Engine 24: Fire Stories libri 1, 2 e 3
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Engine 24: Fire Stories libri 1, 2 e 3

  1. 1,000 pagine
  2. Italian
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Engine 24: Fire Stories libri 1, 2 e 3

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Engine 24: Fire Stories libri 1, 2 e 3 racconta la carriera di Joe D'Albert, ovvero l'autore Joe Corso, come un vigile del fuoco di New York City. In questa eccitante raccolta di Fire Stories, Corso espone i trionfi e le tragedie dei suoi compagni d'arme mentre combattono coraggiosamente alcuni dei più pericolosi incendi nella storia della città. Racconta di veri eroi e della formazione di amicizie di una vita, così come i disordini che esistevano a New York City durante il suo periodo col dipartimento. Seguite Corso attraverso gli anni '60 e '70 fino al giorno d'oggi, dalle rivolte razziali al 11/9, quando le effettive fiamme dell'agitazione vennero estinte dalle persone più coraggiose nella recente storia americana.

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Informazioni

Anno
2019
ISBN
9781547575923
Argomento
History
Dedicato ai membri dell’Engine 24
del New York City Fire Department
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Engine 24:

FIRE STORIES 1

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CAPITOLO UNO: BOX 598
Il 12 ottobre del 1966 fu uno dei giorni più oscuri nella storia del F.D.N.Y. In quel giorno, dodici membri del New York City Fire Department persero la vita in servizio. Il resoconto seguente è tratto dall’esperienza personale di un uomo in quel tragico giorno: le diverse emozioni che lo bombardarono, la schiacciante realizzazione finale che dodici dei suoi fratelli pompieri erano morti, e che la vita di ogni uomo è irrevocabilmente legata a quella di un altro.
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Andai al lavoro alle 17:15. Un altro martedì, non diverso dagli altri sei giorni della settimana per un uomo della mia professione. Aprii il mio armadietto e appesi con cautela il mio abito, sostituendolo ai pantaloni chino blu e alla maglia blu: gli indumenti da lavoro di un vigile del fuoco di New York. Era tutto così automatico. Avevo fatto quei movimenti un centinaio di volte. Solo un centinaio di volte prima, aveva lasciato la mia famiglia nella mia casa a Patchogue, Long Island, per cominciare il noioso viaggio di un’ora verso la Compagnia Engine 24.
GLI UOMINI DI ENGINE 18
Quando scesi le scale, erano le 17:48 e le campane stavano suonando. Non era nulla di nuovo, ma l’adrenalina cominciò a motivare il corpo di chiunque ci fosse nella caserma dei vigili del fuoco. Nessuno rimane completamente indifferente a quel suono, non importa quanto a lungo abbiano risposto. Arrivò il Box 539 e ci muovemmo verso Jane e West Fourth Streets, proprio mentre Engine 18 si fermava con il piccolo Jimmy Galanaugh sul sedile. Jimmy era il tipo di ragazzo che tu volevi istintivamente proteggere, perché dava l’impressione di essere fragile. Sembrava così dannatamente fuori posto nel sedile di quel grande camion dei pompieri. Aveva il bell’aspetto di un ragazzo del college, e non era per nulla l’idea che la maggior parte dei newyorchesi si erano fatti riguardo a come dovrebbe essere fisicamente un vigile del fuoco. Era solo un ulteriore esempio di come l’apparenza inganna. Era bravo nel suo lavoro, la qual cosa veniva davvero calcolata.
Sul gradino posteriore del camion dei pompieri numero 18 vi erano Kelly, Tepper e il ‘pivello’, Rey. Avevo visto altre facce innumerevoli volte prima e le avevo date per scontato, per la semplice ragione che le persone tendono a credere che le loro relazioni gli uni con gli altri siano continue e senza fine. Engine 24 aveva lavorato con Engine 18 molte volte in precedenza. Per i nostri uomini lavorare al fianco dei loro era un fatto inevitabile di tutte le nostre vite. Una parte integrante di molte operazioni; una parte integrante di uno schema che chiamiamo ‘procedura’.
