Basta un vento lieve
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Basta un vento lieve

Storie migranti

  1. 236 pagine
  2. Italian
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Basta un vento lieve

Storie migranti

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Antologia dei racconti finalisti del concorso DiMMi 2020.

"Le vostre storie sono il mio peggiore incubo, ma anche l'unica possibilità che avrò per tornare a cambiare, svestirmi di certezze vane e provare a essere un cavaliere, una principessa, un soldato o una danzatrice, ma allo stesso tempo un drago e il buio che mi faceva paura. Per questo oggi ho deciso di leggervi."

Quarto volume di un'antologia di racconti pieni di ostacoli e speranza, violenza e tenacia.

Sono colmi di vita i diari di questi uomini e di queste donne, spesso giovanissimi, che lasciano la propria terra alla ricerca di un futuro.

Li raccoglie Dimmi Diari Migranti, un progetto di narrazione di sé che contrasta l'intolleranza diffondendo l'idea che la diversità è una risorsa. L'archivio conta più di 400 testimonianze da oltre 50 Paesi.

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Informazioni

Basta un vento lieve

Intrappolati nei sogni

Mamadou Diakite

BORGO MEZZANONE, provincia di FOGGIA, frazione di MANFREDONIA.
LA PISTA. Che cos’è la pista? Il ghetto alle spalle del CARA (Centro di Accoglienza Richiedenti Asilo) di BORGO MEZZANONE. Proprio a qualche metro dal centro vivono quasi 5.000 persone di origini diverse, la maggior parte sono africani: donne, bambini, giovani, anziani. Lì tanti sono in regola, hanno il permesso di soggiorno, ma non sono riusciti ad integrarsi e hanno trovato un rifugio in quel ghetto, non è il massimo ma almeno hanno un posto dove dormire e non hanno l’acqua potabile. Mi ricordo che quando ero ancora al CARA loro venivano a riempire le taniche d’acqua per poi portarle nelle loro baracche. Le condizioni di vita sono davvero pessime, ogni tanto quando ci andavo mi chiedevo sempre come potevano vivere in quelle condizioni, ma che scelta avevano? Il 98% delle persone che si trovano lì fa il bracciante, cioè lavora nei campi per pochi spiccioli, vive alla giornata; altri frugano nei bidoni a Foggia e gli oggetti trovati vengono portati nel ghetto per essere rivenduti (vestiti, scarpe, apparecchi, elettrodomestici etc). Fanno questo per sopravvivere, e oggi con il Coronavirus e la quarantena che ci impone di stare tutti a casa, come fanno queste persone a vivere? Se non vanno a lavorare nelle campagne non mangiano, se non vanno a frugare nei bidoni a Foggia non mangiano, oggi che è tutto chiuso chi pensa a loro? Già dimenticati dal sistema, abbandonati a sé stessi, fragili, vulnerabili. Ora, in questa situazione, che ci chiede di lavarci le mani e di rispettare le norme igieniche, uno che non ha nemmeno l’acqua potabile da bere, che vive in un posto sgradevole in condizioni pessime, come se la cava? Che tipo di aiuto verrà offerto loro? Chi pensa a loro?
La pista è un posto poco raccomandabile, ci sono sempre litigi, soprattutto nelle discoteche arrangiate, per la prostituzione, per la droga. Dalle baracche, costruite soprattutto con il legno, che hanno dentro bombole a gas, ci sono sempre degli incendi che bruciano e uccidono le persone e i telegiornali ne parlano abbondantemente, ma fino ad oggi nessuno ha pensato a loro, sono lasciati da soli. Il 90% della verdura e della frutta sulle nostre tavole vengono raccolti da loro; quando mangiamo siamo soddisfatti, le nostre famiglie stanno bene al caldo, al sicuro, ma ci siamo mai chiesti come vivono quei poverini che si vendono per due soldi per non fare mancare il cibo sul nostro tavolo? Non hanno nessun diritto a una casa normale, nessun diritto sanitario, nessun aiuto dal governo. Oggi con i Decreti Sicurezza sorge un nuovo ghetto a Borgo Mezzanone dentro lo stesso CARA, dove tanti ospiti sono stati buttati fuori dal sistema, perché non hanno più il diritto di rientrare nell’accoglienza gestita dal CARA, come altri che hanno il permesso di soggiorno umanitario e che non possono più fare richiesta per rientrare nel sistema SPRAR. Oggi ci sono tanti ragazzi che fanno ricorso in tribunale che sono stati buttati fuori dai centri di accoglienza. E dove vanno? Come vivono? Se si ammalano chi si prende cura di loro? Chi gli dà da mangiare? Tanti sono diventati braccianti per sopravvivere, non hanno altra scelta. Ho un amico che mi ha detto qualche settimana fa, che loro vanno a lavorare di nascosto nei campi in questi giorni, da quando è iniziata quest’emergenza loro vanno sempre a lavorare. Mi ha detto che sono in tanti ad andarci ammucchiati nei furgoni, senza guanti né mascherine, stanno rischiando molto. Gli ho chiesto perché non resta in casa, mi ha risposto che se resta a casa morirà di fame, dice che ormai si muore sempre di qualcosa no? Dice che non ha altra scelta che vivere alla giornata con il lavoro svolto in campagna.
