla moda, dove ancora elitariamente si discrimina, dove coltissime posizioni snobistiche entrano fra loro in competizione e costruiscono altre scale di snobismo come quelle di un Puccini troppo popolare, di Mascagni troppo sanguigno e volgare, quella di un Verdi fracassone, troppo popolaresco e poco spirituale, troppo sempliciotto e terragno a paragone del divino, spirituale Wagner. Elitarismo che non coinvolse Stravinskij, che, in una delle sue conferenze, dichiarò: So che vado contro l’opinione comune che vuole il miglior Verdi sia nell’alterazione del genio al quale dobbiamo Rigoletto, il Trovatore, l’Aida la Traviata. So di difendere precisamente quello che una elite recentissima disprezzava nell’opera di questo gran compositore. Ne sono spiacente; ma affermo che c’è più valore e più inventiva nell’aria de “La donna è mobile”, per esempio, in cui questa elite non vedeva che deplorevole facilità,di quanto non ce ne sia nella retorica e nelle vociferazioni della Tetralogia.
Ed ora dopo lo stitico elitario presente spirituale, lanciamoci in un viaggio: breve e solo funzionale al mio scopo di illustrare il romanzo diffuso culturale e per capire come si sia arrivati a questa morente. disastrosa cultura d’elite
MEDIOEVO PERIODO DI DECADENZA O DI GRANDE CULTURA?
La grande novità, la grande apertura del medioevo, al di là della discussione tra realisti, concettualisti nominalisti, al di là della preziosa opera di salvataggio delle grandi opere del passato greco e romano, fu l’infinito attuale. L’impegno a conciliare gli antichi filosofi soprattutto Greci, soprattutto Aristotele, con il Dio della Bibbia, comportava l’esame dei rapporti fra l’uomo finito e Dio infinito, tra la razionalità umana e quella divina, tra il tutto e la parte, tra il bene e il male. Non a caso il grande problema di Agostino fu quello di rispondere alla domanda: se dio è infinitamente buono da dove il male? Ma altre domande e questioni dovevano essere indagate: la natura della trinità, quella del dio uno e trino, quella di Maria, quella dell’incarnazione. Altre domande premevano: come si arriva a Dio? Con la ragione, perché essendo stati creati congeneri, a sua immagine e somiglianza, la nostra ragione può arrivare a lui e predicarne? Oppure come riteneva Bernardo, si commette un peccato di superbia cercare di arrivare a lui?
Le verità matematiche come “2 + 2 = 4 sono necessariamente valide per noi e necessariamente valide anche per Dio?
Il problema del rapporto tra l’infinito e il rapporto col finito rimarrà un pilastro della riflessione e ne è ben cosciente Dante: questi sono problemi ben presenti nei pensatori Cristiani, e, in fondo, in tutti i fedeli.
UGO DA SAN VITTORE
Ugo è importante per la sua larghezza di vedute nel tracciare i confini della cultura e per la sua concezione dell’incarnazione.
Oggi uno degli aspetti più spettacolari e riusciti è l’omologazione di Gesù Cristo come precursore del socialismo. Un’omologazione che ha conquistato molti fedeli, ma per i veri credenti, per i quali il cristianesimo è una religione con un Dio trascendente, che ha parlato alle sue creature attraverso il Libro, nulla è più inaccettabile che la riduzione dell’azione di Cristo alla sua predicazione sociale. Il centro sacro, il fondamento della fede cristiana non sta nella predicazione rivoluzionaria, questa è una desacralizzazione ma nel sacramento dell’incarnazione. Cristo non è un precursore di Marx ma è il Dio che si è incarnato in terra per redimere l’uomo dal peccato originale. I padri della chiesa per secoli hanno narrato il cristianesimo, partendo dalla creazione, dalla Genesi e proseguendo. Commentavano gli eventi narrati e ne traevano dottrine e insegnamenti poi, arrivò Ugo da San Vittore.
Cosa c’insegnò Ugo da San Vittore? Prima di lui, i padri della chiesa nei loro commentari alla Bibbia seguivano la loro fonte non solo nel contenuto ma anche nella forma. Una forma che, partendo dalla creazione del mondo proseguiva fino all’avvento del Cristo e alla finale resurrezione della carne, seguendo il cronico susseguirsi degli eventi storici dei rapporti fra Dio e il suo popolo.
Ebbene Ugo capovolse la tradizione e soppresse il tempo. Presentò il cristianesimo iniziando dall’incarnazione, il suo fondamento più sacro.
Il centro della Cristianesimo è Dio che s’è incarnato e fatto uomo per salvare noi peccatori in questa vita sulla terra. Il Verbo fattosi uomo è il nostro re che è venuto in questo mondo per combattere il demonio; tutti i santi sorti prima della sua venuta sono stati i precursori di questo re; tutti i santi venuti dopo di lui e che ancora verranno sono una schiera di guerrieri che seguono il loro re. Ma il re, Lui, sta in mezzo al suo esercito e procede con esso attorniato e circondato da ogni lato dalle schiere di soldati.
