Dall’urbanesimo al “miracolo economico”
Gli anni tumultuosi che caratterizzano l’inizio del secondo dopoguerra, quelli della resistenza indomita e insoddisfatta delle grandi manifestazioni popolari, che si trasferisce nelle piazze, invase dalle masse diseredate di reduci, di moltitudini senza speranza, oltre quella, ardua, della rivoluzione, sono trascorsi, lasciando spazio alla ricostruzione materiale e morale del Paese. Devastato da un immane conflitto. In poco più di un decennio sulle macerie delle città colpite sono stati edificati nuovi palazzi. Gli investimenti del piano Marshall hanno dato nuova linfa vitale alla società civile, a tanta gente disposta a rimboccarsi le maniche. Per guardare avanti, verso traguardi di riscatto economico. C'è tanto da fare. C'è lavoro per tutti. L'Italietta agricola, appannaggio della proprietà terriera, si appresta a mutare volto. Ed inizia una fase nuova di profonda trasformazione sociale ed economica. Comincia l'era dei "padroncini". Sono operai già occupati in grandi complessi produttivi del Nord, fabbriche metalmeccaniche, opifici tessili, industrie chimiche, che decidono di mettersi in proprio. Di mettere a frutto l'ingegno italico. Sono i prodromi ante litteram del Made in Italy.
Inizia la fuga dalla campagna
E' un fervore di opere che investe le città e le periferie, specie nelle regioni settentrionali. Ogni locale disponibile, vecchi capannoni dismessi, perfino stalle abbandonate, accolgono generazioni di giovani imprenditori manifatturieri, le improvvisate officine, le fabbriche della nuova industrializzazione che darà vita a tante piccole e medie imprese, altamente specializzate. Quelle che ancora oggi - affinate dall'alta tecnologia e da consolidata esperienza - costituiscono l'ossatura del settore secondario nazionale. Le campagne si svuotano. Inizia la fuga verso la città. Il bracciante rincorre la promozione sociale, la conquista di una maggiore dignità, aspira a diventare operaio. Esplode il fenomeno dell'urbanesimo. Un fenomeno di massa. Coinvolge uomini e donne. Le ragazze del contado avvertono i primi sintomi di un'esigenza di emancipazione che emergerà più tardi, prepotente, con il movimento femminista. E respingono le avances dei coetanei, pochi, rimasti legati al lavoro dei campi. Che faticheranno a trovar moglie. In loro soccorso arriveranno i sensali di un nuovo business dell'amore. Fanno la spola con la Calabria, mostrando fotografie di possibili partners, per reclutare giovani donne desiderose di trovar marito. Arriveranno da Paola fino alle nebbie della Val Padana per coronare un sogno di felicità, sovente reso difficoltoso, nella pratica di ogni giorno, da differenze di linguaggio che nella lunga Penisola dei dialetti, in gran parte ancora scarsamente alfabetizzata, non riesce a condividere l'idioma nazionale. Ma tant'è: anche questa sarà un'occasione per contribuire a realizzare, finalmente, l'unità d'Italia.
Anche dal Polesine, dalla miseria del Veneto depresso, raggiunsero le campagne lombarde e piemontesi intere famiglie di braccianti, a colmare, in parte, il vuoto lasciato dal massiccio esodo. E una vulgata diffusa, di sciovinismo spicciolo, li definì, per analogia con il fenomeno migratorio dal Meridione, "i terroni del Nord".