In un certo senso anch’io mi sono trovato in questa situazione. Sono arrivato in Italia nella primavera 2017, sbarcato a Catania in Sicilia e portato lo stesso giorno in Puglia, al CARA di Borgo Mezzanone. Sono andato via perché avevo un sogno come tutti gli altri e mi sono detto che in Europa avrei avuto molta possibilità rispetto al mio paese. Al CARA, non c’era nulla di particolare, la vita era monotona, direi che lì si sopravvive solo quando sei forte. E chiunque venga dalla Libia diventa forte e paziente, ma fino a un certo punto. Lì si mangiava e si dormiva e basta, noi ci organizzavamo come potevamo. C’era una scuola di lingua italiana e alcuni ragazzi ci andavano. Quando sono arrivato dopo una settimana ho iniziato a frequentare la scuola, altri ragazzi andavano a lavorare nei campi, altri andavano a frugare nei bidoni a Foggia e portavano delle scarpe dei vestiti e altro che vendevano al centro. Mi ricordo che i miei primi vestiti li ho comprati da quei ragazzi, anche le mie prime scarpe. Non era facile, tanti scappavano, andavano in altri paesi come la Francia e la Germania, altri in Olanda. Io sono rimasto, ho deciso di imparare la lingua, andava bene, riuscivo a capire piano piano le lezioni. Mi piaceva imparare l’italiano, era bello, volevo riuscire a spiegarmi senza l’aiuto di nessun mediatore, e così iniziò il mio sogno.
Dopo 6 mesi ero già bravo, non capivo tutto ma riuscivo a parlare esprimendo le mie idee, i miei punti di vista. A scuola c’era anche un gruppo teatrale, ho iniziato a fare teatro, piano piano, ero bravo a memorizzare e gli insegnanti erano molto gentili e mi sono trovato bene, insomma la scuola era la cosa che mi tratteneva a Borgo Mezzanone. Poi ho chiesto l’asilo politico ma sei mesi dopo la commissione me l’ha negato. Ero davvero disperato, arrabbiato dopo tutti gli sforzi fatti, volevo andare via, volevo lasciare tutto alle spalle, voltare pagina. Un patrocinio mi ha aiutato a fare ricorso in tribunale. Una seconda chance forse, andavo sempre a scuola ma questa volta al CPIA 1 di Foggia per prendere la licenza media durante i corsi serali. L’ho conseguita a giugno 2018. Tutto stava andando bene, mi sono fatto in quattro per integrarmi, essere un esempio, avere una seconda chance qui. Studiavo di continuo e mi piaceva imparare, lo facevo col cuore. La scuola mi ha permesso di sognare una nuova vita, di avere nuovi amici, nuova famiglia. Tanti mi volevano bene e vice versa.
Sono stato molto fortunato ad aver conosciuto degli insegnanti che si preoccupavano per me al CARA, che mi hanno indicato la strada giusta per integrarmi e avere una nuova vita. Confesso che del teatro non sapevo nulla prima, e quando gli insegnanti mi hanno accettato nel gruppo non sapevo cosa mi stesse aspettando, ma sapevo di avere una qualità in me che mi avrebbe aiutato molto: la memoria.
Sono bravo a fare memoria sin da piccolo, e mi ha aiutato molto, i testi erano tutti in italiano, avevo iniziato la scuola da due mesi ed eccomi a fare memoria di testi in italiano; era una nuova sfida, almeno mi tenevo la mente impegnata per non impazzire in quella topaia. Non saprei quale altro termine usare, perché anche gli operai del centro ci chiedevano come facessimo a vivere lì e che se fossero stati loro sarebbero morti in un solo giorno. Le condizioni di vita erano disumane, eravamo ammassati nelle stanze, per 700 posti eravamo più di 1.200 ospiti, i bagni erano sempre sporchi e in pessime condizioni, il cibo era scarso. Il cibo avanzato dalla mensa i dirigenti e alcuni operatori lo portavano a casa loro per fare mangiare i loro cani, allora noi siamo simili a dei cani giusto? Si sente in giro che a noi vanno dati 35 euro al giorno, che ci danno dei telefonini, dei vestiti, delle scarpe, il wifi e bla bla bla, ma io non ho mai ricevuto in contanti 50 centesimi in un anno e mezzo che sono stato al centro. L’immigrazione viene sovvenzionata dall’Europa e dall’Italia, come si fa anche in tanti altri paesi d’Europa, poi va gestita da cooperative private, allora sono queste cooperative che prendono questi soldi, e gestiscono i centri e tutte le altre prassi, noi riceviamo 75 euro al mese, spesso in contanti e a volte in beni come ricariche telefoniche o sigarette. Al CARA ricevevamo solo ricariche telefoniche e sigarette.
