Il Cooperative Learning
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Il volume si propone di esplorare il cooperative learning nelle sue
forme e modelli, sia approfondendo il tema nella teoria che nelle
applicazioni pratiche.

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Informazioni

Anno
2021
ISBN
9791220334662
CAPITOLO PRIMO
Introduzione teorica al modello
del Cooperative Learning
1.1 Introduzione
Charles Handy nel suo libro “The age of unreason” afferma che ci troviamo nell’età dell’irrazionalità, che il mondo che hanno conosciuto i nostri antenati non è più il nostro. Tutto si trasforma ad una velocità tale che diventa impossibile fare delle previsioni a lungo termine.
Obiettivo dell’uomo, all’inizio dell’età moderna, era dominare la natura. Bacone, Galileo, Cartesio svilupparono metodi che potessero consentire di cogliere le sue leggi e di prevederne gli sviluppi.
L’uomo per dominare sulla natura, nel corso del tempo, ha realizzato una serie di strumenti che a loro volta hanno modificato il mondo rendendolo però più complesso e difficile da controllare.
Per vivere nella nostra società bisogna essere capaci di adattarsi velocemente al cambiamento e rendersi conto del fatto che gli uomini sono legati l’un l’altro ormai a livello planetario. Troppo spesso, a livello di percezione soggettiva ci si comporta ancora in modo individualistico ed in modo competitivo, mentre le situazioni che viviamo ogni giorno possono essere affrontate solo in modo cooperativo. Non è un caso che coloro che riescono ad imporre la loro voce sono quelli che si associano.
È necessario, in una società sempre più complessa, arrivare a comprendere a livello soggettivo la situazione di interdipendenza planetaria che si vive e comportarsi di conseguenza.
Diventa perciò importante acquisire nuove abilità nella gestione delle informazioni e delle relazioni interpersonali; non ci si può più accontentare di imparare ma è necessario imparare ad imparare,per essere in grado di farlo per tutta la vita.
Ogni persona, normodotata o non, non può più accontentarsi di raggiungere obiettivi minimi nell’apprendimento e nella relazione; ciascuno deve arrivare a sviluppare al massimo le proprie doti. Ognuno ha margini di miglioramento, ognuno, come dice Vygotsky, ha la propria zona di sviluppo prossimale, ognuno cioè ha la possibilità di sviluppare al massimo le proprie qualità grazie all’intervento collaborativo degli altri.
Compito dell’educatore è aiutare ad accrescere queste qualità utilizzando gli strumenti e le modalità più adatte al destinatario del suo intervento educativo.
1.2 La scuola cambia
La scuola sta cambiando; essa non è più solo il luogo all’interno del quale si devono acquisire conoscenze, ma anche competenze e capacità.
Compito prioritario della “nuova” scuola è la creazione di ambienti idonei di apprendimento che abbandonino la sequenza tradizionale lezione- studio individuale- interrogazione per dar vita a comunità di discenti e docenti impegnati collettivamente nell’analisi e nell’approfondimento degli oggetti di studio e nella costruzione di saperi condivisi.
Tutto ciò richiede metodi di insegnamento capaci di valorizzare simultaneamente gli aspetti cognitivi e sociali, affettivi e relazionali di qualsiasi apprendimento.
Insegnare, quindi, non può più significare soltanto “curricolo e istruzione” ma anche gestire la classe, motivare gli studenti ad apprendere e cercare di soddisfare i loro bisogni individuali.
A questo punto la domanda fondamentale è: come può un docente prestare attenzione ai bisogni individuali quando ha responsabilità continue nella conduzione di classi di venticinque e più studenti?
Una metodologia che potrebbe essere di aiuto ai docenti e dare risposte concrete a questa domanda è proprio il Cooperative Learning.