Kelly era stato assegnato alla nostra brigata durante la maggior parte dello sciopero della metropolitana dello scorso anno. Non era mai senza la sua pipa, i suoi libri (stava sempre a studiare per il successivo esame da Luogotenenti) e un sorriso pronto. Kelly sorrideva sempre. Non solo per la maggior parte del tempo. Sempre.
Tepper era un uomo la cui faccia non aveva stampata alcun segno dell’età. Non sono mai riuscito a mettermi l’animo in pace per il fatto che lui aveva quarantuno anni, e non sulla soglia dei trenta. Era solo perennemente giovane. Lui e Jimmy erano due ragazzi che una persona doveva ammirare.
Avevo visto il ‘pivello’ Rey solo un paio di volte, ciò nonostante il suo volto era familiare. Tutti i pivelli hanno addosso quella stessa espressione di solitudine, unita ad una tremenda impazienza. Avevo provato io stesso il sentimento dietro quella espressione, proprio come ogni uomo nel dipartimento. E ciò include il mio amico Toby Vetland, che stava lavorando con me quella notte e mi stava leggendo nella mente. Avevamo lo stesso desiderio di mettere Rey più a suo agio, perciò andammo da lui e gli parlammo. Delle piccole chiacchierate e delle battute. Rise con noi, grato... ma stava aspettando tutto il tempo.
Stava aspettando il suo ‘grande incendio.’ Tutti i pivelli lo fanno. Sentono che, una volta che ci saranno passati e si saranno mostrati agli uomini che ammirano, verranno finalmente accettati. Non aveva alcun modo di sapere che ogni uomo, lì, aveva sempre un occhio di riguardo per lui e per il suo bene, non per il loro. Lo offenderebbero e si prenderebbero cura di lui allo stesso tempo, fino a che sarebbe stato capace di prendersi cura di se stesso.
Quando mi trovavo in Giappone, le persone avevano un detto riguardo la loro montagna. “Colui che non scala il Monte Fuji nemmeno una volta è uno sciocco. Colui che lo scala due volte è ancora più sciocco.” Solo un pompiere può capire la logica dietro di esso e applicarla al suo caso. Ognuno aspetta ansiosamente quel primo grande incendio, e quando è tutto finito, prega di non vederne mai un altro. Questo fuoco era stato uno di quelli piccoli, e quando venne spento, noi ritornammo ai nostri rispettivi alloggi.
UNA SERATA DI ROUTINE
Alle 19:15 arrivò una denuncia. Siccome fui fissato per la minuzia, uscii per investigare. Della spazzatura combustibile sul viale a 71 Barrow Street. Si scoprì essere una denuncia giustificata, perciò rilasciai un ordine di violazione al proprietario dell’edificio. Doveva rimuovere immediatamente i rifiuti.
Mi trovavo sulla via di ritorno verso la caserma dei pompieri, quando un civile mi richiamò e indicò una scatola elettrica aperta situata nel suo edificio, con i cavi esposti. Avrei rilasciato un altro ordine di violazione eccetto che il proprietario di quel particolare edificio viveva giusto a poche case di distanza fuori dal mio distretto, perciò chiamai Engine 18 attraverso i le sedi centrali. Kelly mi fece rivolgere al Luogotenente Priore, il quale mi disse che avrebbe spedito subito un uomo.
Quando ritornai al quartier generale pochi minuti dopo, sembrò che la serata sarebbe stata una serata tranquilla. Un sacco di routine. Non che a qualcuno di noi fosse mai stata garantita una completa serata di routine; non ci sono garanzie in questo lavoro. Ma l’umore generale della caserma era un umore tranquillo.
Cominciammo la nostra cena alle 20:35.
ENGINE 24 RISPONDE AL QUARTO
Alle 21:36, Box 598, il ‘collettivo’ partì, ciò voleva dire che le compagnie che avevano risposto a quel primo allarme avevano un incendio e stavano lavorando con il massimo sforzo. Controllammo la carta di risposta. Engine 18 era in programma per rispondere al secondo allarme, e noi dovevamo andare al quarto. Non voleva necessariamente dire che ci sarebbe stato un secondo, un terzo o un quarto allarme. Ma rimanemmo in attesa.
Erano le 22:06 quando partì il secondo allarme.