La grande emigrazione dal Sud
Nuovi “modelli”, nuovi stili di vita sollecitano ora l’immaginario giovanile. A proporli è il cinema. Sono i film importati dagli Stati Uniti, molti dei quali vengono ormai prodotti a Cinecittà - frequentata dai celebrati divi d’Oltreoceano - e quelli, non meno avvincenti, che appartengono al nuovo genere cinematografico della “commedia all’italiana”, girati, a loro volta, in quella che viene definita la Hollywood sul Tevere. Sono storie d’amore e di successo. Che fanno sognare. E che trovano riscontro nei diffusissimi rotocalchi di fotoromanzi, “Grand Hotel” e “Bolero”. Ai quali prestano il volto anche attori celebrati dello star system. Incantando e coinvolgendo, emotivamente, moltitudini di lettrici (e di lettori). Per non parlare di ciò che accade nella realtà con la partecipazione diretta dei protagonisti della “dolce vita” romana. Memorabili le nozze favolose tra Tyrone Power e Linda Christian (che indossava un abito bianco, sontuoso, con uno strascico lungo sette metri, confezionato dalla casa di moda delle sorelle Fontana1, prima sofisticata griffe del made in Italy) nella basilica di Santa Francesca Romana, arricchita da bouquet di garofani bianchi e da una sapiente scenografia. Una favola, sublimata dalla benedizione del Pontefice Pio XII.
Il treno della speranza
Il miraggio del lavoro, della dignità che conferisce, dell'orizzonte di benessere che lascia intravvedere, invocato come diritto confermato e consacrato nel primo articolo della costituzione repubblicana, agita anche la mente e le azioni di tanti giovani del Sud. E non bastano le promesse e le prospettive offerte dalla realizzazione della riforma agraria a frenare i loro propositi. Dieci, cento, mille, diecimila. Tanti ragazzi salgono sul treno della speranza. Il sogno rinchiuso in una valigia di cartone e si parte. Dalla Sicilia, dalla Puglia, dalla Calabria, dalla Campania, dalla Basilicata2, Inizia la più grande migrazione interna che ha interessato il periodo tra gli anni '50 e gli anni '60 del secolo scorso. Destinazione i distretti industriali del Nord: Torino, la catena di montaggio della Fiat, Milano le fabbriche della grande metropoli lombarda. Il fascino di una vita migliore nella capitale morale d'Italia. Una forza di lavoro notevole, centinaia di migliaia di fresche energie che contribuiranno ad arricchire ulteriormente le già ricche regioni settentrionali. E a depauperare le affaticate economie meridionali.
È' una migrazione non di sole braccia. Sono anche, numerose, le presenze fatte di laureati, di valenze intellettuali, "regalate" alle classi dirigenti di un sistema economico e di una società fortemente selettiva e discriminatoria nei confronti degli immigrati. Basti pensare a quei cartelli, più d'uno, apparsi sui portoni dei palazzi, a Torino, come a Milano, che offrivano appartamenti in affitto: "si loca, no ai meridionali". E' quanto accade, ancora oggi, con gli stranieri. Allora non c'era la Lega. Ma la "Lega", da sempre, è uno stato d'animo, alimentato dal pregiudizio, alberga nell'intima natura dell'individuo. Sciovinismo, razzismo, stupidità, ignoranza?
La stagione dei diritti
Gli anni '50 segnano il periodo di massimo splendore dell'economia italiana. Siamo alla piena occupazione. L'inizio del processo di unificazione europea con il trattato di Parigi che portò alla nascita della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, nel 1951, diede grandissimo impulso al commercio internazionale e alle esportazioni italiane. Il prodotto interno lordo che misura la ricchezza del paese aumenta con una media superiore al 5 per cento annuo3 e, nel secondo quinquennio, addirittura, raggiunge l'8 per cento con picchi straordinari nel comparto industriale. Siamo al miracolo economico. Durante quegli anni è avvenuto il più grande progresso della struttura produttiva economica e sociale della storia dell'Italia unita. Il tasso di incremento della produzione globale e del reddito nazionale viaggia su ritmi che mai si erano manifestati, prima, nella storia delle economie di mercato. Esplode la stagione dei consumi. Si lavora, si guadagna e si spende. Nelle case degli italiani entra il frigorifero, seguirà la lavatrice. La “Lambretta”, il primo scooter prodottto dalla Innocenti. Segue la "Vespa" e poi la 600, l'auto che segna l'inizio della grande motorizzazione di massa, individuale e familiare. Mutano i costumi e le abitudini della gente. Cambia il modo di concepire la vita. Cambia, in una parola, la società.
È tempo di vacche grasse
Si accende, per la prima vo...