1.3 I bisogni formativi dei docenti
I bisogni formativi dei docenti in campo psicopedagogico sono stati esaustivamente affrontati da C. Pontecorvo (1996), secondo la quale il saper fare di un docente deve racchiudere : saper ascoltare gli alunni e mettersi dal loro punto di vista emotivo e cognitivo per far crescere autonomia e sicurezza; gestire il discorso e l’interazione sociale come strumenti di costruzione di abilità e conoscenze, di arricchimento dell’esperienza, di stabilità emotiva; organizzare il tempo, lo spazio gli ambienti per rendere naturalmente sistematiche le attività didattiche e per fare la regia di una progettazione curricolare flessibile. In questa gamma di attività la formazione psicologica gioca un ruolo primario. Per dare una fondazione scientifica a tali competenze, l’insegnante deve conoscere la psicologia dello sviluppo e dell’educazione, la psicologia sociale, la psicologia generale e dinamica. La psicologia dello sviluppo e dell’educazione e le sue correlate metodologie e tecniche possono sostenere l’attività di osservazione da ampio raggio, articolata, sistematica, rivolta allo sviluppo ed alla socializzazione degli alunni, che, se svolta nel contesto ecologico delle attività didattiche, offre il riscontro del funzionamento reale delle istituzioni educative. Compito prioritario delle prime fasi scolastiche è sviluppare il gusto ed il piacere nell’apprendere, la motivazione all’apprendimento e alla competenza, la volontà di esplorare campi nuovi.
È pertanto rilevante una buona conoscenza da parte di tutti i docenti di tutte le problematiche relative alla motivazione ed è anche importante che siano consapevoli del ruolo che le teorie “ingenue” sulla intelligenza e sulla personalità degli stessi educatori hanno sulle autorappresentazioni e sulle motivazioni dei loro allievi. E’ anche essenziale che lo studio del curricolo sia nei suoi fondamenti teorici, epistemologici, metodologici il rapporto tra acquisizioni culturali e sviluppo di abilità, sia nelle fasi più operative di ideazione, costruzione e conduzione di unità curricolari specifiche. La sua base di ricerca è data da una psicopedagogia del curricolo che considera lo sviluppo dei bambini in stretta correlazione con le sollecitazioni culturali, cognitive e sociali che gli sono offerte dagli ambienti educativi. La psicologia dell’educazione tende sempre più a definirsi nei termini di una psicologia culturale dell’istruzione in cui è centrale il modo in cui il soggetto in evoluzione si appropria degli strumenti dei media, degli artefatti che caratterizzano la cultura di appartenenza.
Gli sviluppi recenti dell’impostazione vigotzskiana hanno dato rilievo al carattere situato e distribuito dell’attività di costruzione della conoscenza che avviene sempre all’interno di sistemi di attività socialmente significativi in cui è determinante il ruolo degli strumenti e dei materiali. Quanto all’area della formazione all’interazione educativa e didattica essa coinvolge i diversi compiti di gestione del docente che si esplicitano in complessi comportamenti educativi e strategie didattiche. E’ sostanziale che l’insegnante divenga capace di ascoltare e sostenere il discorso e l’interazione dei bambini finalizzata alla comunicazione, allo scambio, alla soluzione di problemi, alla costruzione di conoscenza nelle diverse forme che può assumere: l’interazione fra pari (diadica e di piccolo gruppo), l’interazione più allargata, la discussione collettiva. Per far questo bisogna saper utilizzare in modo adeguato gli strumenti di analisi e di gestione del discorso e della conversazione, imparando a controllare, anche quantitativamente, la propria partecipazione al processo comunicativo.
E da un punto di vista metodologico la formazione di abilità, comportamenti, strategie legati al discorso e alla comunicazione, può essere realizzata attraverso l’osservazione sistematica di situazioni in classe, l’analisi e la discussione di materiali videoregistrati e trascritti, la preparazione e la sperimentazione di proposte didattiche specifiche che favoriscano il discorso e la collaborazione. Dello stesso parere riguardo a quest’ultimo aspetto sono la Francescato (1992) e la Malagoli- Togliatti (1992) autrici di studi sul gruppo-classe.