Sentimmo il terzo alle 22:37, e la calma che aveva prevalso fino ad allora venne oscurata da un silenzio teso e movimentato, mentre ogni uomo si preparava per un incendio grosso. Mi ricordo scalare la scala a spirale di centouno anni, dicendo a me stesso che quella notta avevamo una bella squadra. Non era solo una cieca rassicurazione. Era una bella squadra. Presi la lunga scala fino al terzo piano e mi misi degli abiti pesanti. C’era un vento freddo che soffiava, là fuori. Con un paio extra di calzini nella mia tasca posteriore, cercai la mia fascetta e la mia chiave inglese, poi scesi ad aspettare con il resto degli uomini. Tutti i nostri equipaggiamenti erano sull’impianto.
Quando partì il quarto allarme, noi eravamo pronti.
Avevo freddo quando lasciammo la sede. Un freddo nervoso. Ogni uomo nella squadra stava sentendo lo stesso brivido, e rimanemmo silenziosi mentre Bill Miller usciva. Il nostro autista regolare, Vic Bengyak, era in vacanza ed io ricordo il desiderio che Bill fosse sul gradino posteriore con noi. Ognuno stava valutando la squadra, assicurandosi che fosse una squadra competente.
Un intero gruppo di negozi stava bruciando. Era un grande incendio.
Facemmo rapporto al Capo in carica e venimmo ordinati in una libreria sulla Broadway, tra la 22esima e la 23esima strada. Io avevo l’ugello. Toby era dietro di me, seguito da Joe Tringali – più rassicurazione -.
Quando la Ladder Company forzò ed aprì la porta, noi ottenemmo la nostra acqua e dovemmo dare inizio ad un’operazione che avevamo eseguita molte altre volte in precedenza. Entrammo in due linee: Engine 24 sulla destra e Engine 13 sulla sinistra. Mentre entravamo insieme, 13 beccò una grande massa di fuoco alla sua sinistra. Dritto di fronte a noi vi era il bagliore arancio di un’altra massa di fuoco. Il calore era pazzesco. Vi furono degli ostacoli sul nostro cammino, non importa da che parte ci voltassimo – scatole di libri, scaffali e detriti di tutte le grandezze e le forme -.
Toby saltò su di una cassa ed io gli passai la fila, proprio mentre il Luogotenente della 13 stava sbraitando per la sua linea. Un muro alla sua sinistra era caduto e, quando lo fece, scoprimmo che il pavimento nel negozio successivo aveva ceduto.
Entrambi i gruppi furono immediatamente al di sopra di esso, spegnendo insieme il fuoco e versando l’acqua direttamente nella cantina. Non era mai successo a nessuno di noi fino ad allora che questo fuoco, che stava infuriando così ferocemente tutt’attorno a noi, stava anche bruciando al di sotto di noi, proprio sotto il pavimento su cui ci trovavamo. Improvvisamente il Luogotenente ci stava ordinando di uscire. Il pavimento vicino all’uscita stava diventando più molle e non ci volle molto per noi, una volta sentitolo, di uscire. Quando anche il nostro ultimo uomo fu fuori sul marciapiede, l’intero pavimento che ci aveva sostenuti solo pochi secondi prima cedette. Un travolgente senso di ciò che sarebbe potuto succedere mi attraversò, accompagnato da una profonda sensazione di sollievo.
Non vi fu nemmeno tempo di parlare riguardo la nostra quasi morte. Gli spettatori lungo la Broadway stavano boccheggiando all’unisono, e quando sentimmo le grida successive, dirigemmo i nostri occhi verso l’alto. C’erano ancora dei membri che si stavano arrampicando per scendere dal tetto dell’edificio ormai condannato e il fuoco stava giungendo pericolosamente vicino alla scala aerea che era la loro sola via di fuga.
Nessuno aveva dovuto ordinarci di aprire le nostre linee. Sparammo l’acqua ad un angolo di novanta gradi verso di loro, per proteggerli dalle mani allungate delle fiamme che li stavano lambendo persistentemente. Mantenemmo quella corrente fissa, fino a che anche l’ultimo di loro non fu al sicuro giù dal tetto.
