George Sand guerriera di pace. Biografia romanzata
eBook - ePub

George Sand guerriera di pace. Biografia romanzata

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

George Sand guerriera di pace. Biografia romanzata

Dettagli del libro
Anteprima del libro
Indice dei contenuti
Citazioni

Informazioni sul libro


George Sand è il nome che Aurore Dupin (1804-1876) assume come autrice a 27 anni nel 1832, ma non era una principiante, scriveva ogni giorno da quando era bambina. Con questa identità di scrittrice ottiene finalmente un riconoscimento pubblico, iniziando a proteggere il suo lavoro, compiuto fino ad allora nell'anonimato: rivendica l'indipendenza intellettuale ed economica ma anche l'autonomia del proprio ruolo sociale e per questo si batte sempre. Le sue armi sono la pazienza, la perseveranza, la modestia, per non avere che amici nei sentieri della vita e condividere insieme a loro gli ideali di giustizia, uguaglianza, libertà. Una guerriera di pace.

Domande frequenti

È semplicissimo: basta accedere alla sezione Account nelle Impostazioni e cliccare su "Annulla abbonamento". Dopo la cancellazione, l'abbonamento rimarrà attivo per il periodo rimanente già pagato. Per maggiori informazioni, clicca qui
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui
Entrambi i piani ti danno accesso illimitato alla libreria e a tutte le funzionalità di Perlego. Le uniche differenze sono il prezzo e il periodo di abbonamento: con il piano annuale risparmierai circa il 30% rispetto a 12 rate con quello mensile.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì, puoi accedere a George Sand guerriera di pace. Biografia romanzata di Marina Subbioni in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Biografie in ambito letterario. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