È proprio sugli ultimi due aspetti analizzati, l’interazione fra pari come fattore di maturazione della personalità e di costruzione di conoscenza e l’attività di ricerca e sperimentazione dei docenti che bisogna focalizzare l’attenzione. È necessaria una formazione docenti all’utilizzo di un metodo didattico (il Cooperative Learning) basato sull’interazione fra alunni, i cui scopi sono educativi e didattici.
1.4 Nascita e sviluppo del Cooperative Learning
L’idea del lavoro di gruppo non è nuova nella storia dell’educazione: suggestioni a tal proposito si trovano già nel Talmud ed in Comenio, mentre tra i contributi relativamente più recenti basti citare le esperienze di Bell in India e, in Europa, di Lancaster in Inghilterra, della scuola a squadre di Petersen in Germania ed in Francia le esperienze dell’equipe egualitaria di Cousinet, la tipografia scolastica di Freinet, la cooperativa scolastica di Profit.
Il Cooperative Learning presenta molti punti in comune con queste esperienze, ma anche numerose differenze che lo rendono totalmente innovativo rispetto al passato.
Un impulso decisivo agli studi nel settore è partito agli inizi del 900 ad opera di due scuole di pensiero, quella pedagogica di Dewey e quella psicologica di Lewin: senza dilungarci sull’argomento, diremo che entrambi gli studiosi, pur non essendosi mai confrontati, sottolinearono l’importanza dell’interazione e della cooperazione nella scuola come mezzo di promozione umana e sociale offrendo attraverso le loro opere numerosissime suggestioni in proposito. Le idee di Dewey sull’apprendimento cooperativo unite agli studi condotti da Lewin ed in seguito dai suoi allievi Lippit e Deutsch per l’elaborazione di metodi scientifici di raccolta di dati sulle funzioni e sui processi coinvolti nella cooperazione, costituiscono il corpus concettuale centrale che ha ispirato ed ha continuato a sostenere gli studi sull’apprendimento cooperativo. Il quadro teorico di riferimento adottato da diversi studiosi del Cooperative learning deriva in ogni caso anche dall’integrazione di vari filoni e principi teorici, che, oltre alla filosofia dell’educazione di Dewey ed alla psicologia sociale di Lewin e Thelen, possono identificarsi nella psicologia costruttivista della conoscenza di Piaget e di Sigel e Cocking, nel concetto di motivazione intrinseca di deCharms e Deci, nella psicologia umanistica di Rogers, nella pedagogia di Freire, nella filosofia relazionale di Buber.
L’inizio della ricerca sulla cooperazione in psicologia sociale viene datato intorno al 1920, mentre l’analisi e la specifica applicazione della modalità cooperativa alla classe sono cominciate agli inizi degli anni 70. I primi a ricercare ed a sviluppare metodi cooperativi in situazioni scolastiche sono stati tre gruppi di ricercatori indipendenti tra loro negli Stati Uniti ed un quarto gruppo in Israele.
Pur essendo stato gli USA un terreno particolarmente fertile per lo sviluppo del movimento cooperativo, attualmente, oltre che negli stessi Stati Uniti, esistono centri di ricerca sul cooperative learning anche in Canada, in Israele, in Olanda, in Germania, in Norvegia, in Inghilterra, in Australia, in Giappone. Per questo motivo, pur partendo dallo stesso nucleo concettuale, il movimento del cooperative learning ha dato luogo a diramazioni che si esprimono in diverse indicazioni di metodo, che in ogni caso non si escludono l’un l’altra: al momento attuale esso può esser definito un movimento educativo molto variegato che include diversi approcci teorici privilegianti talora l’aspetto cognitivo, talora quello sociale, talora quello didattico-gestionale della classe. All’interno di ciascuna, l’applicazione costante ed i risultati della ricerca stanno portando a continui approfondimenti della teoria ed a proporre nuovi principi di applicazione e campi di indagine: per questo motivo, definire con precisione il cooperative learning è un’operazione molto complessa poiché si tratta di un sistema dinamico che si evolve secondo il ciclo ricerca-pratica-teoria ed in cui convivono appunto teoria e prassi, ipotesi e verifiche, azione e ricerca. Tra i maggiori esponenti del cooperative learning indichiamo D.e R. Johnson, S. Kagan, S.Sharan, M. Cohen.