Con questo concetto Ugo non cambia solo l’ordine degli eventi pone in primo piano l’evento più sacro e centrale della fede e dice qualcosa di rivoluzionario. Cristo avanza come un re e un conquistatore e le sue truppe non sono solo i suoi fedeli ma anche gli uomini saggi e buoni vissuti prima di lui. Tutti partecipano di quel sacramento: Ugo ci dice che l’incarnazione non fu un evento; non fu, cioè, un accadimento in un preciso tempo della storia con un inizio e una fine, ma fu atemporale: nell’incarnazione di un dio eterno e infinito, si realizza l’incontro fra l’eternità e il tempo, tra il finito del mondo e l’infinità di Dio, un’unione che unifica i secoli e riporta in un eterno presente il passato e il futuro.
Tutto ciò che accadde nel tempo dell’incarnazione di Cristo, è sempre accaduto e continua ad accadere in ogni istante; il sacrificio dell’incarnazione e la redenzione accadevano fin dall’inizio dei secoli, accadevano in Grecia ai tempi di Platone e continuano ad accadere oggi e accadranno in futuro. Il corpo di Cristo è sempre coi suoi fedeli e lo sarà fino alla fine del tempo. Il tempo è una cosa umana. Quando dio ha creato il mondo ha creato anche il tempo.
Ma Ugo da San Vittore non è solo l’autore del De Sacramentis, dove rivoluziona il racconto biblico.
Il suo capolavoro è il Didascalicon in cui si manifesta il suo spirito “enciclopedico”. Esalta con entusiasmo la creatività e la perizia degli artigiani, dei muratori dei cuochi, dei tessitori, dei metallurgici, ecc. l’innovazione che riescono a inserire nella vita umana è entusiasmante: le loro conoscenze partecipano alla creazione e sono veri saperi. Per Ugo sono parti della filosofia.
Ugo è un rivoluzionario in tutti i sensi, un religioso entusiasta dell’uomo che si sta affacciando in una società in fuga dal sapere mummificato delle università angiologiche e in corsa verso le nuove città rinascimentali. Il Didascalicon è una vera anticipazione delle spirito che animerà gli enciclopedisti.
IL RINASCIMENTO
Anche col rinascimento andremo veloci. I sapienti, i filosofi, i matematici rinascimentali, che rifiutano la dittatura culturale di Aristotele, espressa dall’“Ipse dixit”, tornano a leggere e discutere Platone, facendone un punto di partenza. Di qui l’abbandono dei temi della logica medioevali e la rinascita di quelli geometrici, aritmetici, presupposto basilare per la nascita di una scienza quantitativa.
La matematica assume sempre maggior importanza negli studi in tutti i campi, dalla prospettiva all’astronomia, una vera rivoluzione che accompagnò il rinascere dell’uomo. Nonostante i grandi successi ottenuti dai matematici rinascimentali (tra i quali, pittori e architetti) Regiomontano, Luca Pacioli, Leon Battista Alberti, Piero della Francesca, Scipione del Ferro, Niccolò Tartaglia Girolamo, Cardano, Rafael Bombelli, François Viète a Albert Girard, John Napier, molti dei quali italiani, nonostante l’appassionata enfasi del matematico Clavio a favore della cultura matematica, questa non venne mai tenuta in considerazione dalle università del tempo ancora in latino, ancora angiologiche. Il matematico gesuita dell'Università di Ingolstadt, Cristoph Scheiner (1575-1650), per esempio, lamentava la scarsa considerazione in cui era tenuta la matematica dai professori di filosofia. I teoremi di Euclide, affermava Regiomont...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Indice
  3. Frontespizio
  4. Copyright
  5. Altre Vie - Per il nuovo romanzo diffuso
  6. Banalità e orizzonte del cielo
  7. Ci sono romanzi e romanzi
  8. Liberazione di uno spicchio di cielo
  9. Le lunghe peripezie del pensiero
  10. La nuova arte e le luci natalizie
  11. La società civile e i palazzi dell’opera
  12. L’evento Strehler e il suo significato
  13. Ma perché questo sfacelo? Polifonia monodia, Trovadori, Trovieri, Monteverdi.
  14. Concerti beat e concerti e opere chic
  15. La società civile e la musica
  16. Teatro di prosa: cenni.
  17. L’arte figurativa
  18. Filosofia del linguaggio
  19. Letteratura
  20. Di che cultura stiamo parlando? Come si è arrivati a questo deserto?
  21. Seconda parte polemica con un’agenzia letteraria
  22. Considerazioni finali