Anno
2021
ISBN
9791220352512

I

Il 1° luglio 1804, all’inizio del Primo Impero, nacque a Parigi, in un’umile casa di rue Mêlée, la futura George Sand. Venne al mondo nella tarda serata senza far soffrire sua madre, durante una piccola festa. Annunciava di essere molto bella. La zia le predisse tanta felicità. Il giorno dopo, nella sacrestia della chiesa di Saint-Nicolas-des-Champs, fu battezzata Amandine-Aurore-Lucie Dupin. I genitori la chiamarono sempre soltanto Aurore. Si erano sposati un mese prima in Comune; si amavano da molto tempo, ma il loro amore era contrastato. Il padre di Aurore, Maurice Dupin (1778-1808), aveva fatto le pubblicazioni di matrimonio a Boulogne-sur-mer in gran segreto. A tutti i costi voleva legittimare il nascituro. Era figlio di un nobile e ricco appaltatore, Louis-Claude Dupin de Francueil (1715-1786)1 e di Marie-Aurore de Saxe (1748-1821), la figlia del celebre maresciallo.2 Dopo la morte del padre e le soppressioni della Rivoluzione aveva perso la sua fortuna.3 Nel 1798, la legge della coscrizione lo aveva costretto ad entrare nell’esercito ma, non potendo permettersi l’equipaggiamento da ufficiale, si era arruolato come semplice soldato. Nel 1799 si era distinto nella campagna di Svizzera e l’anno seguente, a Marengo, si era guadagnato un grado. Subito dopo aveva incontrato ad Asola la donna della sua vita, Sophie Delaborde (1773-1837), una povera ragazza, un’innocente, figlia di un mastro uccellaio, che aveva già una bambina di un anno, e da allora “lottava contro i più vivi dolori” per riabilitarla.4
Aveva anche uno zio, l’abate di Beaumont (1750-1823),5 una sorellastra (1751-1812) e due nipoti, René e Auguste de Villeneuve, sposati e con figli; il primo (1777-1863) stava per essere nominato ciambellano del re di Olanda e il secondo (1779-1837) tesoriere di Parigi.6 A Maurice Dupin non piaceva la vita mondana, le cene, i balli, le visite formali; per lui, la felicità era semplicemente stare a casa con la sua mogliettina. Una volta che aveva fatto il suo dovere per l’Impero, non vedeva l’ora di abbracciarla. Come lei amava gli studi; avrebbe voluto essere un artista, comporre belle sinfonie e fare rappresentare opere liriche. Suonava il violino e il clavicembalo. Aveva imparato poi diversi mestieri, quelli del liutaio, del pittore e dell’orologiaio. Faceva ritratti, paesaggi e fabbricava automi e carillon. Poco prima di entrare nell’esercito, aveva scritto un dramma ispirato ai Briganti di Friedrich Schiller, giovane romantico tedesco che insieme a Goethe incitava le nuove generazioni a continuare la lotta contro le ingiustizie sociali.
Verso la fine dell’inverno del 1805, Maurice Dupin andò a trovare la madre che abitava in rue du Roi-de-Sicile. Sapeva bene che aveva tentato di fare annullare il suo matrimonio, ma era in partenza per la campagna d’Inghilterra e voleva presentarle la figlia di otto mesi, sperando che avrebbe accettato di prenderla sotto la sua protezione. Vedendo la graziosa creatura, che portava il suo secondo nome e che le sorrise all’improvviso agitando le gambine, la nonna si intenerì. In segno di pace, mandò alla madre, togliendoselo dal dito, un anello ornato di un rubino. Con mille angosce, pensando al figlio che doveva fare carriera in guerra, lasciò la capitale per andare nel Berry dov’era solita trascorrere la bella stagione; dopo la rivoluzione vi aveva comprato il podere di Nohant nei pressi di La Châtre.7 Consentì in seguito ad assistere al matrimonio religioso del figlio, ma non ammise mai a casa sua né la nuora né la nipotina. Eppure aveva accettato di allevare il maschio che il figlio aveva avuto nel 1799 con una domestica del castello. Forse subiva già l’influenza della sua cameriera..
Sophie Dupin non aveva paura della solitudine ma le sue risorse erano limitate; l’equipaggiamento militare del marito costava molto; si esigeva allora dagli ufficiali un lusso inaudito, domestici, cavalli, biancheria raffinata... E poi doveva pagare il collegio di Carolina, la figlia più grande. Provvedeva dunque da sola a tutte le faccende di casa: le pulizie, il bucato, la cucina; si rimboccava sempre le maniche canticchiando arie, canzoni o ninne nanne per la sua Aurore. Sapeva preparare nel calderone del camino ottime zuppe di legumi e buoni stufati con poca carne. Se doveva uscire, portava con sé la figlia; raramente l’affidava alla portinaia del palazzo. Non trascurava le visite ai parenti del marito, che le davano lavoro e la raccomandavano ai loro amici. Avendo imparato il mestiere del liutaio, accordava e riparava clavicembali e spinette. Siccome era modista, creava su misura cappelli e cuffie. Rammendava, tagliava e cuciva abiti e tutto quello che le si ordinava. Lavorava anche per i negozi di giocattoli che compravano gli automi e i carillon del marito; confezionava bambole e dipingeva scatole. “Era una donna straordinariamente coraggiosa e laboriosa”, scrisse George Sand nelle sue memorie. “Per tutta la sua vita si è coricata all’una di notte e si è alzata all’alba, e non mi ricordo di averla vista in ozio un solo istante”. Si ingegnava, aveva ricoperto di carta le pareti della sua camera e ci aveva dipinto motivi floreali di modo che la figlia avesse sempre cose carine da guardare dalla sua culla. Ogni tanto però il ronzio di qualche mosca rompeva la dolce atmosfera.