1.5 I principi del Cooperative Learning
Ciò che differenzia profondamente il cooperative learning da quello che è il lavoro di gruppo abitualmente svolto nelle scuole, sta nell’attenzione privilegiata diretta ai principi che lo caratterizzano nella strutturazione del lavoro scolastico. Tali principi, che illustriamo di seguito, devono essere chiaramente evidenziabili in ogni attività di gruppo, che viene organizzata con la massima cura. Alla base di ogni principio esiste infatti una vera e propria scelta di valore che emerge con molta chiarezza ad una riflessione attenta.
L’intuizione fondamentale degli studiosi del cooperative learning sta nell’aver evidenziato che non bisogna assumere come fanno molti insegnanti, che gli allievi sappiano come agire e comportarsi in gruppo od organizzare il proprio lavoro in un gruppo: l’aggregazione di allievi in gruppi per svolgere un compito non ne garantisce il funzionamento e tantomeno tali gruppi possono essere definiti cooperativi.
Al contrario è molto più corretto assumere che gli allievi non sappiano come comportarsi e come organizzare il lavoro, predisponendo di conseguenza un piano educativo per l’acquisizione delle competenze necessarie alla cooperazione. I principi possono cosi essere identificati: creare l’interdipendenza positiva all’interno del gruppo; insegnare direttamente e far usare continuamente le abilità interpersonali o competenze sociali e quelle di leadership distribuita, far esercitare gli allievi nell’affrontare i conflitti, risolvere i problemi e prendere decisioni in modo cooperativo, formare gruppi piccoli ed eterogenei; rivedere il lavoro svolto nel gruppo sulla base di precise dimensioni; valutare tenendo conto dell’apporto dell’individuo e del gruppo e delle abilità nell’applicare le competenze sociali; assumere, da parte dell’insegnante, il ruolo di colui che sa attivare, organizzare, orientare verso il compito le diverse risorse possedute dagli allievi creando nella classe una situazione con molti centri di lavoro, caratterizzata da una partecipazione e pianificazione collettiva delle decisioni, da una comunicazione multi-direzionale e da forme di aiuto reciproco.
1.5.1 L’Interdipendenza positiva
Per interdipendenza positiva si intende la percezione che il proprio successo sia vincolato a quello dell’altro, in maniera tale che si renda necessario coordinare lo sforzo reciproco per portare a termine un compito. Tale caratteristica viene ritenuta centrale dagli studi sul cooperative learning. Gli studi condotti in merito hanno individuato a seconda del contesto operativo tre diversi tipi di interdipendenza sociale (Deutsch,1968): quella che si crea nelle situazioni cooperative, competitive ed individualistiche. Nella struttura cooperativa la responsabilità di raggiungere un obiettivo comune è affidata all’intero gruppo. L’interdipendenza che si viene a creare è allora definita positiva in quanto la possibilità di ognuno di conseguire il proprio obiettivo dipende dalla possibilità degli altri di conseguire i propri.
Nella struttura competitiva l’interdipendenza personale viene definita negativa, poiché la possibilità per uno di conseguire l’obiettivo toglie agli altri tale opportunità: l’altro è cosi visto come concorrente che minaccia la propria vittoria. Nella struttura individualistica invece l’interdipendenza tra i membri del gruppo è assente. Le ricerche condotte (Deutsch, 1968; Johnson- Johnson,1991) hanno descritto il comportamento di soggetti appartenenti a gruppi cooperativi rilevando un alto grado di impegno condiviso per un obiettivo comune, relazioni positive (assunzioni di punti di vista degli altri, apprezzamento della diversità, soluzione costruttiva dei conflitti, amicizia profonda), dimensioni relative alla salute mentale (senso realistico della stima di sé, resistenza allo stress, moderati livelli di ansia, disponibilità a mettere le proprie risorse a servizio degli altri ).