Quando l’edificio collassò, ogni membro venne avvolto dal fumo e bombardato dai detriti. Quando fu tutto finito, le mura esterne si ergevano fermamente – un monumento a qualcosa che nessuno era ancora sicuro cosa fosse -.
UOMINI SCOMPARSI!
Il fuoco si era apparentemente consumato, e noi eravamo tutti sicuri che il peggio fosse passato. Ma fu all’incirca in quel momento che le voci cominciarono a circolare: Uomini scomparsi! Non so chi fu il primo a dire quelle parole vicino a noi, ma ricordo che eravamo tutti con i denti stretti. Ognuno di noi stava respingendo esternamente la voce, e internamente stava pregando che avessimo ragione noi - cioè che le dicerie erano false -.
Il conteggio delle persone sembrò metterci un’eternità. Quando arrivarono i risultati, fu difficile da credere. Vi erano dodici uomini dispersi.
Il nostro gruppo era riunito, e così quello di Engine 13. “Chi manca?” stavo chiedendo, così come faceva ogni uomo sul posto che aveva sentito le voci. Non ero nemmeno sicuro a quel punto esattamente quante compagnie avessero risposto all’allarme. Vi furono infine dei sussurri riguardo alcuni dei capi e i loro soccorsi come possibilità. Poi qualcuno menzionò Ladder 7. Non volevo credere a nessuna parola, ma la successiva notizia fu persino più difficile da credere. Qualcuno disse che non riuscivano a localizzare Engine 18. Riesco ancora a sentire la mia voce insistere: “E’ meglio che voi ragazzi facciate bene il conteggio.” Non vi era alcun fondamento per il mio dubbio, solo pura ostinazione. Mi rifiutavo di credere ciò di cui, a quel tempo, tutti quanti erano sicuri. Ero appena stato con quegli uomini in precedenza durante la sera. I loro volti balenarono vividamente attraverso la mia mente. Avevo avuto dei contatti e parlato con loro riguardo quella violazione. Non potevano essere spariti e basta da allora.
Rilasciai un sospiro di sollievo quando vidi John Donovan di Engine 18 che si stava avvicinando. Stavamo tutti pensando la stessa cosa. Visto? C’è qualcuno che proviene dalla 18. Devono essere stati individuati. E’ stato tutto un brutto malinteso.
Ma poi, quando si avvicinò a dove noi ci trovavamo, la sua faccia divenne visibile. Era mascherata di orrore. Era quasi incoerente quando ci parlò, cercando disperatamente di rapportare che cosa gli fosse appena successo. Era stato penzoloni, ondeggiando sopra l’inferno dopo che il pavimento aveva ceduto. Si era appeso all’impugnatura dell’ugello di controllo con sole tre dita. Il suo cappotto di gomma aveva cominciato a prendere fuoco e lui stava scivolando, certo che non vi era più alcuna speranza, quando era spuntata una mano e aveva afferrato il nodo di salvataggio sul suo Scott Airpak. Poi era spuntata un’altra mano e un’altra ancora...
Lui era stato l’uomo che era stato spedito per la mia denuncia, perciò non si era trovato con la 18 quando loro risposero all’allarme. Era andato con un altro gruppo per cercarli, quando furono segnalati dispersi.
Manny Fernandez, l’autista regolare della 18, sbucò dal nulla nella notte, e vi fu un sacco di confusione mentre tutti cominciavano a fare domande. Si stava cambiando quando era partito l’allarme, e Jimmy Galanaugh si era offerto di guidare.
Engine 18 e Ladder Company 7 erano periti quando era partito quel terzo allarme, persino prima che arrivassimo sul luogo. Non vi fu tempo per afferrare quel terribile fatto, perché stavamo venendo raggruppati attorno all’angolo da dove avevamo operato.
Quando svoltammo l’angolo, io, e soprattutto io, riuscii a stento a credere ai miei occhi. Semplicemente non ero preparato per la visione davanti a noi. Vi erano fumo e fiamme ovunque, e noi eravamo sicuri che fosse un altro quinto allarme di magnitudo simile. Ma lì, a fissarci negli occhi, vi era lo stesso fuoco che credevamo di avere estinto.