Due mesi dopo la partenza del marito, sentì piangere il bambino della vicina che si era ammalata. Capendo che la povera donna si era sentita male, non esitò ad entrare dalla finestra per soccorrerla. Siccome aveva molto latte, andò più di una volta a dare la poppata al piccolo affamato. Fu così che Sophie Dupin fece la conoscenza di Pierret, il fratello della signora. Era un giovanotto sui venti anni che le fece una strana impressione all’inizio perché era bruttino ed aveva molti tic. Ma non ci mise molto a capire quanto fosse buono e onesto. Infatti Pierret, mosso dalla gratitudine, iniziò a prodigarsi per lei. Dato che era impiegato al Tesoro, fece intendere che era ragioniere e che avrebbe potuto aiutarla a tenere in ordine gli affari del marito, scegliere i suoi domestici, saldare i suoi debiti, incassare le entrate e fargli pervenire denaro ovunque si fosse trovato.
Quando non era in ufficio, Pierret andava sempre a giocare a bigliardo all’osteria del Cavallo bianco, ma non dimenticava mai di passare dalla signora Dupin per assicurarsi che non le mancasse nulla. La domenica, sapendo che andava a trovare la sorella minore, insisteva per accompagnarla: “È troppo lontano per voi con un marmocchio in braccio e tutti sti pacchi!” Infatti, questa sorella abitava in campagna, a Chaillot, ad ovest di Parigi. Si chiamava Lucie; si era sposata a luglio del 1804, poco dopo Sophie, con un ufficiale in pensione, Armand Maréchal, ed aveva messo al mondo, cinque o sei mesi più tardi, sua figlia Clotilde, che aveva dunque l’età di Aurore.
Pierret era così gentile e premuroso che Sophie cominciò ad accettare il suo aiuto. Una sera che era molto stanca, l’amico capì che non aveva più latte, e affinché potesse dormire e recuperare le forze, volle portare Aurore a casa sua e farle da balia. Nonostante le più vive proteste, la bambina che aveva allora dieci mesi, fu svezzata in quindici-venti notti con latte e acqua zuccherata. Appena usciva dall’osteria, Pierret andava a prenderla e, la mattina dopo, prima di recarsi al Tesoro, la riportava alla madre sempre linda e di buon umore.
In quella stessa estate del 1805, Sophie Dupin affidò per qualche mese le figlie alla sorella e si recò a Montreuil-sur-Mer, nel Pas-de-Calais, nel Nord, vicino a Boulogne, dove si trovava il reggimento del marito. Questo non ebbe nulla da ridire su Pierret, e anzi, siccome la madre aveva già preso tutte le informazioni possibili su di lui, gli avrebbe sempre raccomandato la moglie e le figlie prima di ripartire in guerra. A dicembre fu promosso al grado di capitano e a marzo del 1806 fu nominato Cavaliere della Legione d’Onore.
Quando Aurore compì due anni, a luglio, urtò la fronte e sanguinò molto; la donna che doveva occuparsi di lei si era ubriacata e l’aveva lasciata cadere dalle sue braccia. La mamma spaventata non volle più vederla; temendo però qualche altro incidente, decise di traslocare. Ebbe la fortuna di trovare in breve tempo un appartamento molto carino a Montmartre, in rue de la Grange-Batelière: un terzo piano di due stanze collegate da una specie di tinello. Nella camera che faceva anche da salotto si trovava un piccolo divano verde Utrecht, una stufa, un armadio e un’alcova in ottone rivestito di tela. Aurore, che aveva il suo lettino vicino vicino, cominciò a scoprire belle armonie “suonando la grata”. Adorava la musica; le piaceva già ascoltare il papà suonare il violino. Carolina, la sorella maggiore, si accomodava molto bene sul divano ogni volta che tornava dal collegio; sapeva perfettamente che i suoi genitori erano poveri e non si lamentava mai.
Appena Aurore seppe camminare, sua madre, che non voleva perderla di vista mentre lavorava, creò un piccolo recinto con quattro vecchie sedie e tutti i cenci che poté rimediare. Al centro ci mise il suo piccolo braciere di modo che la figliola avesse come uno sgabello su cui sedersi. Lo avvolse bene bene con un panno erto per evitare le bue. I soldi erano così pochi che rinunciò a confezionare un cuscino per renderlo più comodo. Aurore si divertiva spesso con la paglia delle sedie, come un gattino. Miao miao faceva, e cercava di arrampicarsi. Chiacchierava in continuazione ed era una gran coccolona. Quando chiamava mamma mammina tendendo le sue braccine fuori dal recinto, non era possibile resisterle molto a lungo. Le piaceva tanto ascoltare le favole di Charles Perrault o di Madame la contessa d’Aulnoy, e faceva sempre domande; in tutti i suoi discorsi, non mancavano mai riferimenti a questo o a quest’altro personaggio. Presto seppe tante storie a memoria e si mise a raccontarle di propria iniziativa oppure ogni volta che glielo chiedeva la mamma, e un bel giorno iniziò a farne delle varianti e poi ad inventarne delle nuove. Durante la settimana, la zia Lucie capitava spesso, per portare del lavoro alla sorella e per ritirarne certamente. Chiacchierava sempre con la sua figlioccia, poiché era lei la madrina di Aurore. La spronava a terminare le sue storie, chiedendole per esempio: “Sarà riuscita la tua principessa ad infilare il suo vestito a coda, a mettere la sua corona d’oro, e il tuo principe, ce l’avrà fatta ad uscire dalla foresta?”