Studi ulteriori, consistenti nella metanalisi di numerose ricerche allo scopo di confrontare l’efficacia delle tre diverse situazioni su tre variabili (relazioni sociali positive, sostegno sociale e stima di sé) hanno accertato la maggior efficacia della situazione cooperativa rispetto alle altre due. Specificamente nelle situazioni cooperative il miglioramento delle relazioni interpersonali provoca la diminuzione dell’assenteismo, l’aumento della responsabilità personale, dell’impegno e della motivazione ad apprendere, la persistenza di fronte a compiti difficili, l’impegno per il successo dei compagni, una maggiore produttività.
Per ciò che riguarda il sostegno sociale, che la cooperazione suscita fortemente, esso appare correlato positivamente con le stesse caratteristiche menzionate a proposito delle relazioni interpersonali e con la capacità di reagire in maniera efficace a situazioni stressanti; il sostegno sociale risulta inoltre essere di valore insostituibile nella gestione delle situazioni in cui vi è un aumento delle esigenze e delle pressioni ad essere produttivi. Ancora, le metanalisi hanno dimostrato che le situazioni cooperative producono un più alto livello di stima di sé rispetto alle situazioni competitive ed individualistiche.
La promozione dell’interdipendenza positiva a scuola viene effettuata attraverso vari passaggi. L’insegnante riunisce gli allievi formando piccoli gruppi ai quali assegna obiettivi correlativamente vincolati tra di loro; ognuno di essi per raggiungere l’obiettivo condiviso, incoraggia ed aiuta tutti quelli ai quali si trova vincolato affinché abbiano successo nel loro sforzo verso l’obiettivo comune; per raggiungere il risultato si discutono i contenuti, ci si sostiene l’un l’altro per capirli ed impararli e ci si stimola reciprocamente ad essere concentrati ed impegnati nel compito.
Per quanto riguarda il tipo di attività didattica, va indicata agli allievi la sequenza di obiettivi che porterà al raggiungimento dell’obiettivo, indicando quali di queste operazioni debbano essere svolte in modo cooperativo (ad esempio potrebbe essere che in un’attività in cui sia richiesta l’elaborazione di una sintesi vi sia un tempo dedicato alla lettura individuale del brano ed un tempo dedicato alla messa in comune delle sintesi). L’obiettivo posto deve essere sentito come significativo dagli allievi, in modo tale che siano spronati a raggiungerlo con l’aiuto e l’assistenza dei compagni di gruppo. Per ciò che riguarda l’interazione insegnante-allievo nelle situazioni cooperative il ruolo dell’insegnante è quello, nella fase iniziale, di predisporre accuratamente il lavoro dei gruppi, insegnare le competenze comunicative, controllare e rivedere il lavoro dei gruppi, di fornire idee e soluzioni solo quando è assolutamente indispensabile. L’insegnante precisa che la richiesta di aiuto deve avvenire solo dopo aver consultato tutti i membri del gruppo, il quale è la prima e fondamentale fonte di informazione, aiuto e rinforzo.
Per ciò che riguarda i materiali con i quali il gruppo lavora, il gruppo riceve un solo set di materiali oppure alunni diversi ricevono parte dell’intero materiale ed hanno la responsabilità di insegnare una parte dei contenuti agli altri membri del gruppo. Prima di iniziare il lavoro, l’insegnante presenta e fa praticare agli alunni le competenze comunicative che dovranno...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Indice
  3. Frontespizio
  4. Copyright
  5. CAPITOLO PRIMO
  6. CAPITOLO SECONDO
  7. CAPITOLO TERZO
  8. APPENDICE