Ci sono tante cose da sapere sull’immigrazione in Italia e su come vanno fatte le cose in realtà, tante cose vengono nascoste ai cittadini italiani e questo comporta che poi ci vedano come quelli che gli rubano i diritti. Nel centro gli insegnanti non avevano il diritto di starci troppo vicino, nessun operatore doveva affezionarsi a nessun ospite, ma perché? Noi non dovevamo sapere la verità sui nostri diritti, su come venivamo trattati, emarginati, dovevano venire a lavorare al centro lasciando il cuore a casa, perché si trattava solo di un lavoro e nient’altro, erano le regole dai dirigenti e tutti dovevano rispettare queste regole. Vuol dire che c’è qualcosa di losco, che ci stanno nascondendo qualcosa. Sapevo già che non sarebbe stato facile, ma avevo deciso di aspettare l’esito del tribunale.
Nel frattempo l’insegnante del teatro ci aveva trovato un provino in un teatro a Manfredonia, a trenta minuti da Foggia, eravamo in tre e siamo andati bene. Poi ci hanno chiesto di venire a fare dei laboratori insieme ad altri ragazzi e così è iniziato quello che sto facendo oggi come lavoro. E direi che mi ha salvato la vita anche se non è proprio un lavoro a tempo pieno ma mi mantiene ancora a galla.
4 dicembre 2018, stavo andando a Borgo Mezzanone per prendere la circolare e andare a Foggia per poi recarmi a Manfredonia, in quei tempi stavamo preparando uno spettacolo su Shakespeare. Nel centro c’erano due pullman per gli ospiti, ma il governo aveva deciso di rivedere i fondi delle cooperative per gestire l’immigrazione e così i pullman non venivano più all’interno del centro. Tutti dovevamo andare alla fermata di Borgo Mezzanone. Gli abitanti del borgo non erano favorevoli a questo. Era la prima volta che ci andavo di mattina presto, sono arrivati due autobus e siamo saliti tutti. Quelli del borgo hanno iniziato ad insultarci e a darci delle merde, abbiamo risposto e l’autista del nostro autobus ha chiamato la polizia perché gli spiriti si erano riscaldati. Poi abbiamo risolto la faccenda pacificamente, quelli del borgo che non volevano stare insieme a noi sulla stessa circolare ne hanno preso uno e noi stranieri siamo saliti sull’altro. E così sembrava risolto tutto, stavamo andando a Foggia, ma dopo solo cinque minuti di strada, ci ha fermato la polizia e gli agenti hanno intimato a tutti di scendere e di camminare per andare a Foggia. Hanno lasciato andare l’autobus con dentro quattro bianchi e noi neri non potevamo salire, l’autobus era partito quasi vuoto. E allora abbiamo iniziato a protestare, io sono andato vicino a un carabiniere a spiegare. Tutto si stava risolvendo, ma un altro carabiniere non era dello stesso parere, aveva iniziato a picchiarci con il manganello, i ragazzi protestavano ancora di più e lui ha perso il controllo e ha sparato un colpo in aria dicendo delle parole razziste: “Neri di merda, siete delle bestie, vi ammazzo tutti poi vi porto a casa vostra, non venite a disturbarci a casa nostra”. Mi ha dato un calcio sulla gamba, allora mi sono allontanato e ho iniziato a registrare perché era diventato pericoloso, è così che mi ha preso il telefono e mi ha arrestato. Mi sono ritrovato in manette, in caserma a Foggia e poi nel pomeriggio in carcere insieme ad un altro ragazzo che non conoscevo.
L’indomani al tribunale siamo stati ascoltati dal giudice, poi rilasciati la sera stessa. Dopo tre giorni la questura mi ha chiamato e mi ha fatto firmare un documento, mi aveva sbattuto fuori dal centro in pieno inverno, dicendo che io sono pericoloso, che ho aggredito due persone delle forze dell’ordine.
Ho chiamato l’avvocato penalista, e mi ha detto di allontanarmi dal centro perché avrebbe potuto essere dannoso per il mio processo che si doveva tenere a febbraio 2019. I miei datori di lavoro al teatro mi hanno accolto, una donna molto gentile mi ha ospitato per quasi un mese in casa sua. Non è stato facile per me, andavo a lavoro, studiavo le mie parti, facevo memoria, non mi veniva benissimo ma piano piano ho superato quel momento di stress e di ansia. Abbiamo fatto lo spettacolo il 22 dicembre 2018, è stato bello, mi sono sentito bene. Mi è piaciuto molto. Mi ero iscritto all’autoscuola per prendere la patente, ci sono andato lì per due mesi a fare lezioni, ho fatto i quiz che ho superato e dopo due mesi ho pres...

Indice dei contenuti

  1. Frontespizio
  2. Avvertenza
  3. Questo libro è pericoloso
  4. Basta un vento lieve
  5. Postfazioni