Era una bambina adorabile e molto buona, con grandi occhi neri e bei capelli bruni. Essendo molto amata, non si accorgeva della miseria dei genitori e si accontentava di tutto. L’arancio o il dolcetto che riceveva a Natale era per lei il più bel regalo del mondo. Non osava mangiarlo, e contemplandolo, si immaginava il viaggio che il buon babbino dalla barba bianca aveva fatto apposta per portarglielo. Era molto sensibile e molto impressionabile anche. Una volta, una canzone insegnatale dalla sorella e la figlia del vetraio le fecero venire una tristezza tale che si mise in un angoletto per pensarci: “Non andremo più nei boschi”, diceva la canzone, “gli allori sono tagliati”. E poi aveva tanta paura di un Pulcinella che stralunava gli occhi di vetro; gliel’avevano regalato, e quindi lo tollerava, ma la sera non voleva mai riporlo nell’armadio insieme alla sua bambola. Lo metteva sulla stufa, e una notte sognando che aveva preso fuoco e che correva dappertutto per la stanza, svegliò tutti quanti con le sue urla. La sorella, intuendo la causa del suo terrore, portò senza indugio il piccolo gobbo in cucina.
Aurore era sempre felice quando vedeva suo padre tornare dalla guerra. Non dubitava che combattesse i draghi, i cattivi e le streghe malefiche come i cavalieri delle favole. Infatti era molto coraggioso. Aveva fatto le campagne del 1806 e del 1807. A Eylau, in Russia, aveva rischiato di perdere un piede; per miracolo era guarito. Poco dopo questa battaglia, ritenuta oggi una delle più grandi cariche della storia europea, era diventato l’aiutante di campo di Gioacchino Murat, granduca di Clèves e di Berg.
Quando tornava a casa, Maurice Dupin giocava giorni interi con la figlia. Usciva con lei in grande uniforme e le faceva fare lunghe passeggiate in braccio o sulle spalle, attirando la sua attenzione su tutto ciò che era carino o curioso, una bella nuvola, un saltimbanco, i burattini del giardino delle Tuileries... A tavola la faceva ridere mangiando in modo buffo gli spaghetti oppure formando col tovagliolo annodato e piegato in un certo modo figure di coniglietti, di piccoli monaci o di burattini. Quando andava a Nohant, cercava per lei qualcosa di bello da portarle. In un armadio, aveva ritrovato una statuina di Venere in biscotto di Sèvres che aveva molto amato nella sua infanzia; quando si accendevano le candeline del vassoio ricoperto di uno specchio, questo si trasformava in un bacino di acqua viva dove si rifletteva la dea che teneva in mano due colombe. Aurore non si stancava di guardarla.
Quando iniziò ad imparare l’alfabeto, ricevette un libro di mitologia illustrato. Curiosa di scoprire il nome e la storia dei personaggi bizzarri che vedeva rappresentati ad ogni pagina, si applicava molto. La domenica, prendeva le sue lezioni con la cugina Clotilde, ma ogni tanto, annoiata forse, saltava la B dicendo misteriosamente che non la conosceva, e non c’era verso di fargliela pronunciare. Anche la madrina le faceva da maestra quel giorno, così imparò a leggere e a scrivere molto in fretta; a quattro anni appena, era già in grado di recitare a memoria le favole di La Fontaine, il che è davvero straordinario.
La casa di zia Lucie era piccola ma aveva un grande giardino tutto attorno, recintato da alti muri invasi da vegetazione spontanea. Per Aurore era un vero paradiso. In mezzo a girasoli giganti, vide farfalle per la prima volta nella sua vita. C’erano tanti altri bei fiori; Clotilde ne era molto fiera e vantava pure le verdure dell’orto. Era carina, aveva un bel nasino all’insù, ma era un tantino birichina e giocava già sulle omofonie. Ad Aurore non piaceva esser chiamata Orrore, e litigava spesso con lei. Ogni volta le bambole di pezza ne risentivano parecchio: braccia, gambe, teste, sparse ovunque, un vero massacro. Quando Maurice Dupin assisteva a queste battaglie, non sopportava la vista di quei cenci per terra e pregava sua moglie di spazzare via tutto quanto. Gli screzi delle cuginette non duravano mai a lungo; facevano sempre la pace quando le si portavano a spasso adagiate nelle ceste di un asino noleggiato appositamente. La sera non avrebbero voluto lasciarsi, ma bisognava pur ritornare a Parigi.
Vicino a place de l’Étoile, all’angolo di rue de Chaillot e degli Champs Elysées dove c’era un idrante, Aurore, che ne aveva paura, faceva sempre capricci perché Pierret la prendesse in braccio. Una volta di quelle, una vecchietta che accendeva i lampioni a gas le fece un’impressione terribile dicendo che era lei che puniva le bambine cattive. Un’altra volta ancora, appollaiata sulle spalle del suo buon amico, vide Napoleone passare con le sue truppe; tornava da Venezia. Era verso la metà di marzo 1808. “Ti ha guardata piccola mia, le disse sua madre, ricordatene, ti porterà fortuna!” L’imperatore sentì le sue parole e accennò un sorriso. Aurore che incrociò il suo sguardo nello stesso istante, non lo dimenticò mai. Era tardi; il sole si coricava. Pensò che anche il suo papà era valoroso. A settembre era stato a Venezia; a dicembre, l’avevano mandato a Milano, e a gennaio, dopo un breve soggiorno a casa, era partito per la campagna di Spagna con Murat. L’esercito del famoso generale contava cinquantamila uomini, ed aveva l’ordine di occupare Madrid.