OFFERTA UNA PREGHIERA SILENZIOSA
Ci venne comunicato di restare in attesa finché non ci venisse ordinato di portare la nostra linea dentro un negozio di merceria. Aspettammo, sentendo il freddo e temendo il fuoco. Mentre attendevamo, divenimmo via via consapevoli dell’agitazione di fronte alla drogheria bruciata. Stavano trasportando fuori dei corpi, due dei quali in sacchi. Non sapevo chi fossero. E mi chiesi, mentre rimuovevamo i nostri elmetti per dire una preghiera silenziosa, se ogni persona si sentisse male come me in quel momento. Qualcosa che John McCole, un uomo nel mio gruppo, aveva detto mi ritornò in modo istantaneo in mente. Si era riferito all’incendio di Times Tower a cui era stato un paio di anni prima e al sentimento che aveva avuto quando avevano portato fuori due vigili del fuoco morti. “Non saprai mai come ci si sente finché non lo vedi con i tuoi stessi occhi.”
Allora lo stavo sentendo.
Fummo il prossimo gruppo a entrare nell’edificio e, con la precedente scena ancora fresca nei nostri occhi, io non ero l’unico che stava provando una paura che era nuova di zecca.
Dovevamo mettere in funzione un erogatore nel negozio. Ci avrebbe permesso, così speravamo, di pompare una grande quantità d’acqua nel fuoco sotto di noi attraverso un buco che uno gruppo dei Ladder Company aveva scavato nel pavimento. Ladder 17 stava lavorando con noi, ma noi non aveva nemmeno iniziato l’operazione che il nostro Luogotenente ci ordinò di uscire. Il suo giudizio fu giusto, perché mentre ci allontanavamo, circa otto piedi del pavimento di fronte a noi caddero in uno e in due sezioni come una barretta di cioccolato. Noi guardammo dalla soglia, mente il semicerchio si espandeva.
Chiedemmo al Capo se riusciva far venire un gruppo che potesse tagliare un buco nel pavimento vicino alla porta, così che noi avremmo potuto perlomeno raggiungere una parte dell’incendio. “No, allontanatevi,” rispose lui rapidamente. “Quel pavimento non è sicuro. Nessuno deve entrare in quel negozio.” Uno degli uomini chiese al Capo se potevamo solo raggiungere il buco esistente e farci cadere dentro un erogatore. Di nuovo il Capo rispose con un rapido e secco ‘no’. Proprio allora, come per affermare la decisione del Capo, l’intero pavimento crollò nella cantina. L’uomo che aveva suggerito di avvicinarsi per gettarci dentro l’erogatore sembrava stesse leggermente male; la sua fiducia in se stesso improvvisamente sparita. Era solo grato che non gli era stato permesso di fare anche solo pochi passi verso quel buco.
IL COMBATTIMENTO CONTRO L’INCENDIO CONTINUA
Venimmo soccorsi da un’altra compagnia per alcuni minuti, e gli eventi della sera vennero temporaneamente rimpiazzati nelle nostre menti dal caffè caldo che odorammo e bevemmo. La fredda notte umida aveva penetrato il mio corpo fin nelle ossa, e io non avevo mai apprezzato così tanto una tazza di caffè in tutta la mia vita.
Il sindaco era lì, guardando il disastro che perdurava con uno sguardo sul suo volto di ansia repressa. E lo stava solo vedendo dal marciapiede.
Venimmo poi mandati in un’altra sezione dell’edificio. Dovevamo portare la nostra linea su per una scala. Gli uomini che stavano scendendo, mentre noi stavamo salendo, ci avvertirono che la scala si stava inclinando. Avevamo avanzato su per due rampe, quando il Capo in carica dell’incendio ci ordinò di scendere. Riuscimmo ancora a vedere l’incendio infuriare alla cima delle scale e noi stavamo già colpendolo con rabbia; colpendolo da dove ci trovavamo noi ai piedi delle scale.
Quell’incendio rassomigliava ad un nemico, più odiato di qualsiasi altro nemico ci sia mai stato in guerra o in pace. Sembrava come se avesse preso una personalit...

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  1. Titolo Pagina
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