II

Il 27 febbraio 1808 Murat aveva già raggiunto Baiona, capoluogo dei Pirenei Atlantici. Una volta passata la frontiera, si incontrò con il principe delle Asturie, Ferdinando, figlio ribelle di Carlo IV, per organizzare con lui la rivolta di Aranjuez, a sud della capitale. Il palazzo del principe della Pace fu preso d’assalto il 17 marzo, e il primo ministro, Manuel Godoy, fu fatto prigioniero. Maurice Dupin partecipò senz’altro a quei fatti. Il giorno dopo la rivolta, scrisse qualche riga alla moglie.8 Il 19 marzo, il re abdicò in favore del figlio per liberare Godoy, che era anche il favorito della figlia Maria-Luisa; accettò la protezione di Napoleone e si predispose a raggiungerlo a Baiona per firmare l’accordo. Murat, fingendo di sostenere la causa di Ferdinando, aspirante al trono, si installò nel palazzo del principe della Pace e riuscì ad occupare Madrid il 23 marzo.
Nel mese di aprile, la madre di Aurore decise all’improvviso di raggiungere il marito. Non era il momento di fare un viaggio così lungo, anche perché era incinta di sette mesi, ma pensava di avere buoni motivi per essere gelosa. Nessuno riuscì a farla ragionare. Lasciò Carolina in collegio e portò con sé la secondogenita.
Nella vettura di posta, fatta preparare dall’amico Pierret, viaggiava anche una certa Fontanier, moglie di un fornitore dell’esercito, col paggio di dodici anni. “Mio Dio, signora Dupin, esclamava costei ogni tanto, come siete buffa con vostra figlia!” Ma Aurore capiva tutto quello che le diceva la sua mamma e le piaceva osservare il paesaggio insieme a lei; imparava tante cose, il nome delle piante, degli uccelli e di molti animali. Appena vedeva una mucca nel pascolo, la indicava col ditino. Notava i delicati convolvoli aggrappati alle siepi; sapeva che profumavano di miele. Nel cielo, riconosceva la sagoma della rondinella, nera nera col pancino bianco, e com’erano belli i tramonti! Ogni sera ne vedeva uno nuovo.
Il viaggio era tuttavia molto faticoso per lei. Chiedeva della sorella e si preoccupava per la sua bambola che aveva lasciato a casa coricata nel letto, ma si rassicurava perché Pierret aveva promesso di portarle una minestra al giorno. Attraversando i monti giganteschi dei Pirenei, ebbe molta paura e si rifugiava in braccio alla mamma ogni volta che scorgeva un precipizio o quando la vettura voltava all’improvviso a destra o a sinistra. Una sera vide due orsi, ma erano molto diversi da quelli dipinti sulle sue scatole di Norimberga, avevano un fucile, e il postiglione dovette sferzare forte i cavalli per allontanarsene. Era lui che sceglieva la locanda dove pernottare. Non si aveva sempre la fortuna di trovare una camera libera, e allora Aurore si addormentava su un tavolo adagiata sui cuscini della vettura.
Verso Burgos o Vitoria, nel cortile di un albergo, sentì parlare un uccello per la prima volta. Muera muera! diceva la piccola gazza in gabbia. Nella medesima sosta vide una regina e una principessina dall’aria così triste e preoccupata che non le dimenticò mai. Più tardi, studi...

Indice dei contenuti

  1. Sommario
  2. I
  3. Note
  4. Bibliografia